
La Carruberia è lo snodo fondamentale dove prendono forma le vicende dei personaggi nel romanzo “Nonostante i segreti del tempo” di Josina Fatuzzo, edito da Tipheret. La vecchia villa disabitata in Sicilia entra in scena quando le due sorelle che la ereditano dovranno fare i conti con essa. In realtà, tra le due donne, quella sulla quale il lettore ha la maggiore possibilità di concentrarsi -proprio perché vive di più la villa chiamata Carruberia- è Maria Francesca. La professoressa universitaria di Storia dovrà fare i conti con la casa e con Viola, una figura femminile del passato da lei lontana, ma molto vicina, per la somiglianza delle esperienze e dei sentimenti che hanno vissuto in prima persona. La Carruberia per Maria Francesca è una sorta di ancora di salvezza che le permette di evadere un po’ dalla sua vita cupa, fatta di dolore e sofferenza e di lavoro assiduo, svolto proprio per dimenticare quello che la fa soffrire. Maria Francesca è rimasta da poco vedova, perché il marito Corrado, che lei aveva conosciuto giovanissima, è morto in un incidente. Il dramma per la scomparsa del proprio amato si è trasformato in rabbia potente verso il defunto, poiché la protagonista ha scoperto il tradimento dell’uomo con un’altra. Una situazione che mette a dura prova l’animo già lacerato della professoressa di Storia, la quale comincia un processo di completa rivalutazione della propria relazione con l’uomo che lei amava. Maria Francesca si interroga su Corrado e sulla veridicità dei suoi sentimenti, perché credeva di conoscere la sua dolce metà, ma l’amara verità scoperta le ha posto una serie di dubbi da colmare. Il soggiorno alla Carruberia, il girare tra le sue stanze arredate, camminare nei giardini esterni, l’osservare e toccare con mano gli oggetti di un tempo, la porteranno a trovare un vecchio diario, quello scritto da Viola, dal quale emerge l’immagine della villa nel 1943, e -soprattutto- il vissuto emotivo della donna. Viola nel suo diario racconta della Sicilia ai tempi della guerra, della sau famiglia, dell’arrivo degli Alleati, alcuni dei quali finirono ospiti della Carruberia. Tra loro il Maggiore Davis, con il quale per Viola ci fu subito empatia per la condivisione degli stessi interessi politici, culturali e letterari. Un rapporto di grande sinergia con il militare che, purtroppo, viste le vessazioni del marito di Viola, lei non trasformò in altro, anche perché Davis partì per altri fronti. Certo è che Maria Francesca e Viola, sono simili per i tormenti emotivi che hanno, per la consapevolezza di aver vissuto una vita che forse avrebbe potuto avere uno sviluppo diverso se solo, con un po’ di coraggio, entrambe avessero deciso di agire per far cambiare le cose e non subirle. Questo porta Maria Francesca anche a riflettere sui sentimenti per Marcello, altra figura maschile da tempo a lei vicina, sempre presente nel suo vissuto, perché vuole capire cosa rappresentano davvero per lei e se può fare ancora qualcosa per cambiare. Le vicende emotive umane presenti nella storia hanno per scenografia La Carruberia che non è solo una casa. L’edificio è una custode e testimone del tempo, delle esperienze vissute da parte di coloro che in quelle mura hanno vissuto, amato, sofferto e provato emozioni nuove e a volte represse, prigioniere di usi, costumi e “leggi” di famiglia. “Nonostante i segreti del tempo” di Jopsina Fatuzzo è un viaggio tra presente e passato che ci porta dentro alla vita e ai sentimenti di due donne che, viste le esperienze e le dolorose verità vissute, hanno rimesso in completa discussione la loro esistenza, cercando di capire come sarebbero state le loro vite se avessero seguito in modo maggiore la passione, l’istinto e la libertà nel decidere.
Josina Fatuzzo, nata a Roma e docente di materie letterarie, vive a Siracusa. Ha scritto per il teatro e alcune delle sue pubblicazioni hanno vinto premi prestigiosi, come il Premio Capuana per Sinfonia per una donna sola. È impegnata diverse attività culturali e teatrali e ha promosso il Premio Processo all’Autore, assegnato a numerose personalità del mondo dell’arte e della cultura, tra le quali Dacia Maraini, Gianni Amelio, Inge Feltrinelli. Tra le sue pubblicazioni “La Mastrartua”, “A Gloria dell’Alter ego”(Premio Campofranco), “Sinfonia per una donna sola” (Premio Capuana), “Cavalleria” e “Boccadiforno”.





“La sartoria di via Chiatamone” è il romanzo d’esordio di Marinella Savino, edito da Nutrimenti. La vicenda è una storia di vita e di sopravvivenza ambientata a Napoli dal 1938 fino alla fine della guerra. La narrazione si apre con l’arrivo di Hitler a Napoli. La folla lo attende con trepidazione, lo saluta col classico gesto romano e, in quella massa di persone e bandiere che sventolano, c’è Carolina, l’unica che sembra aver chiaro che la venuta di quell’uomo non promette nulla di buono. La protagonista è una sarta e abile ricamatrice che intuisce come da quel momento in poi lei, la sua famiglia, e il resto della popolazione italiana, più che vivere, dovranno imparare a resistere ai tempi bui e cupi in arrivo. Il libro della Savino non si limita narrare le ristrettezze e i pericoli che la popolazione partenopea e la famiglia della protagonista devono sopportare. Il romanzo dell’autrice napoletana, attraverso la figura di Carolina, ci mostra una donna intraprendente che, da semplice cucitrice, apre una propria bottega in via Chiatamone, nella quale realizza vestiti di alta qualità e ricamo. Con lei, oltre all’amica Irene, lavorano anche altre ragazze, segno evidente di un’attività che le impiega per molto tempo al giorno. Le cose cambieranno con l’arrivo della guerra. Carolina è imprenditrice, moglie e madre e non solo, perché comincia a pensare a come salvaguardare le entrate economiche e a come sfamare la famiglia. Carolina cosa fa? Compra e mette da parte scorte di cibo e lo fa in quantità industriale. Le derrate alimentari le nasconde proprio per andarle a recuperare quando la guerra porterà – e ne è sicura- sfacelo, distruzione, morte e fame per tutti. La protagonista è previdente, pensa a sé e alle persone che ama. La donna ama molto il marito Arturo e i figli, ma non esita a prendersi cura e ad accogliere sotto il proprio tetto gli amici che hanno perso la casa a causa delle bombe. È vero Carolina è consapevole delle bocche in più da sfamare, ma basta restringere un po’ le porzioni per garantire cibo a ogni persona. La guerra è il nemico di Carolina e della gente di Napoli. È la guerra che li assedia giorno e notte, bomba su bomba, fino al culmine con le quattro giornate di Napoli. Tutti i personaggi rimangono profondamente traumatizzati dal conflitto che ha scompaginato il loro vivere quotidiano. C’è chi si si dispera, chi fugge, chi perde l’uso della parola a causa dello shock e chi cade in una dolorosa preoccupazione, per il timore che il figlio al fronte possa essere morto. Sì, perché il senso di fine e distruzione sono la costante del romanzo “La sartoria di via Chiatamone”, nel quale, allo stesso tempo, il laboratorio della sarta e la sua cantina diventano una specie di arca della salvezza. Una sorta di grande cassaforte dove trovare cibo, riparo e conforto da tutto il male che c’è. La trama della storia è coinvolgente e a rendere la narrazione ancora più appassionante e verosimili e vivi i personaggi, come ne “L’amica geniale” della Ferrante per citarne uno, c’è l’utilizzo del dialetto. Il romanzo d’esordio di Marinella Savino è una storia di amore per la vita e di lotta contro il turbinio delle violenze della Seconda guerra mondiale che travolse l’Italia e il mondo intero. “La sartoria di via Chiatamone” è la coraggiosa battaglia di una donna – Carolina- che con intelligenza e con la speranza della libertà sempre nel cuore, agisce per salvaguardare il suo mondo fatto di affetti e persone.
Ecco, io penso che dopo la Shoah non è possibile il Tikkun: il mondo rimane e rimarrà senza riparazione.
Berlino, luglio del 1944.

Un campo di sterminio in Polonia.
La strada per Itaca, (The Road to Ithaca, 2014), edito da Sellerio e tradotto dall’inglese da Luigi Sanvito, è il nono romanzo dedicato da Ben Pastor al personaggio di Martin Bora, capitano della Wehrmacht, prestato all’Abwehr, il servizio di controspionaggio tedesco.























