Posts Tagged ‘Storia’

:: Violino. Luci e ombre di Stradivari, Marco Ghizzoni (Oligo editore, 2022) A cura di Viviana Filippini

15 Maggio 2022

Chi era davvero Stradivari? Quale era il suo volto? A provare a dare una risposta a queste e a tante altre domande ci pensa Marco Ghizzoni, autore cremonese, con “Violino. Luci e ombre i Stradivari” edito da Oligo. Il piccolo saggio dona al lettore un racconto inaspettato di Stradivari, ben noto a livello mondiale, perché nel XVIII secolo fu uno dei liutai più attivi a Cremona e non solo. In realtà, da quanto emerge dall’indagine di Ghizzoni poco si conosce sulla nascita di Stradivari, per esempio non si sa di preciso la data del compleanno, poco si conosce anche dela vita dell’artista e della sua morte che restano ancora oggi ammantante da un aura di mistero. Tra le altre curiosità individuate da Ghizzoni il fatto che, nonostante un certo benessere economico, Stradivari non si fece mai fare un ritratto e oggi per noi è difficile capire come lui fosse realmente, perché esistono sì alcuni dipinti che lo ritraggono e pure dei busti scultorei, ma in nessuno di essi vi è il vero Stradivari, sono solo rappresentazioni di fantasia. Così come non è vero che il suo cranio venne rubato dopo la sua morte. Certo è che ben poco si sa del liutaio delle sue origini e pure delle cause della morte. Qualcosa in più si è invece scoperto nel 1999 con il ritrovamento del suo testamento, dal quale emerge l’immagine di un uomo ben lontano dall’idea di artista romantico che le persone si sono create nella mente. A quanto sembra Stradivari era molto autoritario e molto- forse troppo- presente nella vita dei figli ma, allo stesso tempo, anche riservato, tanto che dopo la sua morte, la notizia non venne diffusa fuori da Cremona e gli incarichi di realizzazione dei violini continuarono ad arrivare da ovunque. Nel libro non manca nemmeno una sezione dedicata a Luigi Tarcisio, che fu uno dei più importanti conoscitori e collezionisti di violini del XIX secolo, che divenne anche abile commerciante degli strumenti cremonesi, compreso quello Stradivari del quale lui si vantava di essere in possesso e che non venne mai visto e suonato, tanto da meritarsi il soprannome di “Messia”.Violino. Luci e ombre di Stradivari” è un breve saggio nel quale il cremonese Marco Ghizzoni evidenzia tutti i misteri, glie elementi poco noti e chiari della vita del grande liutaio Antonio Stradivari che lavorò fino ai 93 anni e che sì, forse ci ha lasciato tanti dubbi e aspetti poco nitidi sulla sua esistenza privata, ma la sua genialità, la sua professionalità e bravura sono certe, anzi vivono e risuonano negli strumenti usciti dalle sue mani.

Marco Ghizzoni è nato a Cremona, dove vive, nel 1983. Ha pubblicato romanzi con Guanda  e con TEA. Nel 2020 ha pubblicato la raccolta di racconti “Il muro sottile. Dieci Racconti” con Oligo editore. Quando non scrive, lavora nel settore commerciale di una multinazionale tedesca.

Source: del recensore. Grazie all’ufficio stampa 1A Comunicazione.

Il sogno della regina in rosso di Camilletti, Moberly e Jourdain (ABEditore, 2021) a cura di Elena Romanello

21 febbraio 2022

9788865513439_0_536_0_75ABEditore presenta nel suo catalogo una via di mezzo tra romanzo e saggio, Il sogno della regina in rosso, che presenta la prima edizione di un libro che cambiò molte coscienze all’inizio del Novecento, capace di influenzare l’immaginario ancora oggi e basato su un fatto realmente accaduto, o comunque realmente percepito dalle sue autrici.
Era un sabato d’agosto del 1901 quando le due professoresse inglesi Charlotte Anne Moberly e Eleanor Jourdain, in vacanza a Parigi, decisero di andare a fare un giro alla reggia di Versailles, allora in buona parte abbandonata. Le due signore, colte e istruite, di mentalità vittoriana, con una visione comunque pragmatica della vita, decisero di arrivare fino al Petit Trianon, l’antica residenza della regina Maria Antonietta, anche se il Baedeker, la guida inseparabile di ogni turista inglese dell’epoca, era molto laconico.
Le due amiche e colleghe di lavoro si persero nei meandri di un giardino in disarmo e qui incrociarono otto persone, scambiando due parole con alcune di loro, e sentendo una strana sensazione di inquietudine crescente. Tutto sembrava irreale, alberi e luce del giorno compresi, e le presenze che videro, tra cui una donna bionda che disegnava con un grande cappello sulla testa, erano vestiti come all’epoca di Maria Antonietta, e da ricerche che le due fecero successivamente, in quel periodo non si stava girando nessun film e non c’era nessuna festa in maschera.
Charlotte Anne Moberly ed Eleanor Jourdain dedicarono il resto della loro vita a raccontare questa loro esperienza ai confini della realtà, scrivendo poi il libro An Adventure e facendo ricerche in tema per suffragare la tesi che avessero trovato una porta per cadere in un’altra dimensione e compiere un viaggio nel tempo.
Il sogno della regina in rosso è  la prima traduzione italiana assoluta di An Adventure, ma è anche la storia di un libro che ebbe cinque edizioni, dal 1911 al 1958, appassionando il pubblico, dividendolo tra scettici e credenti e attirando l’attenzione di spiritisti e poeti, di filosofi e psicoanalisti, di fisici e di scrittori di fantascienza. Una storia contemporanea di Freud e Georges Méliès, di H.G. Wells e di Albert Einstein, un’opera aperta che si può leggere come una storia di fantasmi, un sogno, un viaggio nel tempo su un Tardis invisibile ante litteram, un’allucinazione, un ricordo di una delle vicende, quella della regina Maria Antonietta, che non ha cessato di influenzare e ispirare l’immaginario.
Il giudizio sulla veridicità del racconto è ovviamente sospeso, ma ci sono tanti elementi inquietanti e strani presenti, tra passaggi che c’erano solo nel Settecento e non in quell’epoca, e eventi che furono scoperti dalle due donne a posteriori.
Il sogno della regina in rosso è un libro, quindi, con più livelli di lettura, per appassionati di paranormale, di fantastico, di viaggi nel tempo e per chi ha continuato a trovare suggestioni nel parco del Trianon, il racconto di due donne adulte che caddero nella tana di un coniglio, e del mondo incantato, surreale e spaventoso che trovarono una volta varcata la soglia.

Fabio Camilletti,  classe 1977, è professore di Letteratura italiana all’università di Warwick, nel Regno Unito. Ha di recente pubblicato una Guida alla letteratura gotica e curato la prima edizione italiana di Fantasmagoriana, oltre a tradurre ed editare il manoscritto originale del Frankenstein e le opere di John Polidori. Con ABEditore ha già curato La casa infestata di Place du Lion d’Or (2020) ed è in uscita Spettriana (2022).
Charlotte Anne Elizabeth Moberly (1846-1937) fu la prima direttrice di St Hugh’s Hall (1886), una residenza femminile di Oxford che sotto la sua presidenza si trasformò in vero e proprio college universitario. “Settima figlia di un settimo figlio”, come amava definirsi, riferì molte esperienze paranormali vissute in prima persona.
Eleanor Jourdain (1863-1924) fu studiosa di Dante e insegnante di scuola; nel 1915 succedette a Moberly nella presidenza di St Hugh’s. Neanche lei era nuova a esperienze insolite: si riteneva dotata di facoltà paranormali, a suo dire ereditarie.

Provenienza: libro del recensore.

Voi siete fuoco, Vanessa Roghi, Einaudi Ragazzi (2021) A cura di Viviana Filippini

1 ottobre 2021

“Ma io sono convinta che, invece, è un tentativo che va fatto, perché dentro la storia della scuola c’è la storia di tutti, anche quelli che non l’hanno frequentata, anzi soprattutto la loro, e proverò a raccontarvi anche questo”. “Voi siete fuoco” è il nuovo e interessante libro di Vanessa Roghi, edito da Einaudi Ragazzi, dedicato alla storia della scuola. Sì perché di storia non c’è solo quella che ci fanno studiare dentro ai libri di scuola fatta da date e da guerre, da imperatori, da re e regine con tutti gli intrighi annessi e connessi. Il libro della Roghi racconta la storia della scuola in modo curioso e avvincente. L’autrice non solo fa riferimento ai grandi eventi che influenzarono la scuola italiana, ma racconta la storia della scuola attraverso le storie umane di gente comune che la scuola l’ha frequentata, ma ha anche cercato di migliorarla.  L’autrice, storica e ricercatrice della scuola, ha creato un libro nel quale chi legge riesce a avere un quadro generale della scuola italiana e dei cambiamenti che l’hanno caratterizzata nel corso del tempo. Oltre a episodi di vita di ogni giorno, che evidenziano la necessità di avere davvero una istruzione e scuola per tutti dopo l’unità d’Italia, ci sono anche pagine biografiche dedicate a quelle personalità del mondo culturale e filosofico che la scuola l’hanno influenzata e anche cambiata. Non a caso tra le pagine, il piccolo lettore si imbatterà nelle figure di Maria Montessori, John Dewey, Jean-Jacques Rousseau, Don Milani e di quello che fecero per dare un nuovo valore all’educazione scolasticaa, e al luogo dove non solo si insegnava a leggere e scrivere, ma dove si dovevano formare gli adulti del domani. Interessante da questo punto di vista anche la parte dedicata alla scuola in tempo di guerra dove, attraverso storie di bambini, si narra l’andare a lezione ai tempi del Fascismo, quando la situazione della frequentazione scolastica venne negata dal regime ai bambini di famiglia ebraica. Nel libro però ci si imbatte anche in figure realmente esistite, ma magari poco note, come Menocchio, un mugnaio davvero perspicace, vissuto nel 1500, la cui storia venne narrata per la prima volta da Carlo Ginzburg, o  quella di Italia Donati, una giovane maestra vittima di una vicenda di diffamazione che la condusse ad un gesto estremo. Poi ci sono anche tanti libri (“Pinocchio”, “Alice nel paese delle meraviglie”, “Cuore”, “Harry Potter”) che la Roghi ha citato nel sul testo, perché hanno al centro la scuola e il percorso di formazione e educazione. “Voi siete fuoco” è un libro ricco di dettagli e curiosità che risulta davvero gradevole alla lettura, perché la capacità di scrittura della Roghi riesce a passare dal registro saggistico a quelle narrativo in modo fluido, raccontando al lettore sì una scuola fatta di leggi e di fatti storici ma, allo stesso tempo, scrive le storie di persone comuni che hanno fatto la scuola evidenziando al lettore il bambino il ruolo fondamentale della scuola stessa e delle persone non solo nell’insegnamento dell’ABC, ma nella formazione emotiva dei bambini e delle bambine.

Vanessa Roghi è una storica e ricercatrice che da anni scrive documentari per Rai3. Ha insegnato alla Facoltà di Lettere per molti anni all’Università “La Sapienza” di Roma. Ha scritto diversi saggi e libri sulla storia della cultura e della scuola

Source: inviato dall’editore. Grazie all’ufficio stampa di Einaudi Ragazzi e a Anna De Giovanni.

Anime nere. Due destini nella Roma Nazista, Anna Foa e Lucetta Scaraffia (Marsilio 2021) A cura di Viviana Filippini

3 giugno 2021

Elena Hoehn e Celeste Di Porto. Una nata in Slesia, l’altra in Italia. Entrambe presenti a Roma durante la Seconda guerra mondiale. I loro destini si incrociarono perché tutte e due le donne furono accusate di essere delle collaborazioniste dei tedeschi. In particolare la giovane Celeste Di Porto, bellissima e spregiudicata amante di un fascista, dopo lo scoppio della bomba di via Rasella nel marzo del 1944 cominciò ad aiutare i tedeschi trovare gli ebrei che abitavano o si nascondevano nel ghetto, alcuni dei quali (compreso il pugile Lazzaro Anticoli soprannominato “Bucefalo”) finirono poi nelle Fosse Ardeatine. Questo suo agire ambiguo la portò ad essere guardata con sospetto da tutti e a venire soprannominata la “Pantera Nera”. Elena Hoehn polacca, residente in Italia perché sposata con un italiano (il loro matrimonio celebrato con rito civile ebbe vita breve) finì nel ciclone della giustizia con l’accusa di aver nascosto Giovanni Frignani (suo amante), l’ufficiale dei Carabinieri che arrestò Mussolini e che poi fu inserito nella lista di coloro che persero la vita nelle Ardeatine. Due figure femminili da subito ambigue, dai destini separati fino a quando Celeste e Elena si incontrarono nel carcere delle Mantellate, dove nacque un rapporto che le portò a diventare amiche e ad avvicinarsi a Chiara Lubich e al nascente Movimento dei Focolari. Leggendo il libro di Anna Foa e Lucetta Scaraffia si ha la netta sensazione che la maggior parte della narrazione sia incentrata sulla figura della Hoehn e, effettivamente, è molto dettagliata la parte del saggio nella quale sono raccolte tante testimonianze attorno alla donna e alla sue relazioni, utili per comprendere quanto fosse fondata l’accusa di spionaggio per aver dato riparo al carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua rimozione. Elena e Celeste, due donne diverse tra loro, ma con relazioni e intrecci di vita che portarono i loro destini ad incrociarsi e a influenzarsi, tanto è vero che fu proprio durante la detenzione che la Di Porto si convertì al cattolicesimo (madrina al suo battesimo fu la Hoehn) evidenziando la volontà di prendere i voti, anche se poi il passo completo non lo fece. Messe alle strette dall’evidenza dei fatti Elena e Celeste cercarono di dare una svolta decisiva rivolta al cambiamento totale per quanto riguarda le loro esistenze. Dalla lettura del saggio sembra proprio che la Hoehn ebbe un ruolo fondamentale nella conversione della Di Porto. Resta sempre un dubbio e qualche domanda: le due donne cambiarono veramente, o nel loro io più profondo rimasero sempre quelle persecutrici che con il loro agire portarono la fine nella vita di molte persone nel marzo del 1944? Certo è che quello che le due autrici riescono a compiere nel loro libro ricostruendo le vite della Hoehn e della Di Porto è dare voce a storie umane per troppo tempo nascoste e rimaste sconosciute. Grazie alla Anna Foa e a Lucetta Scaraffia in “Anime nere. Due destini nella Roma Nazista” il lettore di oggi riesce a conoscere un nuovo frammento degli eventi bellici in Italia e le vite di due donne tra loro diverse, ma forse simili, che con il loro agire influenzarono il corso e gli eventi della Storia.

Anna Foa (Torino, 1944) ha insegnato Storia moderna all’Università La Sapienza di Roma. Autrice di numerosi volumi sulla storia degli ebrei in Europa e in Italia, recentemente ha pubblicato Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43 (2016) e La famiglia F. (2018).

Lucetta Scaraffia (Torino, 1948), storica e giornalista, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, è stata editorialista dell’«Osservatore Romano», di cui ha fondato e diretto dal 2012 al 2019 il mensile «Donne Chiesa Mondo». Con Marsilio ha pubblicato Dall’ultimo banco. La Chiesa, le donne, il sinodo (2016), Tra terra e cielo. Vita di Francesca Cabrini (2017), Storia della liberazione sessuale (2019) e il giallo La donna cardinale (2020)

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie all’ufficio stampa Marsilio.

Made in Sweden. Le parole che hanno fatto la Svezia,” di Elizabeth Åsbrink (Iperborea 2021) A cura di Viviana Filippini

30 aprile 2021

È arrivato in libreria per Iperborea “Made in Sweden. Le parole che hanno fatto la Svezia” di Elizabeth Åsbrink. L’autrice prende per mano il lettore portandolo in un vero e proprio viaggio all’interno della storia, cultura e vita di personaggi svedesi, dando origine ad una sorta di danza in movimento dal passato al presente. Un percorso che permette a chi legge di conoscere tante curiosità su quello che è stato il corso esistenziale svedese. Si va dai fatti storici del tempo che fu -che sarebbero degni di diventare protagonisti di una serie televisiva tanto sono ingarbugliati gli intrecci tra sentimento, potere e realtà- ai singoli personaggi che hanno fatto la storia della Svezia. Interessante è notare come certe immagini che oggi abbiamo ben consolidate o che diamo per scontate e da sempre presenti per identificare il mondo svedese, si scopre come in realtà siano collegate a determinate esigenze storiche o sociali (un esempio il lavarsi per bene o il levarsi le scarpe quando si entra in casa). Non mancano però delle incursioni nelle vite di personaggi mitologici e reali. Tra di loro possiamo ricordare Thor e il suo martello; per passare a Ellen Key una delle più importanti autrici svedesi, conosciuta soprattutto per i suoi numerosi scritti in ambito educativo, etico e femminista e considerata una dei principali membri del movimento letterario svedese ispirato al naturalismo.  O che dire del viaggetto nel mondo dell’IKEA, nota azienda creata da Kamprad che, indipendentemente dal suo passato più o meno scomodo, divenne – e lo è ancora oggi- un punto di riferimento fondamentale per l’arredamento e l’oggettistica della casa. Ma non è tutto, perché nelle pagine si incontrano anche Pippi Calze Lunghe, nata dalla penna di Astrid Lindgren; il geniale medico e botanico Carl Nilsson Linnaeus (Carlo Linneo) troppo impegnato a studiare e classificare la realtà vivente e circostante per pensare a stesso o Zlatan Ibrahimović diventato icona della svedesità a livello mondiale. La Åsbrink utilizza diverse parole, una per ogni capitolo, proprio per mettere in luce la Svezia e le diverse componenti che hanno permesso al paese di diventare un vero e proprio punto di riferimento per il resto del mondo vista come un Paese nel quale si riescono a coniugare la ricchezza, la redistribuzione e la libertà con l’eguaglianza. La cosa bella di “Made in Sweden. Le parole che hanno fatto la Svezia” è che il lettore può leggere i capitoli uno dietro l’altro, oppure può scegliere l’argomento che più gli interessa e immergersi in un vero e proprio pellegrinaggio nelle parole e nei fatti narranti i sacrifici, le lotte e gli ideali di un popolo che nel corso del tempo hanno condotto alla determinazione della svedesità come eccellenza. Traduzione Alessandro Borini.

Elisabeth Åsbrink è una nota scrittrice e giornalista svedese, si è affermata in patria e all’estero con reportage letterari di argomento storico e sociale che fondono fascino narrativo, una ricerca minuziosa e una profonda sensibilità, ottenendo premi prestigiosi come l’August e il Kapuściński. Con 1947 (Iperborea 2018), il suo primo libro tradotto in Italia, Elisabeth Åsbrink scava nei retroscena degli eventi e compone un racconto poetico e documentatissimo di un anno emblematico per la sua identità personale e per quella collettiva. Nel 2021 Iperborea ha pubblicato Made in Sweden, dove l’autrice ci accompagna in un viaggio tra cinquanta parole, eventi, persone e personaggi che hanno fatto la Svezia.

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie all’ufficio stampa Iperborea.

Due nuove iniziative per gli amanti del mistero da Yume Books a cura di Elena Romanello

20 marzo 2021

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I misteri sullo sfondo di eventi storici più o meno lontani sono un qualcosa che continua ad appassionare il pubblico, unendo più generazioni, grazie anche allo spazio che questi temi continuano ad avere nell’immaginario, tra romanzo, film, serie TV e fumetti.
La casa editrice torinese Yume, attivissima anche in questo momento non facile, propone nelle librerie e edicole due nuove iniziative sul rapporto tra misteri e Storia che non mancheranno di entusiasmare chi ama questo filone sempre appassionante.

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Ogni due mesi da marzo uscirà la rivista Mystery in History, un insieme di articoli e approfondimenti scritti da studiosi, con temi curiosi e affascinanti, che fanno capolino da un passato ormai dimenticato e a volte travisato. Si parlerà del dietro le quinte della Storia ufficiale, quella scritta dai vincitori, trattando argomenti come Stregoneria, i Misteri della musica e dell’arte, la criminologia, gli UFO, i fatti strani. L’ottica è scientifica, nel primo numero si parla di vampiri, di un misterioso ritratto femminile di epoca fiamminga, dell’automa turco raccontato da Edgar Allan Poe, dei sabba e di molto altro ancora.
Il sito ufficiale del magazine è http://mysteryinhistory.it/
In parallelo Yume lancia una collana di volumi, per iniziare a viaggiare con la fantasia e fare progetti in attesa di poterlo fare anche nella realtà, gli Itinerari del Mistero, per scoprire luoghi tra Storia, misteri e leggende del nostro Paese. Il primo volume, in uscita a marzo, parlerà di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, ad aprile sarà la volta della Lombardia, a maggio di Veneto e Friuli Venezia Giulia, a giugno il Lazio, a luglio la Toscana e a settembre l’Emilia Romagna, sperando che nel frattempo in alcuni di questi posti si possa andare dal vivo.

Goffredo di Buglione, Sergio Ferdinandi (Graphe.it 2020) A cura di Viviana Filippini

29 Maggio 2020

goffredo-di-buglione-619076Le biografie e le autobiografie sono un genere letterario che apprezzo perché permettono a noi lettori di conoscere le vite di personaggi più o meno famosi, vissuti nel presente ma, soprattutto nel passato. L’ultima del genere che ho letto è quella dedicata a “Goffredo di Buglione”, scritta da Sergio Ferdinandi, edita da Graphe.it. Goffredo di Buglione, colui che guidò la prima Crociata, lo abbiamo trovato nei libri di storia, negli scritti di Dante e nella “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, ma nel libro di Ferdinandi, l’autore procede proprio ad un dettagliata ricostruzione della vita del condottiero, dall’infanzia alla maturità. Il volume è inserito nella collana “I condottieri” nella quale l’editore raccoglie le vite di quelle personalità che, nel corso della storia, riuscirono a conquistare la fiducia della massa e Buglione, l’incarnazione del cavaliere perfetto, fu una di loro. Si ma chi era Buglione? Goffredo di Buglione nato verso il 1060 (1060 circa-1100), fu Duca di Bassa Lotaringia, e da subito, ne libro si scopre l’importanza delle origini genealogiche del crociato che era figlio di Eustachio II di Boulogne, protagonista nella battaglia di Hastings, e Ida di Lorena, nipote di Matilde di Canossa e, giusto per non farsi mancare nulla, pure discendente di Carlo Magno. Il testo di Ferdinandi ci racconta la formazione del giovane Goffredo, la sua crescita umana, religiosa e militare, fino alla partenza per la missione da compiere. Quella svoltasi tra il 1096 e il 1099 (la Prima Crociata) per la restituzione ai Cristiani del tanto amato e venerato Sepolcro di Cristo, da secoli sotto la dominazione musulmana. Quello che emerge da questa biografia è l’immagine di un condottiero che divenne, per il suo modo di agire, per i racconti su di lui presenti nelle  chansons de geste e anche per un consistente agire propositivo della Chiesa Romana, l’incarnazione del modelle ideale del “Cavaliere perfetto, di colui” che in sé aveva profonda umanità, pietà religiosa, eroismo e grande abilità militare. Sergio Ferdinandi è riuscito a creare una biografia di piacevole lettura, molto approfondita e con un taglio didattico-scientifico che mostra il Buglione nel suo essere condottiero e uomo di grande fede e forza. Non solo, perché grazie alla ricostruzione della vita del Buglione, il lettore ha la possibilità di avere allo stesso tempo una visione del quadro storico dell’epoca della Prima Crociata, sia in Europa che in Terra Santa. Goffredo morì giovanissimo, a soli 40 anni, certo è che fu un uomo delle qualità rare e uniche, le stesse che gli permisero di essere scelto dai suoi compagni d’armi come primo sovrano latino di Gerusalemme, adottando anche il titolo di Advocatus Sancti Sepulchri (Difensore del Santo Sepolcro) e di entrare nella leggenda arrivando fino ai giorni nostri.

Sergio Ferdinandi (Sedan 1963), archeologo e storico medievalista, dirigente generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha ricoperto diversi incarichi governativi. Componente del Consiglio Superiore per i beni e le attività culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, esperto della Commissione nazionale italiana UNESCO per le crociate e Bisanzio, è membro di diversi istituti di ricerca storica e archeologica internazionali fra i quali l’ISMEO-Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente e la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC). Docente e relatore in convegni nazionali e internazionali, è autore di numerosi saggi e contributi scientifici in particolare sull’Oriente Crociato; tra i lavori più recenti il volume La Contea Franca di Edessa. Fondazione e profilo storico del primo principato crociato nel Levante (1098-1150), edito dalla Pontificia Università Antonianum.

Source: richiesto dal recensore. Grazie all’uffcio stampa Graphe.it

Rosa. Storia culturale di un fiore di Claudia Gualdana, (Marietti 1820, 2019) a cura di Viviana Filippini

10 gennaio 2020

rosaLa rosa, un fiore di una bellezza disarmante. La rosa però non è solo uno dei componenti del mondo vegetale, essa è un elemento che accompagna l’uomo fin dal passato. A raccontarci il valore culturale della rosa ci pensa il libro “Rosa. Storia culturale di un fiore”, di Claudia Gualdana, edito da Marietti 1820. Il saggio ripercorre il valore che il fiore ha avuto  nel corso dei secoli negli ambiti letterario, figurativo, storico e favolistico. Un libro interessante che permette di comprendere la molteplicità di significati e valori che il delicato fiore ha assunto anche nelle differenti culture dove esso è passato. La lettura del libro della Gualdana è avvincente, perché si parte dagli albori della civiltà umana e già nell’ “Iliade” di Omero si trova l’accenno alla rosa e al suo olio, usato da Venere per ungere il corpo senza vita di Ettore. Dagli scritti dell’antica Grecia, dove la rosa veniva usata anche per decorare gli altari delle divinità (Venere), si passa all’epoca dei Romani, quando il fiore era il simbolo della passione, della vita e del trionfo militare. Nel primo Cristianesimo la rosa assunse il significato del dolore e del martirio, non a caso più che i petali, prevalsero le sue spine e sarà solo col passare del tempo che ci si rese conto di come il Cristianesimo non era solo dolore, ma anche amore per la vita e speranza. Pensiamo alla rappresentazione della Madonna, madre di Gesù, spesso è accompagnata da fiori e tra di essi spiccano le rose, un’eredità di epoca pagana, che nel cristianesimo assume valore di carità, purezza e santità. Nel libro della Gualdana si fa riferimento anche al valore simbolico del fiore in rapporto ai numeri e si pone l’attenzione su quello che accadde in epoca medievale, quando la rosa visse un momento di oblio, nel senso che il suo valore erotico e sensuale la portò ad essere messa un po’ in disparte. Successivamente il fiore ebbe il suo riscatto quando venne elevato fiore l’emblema della figura di Cristo. La rosa come Cristo, da amare e rispettare. Non a caso il colore rosso dei petali veniva spesso equiparato a quello del sangue versato da Gesù nel momento della Passione in croce. Come emerge dal libro, la rosa visse un vero e proprio cammino culturale, che la portò a popolare il mondo delle cultura e, ad un certo punto, anche i giardini di case e monasteri, poichè la si riteneva un fiore in grado di curare i malumori e le infezioni. Religione, arte e anche letteratura. Nelle opere letterarie la rosa è protagonista di poesie. È simbolo di amore, di passione, di bellezza e spesso la donna amata e desiderata dal poeta è paragonata ad una rosa. Non solo, perché nel corso della storia della letteratura, il delicato fiore è stato protagonista di più e più scritti e caricato di tanti significati da indagare e scoprire. In questo la Gualdana ci aiuta dandoci interessanti informazioni e creando spunti per nuove ricerche. Alla fine del libro ci sono una serie di poesie che fanno compiere un vero e proprio cammino nella letteratura alla scoperta dei valori simbolici e metaforici che la rosa assunse per i poeti che la fecero protagonista dei propri testi. “Rosa. Storia culturale di un fiore” di Claudia Gualdana è un interessante saggio che permette al lettore di comprendere la molteplicità di significati, interpretazioni, valori simbolici e metaforici di ieri e di oggi, che si celano nei profumati petali di una rosa.

Claudia Gualdana, insegnante e saggista, ha curato Il catechismo buddhista di Subhadra Bhikshu (Bompiani, 2004), pubblicato Eva e la rosa. Storie di donne e regine di fiori (Vallecchi, 2011) e scritto il saggio «La strumentalizzazione mediatica in Italia dei Quaderni neri», uscito nel libro di F.W. von Herrmann e F. Alfieri Martin Heidegger. La verità sui quaderni neri (Morcelliana, 2016).

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie ad Anna Ardissone.

“Il sentiero delle ossa” di Ettore Mazza (Edizioni BD, 2019) a cura di Maria Anna Cingolo

25 settembre 2019

sentiero-ossa-mazza-0-670x1020Noi siamo la nostra storia.

Ettore Mazza lo sa bene mentre scrive e disegna “Il sentiero delle ossa”, graphic novel da oggi in libreria e in fumetteria per le Edizioni BD. Appassionato di storia, soprattutto di quella più antica, Mazza sceglie un’ambientazione suggestiva e originale per la sua opera a fumetti: il Neolitico del 6000 a.C.

Acca e Gi appartengono a uno degli ultimi gruppi di raccoglitori-cacciatori di cultura paleolitica. Il graphic novel si apre con i nostri due amici costretti a pulire il bosco dagli sterpi successivi a un rogo doloso, prigionieri e schiavi di altri uomini il cui fine principale è utilizzare per coltivazioni e pascoli il terreno appena bruciato. Si tratta di un nuovo clan che si presenta culturalmente diverso nelle pratiche sociali, un gruppo che si rende protagonista di quella che è passata alla storia come Prima Rivoluzione: l’affermarsi dell’agricoltura e dell’allevamento, in sintesi della società sedentaria. Acca e Gi riescono a fuggire dalla prigionia delle prime pagine, ma continuano a scontrarsi con l’inevitabile e violento cambiamento che li insegue rovinosamente ovunque cerchino riparo, anche quando si sentono più al sicuro. La loro strada sembra portare a un bivio: accettare di vivere con gli altri ma in modo diverso o restare soli, resistere e scappare per non morire.

La narrazione è affidata quasi prevalentemente ai disegni che scandiscono un ritmo sempre incalzante, in allerta, in fuga. Solamente le bellissime tavole che raffigurano la natura e i suoi paesaggi offrono un po’ di respiro e di pace, come se cielo, fiumi, boschi, mare, pianure e spiagge, incantevoli spettatori, rimanessero imperturbati mentre i destini dell’umanità cambiano drasticamente. Tale è la sua passione per la preistoria che per disegnare con cura armi, utensili, abitazioni, barche, Mazza si è rivolto a professori e ha approfondito la materia sui libri. Il suo graphic novel diventa quasi strumento di una missione divulgativa al fine di rendere il lettore consapevole di quanto il passato, anche quello più lontano, abbia ancora peso sulla nostra vita di tutti i giorni. Acca e Gi, insieme agli altri personaggi si fanno aedi, smaniosi, pieni di sentimento, con la rabbia e il terrore negli occhi.

La storia di Acca e Gi è anche la nostra storia, è la nascita della nostra cultura, il passaggio al nostro modo di vivere insieme. Ettore Mazza racconta la violenza di questo cambiamento, lo scontro mediante il quale il gruppo che oggi noi definiremmo più civile prevale sull’altro e lo domina, secondo una prassi, sempre civile, propria dell’uomo di ogni tempo: millenni fa, oggi, probabilmente anche domani. 

Ettore Mazza nasce nel 1994 e cresce sulle rive del Lago di Garda. Ama la natura, la storia e la preistoria. Frequenta l’Accademia delle Belle Arti a Bologna ed è tra i fondatori del collettivo Brace, per il quale realizza storie brevi e cura antologie. 

Source: copia inviata al recensore. Ringraziamo Simone Tribuzio dell’Ufficio stampa di Edizioni BD.

Bonavia, Dragan Velikić, (Keller 2019) A cura di Viviana Filippini

1 settembre 2019

bonavia2Dragan Velikić è uno dei più importanti autori della letteratura serba e con “Bonavia” è riuscito a creare un grande romanzo dal respiro europeo. La narrazione prende il via a Belgrado, poco dopo la fine della guerra, dove si ritrovano anime solitarie pronte a mescolarsi tra loro per ridare vita alla città. Tra coloro che vivono a Belgrado ci sono Marko e Marija. Lui è davanti ad un consolato straniero per richiedere il visto di espatrio, mentre lei dice di essere lì di passaggio dopo aver accompagnato un’amica (Kristina) all’aeroporto, dove è salita su un aereo diretto a Boston, negli Stati Uniti, per realizzare il suo sogno. I due giovani si conoscono e in quel breve tempo che stanno nello stesso spazio il lettore ha la netta sensazione che il loro incontro non sia casuale. Il tempo passa, Marko e Marija li ritroviamo anni dopo e si scopre che quell’incontro causale ha dato vita a quella che sembra essere una relazione, un po’ complicata, ma vera. L’altra città dove si sviluppa la tra è Vienna, e qui, oltre ai due protagonisti, il lettore ritroverà anche Kristina tornata dagli USA e Miljan il padre acciaccato di Marko. Quello che emerge dalle parole dei personaggi, dalle loro azioni e relazioni, mette in evidenza pezzi di vita di un tempo trascorso umano pieno di dolori e sofferenze. Per esempio Marko è accanto al padre Miljan nonostante un passato di lontananza. Dallo ieri verrà a galla che l’uomo, quando si rese conto di essere il padre del piccolo Marko e vedovo, perché la moglie morì di parto, al posto di rimanere accanto al figlio prese il via per Vienna, fuggendo da una serie di responsabilità che non era pronto ad assumersi. Nel presente, questo uomo che il figlio ha ritrovato è anziano e malato, e Marko lo assisterà e accudirà dimostrando di sapergli dare un po’ di quell’affetto e amore che anche lui avrebbe dovuto ricevere da bambino. In “Bonavia” di Dragan Velikić i personaggi sono separati e tenuti lontani tra di loro dallo spazio e dal tempo, però quando queste due barriere vengono abbattute e i diversi protagonisti si trovano a vivere gli uni accanto agli altri, si scopre che certi legami e relazioni non sono mai state scalfite dal corso degli eventi. “Bonavia” è una narrazione toccante nella quale gli accadimenti della Storia si intrecciano con le tante vicende umane di coloro che in essa vivono e agiscono. Attraverso le vicende di Marko e Marija e dei loro comprimari l’autore riflette sulle fragilità umane, sentimentali ed emotive, rese ancora più consistenti dal conflitto bellico che ha toccato, in modo maggiore o minore, tutti i personaggi della narrazione. “Bonavia” di Dragan Velikić è una narrazione che indaga le vite nella loro quotidianità e evidenzia come, nonostante le difficoltà, le incomprensioni e gli ostacoli sperimentati dai diversi protagonisti, compresi gli “spettri” ingombranti del passato, tutti vivano vite nelle quali da un lato, quello che hanno vissuto non li abbandonerà mai e, dall’altro, il presente nel quale agiscono lo sperimentano nella speranza di diventare persone migliori e di lasciare segni positivi per il domani che verrà. Traduzione dal serbo Estera Miocic.

Dragan Velikić è uno degli autori più importanti della letteratura serba, tanto da aggiudicarsi alcuni dei maggiori premi letterari balcanici come il Premio Nin –per due volte– e il Premio Meša Selimović ai quali si sono aggiunti il Premio Letterario Mitteleuropa-Preis e il Premio della città di Budapest. Le sue opere sono tradotte in numerose lingue. Per Keller uscirà anche il romanzo “Islednik”.

Source: inviato dall’editore.

“L’intendente Sanshō”, Mori Ōgai, ed Marietti 1820 (2019) A cura di Viviana Filippini

22 agosto 2019

SanshoL’intendente Sanshō” di Mori Ōgai è la versione più nota di una leggenda antica del Giappone, con protagonisti sorella e fratello vissuti nel periodo Heian. La storia, pubblicata dall’editore Marietti 1820, ha al centro della narrazione Tanaki, Zushio e Anju, moglie e figli di un governatore spodestato dal suo ruolo perché ritenuto troppo buono e umano dai suoi superiori. Ad un certo punto le vite della madre e dei figli si separano. La donna viene venduta al mercato di Sado, mentre i due fratelli, che sono dei bambini, finiscono nelle terre dell’intendente Sanshō. Qui, i due, uniti dal profondo legame fraterno, metteranno a assieme le loro forze per sopravvivere e per sopportare le angherie dell’intendente. Il loro intento è quello di fuggire e di andare a trovare la madre, un desiderio che i due giovani nutrono sempre più nel loro cuore, e che diventa ancora più intenso quando sento una canto di una voce femminile arrivare da lontano. Una dolce voce che intona la stessa canzone che cantava sempre loro Tanaki. Grazie a quella melodia eseguita da un’anziana, i due fratelli organizzano una fuga per loro e per la donna che canta, però tutto viene mandato in fumo dagli uomini di Sanshō. Zushio non demorde e, anche su spinta della sorella, decide di partire per andare ad ottenere giustizia e promette ad Anju di tornare a prenderla, ma la ragazza, impensierita dalle pressioni che potrebbe subire nell’attesa del ritorno del fratello, compirà un gesto che lascerà il lettore senza parole. Zushio, trova aiuto in Taro, figlio di Sanshō, del tutto all’oscuro dei loschi traffici del padre. Solo dopoa ver esposto le sue ragioni al Primo Ministro di Tokyo, Zushio partirà per Sado alla ricerca della madre. Il romanzo breve, o racconto lungo, di Ōgai ci porta dentro al Giappone del passato, dentro all’intreccio della storia antica e permeata di un’atmosfera in perenne bilico tra Storia e leggenda. Quello che emerge è la coralità della vicenda, nel senso che i protagonisti incarnano sentimenti comuni vissuti da chi si era vittima di soprusi da parte dei potenti. Tra le pagine de “L’intendente Sanshō” di Mori Ōgai emergono altri temi, ancora attuali oggi, come l’importanza dei legami familiari; il valore degli insegnamenti morali per un vita degna e rispettosa e anche un’acuta e attenta riflessione sulle violenze, le vessazioni e le angherie dei potenti corrotti, verso coloro che cercavano di vivere onestamente. Testo curato da Matilde Mastrangelo con introduzione di Maria Teresa Orsi. Traduzione di Matilde Mastrangelo.

Mori Ōgai (1862-1822) è stato tra i principali esponenti della letteratura giapponese moderna, visse i grandi rinnovamenti dell’era Meiji (1868-1912) da letterato e da uomo di Stato, in qualità di ufficiale medico dell’esercito giapponese. Traduttore di Andersen e Goethe, scrisse i romanzi Vita sexualis, L‘età giovane e L’oca selvatica, opere teatrali e racconti storici.

Source: richiesto all’editore. Grazie ad Anna Ardissone, addetta ufficio stampa.

Due attese di Maurizio Lacavalla (Edizioni BD, 2019) a cura di Maria Anna Cingolo

20 giugno 2019

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Due attese è il graphic novel d’esordio di Maurizio Lacavalla, edito da Edizioni BD nella collana Next, tutta dedicata a giovani artisti italiani di talento.
Eugene lavora per un’agenzia che si occupa di ritrovare i dispersi a seguito dei conflitti mondiali, persone che non hanno fatto ritorno a casa e che i familiari hanno continuato invano ad aspettare. Eugene ha il compito di rintracciarli, vivi o morti, per consentire ai loro cari una sepoltura se non fisica almeno emotiva. Il nuovo caso che deve seguire riguarda Emilio, un soldato della seconda guerra mondiale, sposato con Maria e con una figlia. La lista d’attesa dell’agenzia era così lunga che quando Eugene arriva a Barletta, città natale di Emilio, sua moglie, novantaduenne, è morta senza trovare risposta alle sue domande, trasferendo il peso dell’assenza di Emilio sulla sua discendenza. La figlia di Emilio ormai è diventata nonna e il nipote di lei, Salvatore, ha la stessa fronte e le stesse labbra del suo bisnonno.  Eugene parte alla ricerca della verità, trovando finalmente il colpevole della scomparsa dell’uomo: Karl, un gerarca vendicativo e senza braccia, ancora saturo di odio. Invece, Salvatore e sua nonna sono destinati ad aspettare ancora, sommando l’attesa di Emilio a quella di Eugene. Due attese, appunto, entrambe interminabili. 
Le tavole di questo fumetto sono così espressive da lasciare spazio a pochi dialoghi. L’artista in bianco e nero dà corpo al dolore e alla sete di verità, il suo tratto, forte, netto, sicuro si fa contraltare dell’incertezza dell’anima, i volti spesso ridotti a ombre nascondono i connotati dimenticati delle persone che sono state amate troppo tempo fa e di cui non si riconoscerebbe nemmeno più la voce. Quella di Maurizio Lacavalla, di voce, è, invece, inconfondibile e davvero difficile da dimenticare.

Maurizio Lacavalla nasce nel 1992 a Barletta. Vive e lavora a Bologna dove nel 2016 ha fondato Sciame, un collettivo che pubblica fumetti e libri illustrati. Due attese è il suo fumetto di esordio.

Source: Copia inviata al recensore. Ringraziamo Simone Tribuzio dell’Ufficio Stampa di Edizioni BD.