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:: L’albero della nostra vita, Joyce Maynard (NNeditore2022) A cura di Viviana Filippini

29 aprile 2022

Tutto parte nel presente, da una casa di campagna nel New Hempshire sotto ad un immenso frassino. Poi, all’improvviso, ci si trova nella stessa abitazione verso la fine degli anni Settanta dove c’è già il frassino, testimone muto, paziente e silenzioso di quello che sembra un luogo fatato, dove la protagonista cerca di dimenticare i dolorosi spettri del proprio passato (la perdita dei genitori e violenze subite) per trovare finalmente la propria pace. Lei è Eleanor, una giovane donna illustratrice di libri per bambini. In questo modo ci si addentra in “L’albero della nostra vita” della scrittrice americana Joyce Maynard, edito da NN, che sviluppa la sua trama attorno alle vicende familiari di Eleanor e di Cam, un giovanotto dai capelli rossi che cambierà per sempre l’esistenza di colori e disegni della giovane solitaria. Quello che colpisce del romanzo della Maynard è la sua capacità di creare una trama narrativa in grado di accompagnare, passo dopo passo, il lettore nella vita della protagonista e di coloro che le stanno attorno. Eleanor, Cam, Alison, Ursula, Toby, sono una famiglia i cui caratteri cambieranno nel corso degli anni, a dimostrazione che per l’autrice queste creature letterarie sono simili in tutto e per tutto, per la loro complessità psicologica e emotiva, ai lettori. A scompaginare ogni cosa basterà un fatto accaduto a Toby, un evento che avrà conseguenze irreparabili per tutti quanti. Eleanor, attanagliata dal dolore  e anche dal rancore verso il marito che quel giorno avrebbe dovuto occuparsi di Toby, una volta scoperte verità dolorose e inconfessabili ai figli si chiuderà sempre più nel suo silenzio e nel suo mondo lavorativo, allontanandosi ma mantenendo  sempre viva l’attenzione verso i suoi bambini, quei consanguinei che non comprenderanno fino in fondo (in una prima fase) le sue azioni di cambiamento di vita e quel suo proteggerli in modo perenne da ciò che potrebbero faticare ad accettare e che potrebbe farli soffrire più di quanto loro riescano ad immaginare. Il romanzo della Maynard è lo spaccato di vita di una famiglia americana dagli anni Settanta a oggi, nel quale riecheggiano fatti politici, eventi spaziali come il disastro del Challenger, il video “Thriller” di Michael Jackson tutto da imparare e ballare e quel bisogno di viaggiare per trovare davvero la pace con il proprio io e con ciò che circonda. Nel libro si parla di una donna, però si racconta pure della sua vita di coppia; del vero amore che non muore mai nonostante tutti gli ostacoli; del senso di responsabilità sempre presente -forse troppo, qualcuno potrebbe dire- per Eleanor e di quell’ essere perennemente bambino un po’ incosciente del marito Cam. Altro aspetto interessante sono i figli della coppia con Alison, un po’ scontrosa e minata dalla sensazione di non sentirsi al posto giusto, o meglio, nel corpo giusto. Ursula, l’ipersensibile super patita dello spazio che non sempre riuscirà ad accettare le dolorose verità della madre. Toby che con il suo piede palmato riuscirà a lasciare un segno evidente nelle vite di chi lo ha conosciuto prima e dopo il tragico fatto che lo ha per protagonista. Attorno a loro tanti altri personaggi comprimari, alla ricerca di pace e tranquillità, i cui destini si intrecceranno in modo impensabile alla vita di Eleanor e Cam. “L’albero della nostra vita” di Joyce Maynard corre via veloce ed è una storia quotidiana con protagonista una donna, la sua famiglia e la provincia americana. Una storia singola che diventa corale e nella quale l’illustratrice  Eleanor, grazie alla sua garbata tenacia e forza d’animo, riuscirà a rimettere assieme tutti i cocci della sua vita. Traduzione Silvia Castoldi.

Joyce Maynard è una scrittrice e sceneggiatrice americana, giornalista per il New York Times, Vogue, O, The Oprah Magazine, e The New York Times Magazine. Ha pubblicato diciassette libri, tra cui At Home in the World, che racconta la sua relazione da giovanissima con J.D. Salinger. Il suo romanzo To Die For è diventato il celebre film Da morire, così come Labor Day, di prossima pubblicazione per NNE, è stato portato sul grande schermo da Jason Reitman.

Source: richiesto dal recensore. Grazie a Francesca Rodella dell’ufficio stampa NNeditore.

Alabama, Alessandro Barbero (Sellerio 2021) A cura di Emanuele Federici

17 luglio 2021

“Alabama” è l’ultima pubblicazione di Alessandro Barbero, storico e professore di storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Barbero decide di lasciare in questo caso da parte il suo principale campo di ricerca, l’epoca medioevale, per scrivere un romanzo storico incentrato su un evento molto più vicino ai nostri giorni: la Guerra di secessione americana (1861-1865). Egli sceglie di narrare i fatti attraverso gli occhi e le parole di un anziano veterano di guerra, Dick Stanton, ex soldato dell’esercito sudista. Ad intervistare Stanton è una giovane studentessa appassionata di storia, intenzionata a scoprire la verità su quella guerra, in particolare sull’eccidio dei “negri” verificatosi in quelle circostanze. Stanton narra gli eventi alla ragazza in maniera non convenzionale, mettendo in secondo piano battaglie, generali… per raccontare una storia fatta di piccole cose, di razioni di lardo e piselli divorate in un attimo per la fame, di armi che si inceppavano, di libri prestati e così via. La realtà dei fatti ci viene presentata da Barbero attraverso una crudeltà a tratti agghiacciante, facendoci sentire sulla nostra pelle tutte le ferite che quel conflitto ha provocato. È un continuo rievocarsi di amici, episodi di vita quotidiana, che fanno percepire al lettore lo spirito e la miseria di chi vi era coinvolto in modo diretto. Al centro del racconto c’è naturalmente la questione razziale, tema tutt’oggi scottante negli Stati Uniti. Infatti, quasi tutto il discorso è incentrato su un singolo episodio di quella guerra, la battaglia di Chancellorsville (05/1863). In quello spiraglio di guerra si sprecarono incendi e distruzioni, e il tutto confluì in un brutale massacro di neri. Dalle parole di Stanton emerge come i contadini dell’esercito del Sud erano convinti della vittoria finale contro i nordisti, e il fatto che erano, magari anche in buona fede, realmente convinti del fatto che stavano combattendo per una giusta causa. Nella loro idea di libertà era giusto anche poter detenere schiavi neri per farli lavorare nelle campagne, e il governo non era autorizzato a limitare tutto ciò, proprio perché secondo loro questo era un loro diritto legittimo. Ma, nonostante ciò, si crea quasi una sorta di empatia tra lettore e sudisti, proprio perché nonostante questi ultimi lottassero per una causa sbagliata e persa, ci credevano veramente, ed erano convinti di trovarsi dalla parte giusta. Ad esempio, il vecchio soldato racconta dei numerosi stupri che venivano compiuti nei confronti delle schiave nere, per farle partorire figli da vendere successivamente come schiavi; Ma secondo Stanton la ragione era comunque della loro parte in quanto, da buoni padroni quali credevano di essere, gli davano da mangiare. Viene inoltre tirata in ballo la questione religiosa, in cui i sudisti trovavano un’ulteriore conferma del fatto che avevano ragione in quanto nella Bibbia è presente un gran numero di schiavi. In conclusione, Barbero analizza un argomento storico molto complicato raccontandolo in maniera originale e sofisticata; É presente una grande attenzione al dettaglio e alla cura del lessico, caratterizzato da un intreccio di discorso diretto e indiretto. Il protagonista racconta gli eventi in modo frenetico e quasi logorroico, coinvolgendo emotivamente il lettore che scorre una pagina dopo l’altra e arrivando alla fine del romanzo senza rendersene conto.

Alessandro Barbero, nato a Torino nel 1959, è professore ordinario presso l’Università del Piemonte Orientale a Vercelli. Studioso di storia medievale e di storia militare, ha pubblicato fra l’altro libri su Carlo Magno, sulle invasioni barbariche, sulla battaglia di Waterloo, fino al recente Lepanto. La battaglia dei tre imperi (2010). È autore di diversi romanzi storici, tra cui: Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo (Premio Strega 1996) e Gli occhi di Venezia (2011). Questa casa editrice ha pubblicato Federico il Grande (2007, 2017), Il divano di Istanbul (2011, 2015) e Alabama (2021).

Source: del recensore.

Huck Finn nel West, Robert Coover, (NNeditore 2021) A cura di Viviana Filippini

26 giugno 2021

“Huck Finn nel West” è il romanzo di Robert Coover con protagonista Huckleberry Finn, il personaggio nato dalla penna di Mark Twain, pubblicato in Italia da NN editore. Coover lo riprende e ce lo mostra adulto e quasi maturo alle prese con lo sviluppo della sua vita nel West. In questa nuova avventura esistenziale Huck è solo, perché Tom Sawyer, suo inseparabile amico, compare per poi defilarsi dalla dura vita del west e sposare la fidanzata di sempre (Becky Thatcher) e orientarsi verso uno stile di vita per lui nuovo, cittadino e diretto al successo. Huck invece è solitario come il classico personaggio dei romanzi o film western, e non sempre è accompagnato nel suo cavalcare in quella che è una terra dove compaiono cavalli selvaggi da domare, dove sullo sfondo riecheggiano gli spari della Guerra di Secessione e si intravedono diligenze in fase di attraversamento della terra americana. Tra i suoi amici (pochi e veri) ci sono le tribù di nativi americani – in particolare la figura di Eeteh- con i quali Huck instaurerà relazioni sempre più solide che gli permetteranno di conoscere la loro cultura, andando oltre le barriere e i pregiudizi che spesso hanno creato – e lo fanno ancora- conflitti. Coover porta il lettore a compiere un vero e proprio passo indietro nel tempo, in un’America in fase di evoluzione e trasformazione, nella quale il progresso e il “più forte” hanno la meglio su quelle che sono le minoranze. Altro aspetto interessante del libro è il modo in cui la vicenda è narrata, nel senso che è lo stesso Huckleberry Finn a raccontare a noi lettori il suo vissuto e il colpo di genio dell’autore è quello di riprodurre nello scritto la parlata sgrammatica del protagonista che sbaglia verbi, travisa e trasforma le parole inventandosi termini personali e del tutto originali che rendono strampalata la lettura del romanzo. Un esempio? Per Huck Finn “paradosso” diventa “para d’osso” o “apocalisse” diventa “poca lisse”. Coover recupera una figura delle letteratura mondiale nata dalla penna di Twain e gli dona nuova vita, mostrando il suo protagonista alle prese con cambiamenti epocali. Huck è attento osservatore e uditore e questo gli permette di comprendere quella che è la vera natura delle persone che incontra e di andare oltre le apparenze raggiungendo la vera sembianza dei fatti e delle cose spesso- come scoprirà lui stesso- carichi di contraddizioni. “Huck Finn nel West” di Robert Coover racconta in modo avventuroso -e a tratti crudo- l’America del passato (siamo nella seconda metà del XIX secolo) nella quale però si scorgono elementi di quella contemporanea dove gli americani vivono e provano a sopravvivere alle prove di un mondo in evoluzione. Traduzione di Riccardo Duranti.

Robert Coover (1932) è autore di romanzi e raccolte di racconti, ed è considerato uno dei padri del postmoderno americano. Ha insegnato per più di trent’anni alla Brown University, dove ha fondato l’International Writers Project, un programma rivolto a scrittori internazionali perseguitati per le loro idee e i loro scritti. Con il suo primo romanzo, The Origin of the Brunists, ha ricevuto il William Faulkner Foundation First Novel Award, e con The Public Burning (1977) è stato finalista al National Book Award. NNE pubblicherà anche il suo romanzo Huck Out West.

Source: richiesto all’editore. Grazie all’ufficio stampa NN editore.