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:: La grande caccia di Ben Pastor (Mondadori 2020) a cura di Giulietta Iannone

23 luglio 2020

La grande cacciaLa brava e talentusosa Ben Pastor è molto conosciuta sul nostro blog specialmente per la sua serie dedicata a Martin Bora, aristocratico ufficiale dell’esercito tedesco, in forze ai servizi di controspionaggio durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ma è anche autrice di una serie ambientata nell’Antica Roma che ha per protagonista Elio Sparziano, personaggio storico veramente esistito, militare e storico di cui sappiamo in verità ben poco, lasciando grande spazio a Ben Pastor per creare il suo personaggio.
La grande caccia è il quinto episodio della serie con Sparziano protagonista e ci porta nella Palestina del IV° secolo dopo Cristo, al tempo dei quattro co-imperatori, tra cui Galerio e Massimino Daia in Oriente, sulle tracce di un immenso tesoro.
Apparentemente infatti Sparziano viene incaricato di censire i cristiani della provincia, possibili fautori di disordini (si rifiutano ostinatamente di bruciare incenso nei templi romani, tra le loro tante eccentricità), ma in realtà la sua grande missione è appunto trovare questo grande tesoro.
E non sarà facile, innanzitutto perché è ben nascosto, poi perché in molti lo vogliono e sono pronti a tutto per ottenerlo. La sua strada infatti sarà presto costellata di morti, e fin da subito Sparziano si rende conto che salvare la pelle sarà forse il suo compito più importante e difficile.
Misteri, tesori nascosti, pericoli, intrighi, insomma l’avventura al suo meglio, in un grande affresco storico pieno di dettagli, curiosità, e scene di vita vissuta.
Ben Pastor dopo aver abbandonato per un po’ l’Europa della Seconda Guerra Mondiale, ci porta nell’Antica Roma, ricostruendo il periodo in cui si muove Sparziano con grande passione e meticolosità, come ci ha da sempre abituato.
Poi di bello c’è che tutto sembra così vivido, colorito, vitale, anche attuale per certi versi, gli splendori dell’epoca dei Cesari sta volgendo al termine, e la crisi e già nell’aria. Troppe forze contrapposte si muovono nell’ombra e sembrano minare dalle fondamenta l’Impero, non da ultimo questa “strana” religione dei seguaci di Cristo. L’editto di Costantino sarà promulgato a breve nel 313 d. C.
Elio Sparziano è un bel personaggio, un uomo del suo tempo, un militare fedele a Roma e nello stesso tempo amante della storia e delle culture e tradizioni dei popoli. Scambia una fitta corrispondenza epistolare con la madre e con una prostituta che gli racconta le sue preoccupazioni per la figlia di un suo antico amore.
La grande caccia è un romanzo lungo, ad ampio respiro, fitto di scrittura densa e storicamente documentatissima, in cui emerge un mondo perduto in cui ambizioni, avidità e sete di potere spingono le persone a compiere i peggiori eccessi.
Interessante.
(The great chase, 2019), Mondadori editore, 2020, traduzione di Luigi Sanvito.

Ben Pastor, nata a Roma, docente di scienze sociali nelle università americane, ha scritto narrativa di generi diversi con particolare impegno nel poliziesco storico con le serie di Martin Bora, di Praga e di Elio Sparziano, tradotte in molti Paesi. Della serie di Martin Bora Sellerio ha già pubblicato Il Signore delle cento ossa (2011), Lumen (2012), Il cielo di stagno (2013), Luna bugiarda (2013), La strada per Itaca (2014), Kaputt Mundi (2015), I piccoli fuochi (2016), Il morto in piazza (2017) e La notte delle stelle cadenti (2018). Premio Flaiano 2018. Della serie di Sparziano ha pubblicato Il ladro d’acqua, La Voce del fuoco, Le Vergini di Pietra, La traccia del vento, e La grande caccia.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Anna dell’Ufficio stampa Mondadori.

:: Il morto in piazza di Ben Pastor (Sellerio 2017) a cura di Giulietta Iannone

2 febbraio 2018
Il morto in piazza

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Il carteggio segreto tra Benito Mussolini e Winston Churchill durante la Seconda Guerra Mondiale è al centro di Il morto in piazza (The Dead in the Square, 2004) di Ben Pastor edito originariamente in Italia nel 2005 per Hobby & Work, e nel 2017 riproposto nella nuova traduzione di Luigi Sanvito per Sellerio.
Cronologicamente, almeno per i fatti trattati, segue Kaputt Mundi di cui parlai alcuni anni fa, spero di poter recensire tutta la serie, ed è il quinto romanzo in ordine di scrittura dedicato a Martin Bora, ufficiale dell’esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tornando al carteggio è uno dei misteri più ben dissimulati, tra depistaggi, false dichiarazioni e cortine di reticenza, del secondo conflitto mondiale, tanto che per alcuni storici non sarebbe in realtà mai esistito. Ne Il morto in piazza, troviamo Martin Bora incaricato di recuperarlo, dalle mani di un confinato, l’avvocato Luigi Borgonovo, e possibilmente distruggerlo, essendo il contenuto una spina nel fianco per molti alti ufficiali tedeschi, e per l’Italia, poiché se si dimostrasse un possibile “tradimento” di Mussolini e un suo tentativo di alleanza con gli inglesi, rischierebbe rappresaglie e ritorsioni senza fine.
Ma naturalmente Martin Bora non sarà solo occupato in questa delicata missione di intelligence, dal pittoresco nome in codice di Elster – gazza ladra –, durante il suo soggiorno a Faracruci, piccolo paesino (immaginario) dell’ Abruzzo, alle pendici del Gran Sasso, si troverà anche ad indagare su due morti, una avvenuta nel passato e una recente, avvenuta al suo arrivo, trovandosi come inaspettato alleato e aiutante nelle indagini proprio Borgonovo, con cui inizierà una inattesa quanto impossibile amicizia.
Il morto in piazza è un romanzo dolente, forse minore rispetto alla produzione dell’autrice italoamericana, meno ricco di azione se vogliamo. Tutto si svolge nel microcosmo rarefatto di un paesino abruzzese abitato da povera gente, perlopiù contadini. E’ una tappa di passaggio per Bora. Abbandonata in tutta fretta Roma, siamo nell’estate del 1944, e diretto a Bolsena, per prendere il comando del 960mo Reggimento Granatieri, si trova inaspettatamente rallentato da questa missione segreta da cui dipende la vita di innumerevoli persone, sia tedesche che italiane.
Bora è perfettamente conscio di ciò, e nella drammaticità della ritirata dell’esercito tedesco dall’ Italia centrale, gli Alleati ormai incalzano da tutti i lati (lo sbarco in Normandia è prossimo) non perde la testa né il sangue freddo e trova il tempo per indagare su un omicidio diciamo minore sullo sfondo dei grandi fatti storici che lo stanno travolgendo, lui come il suo paese ormai destinato alla sconfitta. Omicidio che sembra avere collegamenti con un altro fatto di sangue avvenuto nel 1919, in un paesino tranquillo in cui queste cose non succedono.
La vita di paese è descritta con tocchi leggeri, il bar ristorante principale, con le sue sedie all’aperto che ospitano anziani molto informati sui fatti, che spettegolano e ricordano il passato, la caserma dei carabinieri, le case che si affacciano sulla piazza, i campi tutt’ intorno, la povertà, la saggezza, la forza di questa gente che quasi vive in un’ oasi protetta lontana dal conflitto.
Belli i personaggi minori, tutti identificati con pseudonimo, come si usava nei piccoli centri dove tutti conoscevano tutti: Pipistròlle, il balordo, il matto del paese, dalla mente danneggiata dalla Grande Guerra, personaggio tenero e dolcissimo, a cui forse Bora si affeziona tanto da bere un sorso di gazzosa da lui offerta; Fissa-Fissa, proprietario del Caffè Adua, un fascista nostalgico, reduce dall’ Africa, che ama ascoltare i vecchi dischi di propaganda, a cui Bora regala il disco di Lili Marlene; e poi Don Fifì, il primo morto, Dindalò, Usagne, Caitène, Presentosa, la moglie di Fissa-Fissa.
Insomma tutta una compagnia di personaggi ben affiatati e ben caratterizzati, dove ognuno ha le sue peculiarità, i suoi vezzi e le sue debolezze. Oltre a Bora naturalmente spicca il personaggio di Borgonovo, il prigioniero politico confinato a Faracruci, che scrive lettere al figlio (e qui si nasconde un piccolo colpo di scena, che non vi anticipo, ma capace di toccare nel profondo il lettore). L’amicizia nata tra i due, sarà più forte per Bora del dovere all’ ottemperanza agli ordini ricevuti? Tutta la narrazione è tesa da questa questione morale, non un principio di secondo piano per il nostro, la cui posizione non è affatto facile.
L’apparizione, quasi spettarle, del suo acerrimo nemico Harald Cziffra, anticiperà la rocambolesca fuga di Bora dalle SS, e l’inattesa solidarietà di tutto il paesino, unito nel coprirlo.
Il morto in piazza, si conferma un giallo storico di sicuro interesse, curato nell’ambientazione, accurato nella documentazione storica, sorretto da una scrittura letteraria e poetica, oltre che molto attenta alle sfumature morali e psicologiche. Il tipo di libri che non ti stancheresti mai di leggere, per cui sono felice di anticiparvi, con il permesso dell’autrice, che la traduzione del prossimo Bora Night of the Shooting Stars, è pronta. Uscirà in Italia sempre per Sellerio tra la primavera e l’estate del 2018 (anche se non c’è ancora una data precisa), con il titolo La notte delle stelle cadenti. Cito le parole dell’autrice:

sarà ambientato nella Berlino pre-20 luglio 44, dove il Nostro, mentre indaga sulla strana morte di un veggente (o presunto tale) ammanicato col vertice del Terzo Reich, verrà coinvolto nell’attentato a Hitler e conoscerà (finalmente) il suo alter ego storico, Claus von Stauffenberg. Ma, conoscendo i due, non è detto che sarà un rapporto così facile…

Dunque che dire buona lettura e speriamo che l’estate arrivi presto.

Ben Pastor, nata a Roma, docente di scienze sociali nelle università americane, ha scritto narrativa di generi diversi con particolare impegno nel poliziesco storico. Della serie di Martin Bora Sellerio ha già pubblicato Il Signore delle cento ossa (2011), Lumen (2012), Il cielo di stagno (2013), Luna bugiarda (2013), La strada per Itaca (2014), Kaputt Mundi (2015) I piccoli fuochi (2016) e Il morto in piazza (2017).

Nota: In copertina Olio su tela di Aleksandr Deineka 1934 (particolare). collezione privata.

Source: acquisto personale.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: I piccoli fuochi, Ben Pastor (Sellerio, 2016) a cura di Giulietta Iannone

20 dicembre 2016
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Francia occupata, autunno 1940.
Proseguono le indagini di Martin Bora, ufficiale della Wehrmacht, prestato al Abwehr, servizio di controspionaggio militare del Terzo Reich. Personaggio complesso, creato dalla scrittrice italiana, naturalizzata americana, Ben Pastor, di cui in questa avventura conosceremo nuove sfumature e sfaccettature.
L’ordine non cronologico delle storie ci permette infatti di andare avanti e indietro nel tempo, sempre nel lasso temporale che vide l’Europa trasformarsi in un cumulo di macerie durante la Seconda Guerra Mondiale, e questa volta ci consente di approfondire la psicologia giovanile di Bora, ancora non temprata da anni e anni di guerra, sempre combattuta sul fronte interno, a indagare su singoli delitti, che quasi svaniscono sullo sfondo dei milioni di morti della guerra vera, quella di trincea, quella del deserto dell’Africa, o dello sconfinato e gelido fronte russo.
Ma le storie di Ben Pastor più che essere storie belliche di grandi battaglie militari sono storie di personaggi, di tormenti interiori, di battaglie etiche e morali per la maggior parte combattute nell’animo del protagonista, Martin Bora, di cui, anche grazie all’espediente interno della scrittura del diario, stiamo imparando a conoscere ogni piega, anche la più nascosta e poco marziale.
Dopo aver recensito Il cielo di stagno, Luna bugiarda, La strada per Itaca, e Kaputt Mundi, è la volta di I piccoli fuochi (The Little Fires, 2016) edito sempre da Sellerio e tradotto dall’inglese da Luigi Sanvito.
Credo che i romanzi di Ben Pastor creino dipendenza, e soprattutto si fanno rileggere sempre con vivo interesse data la complessità che racchiudono, che non si esaurisce con la classica scoperta del colpevole.
Finita la lettura de I piccoli fuochi, già mi chiedo quale sarà il prossimo, quale periodo tratterà quasi con la lente di ingrandimento sempre sviluppando l’evolversi del personaggio, cosa non facile se consideriamo appunto che va avanti e indietro nel tempo, creando uno svolgimento in fieri, di stampo sperimentale. Un gioco che si presta a nuove revisioni e approfondimenti e se vogliamo adeguamenti per omogeneizzare le trame passate a quelle presenti.
Questo sforzo narrativo, sempre sul filo teso del funambolo, credo faccia dei Ben Pastor una degli autori più interessanti e originali del panorama contemporaneo, sia italiano, che straniero, considerata anche la sua peculiarità di essere a cavallo dei due mondi. Ciò che colpisce, in modo netto e vivido, è la grande verosimiglianza psicologica del protagonista, che forse solo chi ha vissuto con un militare può percepire pienamente in tutta la sua portata.
Niente è trattato con leggerezza o superficialità, e questa è senz’altro la parte che maggiormente apprezzo, che quasi relega a una dimensione incidentale la parte poliziesca della trama. Sì, certo ci sono delitti, ci sono indagini, più o meno ostacolate, ci sono i colpevoli, ma soprattutto ci sono i luoghi, le atmosfere, le ricostruzioni minuziose, e certosine, e lo studio dei caratteri, dei personaggi, che fanno dei suoi romanzi non mera letteratura gialla, alla maniera classica.
Non che sia facile leggere i suoi libri, ho perso il filo parecchie volte, un po’ perché la vita di tutti i giorni ci assorbe, e i suoi libri sarebbe meglio leggerli quando si ha tempo continuativo da dedicargli. Magari in queste vacanze di Natale, perché no. Ho forse divagato troppo scrivendo questa recensione, tralasciando la trama, ma cercherò di rimediare, senza dare troppe indicazioni su chi possa essere l’assassino o gli assassini.
Dunque Bora è a Parigi, sulla strada per il quartier generale dell’ Abwehr su boulevard Raspail, in arrivo dalla Germania. Ad accoglierlo, in modo quasi dimesso, la Francia occupata dell’ottobre del 1940. Molto diversa dalla Parigi gioiosa della sua giovinezza cosmopolita.
La missione che lo porta a Parigi è da lui definita di routine, di mera sorveglianza. Deve pedinare Ernst Junger, capitano dell’esercito e famoso scrittore dell’epoca, inviso al regime hitleriano. Missione che accetta quasi controvoglia, per l’autentica ammirazione che prova per Der Krieger, (Il Guerriero), begnamino tra gli eroi della Grande Guerra.
Ma per spirito di dovere, e stanca accettazione, è lì a Parigi, senza avere ben chiara l’idea di cosa consistano davvero i suoi compiti: mera sorveglianza, raccolta di indizi, tentativo di screditarlo e ucciderlo, per lo meno socialmente?
Il primo che incontra è il colonnello dell’Abwehr Hans Kinzel, sempre in abiti civili, che lo aspetta in una libreria, e al quale dovrà riferire per tutta l’indagine, alla quale si aggiunge una missione, questa puramente investigativa, sull’omicidio della moglie bretone del commodoro della Marina Militare Arno Hansen-Jacobi, il brutto incidente di Landernau.
Prima di lasciare Parigi per la Bretagna (dove anche Junger sembra essersi rifugiato) Bora incontra un misterioso polacco (terza indagine che dovrà seguire, anche se questa più sfumata), Zawadski, rigattiere proprietario di un negozio di Strumenti d’epoca, brocantage e spartiti che gli parlerà dei fatti di Katyń.
Tanti sono i piccoli fuochi che Bora incontrerà sul suo cammino, non ve li cito, vi lascio il piacere di scoprirli durante la lettura, posso invece dire che in questo romanzo la Pastor sperimenta anche nuove vie narrative, utilizzando sfumature horror, (L’uomo di Mont Velerien giaceva nella fossa, con barba e le unghie che crescevano ancora), una punta di sovrannaturale, con gli inspiegabili rumori notturni a Les Trepasses, tra leggende bretoni, e mitologia, e una più forte connotazione erotica, specie nelle scene che vedono Bora e la cantante Mome Chouette, (al secolo Nadine Lisieux, cantante di Cabaret e informatrice della Gestapo), protagonisti.
Che dire d’altro, dicevo che sono romanzi che creano dipendenza, e io infatti, con ancora l’eco dei mondi creati da questo romanzo, aspetto il prossimo. Buona lettura.

Ben Pastor, nata a Roma, docente di scienze sociali nelle università americane, ha scritto narrativa di generi diversi con particolare impegno nel poliziesco storico. Della serie di Martin Bora Sellerio ha già pubblicato Il Signore delle cento ossa (2011), Lumen (2012), Il cielo di stagno (2013), Luna bugiarda (2013), La strada per Itaca (2014) e Kaputt Mundi (2015).

Nota: In copertina Acquarello e gouache su carta di Aleksandr Deineka 1934 (particolare). Collezione privata.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’Ufficio Stampa Sellerio e l’autrice.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: La strada per Itaca, Ben Pastor, (Sellerio, 2014) a cura di Giulietta Iannone

25 dicembre 2014

4717-3La strada per Itaca, (The Road to Ithaca, 2014), edito da Sellerio e tradotto dall’inglese da Luigi Sanvito, è il nono romanzo dedicato da Ben Pastor al personaggio di Martin Bora, capitano della Wehrmacht, prestato all’Abwehr, il servizio di controspionaggio tedesco.
Ambientato tra la fine di maggio e gli inizi di giugno del 1941, il romanzo si pone cronologicamente tra Lumen e Il cielo di stagno facendo luce sulla “vacanza” cretese che Bora si prese poco prima dell’invasione nazista dell’ Unione Sovietica, che sciolse di fatto il patto Ribbentrop-Molotov e diede il via all’ Unternehmen Barbarossa. (Operazione suicida con il senno di poi, ma già la storia aveva dato le sue lezioni, pensiamo solo a Napoleone).
Bora si trova a Mosca al seguito della delegazione diplomatica tedesca, quando riceve da Berija in persona il compito di recarsi a Creta, appena conquistata dai tedeschi, e sottratta agli inglesi, per procurarsi alcune casse di Dafni e Mandilaria, due pregiati vini cretesi da sfoggiare nei ricevimenti da ambasciata, anche se la richiesta più che altro poteva suonare come un memento, che il capo dell’NKVD poteva tutto, disponendo a piacimento della vita delle persone fossero anche state ufficiali tedeschi trasformati in suoi servitori.
Bora accetta l’incarico (non che abbia scelta) con una certa irritazione, ma quando si trova sotto l’accecante sole di Creta scopre suo malgrado che un altro incarico l’attende. Una strage di civili avvenuta in una villa poco lontano da Iraklion, sulla costa settentrionale di Creta, sembra avere ripercussioni quantomeno inquietanti. La vittima principale era un cittadino svizzero, (per cui l’incidente diplomatico con un paese neutrale non è una prospettiva tanto remota), per giunta membro dell’associazione Ahnenerbe di Himmler. Presunti colpevoli, un gruppo di paracadutisti tedeschi, che alcune foto, reperite in modo avventuroso, collocano sul luogo della strage al momento in cui fu perpetrata. Chiamato in causa, l’Ufficio Crimini di Guerra, onde evitare l’intervento della Croce Rossa Internazionale, e pure la curiosità di Himmler, incarica Bora di indagare sul caso, e possibilmente discolpare i paracadutisti coinvolti.
Aiutato dal commissario di polizia greco Vairon Kostaridis, personaggio solo apparentemente buffo, che riserverà parecchie sorprese, e da una recalcitrante archeologa americana, Frances L. Allen, “costretta” ad accompagnarlo all’interno delle isola sulle tracce di un testimone della strage, Bora dipanerà un’intricatissima matassa, illuminato da una singola parola, “prestigio”, causa di un suo litigio quando aveva solo dodici anni, che in realtà fa emergere nella sua coscienza (oltre all’intuizione risolutiva per la soluzione del caso) i germi di un’inquietudine che maturerà negli anni successivi. La coscienza del divario tra la sua Germania, alla quale si sente fedele e lealmente ne persegue gli interessi, e la Germania nazista, in mano a uomini nuovi come “Waldo” Preger, il ragazzino con cui si era accapigliato e che ora ritrova come capitano dei paracadutisti.
La strada per Itaca, si pone quindi come un romanzo di passaggio, dalle forti valenze psicologiche, capace di far luce sull’animo complesso e tormentato di Bora, novello Ulisse, (è l’omonimo romanzo di Joyce che si porta dietro tra i suoi pochi effetti personali assieme all’immancabile diario), sulla via di casa. Forse l’eccessiva complessità, rende la lettura meno scorrevole di altre letture, ma la bellezza della scrittura della Pastor, mai banale, mai scontata, dalle forti valenze letterarie, rende il testo ricco di fascino. La ricostruzione storica come sempre è accurata, e ricca di aneddoti e apparizioni (pensiamo solo allo scrittore americano Erskine Caldwell) e ci riporta al periodo della Seconda Guerra Mondiale, ancora controverso, ancora poco approfondito.
La Pastor sceglie di parlarci della storia, (l’aspetto investigativo è solo una sfumatura della narrazione, forse nemmeno quella più rilevante) dal punto di vista di un perdente, un ufficiale tedesco della Germania nazista (sebbene definirlo lui stesso nazista è sicuramente impreciso), e i rischi di questa scelta sono numerosi. Consideriamo solo l’apparente scarso coinvolgimento emotivo del personaggio per una strage di civili, difficile da considerare positivo per una sensibilità moderna. O l’accettare l’inganno (anche crudele) ai danni dell’archeologa americana, come naturale e giustificabile. (L’astuzia di Ulisse).
Ciò non toglie che un personaggio più noir di così è difficile immaginarlo e forse proprio questo rende la lettura una sfida. La mentalità, la concezione del suo stato sociale, i suoi ideali, la sua educazione, sono ricostruiti in modo degno di ammirazione, anche quando si contrappongono ai corrispettivi moderni. Martin Bora è un uomo del suo tempo, con limiti ed eroismi, e questa umanizzazione del personaggio è sicuramente la parte più riuscita del romanzo e dell’intera serie.

Ben Pastor, nata a Roma, docente di scienze sociali nelle università americane, ha scritto narrativa di generi diversi con particolare impegno nel poliziesco storico. Della serie di Martin Bora Sellerio ha già pubblicato Il Signore delle cento ossa (2011), Lumen (2012), Il cielo di stagno (2013), Luna bugiarda (2013) La strada per Itaca (2014).