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Chiara Lossani ci racconta il suo “Salvador Dalì, la spiaggia azzurra”: un inno alla fantasia

4 febbraio 2023

Chiara Lossani autrice di libri per bambini e giovani lettori è in libreria con “Salvador Dalì, la spiaggia azzurra” edito da Arka. Nell’albo illustrato l’autrice racconta il grande genio artistico del pittore spagnolo e quel modo di rappresentare il mondo usando immagini fuori dai normali canoni arstistici. A portare il lettore bambino a spasso nel mondo di forme e colori di Dalì, una sua creatura: Babù, un ocelotto, un felino selvatico che l’artista teneva come compagnia (come quello della foto sopra con Dalì). Il libro è accompagnato dalle illustrazioni accurate in ogni dettaglio, realizzate da Michael Bardeggia. Abbiamo incontratro Chiara per farci raccontare un po’ di cose sul libro.

Come è nata l’idea del libro dedicato a Dalì? L’editore Arka mi ha chiesto di scrivere il testo per un albo illustrato e all’inizio confesso che ero un po’ spaventata. Dalì è un grande pittore ma non facile per i bambini, con immagini di forte impatto emotivo e con molti collegamenti alla cultura e all’arte che potevano essere di ardua comprensione per loro. Devo dire però che, mano a mano che approfondivo la sua biografia e lo studio delle sue opere, ne sono stata così attratta che ho cominciato a intravedere una possibile via. Ho apprezzato la sua abilità artistica, così come mi ha  conquistato il suo personaggio, volutamente esibizionista e stravagante. Le trovate per diffondere la sua immagine, il modo in cui si presentava in pubblico, mi hanno divertito e ho cercato di raccontarle abbinandole alla sua natura, al carattere, alla sua psicologia. 

Perché la  scelta di Babù, un protagonista dei suoi dipinti per guidare il lettore? Era molto importante trovare il modo per raccontare ai bambini questo grande pittore, e ho capito subito che gli animali potevano essere la strada. Dalì era stravagante anche nella scelta dell’animale da compagnia: è stato visto uscire di casa con al guinzaglio un formichiere, e sono molte le fotografie che lo ritraggono con un ocelot, cioè un leopardo nano: Babou, appunto, che nella storia chiamo Babù per semplificarlo. Ci dicono le sue biografie che Babou stava sempre con lui e con Gala, e dunque per me era il personaggio giusto per fare da tramite con i bambini e raccontare la sua vita e le sue opere. I bambini infatti lo amano molto e mi fanno tante domande su di lui.

Che valenza ha avuto secondo te il modo di fare arte di Dalì? Come dico nel libro, Dalì ebbe la capacità di dipingere in modo personale tutto ciò che costituisce l’invisibile fuori e dentro di noi, l’immaginario, il sogno, la fantasia, un mondo che i bambini conoscono bene e in cui sono immersi, anche se purtroppo oggi vengono inibiti nel rappresentarlo. Questo libro potrebbe essere l’occasione per liberarle la loro fantasia, per nutrirla.

I personaggi dei quadri dicono che “Dalì ci ha dipinti male”, perchè si sento sbagliati? Quanto non comprendono l’artista?  Nella storia che ho immaginato, gli animali si ribellano perchè Dalì non ha rispettato le regole della natura, li ha dipinti come non sono (elefanti che volano, tigri che nascono dalla bocca di un pesce, cavalli che diventano pietra…). E Babù spiega loro che  sono animali speciali, animali della fantasia e quindi appartengono ugualmente alla natura, perchè anche la mente fantastica è natura. E dunque devono essere orgogliosi di questo, perchè sono stati scelti per un compito importante: dipingere la fantasia.

Come avete lavorato con Michael Bardeggia per la creazione delle immagini? Michael ed io lavoriamo con molta sintonia, costruiamo insieme i nostri libri, confrontandoci continuamente. In questo libro abbiamo lavorato molto sul richiamo ai quadri, che infatti invitiamo i lettori a scoprire. nelle pagine.

In una società dove tutto è tecnologico e va veloce, dove non mancano instabilità e paure, il tuo libro può essere visto come un inno alla fantasia? “Salvador Dalì, la spiaggia azzurra” è assolutamente un inno alla fantasia, al mondo del sogno e dell’invisibile. La spiaggia azzurra dove si ritrovano Babù e gli altri animali è la spiaggia dell’immaginazione, dove tutto è possibile e dove l’unica regola è quella che non ci sono regole. Quando incontro i bambini chiedo loro di disegnare le loro paure,  di portare sulla carta i loro sogni, e dico loro che per Dalì, che da bambino aveva tante paure, era un modo per stare bene.

Se dovessi scegliere una colonna sonora da abbinare al tuo libro, cosa sceglieresti? Il Carnevale degli animali di Saint-Saens mi pare perfetto, e sarebbe bello leggere il nostro libro facendo ascoltare ai bambini come sottofondo questa musica magica e suadente, che sa accompagnare la fantasia.

:: Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’800 tra miti e simboli, Paolo Possamai (Marsilio 2022) A cura di Viviana Filippini

5 luglio 2022

“Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’800 tra miti e simboli”  è il titolo del libro di memorie visive e storiche  edito da Marsilio, dedicato alla città di Trieste, scritto da Paolo Possamai, ideale da prendere sottobraccio con sè per visitare la città, ma entriamo nel dettaglio. Nettuno e Mercurio sono anche due antiche divinità ben note sin dai tempi degli antichi Greci e Romani. Nettuno era, e lo è ancora, il dio dei mari e delle correnti, e a Trieste di mare ce n’è. Mercurio per i Romani era la divinità del guadagno e del commercio e queste attività erano molto vive nella città di Trieste, soprattutto nell’800. Il libro di Possamai porta il lettore alla scoperta del volto urbano della città di Trieste che è protagonista in modo completo di questo volume. Interessanti sono sì le descrizioni dei diversi monumenti presi in esame, ma ancora più curioso è l’abbinamento alle fotografie inedite realizzate da Fabrizio Giraldi e da Manuela Schirra. Questo volume permette di restituire al lettore l’immagine di una città di impianto architettonico neoclassico nella quel la mitologia, le attività commerciali e il rapporto con la borghesia dell’epoca erano molto solidi. Matteo Pertsch, Antonio e Francesco Bosa, Pietro Nobile, Emilio Bisi sono solo alcuni degli architetti e degli scultori che agirono a Trieste contribuendo, attraverso l’architettura e la scultura, alla costruzione dell’identità della cittadina triestina dove eleganza, mitologia e lavoro si mescolano alla perfezione dal passato fino ai giorni nostri. E così, oltre a Mercurio e Nettuno, Giasone, Venere, ad accompagnare e vigilare sui triestini ci sono i santi patroni della città e figure simboliche come la Mercatura, la Giustizia, l’Onore, la Fama, l’Ingegno, l’Abbondanza, l’Industria, la Navigazione, la Perseveranza presentati in forma di sculture e  bassorilievi. Tutti lì presenti in diversi edifici pubblici (Teatro Verdi, Tergesteo, Palazzo della Borsa…) e privati (Palazzo Carciotti, Palazzo Vivante, Palazzo Rotonda Pancera). Queste e altre figure dal valore simbolico compaiono negli edifici con funzione civile e di abitazione, nei portoni, nelle cornici di porte e finestre, nelle facciate scolpite dei palazzi, dove dimostrano di non essere semplici decorazioni messe lì per fare bello uno stabile. Ogni singolo elemento decorativo è sì rappresentativo della stile architettonico neoclassico, ma ad un’attenta osservazione si ha come la sensazione che esso determini un’atmosfera di bizzarro, insolito e originale che pervade la città di Trieste. “Nettuno e Mercurio. Il volto di Trieste nell’800 tra miti e simboli”, di Paolo Possamai, narra e mette in risalto gli elementi architettonici che non solo decoravano le architetture presenti ma che, allo stesso tempo, rappresentavano l’identità di una città e della sua classe sociale borghese composta dai mercanti, commercianti e dirigenti. Prefazione di Giuseppe Pavanello.

Paolo Possamai (Vicenza, 1960), è direttore del quotidiano “Il Piccolo di Trieste” e in precedenza ha diretto “La Nuova Venezia” ed è stato inviato speciale del Gruppo Espresso. Dal 1999 scrive per “La Repubblica, in particolare sul dorso economico Affari & Finanza. È consulente della Fondazione Nord Est per la stesura del Rapporto sulla società e l’economia e ha pubblicato vari libri.

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie all’ufficio stampa Marsilio.

L’Omino di Giovinazzo. Fortunato Depero: 1926, passaggio in Puglia, Aguinaldo Perrone, (Graphe.it, 2022) A cura di Viviana Filippini

11 marzo 2022

Sembra un giallo “L’omino di Giovinazzo” di Aguinaldo Perrone, artista, studioso di cartellonismo, edito da Graphe.it. In realtà il libretto è un curioso saggio breve nel quale l’autore cerca di fare luce su un disegno ritrovato a Giovinazzo, in Puglia, dove l’artista Fortunato Depero passò nel 1926 (non a caso il sottotitolo è Fortunato Depero: 1926, passaggio in Puglia). Tra le pagine del testo si cerca ci capire se effettivamente Depero, noto anche come l’artista più futurista dei futuristi, tra i padri del Secondo Futurismo e dell’aeropittura, passò effettivamente a Giovinazzo. Prove certe sembrano non esserci, ma qualche indizio sì. Tra i papabili elementi un disegno su cartoncino leggero dove è disegnato un omino in marcia. Partendo da questo disegno ritrovato durante i lavoro di ristrutturazione di un bar a Bari, Perrone veste i panni di detective dell’arte e svolge un’indagine sul campo per comprendere l’origine del disegno, snocciolando poi tutte le ipotesi relative al possibile passaggio di Depero a Giovinazzo e alla realizzazione di questo schizzo a china. Tra le componenti che inducono l’autore a pensare che si tratti di un disegno di Fortunato Depero ci sono alcuni elementi grafici: un figura umana stilizzata che sta tra il manichino e il robot, una “f” segnata in modo rapido (potrebbe essere l’iniziale del nome dell’artista) o le forme geometriche come le spirali che richiamano alcuni elementi grafici utilizzati dall’artista nei propri lavori. Le pagine de “L’Omino di Giovinazzo” scorrono via veloci grazie ad una scrittura pulita, chiara, che fa viaggiare il lettore nella vita di un artista che nella sua carriera artistica fece anche lo scenografo, il costumista e il designer. Perciò se “del doman non v’è certezza”, come scriveva Lorenzo de’ Medici nella “Canzona di Bacco”, composta nel 1490 in occasione del carnevale,  anche il dubbio sulla paternità attribuita dell’Omino di Giovinazzo a Depero resta, ma Aguinaldo Perrone, attento esperto di cartellonistica, ha tutti gli elementi giusti per formulare la sua indagine sul quell’omino che, vi dovesse capitare mai di passarci, troverete  stampato sui tovagliolini del Gran Bar Pugliese, magari messi al fianco di una bottiglietta di Campari Soda- anche lei futuristica- e in un secondo, non sarà così difficile riscontrare qualche evidente somiglianza tra l’omino e la bottiglietta di Depero. Il libro presenta una prefazione di Domenico Cammorata.

Aguinaldo Perrone (Aguìn), artista, studioso di cartellonismo. Le sue opere sono state esposte in Italia e all’estero: Milano (Biennale Internazionale del libro d’artista), Berlino, Amsterdam, New York, passando dalla 54ma Biennale di Venezia – Padiglione Puglia. Come autore di libri d’arte e di saggi ha pubblicato: Aguìn, disegniChiedete la lunaIl prodotto definitivamente superioreDepero 1926 passaggio dalle PuglieCatalogo Ragionato di Marchi Inutili e Manuale del Cartellonista ModernoDitelo con cartellonismoNell’ipotesi del cartellonismo e, infine, ha curato la riedizione del libro di Arturo Lancelotti Storia aneddotica della réclame (1912). Ha ricevuto premi e importanti riconoscimenti della sua ricerca storico-artistica, tra cui quelli di Steven Heller (su Print Magazine) e di Fusako Yusaki (prefazione al libro Ditelo con cartellonismo). Dal 2014 insegna Storia dell’illustrazione e della pubblicità presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Il suo sito è www.aguin.it.

Source: inviato dall’editore.

Raffaello tra Leonardo e Michelangelo, Silvano Vinceti (Armando editore, 2020) A cura di Viviana Filippini

10 novembre 2020

Quando si pensa al Rinascimento pittorico italiano tra i tanti nomi, di solito, la nostra attenzione va a Leonardo, Michelangelo e Raffaello. A raccontare i tre artisti, anzi a darne un’immagine del tutto nuova tra l’artista e l’animo umano, c’è “Raffaello tra Leonardo e Michelangelo” di Silvano Vinceti, edito da Armando editore. Il testo racconta la vita dei pittori in modo parallelo partendo dall’infanzia, passando al periodo della formazione, arrivando all’età matura fino alla morte narrando gli importanti cambiamenti che i tre fecero nel mondo dell’arte Italiana con il loro fare artistico. Raffaello (Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520), Leonardo (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519), Michelangelo (Caprese, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564) ebbero modo di lavorare con i potenti con rapporti di lavoro e personali, divisi tra la complicità e la conflittualità. Tra i committenti ci furono re e principi delle corti italiane e straniere per i quali misero a disposizione le loro conoscenze e competenze artistiche. Vinceti ci racconta il fare arte dei tre geni del Rinascimento italiano puntando però a far conoscere al lettore una dimensione più umana, comportamentale e psicologica dei pittori. L’autore ci presenta i tre artisti in parallelo, affrontando la loro fase di formazione in età giovanile, e allora si conosce che Leonardo studiò dal Verrocchio, Michelangelo ebbe la sua formazione dal Ghirlandaio e Raffaello nella bottega del Perugino. Nel libro l’autore riporta i loro pensieri e riflessioni sul fare arte con riferimento alla fede, alla religione, alla filosofia, alla scienza, a dimostrazione di quanto fosse complesso e sfaccettato ognuno di questi artisti. In questa maniera Vinceti propone al lettore una dimensione umana e terrena di personalità che di solito si conoscono solo per aver realizzato dipinti, affreschi e sculture. Certo è che i tre pittori avevano caratteri differenti. Leonardo, morto a 37 anni, era esuberante, affascinante e sempre pronto ad assecondare i sui committenti. Leonardo passò la sua vita dedicandosi in modo completo all’arte della pittura, della scultura e dello studio di forme, colori, anatomie, progetti di macchine che anticiparono invenzioni diventate realtà nel futuro. Michelangelo fu l’animo pittorico tormentato, diviso tra quelle che erano le sue ricerche artistiche e filosofiche. Tale trambusto emotivo non rese facile la vita al pittore che lavorò per undici Papi, perché l’artista non sempre riusciva a mitigare ciò che lui pensava o il suo modo di fare arte con quelle che erano le richieste dei committenti. Spesso e volentieri Michelangelo faceva di testa sua, scontrandosi anche con i committenti. Leggere “Raffaello tra Leonardo e Michelangelo” è compiere un viaggio nella vita di tre grandi geni dell’arte del Rinascimento italiano conoscendoli dal punto di vista artistico, professionale, emotivo e umano.

Silvano Vinceti, scrittore, autore e conduttore televisivo in Rai di programmi storico-culturali. Fra gli ultimi libri pubblicati: “L’enigma Caravaggio”, “Porto Ercole l’ultima dimora di Caravaggio”, “Francesco il Rivoluzionario di Gesù”, “Leopardi il filosofo della speranza”, “Alla Ricerca della Gioconda”. È Presidente del Comitato per la valorizzazione dei Beni Storici, Ambientali e Culturali. Ha concluso felicemente la ricerca dei resti mortali della modella della Gioconda.

Source: richiesto dal recensore. Grazie ad Anna Ardissone di 1A Comunicazione.

Il giardinaggio orientale, William Chambers, (Luni editrice, 2020)

7 settembre 2020

A cura di Viviana Filippini

William Chambers fu un grande architetto inglese che edificò la celebre Somerset House di Londra. In realtà Chambers, nella sua gioventù, viaggiò in Cina e in Bengala. Oggi Luni editrice ci fa conoscere la passione per l’arte dei giardini dell’architetto inglese grazie al saggio “Il giardinaggio orientale”. Chambers, noto architetto dallo stile neoclassico, nell’arte paesaggistica applicò quello che apprese nei suoi viaggio in Oriente, dando vita a giardini originali, ben diversi dal suo stile architettonico, e che gli permisero di diventare uno dei principali protagonisti dell’arte paesaggistica anglosassone. Nel testo viene fatta una vera e propria analisi del fare giardinaggio in Cina con riferimento alle diverse modalità di allestimento dei giardini cinesi. Quel che emerge dalle pagine è la mentalità di concepire il giardino da parte dei cinesi, differente da quella degli europei. Sì, perché se in Europa spesso l’uomo cercava di imbrigliare la Natura in forme artificiali che richiamavano le architetture della realtà. In Cina si lavorava in modo diverso, in quanto si cercava di dare vita a giardini dove le componenti del mondo naturale fossero organizzate pensando all’armonia che esse dovevano avere con vista, cuore e mente di coloro che il giardino lo avrebbero vissuto e abitato. I giardini, come ci racconta Chambers, pootevano essere grandi, piccoli, imperiali, di ricchi signori o anche di umili contadini, ma erano sempre parti fondamentali che andavano a comporre e a fare una casa. Altro aspetto interessante è che i giardini venivano creati e composti anche in base alla stagionalità che li caratterizzava, erano pieni di stradine, di ponti e ponticelli (eccone alcuni: King-tong, Fo-cheu, Lo-yang e il Centao) e di canali che non solo li abbellivano, ma che erano funzionali alla sopravvivenza delle piante che in essi venivano usate. La cura per il dettaglio era impressionate e grazie al testo di Chambers scopriamo che nei giardini cinesi c’erano tre tipi di viali: quelli fatti in erbetta, quelli di ghiaia e di pietrisco. Altro esempio è che le piante non venivano mai scelte a caso, esse erano opzionate per la tipologia, per il colore, la forma, per le dimensioni o perché servivano a creare effetti visivi che rappresentavano le diverse emozioni: colori caldi in contrasto con quelli freddi, le cromie chiare con quelle scure. Nel libro è presente anche la lettera del pittore gesuita fratello Attiret, scritta nel 1793, nella quale l’artista risponde ad una serie di domande dalle quali emerge il suo vivere e lavorare per l’Imperatore cinese. La sua testimonianza per noi lettori odierni è molto importante, poiché da essa emerge l’amore e l’attenta passione messa nella realizzazione dei giardini imperiali che, come emerge dal testo, riproducevano in piccolo la città di Pechino in modo tale da dare all’Imperatore la possibilità di vivere nella sua corte la stessa atmosfera di vita della città. Questo veniva fatto perché il detentore del potere non abbandonava la sua casa e perché i sudditi non lo potevano/dovevano vedere. Quello che affiora da “Il giardinaggio orientale” di William Chambers, edito da Luni editrice, è il fatto che per la Cina il giardinaggio era una vera e propria arte di creazione di un paesaggio nel quale erano coinvolte mente, corpo e anima del progettista e di coloro che quel giardino lo avrebbero vissuto poi in prima persona. Traduzione Valentina Piccioni.

Sir William Chambers fu un architetto e scrittore inglese di famiglia scozzese (Göteborg 1723 – Londra 1796). Viaggiò in Cina e in India e studiò a Parigi, con J.-F. Blondel, e in Italia; si stabilì a Londra dal 1755. Dal 1760 fu architetto di corte di Giorgio III; ricostruì a Londra la Somerset House, suo capolavoro (1776-1786), in severo stile palladiano; costruì la villa Parkstead presso Roehampton (prima del 1760), Duddingston House presso Edimburgo (dal 1767), l’osservatorio nell’antico Deer Park di Richmond (circa 1768), Melbourne House in Piccadilly (circa 1770). Notevole la sua attività anche come architetto di giardini: creò il tipo del parco all’inglese in contrasto con il giardino all’italiana e alla francese (Kew Gardens, ove eresse anche la pagoda cinese); introdusse lo stile cinese nei disegni per mobili. Graziosi sono anche i suoi casini (Marino, nella contea di Dublino). Pubblicò: A treatise of civil architecture (1759); Designs of Chinese build ings, furniture, dresses (1757); Dissertation on oriental gardening (1772).

Source: richiesto dal recensore. Grazie all’ufficio stampa Luni.

“Il bacio della sirena”, intervista a Pasquale Capraro a cura di Viviana Filippini

18 aprile 2020

Cover CapraroIl bacio della sirena”, di Pasquale Capraro, edito da Augh! nel 2019, ha per protagonista Danilo, un fotografo molto provato da un storia d’amore non finita bene. Per curare la sua sofferenza emotiva, Danilo realizzerà una mostra dove le immagini scelte ripercorreranno le tappe della storia d’amore con Simona. Sarà attraverso le domande di una visitatrice che il lettore, a fianco di Danilo, ripercorrerà la storia d’amore che ha fatto tanto soffrire il fotografo. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Benvenuto a Liberi di scrivere Pasquale. Come è nata l’idea de Il bacio della sirena?

L’idea è nata dopo aver ascoltato dalla voce della mia amica artista, alcuni suoi versi scritti: proprio come nel romanzo.

Perché hai scelto per ambientazione la città di Venezia?

L’ambientazione Venezia: come non essere ispirati? La città romantica per eccellenza.

Danilo, fa il fotografo esi innamora di Simona che dipinge. Cosa rappresenta per loro lavorare con le immagini?

L’immagine per i due protagonisti è la comunicazione. Esprimere se stessi, la propria anima, i sentimenti celati che vengono proiettati nella forma artistica.

A chi ti sei ispirato per creare i due protagonisti?

Per la scelta dei protagonisti mi sono ispirato a un mio ex collega di lavoro e alla mia amica Adriana. Poi ho voluto aggiungere anche la natura psicologica di altre conoscenze. Compreso me, naturalmente.

Danilo organizza una mostra fotografica. Ognuno degli scatti può essere visto come una delle sfaccettature del suo amore vissuto e sofferto?

Nella rassegna fotografica, Danilo sceglie i momenti più importanti della sua storia con Simona. In ogni scatto si celano emozioni diverse: tenerezza, bellezza, dolore, nostalgia, passione e quant’altro. Il bello è cosa c’è dietro l’obiettivo del fotografo. Quello che non si racconta. Ma in questo romanzo, credo di avere un po’ sollevato questo velo di mistero. Lascio al lettore la propria interpretazione.

Simona è sfuggente, cosa la tormenta e perché non riesce ad esprime nella vita, quello che mette nei dipinti?

Simona ha paura del giudizio degli altri. Ha paura di se stessa. Paura di essere scoperta. E’ una donna combattuta con i propri sentimenti. Sceglie l’immagine per specchiarsi, per rivelare artisticamente la sua natura forte e combattiva. La realtà le appare ostile. L’arte è un rifugio che ostacola il suo istinto animalesco di vita e di amore.

Sabina è un ostacolo o colei che aiuta Danilo e Simona dipanare la loro intricata matassa esistenziale?

Sabina è solo gelosa. Ma poi comprende la natura dell’amore. Capisce la scelta, che l’amore non è il bisogno di una possessione egoistica. Amare significa dare, donarsi, aiutare l’amica per amore.

Se facessero un film chi vedresti nei panni di Danilo, Simona e Sabina? 

Un film l’avevo già pensato durante la prima stesura anni fa. Come protagonista maschile avevo pensato a Luca Argentero. Nel ruolo di Simona, Bianca Guaccero e Serena Autieri per Sabina. Ora, mi raccomando, sarebbe bello farglielo sapere, che ci tengo tanto.

Pasquale Capraro è pittore, cantante e scrittore. Si è diplomato presso l’Istituto Statale d’Arte di Parabita e ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Dopo aver insegnato educazione artistica per alcuni anni, ha esposto la sua arte simbolista in varie mostre. Ha pubblicato Rose del Sud (Edizioni del Grifo, 1996), con il quale ha vinto il Premio Internazionale Artistico-Letterario “Cav. Benedetto Romano”; sono stati invece editi da Cinquemarzo la prima edizione de Il bacio della sirena (2011) e i romanzi Il tessitore di stelle (2012), Garden Village (2014) e Di fiato, d’amore e vento (2016). Infine, con Astro Edizioni, ha visto la luce Maison Rouge (2017).

“Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa” Curatori: Vivien Greene, Karole P. B. Vail (Marsilio, 2020)

24 marzo 2020

Ultima dogaressa ita“Peggy Guggenheim. L’ultima dogaressa” è il catalogo della mostra dedicata a Peggy Guggenheim, tenutasi a Venezia dal 21 settembre 2019 al 27 gennaio 2020.  Il volume è un vero e proprio viaggio biografico e artistico nella vita della grande collezionista e mecenate delle arti. L’immagine che emerge è quella di una donna appassionata di arte, che comprava dipinti, disegni e sculture perché le piacevano, perché la emozionavano sì dal punto di vista tecnico, ma soprattutto emotivo. Questo seguire il proprio cuore permise alla Guggenheim di essere lungimirante e di dare spazio e diffusione ad artisti emergenti, entrati poi a fare parte del mondo dell’arte contemporanea. Il tomo ci racconta la giovane Guggenheim a Londra tra il 1937/38, e il primo tentativo di dare sviluppo ad una galleria dove esporre le opere dei surrealisti e astrattisti. Il non riuscire a dare pieno compimento al suo progetto nella capitale londinese, la portò a Parigi, dove la collezionista si trasferì dal 1938 e per parte degli anni ’40, riuscendo a dare vita ad una galleria. In essa esposero surrealisti, futuristi, astrattisti. Poi, l’incombere della Seconda guerra mondiale costrinse Peggy ad andare in America, portando con sé molte opere d’arte. Come fece lei anche molti artisti europei fuggirono negli U.S.A, dove cominciarono a farsi conoscere e ad approfondire l’arte americana e le sue nuove forme di espressione. A New York fu inaugurata, proprio grazie all’impegno della Guggenheim, una galleria-museo rivoluzionaria chiamata “Art of This Century”, dove presero forma le fondamenta artistiche dei giovani esponenti dell’Espressionismo astratto americano. Questi sono anche gli anni in cui Peggy instaurò un rapporto di conoscenza con Jackson Pollock, comprandone le opere, affascinata da quel colore colato che narrava storie e sentimenti. Sarà la stessa Guggenheim a portare in Europa le tele di Pollock, facendolo conoscere fuori dalle terre americane. L’anno cruciale per una svolta fondamentale nella vita di Peggy fu il 1948 con l’acquisto di Palazzo Venier e l’esposizione della sua collezione alla Biennale di Venezia, nel padiglione della Grecia. La  collezione Guggenheim divenne qualcosa di unico e sensazionale, poiché accanto ai grandi maestri delle avanguardie, la collezionista mise lo opere di giovani artisti come Piero Dorazio, Tancredi Parmeggiani, il gruppo Cobra, esponenti dell’arte britannica come Sutherlnad e Bacon. La collezione della Guggenheim però, nel corso del tempo, si arricchì anche di arte primitiva, quella stessa forma espressiva che influenzò i grandi artisti di inizio del 1900, tra i quali possiamo ricordare Picasso e Matisse. Nella sua collezione finirono opere dell’Africa, dell’Oceania e delle Americhe. Il catalogo, corredato da immagini fotografiche di alcune delle opere pittoriche e scultoree che compongono la collezione, comprende anche le interviste a Marina Apollonio, Alberto Biasi e Franco Costalonga. Questi sono tre importanti esponenti dell’arte cinetica italiana, entrati a far parte della collezione della grande collezionista. “Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa” non è un semplice catalogo d’arte, è un vero e proprio viaggio nella vita e nella passione per l’arte di Peggy Guggenheim, allo scoperta di come, anno dopo anno, anzi, giorno dopo giorno, la mecenate riuscì a comporre quella che è diventata una delle più importanti collezioni d’arte del XX secolo. Traduzione Sylvia Notini.

Source: grazie a tutto lo staff dell’uffcio stampa Marsilio.

Le disobbedienti di Elisabetta Rasy (Mondadori, 2019) a cura di Elena Romanello

22 marzo 2020

Le-disobbedienti-coverLe donne hanno avuto molta più difficoltà degli uomini ad affermarsi in ambito anche creativo, ma nonostante questo la Storia dell’arte presenta varie pittrici, anche se spesso non vengono studiate come i colleghi uomini.
Elisabetta Rasy racconta la storia di alcune di loro, ne Le disobbedienti, con come sottotitolo Storie di sei donne che hanno cambiato l’arte, in un periodo che va dal barocco al Novecento. Ci sono ritratti più noti, di vere e proprie icone, e altre meno famose, ma tutte e sei le artiste raccontate in questo libro sono particolari, interessanti, emblematiche, uniche.
Si parte, doverosamente, con Artemisia Gentileschi, vissuta tra Rinascimento e barocco, voluta entrare a tutti i costi in un ambiente maschile, emergendo per il suo talento, ma dovendo anche affrontare a soli 18 anni un processo per stupro che la segnerà per tutta la vita, perché come e più di oggi, con i metodi dell’Inquisizione, verrà umiliata e dovrà dimostrare di non essersela, per dirlo in termini moderni, cercata. Artemisia gira per l’Europa, è una donna indipendente che vive del suo lavoro e dalle sue opere emerge una lotta contro i soprusi che l’ha accompagnato per tutta la vita.
Nella Francia del XVIII secolo Elisabeth Vigéè Le Brun diventa la pittrice di corte della regina Maria Antonietta, realizzando i quadri più celebri della sfortunata sovrana, ma ritraendo anche le dame dell’epoca, diventando agiata, finché non deve fuggire allo scoppio della Rivoluzione con la figlia, girando per l’Europa e dipingendo nobili per mantenersi, vivendo una vita lunga e avventurosa fino alla morte quasi novantenne, molti anni dopo i fasti reali.
Sempre in Francia, qualche anno più tardi, emergono gli Impressionisti, tra cui c’è anche Berthe Morisot, ragazza di buona famiglia che vuole dedicarsi alla pittura come professionista e non come semplice hobby contro il volere della famiglia, diventando cognata di Manet, e facendosi apprezzare per i suoi quadri, che raccontano la vita delle donne dell’epoca, tra un privato sempre più stretto e un pubblico agognato.
A fine Ottocento Suzanne Valadon, poverissima, cerca di farsi strada come artista circense, modella di artisti come Toulouse Lautrec, di cui è anche una delle amanti, e poi come pittrice, crescendo un figlio, che diventerà famoso come Maurice Utrillo, e che lei aiuterà a lottare contro alcolismo e depressione. Suzanne diventa ricca e si allontana dalla sua infanzia e adolescenza, che però continua a raccontare nei suoi quadri, realistici, miseri, che raccontano un mondo che colpisce e denuncia.
La ricca ragazza ebrea tedesca Charlotte Salomon lascia il suo Paese natale all’avvento del nazismo e va in Francia, dove trova l’amore e la possibilità di realizzare la sua arte, in un corpus immenso che si chiamerà Vita? O teatro? Tutto finisce per lei quando viene deportata nei lager nazisti dove muore a soli 26 anni. La sua opera viene pubblicata grazie ad Otto Frank, il papà di Anna e amico dei genitori di Charlotte, per far scoprire al mondo un talento incredibile.
Nella stessa epoca, oltreoceano, tra Messico e Stati Uniti, vive Frida Kahlo, toccata fin dall’adolescenza da gravi problemi di salute che la rendono invalida, ma piena di voglia di vivere, di amare, di essere un’icona, a cominciare dalla cura per la sua immagine, simbolica del Messico, tra abbigliamento, trucco, scelte di vita, trasgressioni, coraggio nelle sue opere di parlare di cose scomode e tabù, come l’aborto.
Sei donne fuori dalla norma, che è davvero bello scoprire o riscoprire grazie a questo libro: Artemisia Gentileschi e Frida Kahlo sono da tempo icone femministe e globali, le altre sono note più agli studiosi, anche se le loro opere sono esposte nei più importanti Musei mondiali e raccontano epoche fondamentali. Un libro da cui partire quindi per scoprire l’importanza delle donne nell’arte e le loro vite, sorprendenti, appassionanti, a tratti tragiche e sempre intrecciate con le loro opere.

Elisabetta Rasy è nata a Roma, dove vive e lavora. Ha pubblicato numerosi romanzi, racconti e saggi di argomento letterario, molti dei quali dedicati alla scrittura femminile. Ha vinto numerosi premi letterari, fra cui il premio Selezione Campiello nel 1997 con Posillipo. Collabora al “Sole-24 Ore”. Tra i suoi ultimi titoli citiamo Memorie di una lettrice notturnaL’estranea, La scienza degli addiiL’ombra della luna.

Provenienza: libro preso in prestito nel Circuito delle Biblioteche civiche torinesi.

“Il sentiero delle ossa” di Ettore Mazza (Edizioni BD, 2019) a cura di Maria Anna Cingolo

25 settembre 2019

sentiero-ossa-mazza-0-670x1020Noi siamo la nostra storia.

Ettore Mazza lo sa bene mentre scrive e disegna “Il sentiero delle ossa”, graphic novel da oggi in libreria e in fumetteria per le Edizioni BD. Appassionato di storia, soprattutto di quella più antica, Mazza sceglie un’ambientazione suggestiva e originale per la sua opera a fumetti: il Neolitico del 6000 a.C.

Acca e Gi appartengono a uno degli ultimi gruppi di raccoglitori-cacciatori di cultura paleolitica. Il graphic novel si apre con i nostri due amici costretti a pulire il bosco dagli sterpi successivi a un rogo doloso, prigionieri e schiavi di altri uomini il cui fine principale è utilizzare per coltivazioni e pascoli il terreno appena bruciato. Si tratta di un nuovo clan che si presenta culturalmente diverso nelle pratiche sociali, un gruppo che si rende protagonista di quella che è passata alla storia come Prima Rivoluzione: l’affermarsi dell’agricoltura e dell’allevamento, in sintesi della società sedentaria. Acca e Gi riescono a fuggire dalla prigionia delle prime pagine, ma continuano a scontrarsi con l’inevitabile e violento cambiamento che li insegue rovinosamente ovunque cerchino riparo, anche quando si sentono più al sicuro. La loro strada sembra portare a un bivio: accettare di vivere con gli altri ma in modo diverso o restare soli, resistere e scappare per non morire.

La narrazione è affidata quasi prevalentemente ai disegni che scandiscono un ritmo sempre incalzante, in allerta, in fuga. Solamente le bellissime tavole che raffigurano la natura e i suoi paesaggi offrono un po’ di respiro e di pace, come se cielo, fiumi, boschi, mare, pianure e spiagge, incantevoli spettatori, rimanessero imperturbati mentre i destini dell’umanità cambiano drasticamente. Tale è la sua passione per la preistoria che per disegnare con cura armi, utensili, abitazioni, barche, Mazza si è rivolto a professori e ha approfondito la materia sui libri. Il suo graphic novel diventa quasi strumento di una missione divulgativa al fine di rendere il lettore consapevole di quanto il passato, anche quello più lontano, abbia ancora peso sulla nostra vita di tutti i giorni. Acca e Gi, insieme agli altri personaggi si fanno aedi, smaniosi, pieni di sentimento, con la rabbia e il terrore negli occhi.

La storia di Acca e Gi è anche la nostra storia, è la nascita della nostra cultura, il passaggio al nostro modo di vivere insieme. Ettore Mazza racconta la violenza di questo cambiamento, lo scontro mediante il quale il gruppo che oggi noi definiremmo più civile prevale sull’altro e lo domina, secondo una prassi, sempre civile, propria dell’uomo di ogni tempo: millenni fa, oggi, probabilmente anche domani. 

Ettore Mazza nasce nel 1994 e cresce sulle rive del Lago di Garda. Ama la natura, la storia e la preistoria. Frequenta l’Accademia delle Belle Arti a Bologna ed è tra i fondatori del collettivo Brace, per il quale realizza storie brevi e cura antologie. 

Source: copia inviata al recensore. Ringraziamo Simone Tribuzio dell’Ufficio stampa di Edizioni BD.

The Passenger, il nuovo progetto Iperborea per gli esploratori del mondo e per chi vuole conoscere altri Paesi. A cura di Viviana Filippini

10 giugno 2018

passengerApproderà in libreria da Mecoledì 13 giugno The Passenger, il nuovo progetto editoriale messo in campo dalla casa editrice Iperborea.Il tutto è una raccolta di reportage letterari e saggi narrativi che si impegnano a narrare la vita contemporanea di un paese e dei suoi abitanti. Tra le pagine si troveranno tante storie diverse e voci per conoscere, comprendere, approfondire e, perché no, lasciarsi ispirare dalle realtà che verranno indagate. La rivista sarà ancora più coinvolgente grazie alla presenza di rubriche, box esplicativi, cartine, infografiche, illustrazioni originali e «consigli d’autore». E non è tutto, perché ogni numero accoglie un progetto fotografico originale curato da un fotografo internazionale andato nel paese protagonista della rivista per documentare le storie più significative. Il primo volume avrà per protagonista l’Islanda. In esso ci saranno testi di  Hallgrímur Helgason sbalordito da strani individui, o meglio alieni, vestiti da trekking che hanno invaso la sua città; il premio Nobel Halldór Laxness allarmato, già nel 1970, dalla devastazione delle più remote valli del paese per lo sfruttamento delle risorse naturali; Jón Kalman Stefánsson che consiglia cosa leggere, guardare e ascoltare; Silvia Cosimini si concentra sul pericolo di estinzione di una lingua millenaria; il critico e musicista Atli Bollason analizza come i suoi colleghi abbiano cavalcato la moda del «borealismo», e molto altro. Turismo, politica, tradizione, religione, commercio (si analizza il rapporto sempre più stretto con la Cina), musica (c’è la storia di un sindaco con un passato da punk e di cosa ha fatto per scacciare la crisi), ambiente, energia, cultura e tanto altro, permetteranno ai lettori di scoprire altri aspetti insoliti dell’Islanda oltre a quelli già noti. Dopo la lettura di The Passenger-Islanda, ci si accorgerà che l’Islanda, nota ai più come la terra dei vichinghi e delle saghe, della natura incontaminata, delle canzoni di Björk, degli elfi, delle piscine geotermiche e delle foto dei ghiacciai sulle bacheche degli amici in vacanza, è un piccolo mondo composto da una miriade di sfaccettature.

I prossimi numeri di Passenger saranno dedicati all’Olanda, il Giappone, la Norvegia e molti altri.

FOTOGRAFIE: Elena Chernyshova (Agenzia Prospekt)

AUTORI: Atli Bollason, Egill Bjarnason, Silke Bigalke, Silvia Cosimini, Arthur Guschin, Hallgrímur Helgason, Halldór Laxness, Andri Snær Magnason, Leonardo Piccione, Edward Posnett, Constantin Seibt, Jón Kalman Stefánsson, Donovan Webster.

COLLABORATORI: Egill Bjarnason, Ester Borgese, Silvia Cosimini, Halldór Guðmundsson, Paolo Lodigiani, Leonardo Piccione, Antonio De Sortis, Alessandro Storti, Guðrún Vilmundardóttir.

Source: inviato dall’editore.

:: Un’intervista con Alex Connor a cura di Giulietta Iannone

6 Maggio 2016

seBenvenuta Alex sul blog Liberi di Scrivere, e grazie per aver accettato questa mia intervista. Raccontaci qualcosa di te. Chi è Alex Connor? Punti di forza e di debolezza.

Grazie mille per questa intervista. È un grande onore vedere il mio libro su Caravaggio pubblicato in Italia.
Quindi per rispondere alla tua prima domanda. Il mio punto di forza? Sono una grande amante dell’arte e degli artisti. Sono affascinata dalla vita di queste persone, dotate di genio ma anche di tutte le fragilità umane. Direi che sono determinata a capire le persone e ho una curiosità senza fine verso il motivo per cui fanno quello che fanno.
I miei punti deboli: sono troppa passionale e testarda! Se credo in qualcosa, non mi arrendo fino a quando non l’ ho raggiunto.

Raccontaci qualcosa del tuo background, dei tuoi studi, della tua infanzia.

Sono stata educata in una scuola privata e ho trascinato i miei genitori in pazzi vagabondaggi per le gallerie di tutta Londra! Caravaggio e Artemisia Gentileschi sono stati i miei eroi fin dall’infanzia.

Vivi a Brighton, racconta ai tuoi lettori italiani qualcosa di questa città, le sue bellezze artistiche, i suoi parchi. Brighton è una città piena di idee, di eventi culturali, di ristoranti?

È una città meravigliosa affacciata sul mare, con grandi residenze georgiane dipinte di bianco che guardano oltre la Manica e la gloriosa campagna solo a un miglio nell’entroterra. A Brighton ci sono numerosi ristoranti, teatri e molte, molte persone coinvolte, o interessate, nei media e nelle arti.
Ho esposto i miei quadri a Brighton (così come molte volte a Londra) e ci sono sempre molti eventi culturali in corso – oltre al romantico, vagamente ridicolo, ma straordinario padiglione di Brighton! Se si desidera una città che abbia cultura, locali, architettura favolosa e affascinanti negozi nei The Lanes, allora questo è il posto che fa per voi.
Si tratta di una mix meraviglioso tra una granduchessa e una Drag Queen!

er2Sei un’ artista, una pittrice, quando ti sei resa conto che volevi essere anche una scrittrice?

Il mio apprendistato è stato unico. Sono stata vittima di uno stalker e sono stata aggredita a Londra e mentre mi stavo riprendendo da un’operazione ho letto un libro e ho pensato ‘posso farlo anche io’! Così ho scritto il mio primo romanzo e l’ho inviato a un editore.
Era terribile, ma per fortuna l’editore poté vedere qualcosa nella mia scrittura e mi commissionò di scrivere il mio primo romanzo. Poi il secondo, e il terzo …
La pittura è immediata; si possono vedere subito i risultati del vostro lavoro sulla tela, ma mi piace scrivere perché ci vuole tempo per crescere. L’arte è come incontrare qualcuno a una festa e diventare subito amici. La scrittura invece è come una storia d’amore lenta che richiede tempo per svilupparsi.

Quali sono le tipiche qualità di un buon scrittore?

Avere la pelle dura! È necessario essere in grado di accettare le critiche e soprattutto essere in grado di criticare se stessi. È necessario avere fiducia, disciplina e motivazione, perché devi essere professionale se vuoi avere successo. I giorni in cui la scrittura sembra difficile sono i giorni in cui devi tenere duro. I giorni in cui tutto quello che scrivi sembra banale, sono i giorni in cui devi insistere e credere in te stesso. Questo è ciò che costruisce il coraggio e la forza che nutre il vostro lavoro.
E soprattutto, ci si deve divertire. Perché se vi annoiate di quello che scrivete, immaginatevi il lettore. Bisogna scrivere come se si stesse raccontando a qualcuno un’esperienza incredibile e si desiderasse conoscere ogni parola. Se vi divertite, siete sicuri che sarà un successo.

Leggi altri scrittori contemporanei? Chi sono i tuoi scrittori preferiti? Da chi ti senti maggiormente influenzata?

Ho una confessione da farti – non leggo molti scrittori contemporanei (a parte Scott Turow e JW Hall) perché adoro gli scrittori più antichi come Dickens, Balzac, Dante, Zola, Tolstoj – tutti gli scrittori che hanno scavato in profondità nei personaggi. I lunghi, coinvolgenti romanzi che coprono lunghi periodi di tempo in cui seguo le vite dei protagonisti sono i miei preferiti e questi sono quelli che mi hanno influenzato.
Anche se sono scritti nel passato la gente non è cambiata, i valori umani – l’ amore, la rabbia, la rivalità e la perdita – sono gli stessi ora come lo sono sempre stati.
erHai iniziato a scrivere romanzi storici, e libri d’arte, poi nel 2011 Il segreto di Rembrandt, il tuo primo thriller, un grande successo. Come hai scelto questo genere particolare di giallo che unisce arte, cospirazioni, e vede sempre il passato e il presente strettamente correlati?

Ho voluto scrivere delle passioni della mia vita – l’arte, la storia dell’arte e il thriller. Perché io sono una storica dell’arte e mi è sembrato naturale usare i miei studi e perché io sono un’ artista che può analizzare i pittori e capire come hanno lavorato. Infatti, per ogni libro ho copiato i dipinti del Vecchio Maestro del quale stavo scrivendo. Come ho fatto per Caravaggio. (Vedi le fotografie allegate Davide con la testa di Golia e il mio dipinto di Luca Meriss (n.d.t. è un personaggio del romanzo, il blogger che dice di essere l’ultimo discendente di Caravaggio) in piedi di fronte alla Natività.)

The Caravaggio Cospiracy, è ora uscito in Italia per Newton Compton con il titolo Cospirazione Caravaggio. Qual è stato il punto di partenza nel processo di scrittura? Che tipo di ricerche sono state necessarie?

Caravaggio è stato la mia ossessione fin da quando ero bambina. Ha catturato la mia immaginazione con la sua passione e la storia della sua vita. Sono rimasta affascinata da un uomo che è stato capace di uccidere e nello stesso tempo di dipingere con così tanta tenerezza. La sua breve vita è stata piena di violenza, di piaceri illeciti, di scandalo, e di mistero – il personaggio storico ideale come base di un moderno giallo / thriller.
Allora, dove ho iniziato il libro? Alla fine della vita di Caravaggio, non all’inizio. Nella parte finale, quando abbiamo pietà per questo gigante caduto in disgrazia.
Inoltre – essendo una grande appassionata di cinema – le opere di Caravaggio si rivolgono a me perché sono così “cinematografiche” e la loro luce ha una qualità visiva che supera quella di qualsiasi altro pittore. Scegli qualsiasi quadro di Caravaggio e hai tutta una storia, una storia sulla tela.

Raccontaci qualcosa dei tuoi protagonisti.

I principali protagonisti sono i mercanti d’arte- non posso dire troppo o se no rovino il romanzo per i lettori! – Ma The Caravaggio Conspiracy è uno studio su come l’avidità e la rivalità facciano emergere la cattiveria da questi uomini. Coinvolto nel vortice c’è Luca Meriss, un presunto discendente innocente di Caravaggio.
Come il libro continua il lettore entra nella trama e scopre che ogni personaggio ha qualcosa da nascondere – o da guadagnare – nella ricerca dei dipinti mancanti. Solo Gil Eckhart – l’eroe – mantiene il suo codice morale per un rapporto di lealtà con un vecchio amico. Ma gli costerà caro.

Il libro parte dal periodo in cui visse Caravaggio, fino al presente mercato dell’arte contemporanea del 21 ° secolo, nei paesi di tutto il mondo. E ovunque ci sono omicidi, o la memoria della morte, e ognuno è commesso per amore dell’arte.

Due dipinti, Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi e il Ritratto di Fillide Melandroni, sono importanti nel corso della storia. Due dipinti perduti. Raccontaci la loro storia.

L’eroe, Gil Eckhart, si impegna a risolvere un orribile duplice omicidio, un paio di omicidi del passato, ed il mistero di due capolavori di Caravaggio perduti – uno rubato negli anni ‘60 e l’altro scomparso nella Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il primo, La Natività di San Lorenzo e di San Francesco, è stato un lavoro notevole appeso per più di trecentocinquanta anni sopra l’altare nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, in Sicilia. Ma una notte, nel 1969, è stato tagliato dalla sua cornice e rubato. Nessuno sa con certezza che cosa ne sia stato – è stato rubato su ordinazione? distrutto? E’ stato – come si mormora – rubato e successivamente distrutto dai maiali?
O esiste ancora? Se è così, Gil Eckhart deve trovarlo. Proprio come ha fatto per trovare il Ritratto di Fillide Melandroni – la più bella e amorale puttana di Roma.
The Caravaggio Conspiracy si sposta in tutto il mondo – da Londra, a New York, da Berlino a Nuova Delhi – sulle tracce dei dipinti scomparsi. E più vicino si arriva al loro ritrovamento, e più gli omicidi aumentano.

Quanto tempo hai messo a scrivere Cospirazione Caravaggio?

Di solito a scrivere un libro ci impiego nove mesi, tre per la ricerca e la pianificazione, sei per la scrittura, ma poiché sapevo già molto di Caravaggio questo romanzo è stato completato in sette mesi.

Il mondo artistico, con galleristi, antiquari, collezionisti, è davvero così? Fa davvero paura!

I cattivi ci sono ovunque! Naturalmente la maggior parte dei commercianti d’arte sono rispettabili e conducono una vita ammirevole, ma dove ci sono i soldi – un sacco di soldi – e molte reputazioni da proteggere, c’è a volte il crimine. Fino a 3 miliardi di dollari di oggetti artistici e manufatti vengono rubati ogni anno in tutto il mondo. Alcuni dipinti vengono rubati su ordinazione, da collezionisti senza scrupoli, altri contraffatti e spacciati per autentici. C’è un detto: ‘Corot dipinse 400 quadri. 1000 sono in America ‘.
Naturalmente ciò che scrivo è finzione, così alcuni dei personaggi presentano il lato peggiore della natura umana. Ma c’è sempre un eroe che bilancia!

Ti capita mai di usare le tue paure personali o le tue esperienze nelle tue storie?

No. Voglio esplorare l’ignoto, non ciò che mi è noto.

Cosa ti è piaciuto di più nello scrivere il libro?

Una scusa per scrivere su Caravaggio! Per trasmettere, spero, parte della mia ammirazione e del mio entusiasmo al lettore. Ci sono state molte brillanti biografie scritte su di lui, ma mi piace pensare che lui si sarebbe divertito moltissimo ad essere riportato in vita in un thriller!

Progetti di film dal tuo libro?

Non ancora…

Cosa stai leggendo al momento? Può dirci il nome di qualche thriller di esordio britannico, davvero brillante e interessante?

Al momento sto facendo ricerche sul mio nuovo libro e ho di che tenermi occupata, così purtroppo devo ancora recuperare il ritardo sugli ultimi thriller d’esordio! Ma mi sento di raccomandare lo scrittore britannico Nicci French (n. d. t. pseudonimo di due giornalisti londinesi, Nicci Gerrard e Sean French), e anche un libro intitolato Alex: Book Two of the Brigade Criminelle Trilogy di Pierre Lemaitre e Frank Wynne

Com’è il tuo rapporto con i lettori? Come possono mettersi in contatto con te?

I miei lettori sono una gioia e accolgo ogni richiesta di contatto. Gli scrittori lavorano in solitudine. Scriviamo, finiamo il libro, che poi va fuori nel mondo. Non siamo attori che possono vedere il pubblico applaudire o sbadigliare! Per questo un feedback è così importante per noi.
Chiunque è il benvenuto, può raggiungermi su Facebook – http://www.facebook.com/alexconnorwriter. O tramite i miei siti web – http://www.alexandra-connor.com o http://www.alexconnorthrillers.com. Oppure mi può seguire su Twitter – @alexconnorwrite. Io sinceramente amo moltissimo che i miei lettori si mettano in contatto con me.
Continuerò a scrivere finchè loro continueranno a leggermi.

Infine, per concludere l’ultima domanda: ora a cosa stai lavorando?

Sto lavorando a un libro sul pittore francese, Gericault. E – sono molto entusiasta di questo progetto – un romanzo su Artemisia Gentileschi e il circolo in cui è nata. Suo padre era il famoso Orazio Gentileschi e il suo migliore amico? Caravaggio.
Vedete, tutte le strade portano al re dei pittori.

Liberi di scrivere recensisce Cospirazione Carvaggio: qui

[Ringraziamo l’autrice per le immagini dei suoi due quadri].

:: Cospirazione Caravaggio, Alex Connor (Newton Compton, 2016)

30 aprile 2016

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Se amate i thriller ambientati nel mondo dell’arte internazionale certo conoscerete il nome di Alex Connor, artista di Brighton specializzata in romanzi storici, classe (beh questo è un mistero, ma si sa a certe signore non si chiede l’età, piccola vanità). Nel 2011 la Connor esordì con il thriller Il segreto di Rembrandt, (che uscì in Italia con Mondadori per la traduzione di Teresa Albanese) un notevole successo (c’era ancora l’eco del successo de Il Codice da Vinci a fare da traino), e da quel momento non ha più smesso a scrivere thriller in cui una cospirazione del passato continua nel presente con i quadri e il mondo degli antiquari come protagonisti. Da allora infatti ha scritto The Other Rembrandt, Legacy of Blood, The Hogarth Cospiracy, Memory of Bones, Isle of the Dead, e nel 2014 finalmente Caravaggio Cospiracy, il libro che oggi pubblica in Italia Newton Compton e io ho avuto modo di leggere. Segue un altro titolo, l’ultimo, The Bosch Deception, ancora inedito da noi.
Cospirazione Caravaggio (The Caravaggio Cospiracy, 2014) pubblicato in Gran Bretagna da Quercus Editions,  arriva da noi nella traduzione di Marta Lanfranco e non ci vuole un profeta dell’Antico Testamento per supporre che sarà uno dei titoli di punta di questa tarda primavera della Newton. Se amate il genere, se vi appassionano gli intrighi all’ombra di blindatissime gallerie d’arte, se vi piace vagabondare tra New York, Londra e Berlino per poi finire nelle Catacombe di Palermo in cerca di quadri scomparsi, trafugati, dati per distrutti, dal valore inestimabile, è il libro che fa per voi. Avrete modo leggendolo di respirare l’aria del mondo che ruota intorno all’arte internazionale, tra casseforti e caveau, collezionisti, galleristi, e i loro assistenti, autisti, segretari. Un mondo dove il delitto sembra frequente, o almeno lo è qui estremizzato per esigenze narrative. Ma anche nella realtà non penso si scherzi.

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Natività – Caravaggio, 1600? 1609?

Al centro del romanzo due quadri del Caravaggio Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi e il Ritratto di Fillide Melandroni, amante e musa del pittore. Il primo, il più prezioso, fu rubato nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, presumibilmente dalla Mafia, un pentito si dichiarò artefice del furto e del fatto che si rovinò irreparabilmente tanto da far piangere il mandante. Comunque continua a essere nella lista dei capolavori più ricercati dalle polizie di tutto il mondo. Il secondo, meglio noto col nome di Ritratto di Cortigiana, anche lui perduto, ha una storia forse più certa, risulta andato distrutto, con altre opere del Caravaggio, a Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale nell’incendio della Flakturm Friedrichshain.
Il romanzo parte dal presupposto che le cose non siano andate proprio così, e che i quadri esistano ancora e in tutto il romanzo si assisterà ai maneggi, ai veri e propri raggiri, per riuscire a ritrovarli e impossessarsene. Tra false autenticazioni, persone che si dichiarano discendenti di Caravaggio, galleristi uniti in associazioni dedite a traffici illeciti simili a sette, e naturalmente la strada sarà costellata di morti, uccisi nei modi più efferati.

fillide

Ritratto di Cortigiana – Caravaggio, 1597

Il romanzo inizia con il ritrovamento dei cadaveri di due galleristi londinesi, i gemelli Sebastian e Benjamin Weir, strangolati e legati nudi, con i genitali martoriati da una sparachiodi, con colla di coniglio in bocca, e gli scalpi scambiati. A ritrovarli il gallerista e collega Jacob Levens, che subito chiama ad indagare un vecchio amico, Gil Eckhart, fisico da pugile e una laurea in Beni culturali, protagonista se vogliamo del romanzo.
Eckhart, un passato da investigatore, esita a farsi coinvolgere. Ha cambiato del tutto vita, ora ha un famiglia, una moglie, Bette, prossima al parto, un lavoro tranquillo, aiuta nelle ricerche gli scrittori di romanzi. Ma l’amicizia e la riconoscenza sono importanti, per cui accetta di tornare in pista. Anche se vogliamo c’è un’altra ragione ha farlo tentennare. Diversi anni prima a Berlino, il suo ultimo caso era per certi versi identico a quello, due galleristi, questa volta marito e moglie, uccisi allo stesso modo. E la donna di quel duplice delitto era proprio la sorella di Jacob Levens. Coincidenze? Gil Eckhart non crede, anzi vede la stessa mano e un legame molto stretto con Jacob Levens. Poi perché i due gemelli non hanno segni di aver lottato o cercato di difendersi? A questa domanda darà una risposta il medico che effettuerà l’autopsia. Fatto che ancora di più collega con il duplice omicidio di sette anni prima, periodo nefasto per Eckhart che coincise con la morte di sua moglie, in un apparente incidente.
Poi un blogger annuncia sul suo sito di essere l’ultimo discendente di Caravaggio e della sua amante Fillide Melandroni di avere le prove e di sapere dove sono i due quadri scomparsi. E’ l’inizio di una caccia spietata, con nuovi morti, tutti collegati a una diabolica cospirazione, che solo Gil Eckhart può sventare, fino a rischiare anche lui la vita in un doppio finale che lascia sconcertati, per quanto sia ampiamente credibile e coerente con la storia.
Oltre al presente, corre parallelo anche il passato, con un’altra cospirazione che vede coinvolto Caravaggio stesso, con brevi capitoli che inframmezzano la narrazione, e hanno proprio lui come protagonista. Come finì per Caravaggio si sa, mori di febbre il 18 luglio del 1610, a Porto Empedocle in Toscana. La grazia da Roma, insomma arrivò troppo tardi, come l’ordine di uccidere Caravaggio non fu portato a termine.
Insomma fuoco alle polveri, come dicevano i bucanieri. Buona lettura.

Liberi di scrivere intervista Alex Connor: qui

Alex Connor è autrice di molti thriller e romanzi storici, perlopiù ambientati nel mondo dell’arte, tutti bestseller e in cima alle classifiche di vendita. Lei stessa è un’artista e vive a Brighton. Per saperne di più: www.alexconnorthrillers.com

Source: libro inviato dall’ editore, ringraziamo Antonella dell’Ufficio Stampa Newton Compton.

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