Posts Tagged ‘letteratura nordica’

“Abbandono” Elisabeth Åsbrink, (Iperborea 2022) A cura di Viviana Filippini

11 novembre 2022

“Abbandono” è il nuovo libro di Elisabeth Åsbrink, una storia potente che porta il lettore dentro alla vicenda umana di una famiglia della quale scopriamo le caratteristiche grazie all’autrice. La Åsbrink, nata a Stoccolma, mescola, pagina dopo pagina, elementi della sua storia personale (infatti è lei che si cela dietro Katherine o K.) uniti a pezzi di storia che hanno a che fare con il mondo ebraico al quel l’autrice è legata. Questo libro è l’espressione di una necessità di conoscere il proprio passato, di scovare le proprie radici e di comprenderle per capire il proprio posto nel mondo. La giornalista scrittrice ha come un bisogno di scoprire il perché sente in lei un’identità multiprospettica e sfaccettata, tanto è vero che è nata a Stoccolma, ma osservando chi la circonda, ha la netta sensazione di non essere di quel mondo, e non solo perché non è bionda come gli svedesi, ma perché percepisce nel proprio animo qualcosa di diverso. K., capìta la sua diversità rispetto agli altri, decide di fare un lungo viaggio nel passato per ricostruire l’esistenza della mamma Sally e della nonna Rita/Rida, due donne fondamentali per lei, che hanno avuto un vissuto non facile. Per K. è importante capire chi sono, poiché solo riscoprendole riuscirà a dare un senso, e forse, anche a colmare quella sensazione di abbandono e di solitudine che da troppo tempo la attanagliano dandole il tormento. La storia di “Abbandono” si sviluppa in più luoghi e in diversi periodi storici. Il lettore si trova quindi a Londra, Stoccolma, Salonicco dato che è in questi posti che gli avi di K. hanno mosso i loro passi e vissuto i conflitti che ne hanno determinato il corso esistenziale e storico. Il libro è caratterizzato da un profondo viaggio introspettivo e fisico nei diversi ambienti e nei vissuti dei componenti della famiglia della protagonista, perché è in essi che si celano quegli avvenimenti che li hanno sconvolti emotivamente, portati a prendere scelte inaspettate le cui conseguenze hanno cambiato la loro vita. Un esempio? Ad un certo punto Sally, la mamma di K., quando vive a Londra scopre le sue origini ebraiche e comprende le ragioni per le quali i diversi fenomeni di antisemitismo che le accadono attorno la fanno stare male. Una situazione che crea un profondo disagio nella ragazza, la quale decide di partire per la Svezia con la speranza di una vita migliore. Non solo, perché seguendo K. nella ricerca, si scopre che la madre aveva origini inglesi, mentre il padre era un ebreo ungherese salvatosi dalla Shoah arrivato bambino in Svezia nel 1956. Che dire poi della nonna nata da genitori tedeschi cristiani giunti in Inghilterra a fine del XIX secolo, mentre il nonno era un ebreo di Salonicco molto legato ai principi della famiglia (che gli complicheranno non poco la relazione con la madre dei suoi figli) e all’ebraismo sefardita, quello stesso movimento religioso che venne cacciato dalla Spagna nel 1492. “Abbandono” della Åsbrink è un romanzo nel quale la protagonista, alter ego dell’autrice stessa, svolge una vera e propria indagine e ricerca sul suo passato, un percorso lungo, doloroso e profondo che le permetterà di ricostruire la vita della sua famiglia e il destino di un popolo in un libro che è una storia famigliare e di tre generazioni di donne narrate con emozione tra la dimensione personale e il grande affresco storico. Traduzione Alessandra Scali.

Elisabeth Åsbrink è una nota scrittrice e giornalista svedese, si è affermata in patria e all’estero con reportage letterari di argomento storico e sociale che fondono fascino narrativo, una ricerca minuziosa e una profonda sensibilità, ottenendo premi prestigiosi come l’August e il Kapuściński. Con 1947 (Iperborea 2018), il suo primo libro tradotto in Italia, Elisabeth Åsbrink scava nei retroscena degli eventi e compone un racconto poetico e documentatissimo di un anno emblematico per la sua identità personale e per quella collettiva. Nel 2021 Iperborea ha pubblicato Made in Sweden, dove l’autrice ci accompagna in un viaggio tra cinquanta parole, eventi, persone e personaggi che hanno fatto la Svezia.

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie all’ufficio stampa Iperborea.

:: Eredità di Vigdis Hjorth (Fazi, 2020) a cura di Eva Dei

10 giugno 2020

EreditàEredità” non è soltanto il titolo del primo libro di Vigdis Hjorth tradotto nel nostro Paese, ma il vero motore della narrazione.
Tutto la vicenda parte da un’eredità e dalla sua divisione tra quattro figli. Come troppo spesso accade non solo amore e unione dominano i legami tra i vari membri della famiglia. Bergljot, la voce narrante, ha interrotto i legami con i suoi genitori da molti anni: tra loro si è creata una frattura insanabile, causata da qualcosa che la protagonista non ha il coraggio di raccontare subito al lettore, ma che rivela poco alla volta.

Il vaso cade per terra una volta e incolli i cocci per rimetterlo insieme, il vaso cade per terra una seconda volta e incolli i cocci per rimetterlo insieme. Non è più così bello, ma in un certo modo funziona, ma quando cade per la terza volta e rimane polverizzato davanti ai tuoi piedi, vedi subito che ormai è da buttare, non lo si può più riparare. Era così. La famiglia era distrutta. La famiglia era persa.

Le dinamiche e gli equilibri familiari cambiano nuovamente quando i genitori, ancora in vita e in buona salute, sebbene anziani, decidono di prendere anticipatamente alcune decisioni in merito al loro patrimonio. Pur dichiarando di voler dividere equamente i loro beni tra i quattro figli, scelgono di intestare le due case al mare esclusivamente alle due figlie minori, Astrid e Åsa, e di versare ai due maggiori, Bård e Bergljot, un corrispettivo in denaro. Le valutazioni delle due case risultano però molto più basse del loro reale valore, mettendo in luce la cattiva fede dei genitori. Bård, sentendosi preso in giro affronta sia i genitori sia le sorelle minori, accusando i primi di essere ingiusti e le seconde di assecondare e difendere la loro volontà. Davanti al loro categorico rifiuto di ammettere una qualsiasi forma di iniquità, decide di tagliare a sua volta i ponti con la famiglia, riavvicinandosi a Bergljot. Quest’ultima che finora ha cercato di tenersi il più possibile ai margini della famiglia, capisce che le rivendicazioni del fratello sono giuste; sostenere Bård è necessario così come afferrare questa occasione per far sentire veramente la sua voce.
Il ricordo di quello che il padre le ha fatto subire da piccola è riaffiorato in età adulta, solo un percorso di psicoanalisi ha aiutato Bergljot ad affrontare il trauma, cercando di costruirsi una vita il più possibile serena. Ma la sua verità non è mai stata accettata né dalla madre né da Astrid, con le quali ha cercato più volte un confronto. Quello che Bergljot racconta loro è qualcosa di grave, di inaccettabile, qualcosa che metterebbe in crisi l’intera famiglia, sconvolgendo la vita di tutti loro; proprio per questo entrambe decidono che sia più comodo crederla solo una bugia, l’allucinazione di una donna da sempre instabile e inaffidabile.
La questione dell’eredità offrirà a Bergljot l’opportunità di mostrare la sua posizione con fermezza e argomentare le sue scelte con lucidità. La sua voce questa volta si staglierà chiara nell’ufficio di un notaio, non sarà, come spesso è successo in passato, offuscata dai fumi dell’alcool o veicolata da un’email rabbiosa e insensata.
La disparità di trattamento in merito all’eredità corrisponde alla netta diversità tra l’infanzia vissuta da Bård e Bergljot, ricca di instabilità e violenze, e quella rassicurante e affettuosa di Astrid e Åsa.

“Sai qual è la prima cosa che mi viene in mente quando penso a mio padre?”, disse Bård, prima di proseguire senza aspettare la risposta. “Avevo nove anni, eravamo sull’altipiano di Hardangervitta per pescare, volevo tornare a casa e mi girai. Papà mi seguì, afferrò un bastone e mi massacrò di botte. Questo è il ricordo più nitido che ho di lui.”

I genitori di questa famiglia appaiono come una coppia di Dottor Jekyll e Mister Hyde: dietro una facciata di avvenenza, ricchezza e perfezione si nascondono un uomo e una donna egoisti, instabili, feroci, incapaci di qualsiasi affetto o empatia, anche nei confronti dei loro stessi figli. Le due sorelle minori non ne escono in maniera migliore: se la minor, Åsa, è il personaggio che viene meno delineato e anche quella che è più esterna alla vicenda, quella che è sempre stata meno in confidenza con i fratelli maggiori. Astrid invece ha ricevuto spesso le confidenze di Bergljot, cercando di diventare un ponte tra lei e Bård e i genitori. La stessa Bergljot le riconosce più di una volta di ricoprire una posizione scomoda, al centro di una disputa in cui ognuna delle due parti racconta una realtà completamente inconciliabile con quella dell’altro. Ma non schierandosi, rifiutando il dolore della sorella e diventando una sorta di intermediario, Astrid prende in realtà una posizione, aiutando il mantenimento dello status quo.

Pareva non capire, o non voler riconoscere, che esistevano conflitti che non erano risolvibili nel modo in cui avrebbe voluto lei, che esistevano contraddizioni che non si potevano cancellare, che si potevano tralasciare o girarci intorno, tra cui bisognava scegliere.

Eredità non è un libro sulla violenza familiare o sugli abusi, quanto più un romanzo sulla sofferenza.
Una sofferenza subita, nascosta e poi elaborata, una sofferenza che ha bisogno di essere riconosciuta e ascoltata da chi quella sofferenza l’ha creata per non rappresentare più una ferita aperta e sanguinante. Questo è quello che Vigdis Hjorth realizza a livello narrativo: cerca di dare voce alla sua Bergljot, in un flusso di coscienza continuo. Episodi scollegati, ricordi, azioni e pensieri riaffiorano e molte volte si ripetono, restituendo l’angoscia e il processo di elaborazione.
Inascoltata dalla sua famiglia la protagonista del libro trova adesso qualcuno disposto ad ascoltarla: il lettore. Traduzione di Margherita Podestà Heir.

Vigdis Hjorth è nata a Oslo nel 1959, è una delle scrittrici norvegesi più conosciute e stimate. Ha esordito nel 1983 con Pelle-Ragnar i den gule gården, grazie al quale il Ministero della Cultura norvegese le ha attribuito il premio per il miglior romanzo d’esordio. Ha pubblicato più di trenta libri, fra cui una ventina di romanzi, conquistando i premi letterari più svariati. Eredità, vincitore del Norwegian Booksellers’ Prize e del Norwegian Critics Prize for Literature – i due principali riconoscimenti norvegesi –, è il romanzo con cui ha ottenuto la fama internazionale, rientrando nella rosa dei finalisti del National Book Award for Translated Literature nel 2019.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Livia Senni dell’Ufficio stampa Fazi.

The Passenger, il nuovo progetto Iperborea per gli esploratori del mondo e per chi vuole conoscere altri Paesi. A cura di Viviana Filippini

10 giugno 2018

passengerApproderà in libreria da Mecoledì 13 giugno The Passenger, il nuovo progetto editoriale messo in campo dalla casa editrice Iperborea.Il tutto è una raccolta di reportage letterari e saggi narrativi che si impegnano a narrare la vita contemporanea di un paese e dei suoi abitanti. Tra le pagine si troveranno tante storie diverse e voci per conoscere, comprendere, approfondire e, perché no, lasciarsi ispirare dalle realtà che verranno indagate. La rivista sarà ancora più coinvolgente grazie alla presenza di rubriche, box esplicativi, cartine, infografiche, illustrazioni originali e «consigli d’autore». E non è tutto, perché ogni numero accoglie un progetto fotografico originale curato da un fotografo internazionale andato nel paese protagonista della rivista per documentare le storie più significative. Il primo volume avrà per protagonista l’Islanda. In esso ci saranno testi di  Hallgrímur Helgason sbalordito da strani individui, o meglio alieni, vestiti da trekking che hanno invaso la sua città; il premio Nobel Halldór Laxness allarmato, già nel 1970, dalla devastazione delle più remote valli del paese per lo sfruttamento delle risorse naturali; Jón Kalman Stefánsson che consiglia cosa leggere, guardare e ascoltare; Silvia Cosimini si concentra sul pericolo di estinzione di una lingua millenaria; il critico e musicista Atli Bollason analizza come i suoi colleghi abbiano cavalcato la moda del «borealismo», e molto altro. Turismo, politica, tradizione, religione, commercio (si analizza il rapporto sempre più stretto con la Cina), musica (c’è la storia di un sindaco con un passato da punk e di cosa ha fatto per scacciare la crisi), ambiente, energia, cultura e tanto altro, permetteranno ai lettori di scoprire altri aspetti insoliti dell’Islanda oltre a quelli già noti. Dopo la lettura di The Passenger-Islanda, ci si accorgerà che l’Islanda, nota ai più come la terra dei vichinghi e delle saghe, della natura incontaminata, delle canzoni di Björk, degli elfi, delle piscine geotermiche e delle foto dei ghiacciai sulle bacheche degli amici in vacanza, è un piccolo mondo composto da una miriade di sfaccettature.

I prossimi numeri di Passenger saranno dedicati all’Olanda, il Giappone, la Norvegia e molti altri.

FOTOGRAFIE: Elena Chernyshova (Agenzia Prospekt)

AUTORI: Atli Bollason, Egill Bjarnason, Silke Bigalke, Silvia Cosimini, Arthur Guschin, Hallgrímur Helgason, Halldór Laxness, Andri Snær Magnason, Leonardo Piccione, Edward Posnett, Constantin Seibt, Jón Kalman Stefánsson, Donovan Webster.

COLLABORATORI: Egill Bjarnason, Ester Borgese, Silvia Cosimini, Halldór Guðmundsson, Paolo Lodigiani, Leonardo Piccione, Antonio De Sortis, Alessandro Storti, Guðrún Vilmundardóttir.

Source: inviato dall’editore.

:: Hotel Silence di Auður Ava Ólafsdóttir (Einaudi 2018) a cura di Michela Bortoletto

17 aprile 2018

Hotel silence

Clicca sulla cover per l’acquisto

Che fare se a quasi quarantanove anni ti ritrovi divorziato, con un padre morto alla tua stessa età, una madre la cui memoria appare e scompare e scopri che tua figlia di ventisei anni in realtà non è tua figlia? Jónas, il protagonista di questo romanzo entrato nella cinquina dei finalisti al Premio Strega Europeo, è un quarantanovenne la cui vita di colpo perde ogni punto di riferimento: il divorzio e la scoperta del segreto legato alla nascita della figlia fanno scomparire in lui ogni certezza. Jónas, che nella vita aggiusta le cose, si trova di colpo a dover aggiustare la propria esistenza. Ma Jónas si sente sopraffatto, non riesce più a riconoscersi, perde il senso della vita e decide quindi di porvi fine prima chiedendo il fucile al suo vicino, poi pensando di agganciare una corda al soffitto. Ma un dettaglio lo blocca: il suo corpo potrebbe essere trovato dall’amata figlia. E allora decide così di lasciare il Paese per andare a morire il più lontano possibile scegliendo come meta un luogo appena uscito da una violenta e sanguinolenta guerra. Arriva così all’Hotel Silence, un vecchio albergo recentemente riaperto, gestito da un fratello e una sorella, che al momento ospita solo altri due ospiti: un’attrice e un uomo. Poco importa a Jónas se la stanza che gli hanno assegnato ha qualche problemino con l’acqua calda, la carta da parati alle pareti si sta scollando e la lampadina va a intermittenza : niente potrà distoglierlo dal suo scopo. Niente tranne Mai, la ragazza che gestisce l’albergo insieme al fratello Fífí. Niente tranne Adam, figlio di Mai, il cui padre è stato barbaramente ucciso in guerra. Niente tranne il proprietario della locanda in cui pranza che gli chiede aiuto per costruire una porta. Ninete tranne la ristrutturazione di una casa per le donne. Niente tranne la fiducia che tutte queste persone cui la guerra ha portato via tutto sembrano porre in lui. Ed è così che Jónas si ritroverà a ricostruire un paese per ritrovare sé stesso.
Hotel Silence è il racconto di come si possa sempre trovare una ragione, una motivazione per andare avanti nonostante le difficoltà che la vita ci pone. È un romanzo essenziale, che non si dilunga in descrizioni di particolari ma porta avanti la storia attraverso le azioni e le richieste dei protagonisti secondari che salveranno, forse, la vita di Jónas.

Auður Ava Ólafsdóttir è nata a Reykjavík nel 1958. Ha insegnato Storia dell’arte ed è stata direttrice del Museo dell’Università d’Islanda. Per Einaudi ha pubblicato Rosa candida (Supercoralli 2012, Super ET 2014; tradotto in tutti i maggiori paesi europei e negli Stati Uniti), La donna è un’isola (Supercoralli 2013, Super ET 2014), L’eccezione (Supercoralli 2014, Super ET 2015), Il rosso vivo del rabarbaro (Supercoralli 2016) e Hotel Silence (2018).

Source: libro inviato dall’editore al recensore. Si ringrazia Gaia e Carla dell’ Ufficio Stampa Einaudi.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Atlante leggendario delle strade d’Islanda a cura di Jón R. Hjálmarsson (Iperborea 2017) a cura di Viviana Filippini

21 settembre 2017

strade d' IslandaL’Islanda sta lassù verso il Polo nord. L’Islanda è sì una terra lontana e ancora un po’ troppo sconosciuta, ma molto affascinante. Per saperne di più vi consiglio la lettura de “Atlante leggendario delle strade d’Islanda” a cura di Jón R. Hjálmarsson, edito da Iperborea. Il curatore, esperto in cultura e storia islandese, ci porta a compiere un viaggio fisico e mentale lungo la statale n. 1, una delle principali vie di comunicazione della terra nordica dislocata nell’oceano Atlantico. Lungo la via ci sono una serie di località nelle quali il lettore potrà conoscere le diverse e tante storie popolari che animano la cultura e la tradizione del popolo islandese. Questo libro è la testimonianza di quanto siano numerose le leggende e i miti che la popolazione dell’isola si è tramandata nel corso dei secoli e che, ancora oggi, tali narrazioni sono molto vive nell’immaginario popolare. Non a caso addentrandoci nelle pagine di storie narrate (ideali da leggere davanti al camino con copertina di lana e un tè caldo) si scoprono storie di creature più o meno mostruose dalle quali, in molti casi, hanno preso i nomi alcune delle cittadine presenti nell’isola. Per rendere ancora più coinvolgente la scoperte di queste storie, il testo è corredato da apposite mappe e illustrazioni di Felix Petruska con raffigurate – a seconda della zona dell’isola dove ci si sposta- le misteriose creature che in quei posti presero forma. Ed ecco allora la storia di Testarossa, la crudele balena del Havlafiördur, o ancora le vicende sul serpente del lago Lagarfljótm, sullo spettro marino di Hvammnsnúpur, alternate alla leggenda dell’impronta dello zoccolo di Ásbyrgi o a quella del contadino di Grímsey e l’orsa polare. Il volumetto curato da Hjalmarsson è un vero e proprio muoversi tra elfi, troll, stregoni, spettri, banditi ed eroi che, nel corso dei secoli, sono andati a formare il background tradizionale, popolare e folcloristico islandese. L’ “Atlante leggendario delle strade d’Islanda” è un libro interessante, una sorta di guida di viaggio alternativa e innovativa, perché permette a chi legge di muoversi nell’immaginazione popolare islandese alla scoperta di una cultura diversa dalla nostra. Allo stesso tempo, il testo pubblicato da Iperborea, aiuta il lettore a scoprire le caratteristiche dell’ambiente, degli usi e dei costumi diffusi in Islanda. L’ “Atlante leggendario delle strade d’Islanda” è caratterizzato da un’atmosfera di magia, nella quale il sacro e il profano si mescolano alla perfezione, dimostrando lo stato di impotenza e mancanza di spiegazioni del genere umano davanti ai misteri della vita e della grandiosa forza della natura. Traduzione Silvia Cosimini.

Jón R. Hjálmarsson, nato nel 1922, dopo gli studi in Storia all’Università di Oslo, è stato preside nelle scuole di Skógar e Selfoss e direttore didattico della circoscrizione dell’Islanda meridionale. Nel 1983 è stato insignito della croce dell’Ordine del Falcone islandese. Dall’approfondimento della storia e della cultura del proprio paese è nato il progetto di questo libro.

Source: libro inviato all’editore al recensore. Grazie a Silvio Bernardi dell’ Ufficio stampa.

:: Recensione di Timidezza e dignità di Dag Solstad (Iperborea 2011) a cura di Giulietta Iannone

24 marzo 2011

cDal gelo dei freddi fiordi nordici culla della socialdemocrazia e dello stato sociale, periferia progredita e privilegiata dell’Impero, non arrivano solo gialli e romanzi polizieschi e per farcene un’idea basta dare un’ occhiata al vario catalogo di Iperborea, raffinata casa editrice milanese da anni impegnata a fare conoscere la letteratura scandinava in Italia.
Timidezza e dignità del norvegese Dag Solstad, uno dei maggiori scrittori norvegesi contemporanei, è un interessante e fulgido esempio di questa effervescenza intellettuale.
Edito per la prima volta nel 1994, ed ora finalmente anche disponibile da noi grazie alla traduzione dal norvegese di Massimo Ciaravolo, da molti considerato il capolavoro di Solstad, Timidezza e dignità è una matura e amara riflessione sulla sconfitta di una intera generazione, quella che era giovane nel 68, imbevuta di alti ideali politici e sociali,  utopisticamente ottimista e proiettata in un futuro in cui la giustizia sociale, la libertà, la solidarietà avrebbero demolito la società dei consumi e il capitalistico dio denaro, e che  invece si vide sopraffare dalla Storia.
Solstad con spirito lucido e critico fa un’attenta disanima delle ragioni che portarono al fallimento, e tramite il protagonista Elias Rukla, un grigio e triste professore di lettere della Scuola Superiore di Fagerborg a Oslo, un vinto, un umiliato e offeso di dostoevskijana memoria, molto probabilmente suo deformato alter ego, ripercorre a ritroso gli anni della giovinezza, dell’università, dell’impegno politico, dell’amore libero e si chiede come sia stato possibile che dopo tanta passione, e fervida fede in ideali così luminosi  e indistruttibili, la vita l’abbia scagliato in una gabbia di mediocrità ai margini della società.  Come il dottor Relling, personaggio marginale dell’Anitra selvatica di Ibsen che da ormai 25 anni Rukla si ostina a presentare a classi di maturandi svogliati e apatici ai quali i rovelli interiori e la drammaticità della sua condizione di “nullità” non dicono assolutamente niente.
Proprio questo rifiuto, questa apatia dei suoi giovani e immaturi allievi, questa impossibilità di dialogo intellettuale, di seria trasmissione della cultura,  una piovosa mattina d’ottobre, durante una doppia ora di norvegese, farà precipitare gli eventi e darà coscienza a Rukla della sua inutilità e della sua disfatta.
Uscito dalla classe in preda ad una vera e propria crisi di nervi, colpirà la fontana con il suo ombrello insultando i suoi allievi e lasciandosi andare ad una furia che porrà fine per sempre alla sua carriera di insegnate. Mai più metterà piede nella scuola superiore di Fagerborg, mai più metterà piede in qualsiasi scuola, mai più oserà salire in cattedra ed affrontare i suoi studenti.

Questo vuol dire che è proprio finita, pensò. E’ terribile, ma non c’è via di ritorno.

Timidezza e dignità è innanzitutto un romanzo caratterizzato dall’intersecarsi di due piani temporali, e se vogliamo anche narrativi, dove il presente e il passato assumono una doppia valenza sia politica che sociale. Dalla crisi di nervi, che determina la presa di coscienza del protagonista, abbiamo una regressione al passato, alla ricerca spasmodica dei sintomi, delle crepe, forse invisibili, che poi porteranno al conclamarsi della crisi personale, e se vogliamo grazie ad un gioco di proiezioni, epocale.
Il rapporto tra Rukla e la moglie, deteriorato, vittima dell’incomunicabilità e del dissolvimento, getta un’ ombra ancora più pessimistica sulla consapevolezza già dolorosa di per sé che ormai tutto è inutile e il cambiamento tanto auspicato impossibile.
Diciamolo subito è una lettura impegnativa, ricca di rimandi letterari importanti, a Ibsen in primo luogo, tutta la prima parte inserita nella lezione che il protagonista tiene al liceo è incentrata sull’analisi del capolavoro L’anitra selvatica, poi a Thomas Mann e più in generale al romanzo europeo dei primi del Novecento.
Anche i temi trattati sono complessi e articolati, oltre al fatto che il racconto in terza persona è continuamente interrotto dal flusso di coscienza del protagonista. Non ci sono capitoli, raramente si va a capo, stilisticamente una scelta azzardata, che comunque dà compattezza alla narrazione e almeno io non ho trovato pesante, anche se insolita.
Per chi apprezzasse le tematiche, e lo stile dell’ autore, Iperborea ha pubblicato anche Tentativo di descrivere l’impenetrabile.

Titolo originale: Genanse og verdighet  Traduzione di Massimo Ciaravolo.

Dag Solstad, nato a Sandefjord, in Norvegia nel 1941, è considerato uno dei maggiori scrittori norvegesi contemporanei, l’unico ad aver ricevuto il Premio della Critica per ben tre volte, oltre al Premio del Consiglio Nordico. Autore di una trentina di opere, tra teatro, romanzi e racconti, è sempre al centro di accesi dibattiti in patria per il suo radicalismo anticonformista. Iperborea ha già pubblicato Tentativo di descrivere l’impenetrabile, Timidezza e dignità e La notte del professor Andersen.