Posts Tagged ‘Fazi’

:: Magnificat, Sonia Aggio(Fazi 2022) A cura di Viviana Filippini

12 dicembre 2022

N e N. Nilde e Norma sono le protagoniste di “Magnificat”, il primo romanzo della giovane autrice Sonia Aggio, edito da Fazi. La storia d’esordio della Aggio si sviluppa in un Italia di altri tempi, in Polesine, negli anni Cinquanta del secolo scorso. Le due ragazze protagoniste sono molto legate tra loro, si potrebbe vederle come sorelle, ma in realtà sono cugine rimaste sole al mondo, perché le guerra ha portato via loro i genitori.  Da subito trapela un legame forte tra Nilde e Norma, così vicine, ma anche profondamente lontane per i loro caratteri diversi. Nilde è timida, riservata, mentre Norma è più impulsiva, misteriosa e quel suo comparire e scomparire, senza mai lasciar trapelare dove è andata, non solo fa arrabbiare Nilde, ma le mette ansia e crea suspense. Già, tutta la storia di “Magnificat” è permeata da un’atmosfera di qualcosa di incombente che deve accadere da un momento all’altro. Si percepisce suspense per quella paura che Nilde ha di rimanere sola e di perdere l’unica parte della famiglia che le è rimasta: Norma. Suspense, perché per Nilde la cugina Norma è un enigma difficile da risolvere, un vero e proprio rompicapo, poiché Norma torna spesso con ferite ed ematomi per i quali non c’è mail il nome di un possibile colpevole, o se c’è, lei non lo confessa apertamente.  Suspense, perché lì attorno al piccolo casolare del Polesine ci sono la vita di paese, i pettegolezzi, le chiacchiere, le dicerie che insinuano il male e il dubbio in ogni dove. Suspense, perché in paese c’è un dipinto che incute timore reverenziale e paura delle grandi piogge. In questo mondo quasi atavico vivono Nilde e Norma, in una dimensione lontana da noi, ma nemmeno così tanto se ci pensiamo bene, dove il grande nemico che incute terrore e paura non sono le bombe della guerra o virus arrivati da chissà dove. A fare paura- e tanta- è il fiume Po. Quello che scorre impetuoso e che con le grandi piogge è sempre lì lì pronto a rompere gli argini, ad allagare e portare via tutto. In questo mondo, da una parte troviamo una Nilde preoccupata per tutto e soprattutto per la cugina. Tanto è vero che la ragazza vive emozioni contrastanti, poiché spesso non capisce Norma, non comprende quegli scatti improvvisi che la fanno diventare violenta a tal punto da non farla sembrare lei. Nonostante questo, Nilde però non prova rabbia o rancore per la cugina, perché per lei Norma è tutto, è la vita che le dona la vita. Nilde ci appare come una giovane dall’animo molto sensibile, a tratti potrebbe anche sembrare timoroso ma, allo stesso tempo, è deciso, quando fa il possibile per portare con sé Norma. Dall’altra parte invece troviamo Norma, che nel suo approccio istintivo alla vita, sembra una ragazza della personalità contorta e complessa, mossa da momenti d’azione selvaggia, irruenta, che la portano a compiere gesti per i quali poi prova un senso di colpa profondo, perché Norma, come Nilde, ha un animo buono, solo che ha un destino molto più complesso da gestire rispetto alla cugina. Quando ad un certo punto è Norma a raccontare la sua versione della storia, quel suo sentire emozioni che la fa apparire poco stabile scompare del tutto e si percepisce una donna consapevole delle proprie fragilità e forze, che non teme il fiume, non ne ha paura, anzi è come se avesse con esso un legame profondo e un missione precisa da compiere. Quello che si trova nella lettura di “Magnificat” di Sonia Aggio è una scrittura fresca, coinvolgente che riesce a trascinare chi legge dentro alla trama, nel senso che si sente come il bisogno, la necessità di entrare dentro al libro per stare accanto a Nilde e Norma, di fare qualcosa per loro e con loro, perché è davvero travolgente quel rapporto umano tra il detto e il non detto tra le due protagoniste sempre pronto a scoppiare. Nel libro ci sono personaggi secondari (molte donne del paese) che non comprendono Norma, la etichettano, la giudicano senza conoscerla davvero e mettono il male. Un male errato, che è figlio del pregiudizio. Poi, ci sono altri personaggi comprimari delle protagoniste, come Gigliola, che sanno- anche più di Nilde- perché Norma agisce in quel modo ancestrale. Altro aspetto interessante del romanzo della giovane bibliotecaria è la sua composizione narrativa fatta di paragrafi brevi che danno alla storia un ritmo crescente e cinematografico, composta da pagine scritte che diventano immagini chiare e definite mentre si legge. Un romanzo appassionante con le radici ancorate nel passato, nelle tradizioni popolari che rendono “Magnificat” di Sonia Aggio un viaggio nei sentimenti dell’animo e nei legami profondi –e a volte dimenticati- che legano l’essere umano alla natura.

Sonia Aggio è nata a Rovigo nel 1995, è laureata in Storia e lavora come bibliotecaria. I suoi scritti sono stati segnalati più volte dalle giurie di premi importanti come il Premio Calvino e il Premio Campiello Giovani. Tra il 2018 e il 2020 ha collaborato con il lit-blog «Il Rifugio dell’Ircocervo» e, nel tempo, ha pubblicato diversi racconti su «Lahar Magazine», «L’Irrequieto», «Narrandom» e «Altri Animali». “Magnificat” è il suo primo romanzo.

Source: del recensore.

Il ritorno di Jonathan Strange & il signor Norrell, a cura di Elena Romanello

17 dicembre 2021

jonathan-strange-il-signor-norrellA quindici anni di distanza dalla prima edizione italiana, e sull’onda dell’uscita del nuovo, atteso romanzo dell’autrice Susanna Clarke, Fazi editore ripropone uno degli urban fantasy più interessanti e innovativi di sempre, Jonathan Strange & il signor Norrell, in una nuova edizione.
Definito da Neil Gaiman il migliore romanzo inglese scritto negli ultimi settant’anni e definito il più grande libro fantasy uscito nel Regno Unito dai tempi di Tolkien e Lewis, Jonathan Strange & il signor Norrell porta in un’Inghilterra alternativa dell’epoca delle guerre napoleoniche, in cui è presente la magia, o meglio, si crede che sia completamente scomparsa. Ma un bel giorno, il timido e erudito signor Norrell rivela pubblicamente le sue abilità di mago, dando vita a un’ondata di entusiasmo che dilaga per tutto il paese e lo trasporta fino ai salotti dell’alta società di Londra, dove si lega ai politici e scende a patti con un gentiluomo proveniente da un regno fatato. Ma il signor Norrell non è l’unico mago presente: poco dopo emerge il giovane e audace Jonathan Strange, che prima diventa suo discepolo e poi mette in discussione tutte le sue teorie, perché è attratto dagli incantesimi e dalle magie oscure. Nel corso degli anni i due si scontreranno in maniera ancora più definitiva di quanto il loro Paese non stia facendo con Napoleone, mentre le loro ossessioni e ambizioni segrete metteranno a rischio le vite di molti e cambieranno per sempre la magia inglese e la vita.
Un long seller che è bello leggere o rileggere, da proporre innanzitutto a chi pensa che l’urban fantasy non sia capace di proporre storie interessanti e insolite, finalista al Man Booker Prize, con quattro milioni di copie vendute nel mondo in 34 Paesi diversi, un libro per chi ama il fantastico in tutte le sue sfumature, l’ucronia e il romanzo storico. Da questo romanzo è stata tratta anche una miniserie della BBC, per ora inedita, ma che speriamo arrivi presto anche in italiano, sull’onda di questa nuova edizione.

:: Il criminale pallido di Philip Kerr (Fazi 2020) a cura di Giulietta Iannone

25 aprile 2021

Maleducato, irrispettoso, non convenzionale, Bernhard “Bernie” Gunther, investigatore nella Germania nazista, torna nelle pagine di Il criminale pallido (The Pale Criminal, 1990), secondo episodio della trilogia berlinese di Bernie Gunther di Philip Kerr, edito da Fazi nella traduzione dall’inglese di Patrizia Bernardini.
Seguito di Violette di marzo, Il criminale pallido si colloca prima di Un Requiem tedesco, in uscita il 27 maggio sempre per Fazi. E noi lettori non possiamo che esserne felici perché se Fazi continua a pubblicarli non può che essere il segno che i lettori lo leggono, e che Fazi continuerà nell’impresa fino a tradurre anche gli episodi della seria ancora inediti in traduzione italiana.
Ma torniamo a Il criminale pallido, per la maggior parte ambientato a Berlino nel 1938 l’anno della Notte dei Cristalli, il violento pogrom antisemita che si verificò nella notte tra il 9 e 10 novembre, in cui il regime nazista mostrò ormai apertamente il suo vero volto senza ipocrisie o reticenze.
Il romanzo inizia dicevamo nella lunga, calda estate del 1938 con una lettera anonima. Qualcuno vuole vedere Bernie al Reichstag a mezzanotte.

«Merda, Bruno, non c’è alcun bisogno di evocare gli spettri. Mi rendo conto dei rischi che corro, ma d’altra parte è il nostro mestiere. I giornalisti ricevono le agenzie,i soldati i dispacci e gli investigatori le lettere anonime. Se volevo la ceralacca sulla posta che ricevo avrei dovuto fare l’avvocato».

È niente meno che il capo della Polizia criminale di Berlino, Arthur Nebe che gli propone di rientrare nella Kripo. E poi quando è Heydrich a volerlo c’è ben poca scelta. Bernie prende tempo e dice che ci penserà su.
Successivamente ancora in veste di investigatore privato, in società con Bruno Stahlecker, viene convocato in casa di una probabile cliente Frau Lange, proprietaria e direttrice di una casa editri­ce, in pena per il figlio, Reinhard Lange.
Scena dal forte sapore chandleriano che ci introduce nel cuore dell’indagine:

«E ora è bene che le dica perché l’ho fatta venire qui», disse risolutamente. «Voglio che scopra chi mi sta ricat­tando». Si interruppe, movendosi a disagio sulla chaise-longue. «Mi scusi, non è facile per me parlare di queste cose».
«Faccia pure con calma. Essere ricattati rende tutti nervosi». Annuì e buttò giù un sorso del suo gin.

Sarà l’inizio di una lunga e complicata indagine che porterà Bernie nella clinica del dottor Kindermann e poi nel bel mezzo delle più oscure e ambigue depravazioni del Reich.
Sarà proprio cercando le lettere oggetto del ricatto che Bruno Stahlecker perderà la vita e se Bernie vorrà vederci chiaro dovrà infine accettare la proposta di Heydrich di rientrare nella Kripo e indagare sull’operato di una specie di serial killer che uccide ragazze esclusivamente ariane, dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
È inutile dire che presto le due indagini troveranno un nesso comune e Bernie si troverà da solo a combattere il Male, tra sanità mentale, occultismo, e violenza ferina.

Philip Kerr, nato nel 1956 a Edimburgo, ha esordito con Violette di marzo, primo capitolo della trilogia berlinese di Bernie Gunther – Violette di marzo (1989), Il criminale pallido (1990) e Un requiem tedesco (1991) –, grazie alla quale ha collezionato una lunga serie di premi e riconoscimenti e viene considerato un maestro del giallo. Oltre alla trilogia è autore di numerosi romanzi di successo. Amato dai giallisti, dai grandi autori letterari, dai divi del cinema, è scomparso precocemente nel 2018. I diritti della trilogia sono stati opzionati da Tom Hanks per una miniserie in coproduzione con HBO.

Source: epub inviato dall’editore. Ringraziamo Livia dell’Ufficio Stampa Fazi.

Il viaggio di Halla di Naomi Mitchison (Fazi, 2020) a cura di Elena Romanello

24 novembre 2020

hallasmallFazi propone nella sua collana Lainya dedicata alla narrativa fantastica un titolo non recente, appartenente a quelli che sono i classici del genere, tra l’altro inedito nel nostro Paese e quindi ancora più prezioso.
Naomi Mitchison fu un’attivista sociale, una femminista, un’autrice di romanzi fantasy, oltre che una grande amica di Tolkien, sua prima lettrice e consigliera nella sua costruzione di un universo che ha cambiato la narrativa non solo di genere.
Il viaggio di Halla è una fiaba di ambientazione nordica, e racconta appunto la storia di Halla, la figlia di un re che decide di abbandonarla nei boschi. Qui la bambina cresce accudita dagli orsi, per poi andare a vivere con i draghi sulle montagne, ben diversi da cosa si dice su questi animali, visto che sono loro i buoni minacciati dagli odiosi e crudeli esseri umani.
Odino, il re degli dei, offre ad un certo punto una scelta alla ragazza: vuole vivere come i draghi, accumulando tesori da difendere, o viaggiare per il mondo?
Halla inizia così un nuovo capitolo della sua vita, in giro per nuove terre e tra antiche leggende, con incontri incredibili e magie, mentre la sua conoscenza di tutti i linguaggi, umani e animali, la aiuta ad andare oltre le apparenze e a mettere in discussione i suoi preconcetti e a scoprire nuovi modi di vivere e pensare.
Il viaggio di Halla è un libro agile e veloce, una favola senza tempo sospesa tra tanti immaginari, con tra le righe valori come la comprensione e la tolleranza, la curiosità e l’apertura verso il diverso.
Naomi Mitchison si rivela quindi un’autrice da scoprire, e c’è da sperare che Il viaggio di Halla sia il primo di una serie di riproposte di opere sue, perché è senz’altro importante leggere le nuove voci del fantastico, anche di culture emergenti, ma non bisogna dimenticare i classici, quelli da cui tutto è cominciato, tra cui ci sono anche diverse autrici finora trascurate. Tra gli stimatori di Naomi Mitchison, paragonata a una Rowling o ad un Pullman ante litteram, ci sono scrittori e scrittrici di generazioni diverse, come Holly Black e la grande Ursula K. Le Guin.

Naomi Mitchison nacque in Scozia e visse fino all’età di 101 anni, tra il 1987 e il 1999. Viaggiò in tutto il mondo e scrisse più di settanta libri, spaziando dal fantasy alla fantascienza, dalla poesia alla non-fiction. Molto attiva in ambito politico e sociale, aderì alle cause del socialismo e del femminismo, battendosi in favore della liberazione sessuale e dell’aborto. Intima amica dello scrittore J.R.R. Tolkien, fu tra i primi a leggere Lo HobbitIl viaggio di Halla fu pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 1952.

Provenienza libro del recensore

Il mare senza stelle di Erin Morgenstern (Fazi, 2020) a cura di Elena Romanello

4 novembre 2020

il-mare-senza-stelleLa collana Lainya di Fazi editore si arricchisce di un nuovo romanzo di genere fantastico, che spicca per il suo essere originale e insolito: Il mare senza stelle di Erin Morgenstern.
Zachary Ezra Rawlins studia all’Università nel Vermont e un giorno trova un libro misterioso nascosto fra gli scaffali della biblioteca universitaria: all’apparenza si tratta di un romanzo d’avventura, con pirati e simili, ma fra quelle pagine è raccontato un episodio della sua infanzia, chiaramente privato e non certo noto all’autore o autrice di un libro scritto chissà quando.
Da qui parte una lunga serie di enigmi e misteri: Zachary trova tre indizi, un’ape, una chiave e una spada, con cui arriva prima ad una festa in maschera a New York, poi in un club segreto e alla fine arriva in un’antica libreria sotterranea, non solo un nascondiglio per i libri, ma molto altro.
Infatti si accede in un mondo alternativo, fatto di città disperse e mari immensi, amanti che comunicano attraverso il tempo e lo spazio, storie raccontate da ombre, un regno dimenticato che c’è chi è disposto a proteggere a costo della vita e chi invece vorrebbe annientare. 
Zachary non è solo, con lui c’è la rossa Mirabel, pittrice e evocatrice di universi, e il giovane e misterioso Dorian, e con loro compierà un viaggio attraverso fiabe, miti e leggende, per capire la verità su quel libro e qualcosa di più, a qualunque costo. 
Il Mare senza Stelle è un libro tra fantasy e gotico, insolito nei contenuti e nelle tematiche, un viaggio dell’eroe tra mondi incredibili, che celebra innanzitutto il potere delle storie e l’amore per i libri, omaggiando storie e generi, fino ad un finale che lascia senza fiato. Chi ama leggere, troverà nelle sue pagine echi (ma non somiglianze) con Lewis Carroll e il suo mondo di Alice, con La storia infinita di Michael Ende, con i romanzi del compianto Zafon, ma anche molto altro, molto di insolito, molto di nuovo. 
In fondo, ogni volta che si legge un libro si viene portati in un mondo altro, nelle pagine de Il Mare senza Stelle i mondi sono tanti, a ricordare l’infinità di storie raccontate dal genere umano dalle sue origini, e le storie ancora da raccontare.

Erin Morgenstern, classe 1978, è un’artista multimediale americana. Nata in Massachusetts, vive a New York. Il Mare Senza Stelle è il suo secondo romanzo.

Provenienza: libro del recensore.

:: Eredità di Vigdis Hjorth (Fazi, 2020) a cura di Eva Dei

10 giugno 2020

EreditàEredità” non è soltanto il titolo del primo libro di Vigdis Hjorth tradotto nel nostro Paese, ma il vero motore della narrazione.
Tutto la vicenda parte da un’eredità e dalla sua divisione tra quattro figli. Come troppo spesso accade non solo amore e unione dominano i legami tra i vari membri della famiglia. Bergljot, la voce narrante, ha interrotto i legami con i suoi genitori da molti anni: tra loro si è creata una frattura insanabile, causata da qualcosa che la protagonista non ha il coraggio di raccontare subito al lettore, ma che rivela poco alla volta.

Il vaso cade per terra una volta e incolli i cocci per rimetterlo insieme, il vaso cade per terra una seconda volta e incolli i cocci per rimetterlo insieme. Non è più così bello, ma in un certo modo funziona, ma quando cade per la terza volta e rimane polverizzato davanti ai tuoi piedi, vedi subito che ormai è da buttare, non lo si può più riparare. Era così. La famiglia era distrutta. La famiglia era persa.

Le dinamiche e gli equilibri familiari cambiano nuovamente quando i genitori, ancora in vita e in buona salute, sebbene anziani, decidono di prendere anticipatamente alcune decisioni in merito al loro patrimonio. Pur dichiarando di voler dividere equamente i loro beni tra i quattro figli, scelgono di intestare le due case al mare esclusivamente alle due figlie minori, Astrid e Åsa, e di versare ai due maggiori, Bård e Bergljot, un corrispettivo in denaro. Le valutazioni delle due case risultano però molto più basse del loro reale valore, mettendo in luce la cattiva fede dei genitori. Bård, sentendosi preso in giro affronta sia i genitori sia le sorelle minori, accusando i primi di essere ingiusti e le seconde di assecondare e difendere la loro volontà. Davanti al loro categorico rifiuto di ammettere una qualsiasi forma di iniquità, decide di tagliare a sua volta i ponti con la famiglia, riavvicinandosi a Bergljot. Quest’ultima che finora ha cercato di tenersi il più possibile ai margini della famiglia, capisce che le rivendicazioni del fratello sono giuste; sostenere Bård è necessario così come afferrare questa occasione per far sentire veramente la sua voce.
Il ricordo di quello che il padre le ha fatto subire da piccola è riaffiorato in età adulta, solo un percorso di psicoanalisi ha aiutato Bergljot ad affrontare il trauma, cercando di costruirsi una vita il più possibile serena. Ma la sua verità non è mai stata accettata né dalla madre né da Astrid, con le quali ha cercato più volte un confronto. Quello che Bergljot racconta loro è qualcosa di grave, di inaccettabile, qualcosa che metterebbe in crisi l’intera famiglia, sconvolgendo la vita di tutti loro; proprio per questo entrambe decidono che sia più comodo crederla solo una bugia, l’allucinazione di una donna da sempre instabile e inaffidabile.
La questione dell’eredità offrirà a Bergljot l’opportunità di mostrare la sua posizione con fermezza e argomentare le sue scelte con lucidità. La sua voce questa volta si staglierà chiara nell’ufficio di un notaio, non sarà, come spesso è successo in passato, offuscata dai fumi dell’alcool o veicolata da un’email rabbiosa e insensata.
La disparità di trattamento in merito all’eredità corrisponde alla netta diversità tra l’infanzia vissuta da Bård e Bergljot, ricca di instabilità e violenze, e quella rassicurante e affettuosa di Astrid e Åsa.

“Sai qual è la prima cosa che mi viene in mente quando penso a mio padre?”, disse Bård, prima di proseguire senza aspettare la risposta. “Avevo nove anni, eravamo sull’altipiano di Hardangervitta per pescare, volevo tornare a casa e mi girai. Papà mi seguì, afferrò un bastone e mi massacrò di botte. Questo è il ricordo più nitido che ho di lui.”

I genitori di questa famiglia appaiono come una coppia di Dottor Jekyll e Mister Hyde: dietro una facciata di avvenenza, ricchezza e perfezione si nascondono un uomo e una donna egoisti, instabili, feroci, incapaci di qualsiasi affetto o empatia, anche nei confronti dei loro stessi figli. Le due sorelle minori non ne escono in maniera migliore: se la minor, Åsa, è il personaggio che viene meno delineato e anche quella che è più esterna alla vicenda, quella che è sempre stata meno in confidenza con i fratelli maggiori. Astrid invece ha ricevuto spesso le confidenze di Bergljot, cercando di diventare un ponte tra lei e Bård e i genitori. La stessa Bergljot le riconosce più di una volta di ricoprire una posizione scomoda, al centro di una disputa in cui ognuna delle due parti racconta una realtà completamente inconciliabile con quella dell’altro. Ma non schierandosi, rifiutando il dolore della sorella e diventando una sorta di intermediario, Astrid prende in realtà una posizione, aiutando il mantenimento dello status quo.

Pareva non capire, o non voler riconoscere, che esistevano conflitti che non erano risolvibili nel modo in cui avrebbe voluto lei, che esistevano contraddizioni che non si potevano cancellare, che si potevano tralasciare o girarci intorno, tra cui bisognava scegliere.

Eredità non è un libro sulla violenza familiare o sugli abusi, quanto più un romanzo sulla sofferenza.
Una sofferenza subita, nascosta e poi elaborata, una sofferenza che ha bisogno di essere riconosciuta e ascoltata da chi quella sofferenza l’ha creata per non rappresentare più una ferita aperta e sanguinante. Questo è quello che Vigdis Hjorth realizza a livello narrativo: cerca di dare voce alla sua Bergljot, in un flusso di coscienza continuo. Episodi scollegati, ricordi, azioni e pensieri riaffiorano e molte volte si ripetono, restituendo l’angoscia e il processo di elaborazione.
Inascoltata dalla sua famiglia la protagonista del libro trova adesso qualcuno disposto ad ascoltarla: il lettore. Traduzione di Margherita Podestà Heir.

Vigdis Hjorth è nata a Oslo nel 1959, è una delle scrittrici norvegesi più conosciute e stimate. Ha esordito nel 1983 con Pelle-Ragnar i den gule gården, grazie al quale il Ministero della Cultura norvegese le ha attribuito il premio per il miglior romanzo d’esordio. Ha pubblicato più di trenta libri, fra cui una ventina di romanzi, conquistando i premi letterari più svariati. Eredità, vincitore del Norwegian Booksellers’ Prize e del Norwegian Critics Prize for Literature – i due principali riconoscimenti norvegesi –, è il romanzo con cui ha ottenuto la fama internazionale, rientrando nella rosa dei finalisti del National Book Award for Translated Literature nel 2019.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Livia Senni dell’Ufficio stampa Fazi.

:: Un incantevole aprile di Elizabeth von Arnim gratis da oggi a lunedì 22 marzo

18 marzo 2020

Un incantevole aprileGrazie a Fazi nei negozi online o direttamente sul loro sito in formato epub o mobi potete scaricare gratuitamente, da oggi a lunedì 22 marzo, l’ebook di #UnIncantevoleAprile di #ElizabethvonArnim, una storia di amore, amicizia e speranze ritrovate.

♥⇒ Link per trovare il libro: qui

Nata col nome di Mary Annette Beauchamp a Kirribilli Point, in Australia, da una famiglia della borghesia coloniale inglese, era cugina della scrittrice Katherine Mansfield. Visse a Londra, Berlino, in Polonia e infine negli Stati Uniti. Si sposò due volte – entrambi i matrimoni furono infelici – ed ebbe cinque figli, fra i cui precettori ci furono E.M. Forster e Hugh Walpole. Fra un matrimonio e l’altro, fu l’amante di H.G. Wells. Fu una scrittrice molto prolifica e di grande successo. Fazi Editore ha pubblicato Un incantevole aprile, Il giardino di Elizabeth, La fattoria dei gelsomini, Un’estate in montagna e Una principessa in fuga.

:: Ai sopravvissuti spareremo ancora di Claudio Lagomarsini (Fazi, 2020) a cura di Eva Dei

19 febbraio 2020

Ai sopravvissuti spareremo ancoraUn aereo dal Brasile fino all’Italia: è un viaggio di ritorno alle origini quello che compie un giovane uomo per raggiungere un paesino di cui non conosciamo il nome, situato vicino alla costa tra la Toscana e la Liguria. Lì lo attende la casa di famiglia, pronta per essere finalmente venduta.
Il fastidio che gli suscita quel luogo è palpabile dal primo momento, quando imbocca la stradina che lo conduce a quelle tre case che tra loro formano una sorta di ferro di cavallo: la loro, quella della nonna materna e quella del vicino. Dopo le ultime formalità sbrigate con la ragazza dell’agenzia non gli resta che scegliere se salvare qualcosa tra quei pochi oggetti ammassati negli scatoloni.

Il problema è che non ho nessun indirizzo da dare, mia madre non vuole nulla di ciò che si è lasciata alle spalle, e a me, un oceano più in là e un emisfero più in giù, non servono né i set di bicchieri né i vecchi asciugamani o i DVD. (…) Mi aggiro tra le scatole come un angelo della morte, sbuffando come un treno a vapore. L’insofferenza e il fastidio di essere qui prevalgono sulla nostalgia. Segno croci rosse senza misericordia, condanno allo smaltimento vasellame e soprammobili.

Rovistando con fare annoiato tra quelle cianfrusaglie e scuriosando tra vecchi libri di autori sconosciuti, ad attirare la sua attenzione sono cinque piccoli quaderni Monocromo abbandonati sul fondo di una scatola. Dal momento in cui li apre e cerca di decifrarne la scrittura passano alcuni secondi prima che realizzi che quei quaderni sono gli stessi su cui scriveva freneticamente suo fratello Marcello l’estate di quindici anni prima.
Inizia in quel momento la storia vera, quella che permette di dare un nome, seppur di fantasia, a questo giovane uomo. Lui è il Salice, o almeno questo è l’appellativo con il quale Marcello lo identifica nei suoi quaderni. Il “Salice” perché fin da ragazzino era facile al pianto secondo suo fratello, ma al lettore non sfugge quando in realtà sia Marcello il più sensibile tra i due, forse il più fragile proprio perché incapace di esternare tutto quello che invece rilega nei suoi appunti.

Ora so perché Marcello mi chiama il Salice: ero facile al pianto, scrive. Eppure, se a raccontare fossi io, direi l’esatto contrario. Ricordo bene i suoi accessi di disperazione e ira, gli oggetti scagliati a terra (un’arancia, un bicchiere) e il mio spavento e i sospiri di nostra madre. Ma che cos’ha?, le chiedevo quand’ero piccolo. Niente, diceva lei aggiustandomi la scriminatura con le unghie, tuo fratello è solo un po’ nervoso.

Quell’estate Marcello gli aveva parlato sommariamente di lavorare a un romanzo, ma quello che racconta nei suoi quaderni non è altro che la loro vita, dove i protagonisti acquistano in alcuni casi nomi di fantasia: il patrigno è Wayne, a causa della sua passione per i film Western, mentre il vicino con cui la nonna ha una relazione amorosa è il Tordo. Il Salice leggendo ricorda le cene in giardino, dove a tenere banco erano le gesta giovanili del Tordo e le battute a doppio senso, il tutto accompagnato da pessimo vino, ma emerge anche il difficile rapporto tra sua madre e la nonna, la figura problematica di Diego, il figlio di Wayne, le insicurezze di Marcello verso Sara, la ragazza di cui è innamorato, le incomprensioni tra vicini, culminate con quella futile lite per il serbatoio.
Lagomarsini racconta la famiglia e la provincia in tutte le sue contraddizioni, proprio come appare anche nei racconti del Tordo e della nonna: due facce che sembrano opposte, ma che fanno parte della stessa medaglia.

Vorrei prendere la parola e dire che i mondi che mi raccontano – stessa epoca, stessa piccola cittadina, stessi personaggi – sono tra loro incongrui: una specie di Sodoma il mondo del Tordo (…) . Un mondo arcaico, tradizional-patriarcale quello che si dipinge la nonna (…).

Un’opera prima quella di Lagomarsini, forse in alcuni punti un po’ acerba, che scorre facilmente, dove il tono nostalgico porta con sé fin dall’inizio un senso di amara malinconia. Il passato non è il luogo della felicità e della spensieratezza, ma cela zone buie, dove debolezze e insicurezze che singolarmente sarebbero recuperabili o gestibili, se mescolate e agitate insieme portano a una reazione irreversibile.
Vi consigliamo di approfittare del prezzo scontato offerto dall’editore fino al 29 febbraio (10,00 €, contro i 16,00 € di copertina).

Claudio Lagomarsini è ricercatore di Filologia romanza all’Università di Siena. Oltre a diverse pubblicazioni accademiche, suoi articoli di approfondimento sono usciti per Il Post, minima&moralia, Le parole e le cose. Come narratore, ha pubblicato diversi racconti per Nuovi Argomenti, Colla e retabloid, vincendo un contest organizzato dal Premio Calvino nel 2019. Questo è il suo primo romanzo.

Source: libro inviato dall’editore, che ringraziamo.

:: Violette di marzo di Philip Kerr (Fazi 2020) a cura di Giulietta Iannone

4 febbraio 2020

unnamedDopo tanta attesa sembra sia giunto finalmente il momento di Bernhard “Bernie” Gunther, investigatore nella Germania nazista, personaggio iconico del compianto scrittore scozzese Philip Kerr, morto a soli 62 anni nel 2018.
Fazi dà alle stampe Violette di marzo (March Violets, 1989) primo capitolo della trilogia berlinese di Bernie Gunther, composta inoltre da Il criminale pallido (The Pale Criminal, 1990), e Un requiem tedesco (A German Requiem, 1991).
Il grande successo di questo personaggio portò l’autore a continuare la serie con L’uno dall’altro (The One From the Other, 2006),  A fuoco lento (A Quiet Flame, 2008), Se i morti non risorgono (If The Dead Rise Not, 2009), l’inedito in Italia Field Grey del 2010, La notte di Praga (Prague Fatale, 2011), e gli ancora inediti in Italia A Man Without Breath del 2013, The Lady From Zagreb del 2015, The Other Side of Silence del 2016, Prussian Blue del 2017, Greeks Bearing Gifts del 2018, e l’ultimo, quattordicesimo della serie pubblicato postumo, Metropolis del 2019.
Speriamo che Fazi abbia il coraggio di pubblicare l’intera serie, facendo anche tradurre i romanzi ancora inediti, perché sicuramente merita. I lettori del blog sicuramente ricordano La notte di Praga, allora edito da Piemme, qui recensito ormai nel 2013.
Innanzitutto va fatta una premessa doverosa, per chi non conosce il personaggio e non ha ancora letto nessun romanzo della serie: linguaggio, temi e situazioni sono caratterizzati da una notevole crudezza e durezza che ben rispecchia il periodo storico trattato, e non risparmia quasi nulla all’immaginazione.
Insomma è una detective story storica con tocchi noir capaci di trasmettere tutta la brutalità e la violenza che si respirava in Germania durante il regime hitleriano. Sebbene naturalmente è una ricostruzione romanzata, l’attenzione storica è massima, e personaggi fittizi e realmente esistiti intrecciano i loro destini con una certa dose di naturalezza e autenticità.
Scritta in un periodo in cui la condanna del nazismo aveva ben poche voci discordanti, sicuramente Kerr si sarebbe stupito se fosse ancora vivo delle derive negazioniste di questi ultimi tempi, ci porta a riflettere oltre che su temi di interpretazione storica, anche su dubbi e dilemmi che toccano la nostra società e la natura umana più in generale. Spesso ci domandiamo come nascano le dittature, come la popolazione accetti di vivere adattandosi alla totale perdita della propria libertà e autodeterminazione, leggendo questa serie si ha un quadro molto preciso e realistico di tutto ciò.
Molto amato dai suoi colleghi, Philip Kerr, forse trascende il genere e porta il discorso ben oltre ai normali canoni di letteratura di genere tipicamente di intrattenimento e commerciale. Insomma si respira quel tipo di letteratura capace di essere a servizio di ideali più alti e a una precisa e vera presa di coscienza, se non collettiva, perlomeno individuale.
Leggendo soprattutto la seconda parte del romanzo, quella ambientata a Dachau, mi ha colpito una riflessione singolare che condivido con voi: sicuramente Philip Kerr non ha vissuto direttamente l’esperienza di un campo di concentramento tedesco, né era tedesco lui stesso, ma mi ha trasmesso la sensazione di quanta pietas i veri sopravvissuti abbiano nel raccontare le loro esperienze passate.
Ma torniamo al romanzo, Violette di marzo è ambientato nella Berlino del 1936. L’anno delle Olimpiadi che videro Jesse Owens vincere ben quattro medaglie d’oro sotto gli occhi di Hitler, quasi facendosi beffe delle teorie sulla cosiddetta razza superiore. Bernhard “Bernie” Gunther, reduce di guerra ed ex poliziotto, riciclatosi investigatore privato (Quasi su tutto, tranne i divorzi) specializzato in persone scomparse, viene assunto da Hermann Six, milionario magnate dell’acciaio (uno dei più grossi industriali della Ruhr) perché gli ritrovi una preziosissima collana di diamanti rubata, danno collaterale della morte della figlia Grete e del genero Paul Pfarr, uccisi nel loro letto a colpi di pistola, e poi dati alle fiamme.
Paul Pfarr era una delle cosiddette violette di marzo, termine dispregiativo con cui venivano etichettati coloro che aderirono al partito nazista solo in un secondo tempo, salendo letteralmente sul carro dei vincitori, e Bernie non tarda a scoprire che non era proprio in rapporti idilliaci con il suocero. Sarà l’inizio di un’indagine dura, serrata, imprevedibile soprattutto per il fatto che Hermann Six manco si sognava lontanamente che Bernie, seppure allettato dal gran mucchio di soldi dell’onorario, la prendesse così seriamente, pronto a tutto per scoprire la verità.
Sebbene la detection poliziesca sia il filo conduttore della storia quello che più colpisce è il quadro di insieme, quell’intreccio di corruzione e rassegnazione che ammorba la quasi totalità dei rapporti sociali, in un mondo in cui predominano i toni cupi della brutalità, della crudeltà e della violenza non solo delimitati nel sottobosco della criminalità.
Tutta la società tedesca del periodo sembra inquinata da questi rapporti di forza che danno campo libero ai potenti del periodo di giocare indisturbati le loro partite di potere. La rivalità tra Himmler e Goering non tarderà a stagliarsi sullo sfondo e a dettare i tempi dell’indagine, in cui Bernie si troverà quasi stritolato.
Antieroe di stampo classico, Bernhard “Bernie” Gunther, il cui umorismo amaro e sarcastico combatte la rassegnazione dilagante che si propaga tra gli altri berlinesi, non è esattamente uno stinco di santo: bevitore, donnaiolo, interessato soprattutto al proprio tornaconto e alla propria sopravvivenza, si insinua nelle pieghe della società e pur disprezzandola, si limita a manifestare il suo dissenso verbalmente (anche con un certo coraggio come quando apostrofa Heydrich) ma tuttavia inserito in un contesto di odio e sopraffazione, dove vince il più forte.
Buona lettura.
Traduzione di Patrizia Bernardini.

Philip Kerr, nato nel 1956 a Edimburgo, ha esordito con Violette di marzo, primo capitolo della trilogia berlinese di Bernie Gunther – Violette di marzo (1989), Il criminale pallido (1990) e Un requiem tedesco (1991) –, grazie alla quale ha collezionato una lunga serie di premi e riconoscimenti e viene considerato un maestro del giallo. Oltre alla trilogia è autore di numerosi romanzi di successo. Amato dai giallisti, dai grandi autori letterari, dai divi del cinema, è scomparso precocemente nel 2018. I diritti della trilogia sono stati opzionati da Tom Hanks per una miniserie in coproduzione con HBO.

Source: epub inviato dall’editore. Ringraziamo Livia dell’Ufficio Stampa Fazi.

Gatti di Shifra Horn (Fazi, 2019) a cura di Elena Romanello

5 dicembre 2019

gatti_w564_h858Torna in libreria sempre per Fazi un libro che è una vera e propria bibbia per gattofili, Gatti appunto di Shifra Horn, una delle voci più interessanti comunque della narrativa mediorientale e israeliana.
Come suggerisce il titolo, l’autrice, scrittrice, giornalista e attivista, parla dei suoi gatti, compagni della sua vita vagabonda e interessante, forse un po’ caotica, in quello che è un inno al felino domestico che da millenni vive con gli esseri umani e che iniziò a convivere con noi proprio tra Egitto e Medio Oriente.
I gatti di Shifra Horn sanno donare momenti di puro divertimento e avventura, anche solo in casa: nella vita dell’autrice ci sono Zelda, una micia tricolore, Neko-chan, gatta giapponese senza coda, Sheeshee, l’himalaiano dagli occhi blu,  Zizi, nera come il carbone, e Levana, micia bianca  che adora i documentari in televisione.
Shifra Horn vive con i  gatti da quando era bambina, come per ogni gattofilo o gattofila nel corso degli anni e con i gatti ha diviso la sua vita, anche quando ha cambiato casa, andando da Tel Aviv in Giappone e poi di nuovo a Gerusalemme.
Gatti è un po’ un diario e un po’ un racconto, che racconta di gatti e anche di qualche altro animale, cani, pappagalli, topi, ma i felini sono i protagonisti e gli eroi di un amore senza confine, che resiste a tutto, presenza nella vita dell’autrice e ovviamente di tanti altri e altre che si ritroveranno in queste pagine.
Un libro per gattofili, certo, ma anche un modo originale per raccontare il mondo contemporaneo e le vicende di alcuni Paesi sempre nel mirino della Storia e dell’attualità, un libro per sorridere e pensare, da leggere con magari vicino un bel micio che fa le coccole, come i compagni di vita di Shifra Horn.

Shifra Horn è nata nel 1951 a Tel Aviv da madre sefardita e padre russo e ha trascorso la sua infanzia a Gerusalemme. Dopo aver concluso la Hebrew University laureandosi in Studi biblici e Archeologia, ha proseguito la formazione approfondendo l’ambito della comunicazione di massa. Negli anni universitari è stata funzionario didattico per l’Unione Mondiale degli Studenti Ebrei. In seguito, ha trascorso cinque anni in Giappone come corrispondente dall’Estremo Oriente per il quotidiano «Maariv». Oltre a Gatti, Fazi Editore ha pubblicato La più bella tra le donne (2001), Tamara cammina sull’acqua (2004), Inno alla gioia (2005), Scorpion Dance (2016) e Quattro madri (2018).

Provenienza: libro del recensore.

Evelina di Fanny Burney (Fazi editore, 2019) a cura di Elena Romanello

24 luglio 2019

evelina_w600_h913Virginia Woolf definì Fanny Burney la madre della letteratura inglese e Jane Austen la prese come modello per i suoi libri: basterebbero questi requisiti per aver voglia di scoprire la riproposta Fazi di un classico della narrativa inglese del Settecento, Evelina di Fanny Burney, uscito nel 1778 e subito grande successo per l’ironia e la freschezza, oltre che per essere comunque lo specchio della realtà.
Nel Settecento nacque in Inghilterra la letteratura di consumo come la conosciamo oggi, romanzi che dovevano appassionare e conquistare nuovi pubblici, come quello delle donne e quello dei giovani: Evelina è un antesignano di questo, storia forse della prima eroina adolescente della letteratura, non spregiudicata come Moll Flanders e Fanny Hill, ma non per questo meno interessante.
Evelina è la figlia illegittima di lord Belmont ed è cresciuta in campagna sotto le amorevoli cure del reverendo Villars. A 17 anni viene invitata da alcuni amici a Londra, dove scopre un nuovo mondo, molto stimolante ma anche potenzialmente pericoloso.
Durante un ballo la ragazza conosce lord Orville, uomo affascinante e saggio, e pian piano se ne innamora, mentre deve fare i conti con la scelta del suo padre naturale di riconoscerla.
Evelina dovrà faticare per trovare la felicità, ma soprattutto per trovare il suo posto nel mondo, in quella che è stata definita una delle più interessanti rappresentazioni dell’adolescenza.
Scritto sotto forma di romanzo epistolare e pubblicato per la prima volta in forma anonima per gli ovvi problemi che avevano all’epoca le donne a farsi conoscere, Evelina è un ritratto d’epoca, con una forte ironia che smaschera i pregiudizi e le convenzioni di fine Settecento.
Il tutto è mediato dallo sguardo di Evelina, prima protagonista di una nuova avventura letteraria che metterà le donne e le ragazze al centro delle storie, raccontando tante vicende dal loro punto di vista, in cerca di un posto nel mondo.
Un successo allora e un libro da leggere adesso, per scoprire dunque la prima di tante protagoniste che da oltre due secoli raccontano cosa vuol dire crescere e trovare la propria strada in un mondo non sempre facile.

Provenienza:libro del recensore.

Fanny Burney nacque a King’s Lynn nel 1752, Inghilterra, figlia del musicologo Charles Burney. Terza di sei figli, fu educata in casa e iniziò a scrivere a dieci anni. Si sposò a quarantadue anni con un esiliato francese, da cui ebbe un figlio. Dopo una lunga carriera da scrittrice, visse in Francia per oltre dieci anni, poi si stabilì a Bath, dove morì nel 1840. In tutto scrisse quattro romanzi, otto pièce teatrali, una biografia e venti volumi di diari e lettere. A Evelina seguirono Cecilia nel 1782 (Jane Austen si ispirò alle pagine finali di questo romanzo per il titolo Orgoglio e pregiudizio), Camilla nel 1796 e The Wanderer nel 1814.

:: L’annusatrice di libri di Desy Icardi (Fazi 2019) a cura di Viviana Filippini

2 aprile 2019

annusatrice-di-libri

Clicca sulla cover per l’acquisto

Avete mai pensato di conoscere la trama delle centinaia di migliaia di libri che vi piacerebbe leggere solo annusandone le pagine? È quello che accade ad Adelina, la protagonista di “L’annusatrice di libri”, romanzo d’esordio della torinese Desy Icardi. Adelina ha 14 anni, vive nella Torino di fine anni Cinquanta con zia Amalia, ricca donna che non ama sprechi inutili e che è troppo concentrata su se stessa per rendersi conto quello che vive la nipote. A scuola Adelina non se la passa bene, nel senso che tutto quello che legge e studia non le resta in testa e allora diventa il bersaglio dei compagni e dei professori, padre Kelley compreso. Poi arriverà l’aiuto di Luisella e per la protagonista le cose cominceranno ad andare meglio ma, non sarà tanto l’aiuto della compagna di classe a migliorare i risultati di Adelina. La ragazzina scoprirà di avere una capacità che la rende unica, lei riesce ad apprendere le storie narrate nei libri – meglio se vecchi e antichi- solo annusandone le pagine. Il libro della Icardi è una narrazione fatta di tante storie che si intrecciano, nel senso che accanto all’avventuroso vissuto di Adelina, si sviluppa per flashback, la ricostruzione della vita della zia Amalia, da ragazza semplice arrivata a Torino negli anni Trenta, prima modista, poi innamorata di un musicista per il quale lascerà il lavoro per dedicarsi al varietà nell’attesa di sposarselo. La Storia, il Fascismo e altri ostacoli faranno prendere alla vita di Amalia una piega ben diversa da quella da lei immaginata. C’è la storia di Luisella – l’amica di Adelina- che vive con il papà affascinante ed esperto notaio, sempre impegnato a fare calcoli e a leggere libri antichi per decifrarli. Della mamma si sa poco e nulla, certo è che la donna c’è, ma non si capisce bene cosa le sia successo. C’è la storia narrata in testi di altri tempi di Santa Bibliana nata nel 1200 a Spoleto abile a leggere libri annusandoli. C’è la storia di padre Kelley amico del papà di Luisella, anche lui appassionato di letture antiche e di codici da comprendere. Saranno proprio il prete e il notaio a pensare di sfruttare il dono di Adelina per decifrare il celebre manoscritto Voynich, “il codice più misterioso al mondo”, composto in una lingua misteriosa e mai decifrato. Adelina si mostra come una ragazzina curiosa, tanto che per lei tutti i libri che le mostrano sono fonte di sapere e si lascerà trasportare dalle richieste di padre Kelley e del notaio. La protagonista annuserà libri su libri per imparare storie. Qualcosa però andrà storto e, ad un certo punto, la sete di potere e l’avidità del padre di Luisella rischieranno di mettere a repentaglio la vita di Adelina. “L’annusatrice di libri” è un romanzo nel quale ci sono tanti temi messi in campo: la voglia di conoscere per accrescere il proprio sapere, l’amore vero per la lettura e i libri, lo stimolare al leggere. A questi aspetti positivi si oppongono la smania del possedere per essere ricchi, il pensare solo a sé e non agli altri, lo sfruttare una qualità altrui per dare forma ai propri interessi. Tutti questi elementi caratterizzano la storia de “L’annusatrice di libri” e ne fanno un romanzo avvincente, nel quale sono presenti l’eterna lotta tra bene e male, ma anche il contrasto e conflitto tra innocenza del mondo infantile e malizia cinica di certi adulti con i quali la giovane Adelina dovrà fare i conti. “L’annusatrice di libri” di Desy Icardi è un romanzo dinamico, avvincente e curioso, che punta a stimolare la passione per la lettura e per i libri, perché essi sono un po’ come le persone, devono essere conosciuti amati e rispettati.

Desy Icardi è nata a Torino, città in cui vive e lavora, è formatrice aziendale, attrice e copywriter. Nel 2004 si è laureata al DAMS e dal 2006 lavora come cabarettista con lo pseudonimo di “la Desy”; è inoltre autrice di testi teatrali comici e ha firmato alcune regie. Dal 2013 cura il blog “Patataridens”, espressamente dedicato alla comicità̀ al femminile.

Source: richiesto dal recensore all’ufficio stampa Fazi. Ringraziamo Cristina per la gentilezza e la pazienza.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.