Archive for the ‘Curiosità letterarie’ Category

:: Oleandro bianco (Le avventure del tenente Luigi Bianchi nella Cina misteriosa Vol. 6)

14 febbraio 2023

Un mystery storico nella Cina del primo ‘900

Della stessa serie potete leggere le novelle “Delitto a bordo del Giava in navigazione per la Cina“, “Lo strano caso del missionario scomparso” , “Il mistero della Fenice d’Oro“ e Il mistero del Mandarino calunniato“ e “La strana morte di Mme. Fontaine.

E i racconti brevi: Un gioco di pazienza e Tre mesi in Giappone

Seguito di “La strana morte di Mme.Fontaine” torna il tenente Luigi Bianchi ufficiale piemontese al seguito della Missione Internazionale giunta in Cina per liberare le Legazioni e sedare la Rivolta dei Boxer.
Al centro di questa nuova indagine ci sarà l’avvelenamento e la morte di un’intera famiglia, padre, madre e due bambine tutti morti a un tè all’aperto estivo. Omicidio, doppio suicidio, incidente…
Il tenente Bianchi, ormai di stanza a Huang Tsun, sarà chiamato in tutta fretta a indagare coadiuvato da sua moglie Mei e sarà presente sulla scena del crimine particolarmente inquietante: tutti sembrano dormire il loro ultimo sonno nei loro vaporosi abiti chiari ed estivi. Questo è l’inizio sarà una storia appunto estiva, dopo la tanta neve in “La strana morte di Madame Fontaine“.

Sesta novella di una serie di mystery storici coloniali con ambientazione cinese. Avventura, intrighi, giochi di spie, suspence e delitti su uno sfondo esotico, con un buon e accurato contesto storico che copre l’arco temporale cha va dal 1900 al 1905.

In prenotazione: qui.

Sarà rilasciato sui vostri kindle il 15 agosto 2023.

:: Nicola Lagioia dirige LUCY: la nuova rivista multimediale di cultura, arti e attualità

1 febbraio 2023

Nasce Lucy una rivista digitale multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità in senso più ampio con la direzione editoriale di Nicola Lagioia. Con sede a Milano Lucy sarà disponibile sul sito (lucysullacultura.com), sulle principali piattaforme social (Instagram e Facebook), su Youtube e Spotify.

Sebbene digitale avrà cadenza mensile e numeri monografii, e si ripromette di avere oltre a uno sguardo nazionale anche un respiro prettamente internazionale con contributi di diversi collaboratori italiani e esteri. Retribuiscono ogni forma di collaborazione come le riviste statunitensi, e ritenendo che la cultura debbe rimanere indipendente dopo un periodo di consultazione gratuita proporranno un abbonamento, sia alla rivista che alle loro attività, a costi anticipano ragionevoli.

Una rivista di addetti ai lavori rivolta ad addetti ai lavori? Forse, ma anche un polo in cui accentrare un discorso culturale più ampio e teso all’innovazione.

La voce Collabora con noi, invita a scrivergli e a proporre idee adatte alla rivista.

Il tema del primo monografico di Lucy sarà Quello che non so di te. Tra i molti contributi: Elisabetta Bianchi, Giulia Cavaliere, Mauro D’Alonzo e Andrea Piva, Annie Ernaux, Damon Galgut, Gipi, Telmo Pievani, Domenico Starnone, Giovanna Tinetti, Nadeesha Uyagonda e Serena Vitale

Il direttore Lagioia sarà protagonista di Fare un fuoco, il podcast di Lucy da lui scritto e condotto, che racconta come le storie accendono la nostra immaginazione. Ogni venerdì, a partire dal 3 febbraio, una nuova puntata su Spotify, Spreaker e Apple Podcasts.

Ricaviamo dal comunicato stampa gentilmente inviatomi da Maddalena Cazzaniga Responsabile comunicazione e relazioni esterne che una delle aspirazioni della rivista è creare comunità, un rapporto più diretto con le persone, per cui organizzeranno anche eventi in presenza.

Se vi capita dategli un’occhiata, il racconto dell’Ernaux è disponibile a questo link: https://lucysullacultura.com/le-parole-come-macchie/ schiacciando un tastino potete anche ascoltarlo.

:: A Enrico Pandiani per Fuoco (Rizzoli Nero) il Premio Scerbanenco 2022

4 dicembre 2022

La giuria composta da Cecilia Scerbanenco (presidente), Alessandra Calanchi, Valerio Calzolaio, Luca Crovi, Cecilia Lavopa, Sergio Pent, Alessandra Tedesco, Sebastiano Triulzi e John Vignola

ha deciso all’unanimità di attribuire il

Premio Giorgio Scerbanenco 2022  

a
 
FUOCO (Rizzoli Nero)
di Enrico Pandiani
 
con la seguente motivazione: 

“Perché il suo autore, in questo romanzo dal ritmo hard boiled, conferma la solidità e la varietà dell’impianto narrativo noir evidenziate fin dagli esordi, mettendo al centro di quest’opera un gruppo di antieroi metropolitani impegnati a salvare se stessi e casualmente un po’ anche il mondo”.

:: Marsiglia 1937 di Shanmei

12 novembre 2022

La novella è ambientata nella Francia della fine degli anni ’30, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, in quel periodo molto particolare tra le due guerre mondiali, dove si guardava all’America con invidia e ammirazione, si importava la loro musica, le loro abitudini, e anche la criminalità, molto attiva specie a Marsiglia, “la Chicago francese”.

Le donne erano bellissime e pericolose, gli uomini spietati e violenti, la polizia vigliava sorniona e contava sulla classica spiata per sventare crimini e delitti. Marsiglia con i suoi vicoli, i suoi muri scrostati, il suo porto punto di attracco per ogni genere di contrabbando raccoglieva la criminalità di tutta la costa, molti venivano da fuori, corsi, spagnoli, italiani, portavano avanti traffici illegali sempre più redditizi e senza regole.

I protagonisti della novella si chiamano André e Marie, e vivranno una tormentata storia d’amore, lui proprietario di un ristorante di Marsiglia (covo di ladri e di imprese fuori legge) e lei una sua modesta dipendente che lavora al guardaroba, a dividerli l’ispettore Marchal che ha un conto in sospeso con André, e l’affascinante Jojo, celebre cantante che si esibisce nella sala da ballo adiacente al ristorante. La preparazione di un colpo cambia le carte in tavola per tutti…

In prenotazione: qui.

Sarà rilasciato sui vostri kindle il 9 aprile 2023.

:: Il noir più bello di tutti i tempi

10 novembre 2022

I candidati:

L’ ultimo vero bacio di James di Crumley

Día de los muertos di Kent di Harrington

Tarantola di Thierry di Jonquet

Il bosco morto di James Sallis

La trilogia marsigliese di Jean-Claude Izzo

Aprile è il più crudele dei mesi  di Derek Raymond

Pericle il Nero di Giuseppe Ferrandino

Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto

Nel nome di Ishmael, Giuseppe Genna

Le anime grigie e Il rapporto di Philippe Claudel

Trilogia della città di K di Agota Kristof

Colpo di spugna, di Jim Thompson

Posizione di tiro, J.P. Manchette

La morte non sa leggere, Ruth Rendell

Il treno della notte di Martin Amis

L’abito da sposo, Lemaitre

Venere privata, Scerbanenco

In cerca, di Geoff Dyer

Scompartimento omicidi, di Sebastien Japrisot

Pazza da uccidere, di Manchette

Il burattino di Jim Nisbet

Le strade di Montreal, di Trevanian.

Arrivederci amore ciao di Carlotto

Traditori di tutti di Scerbanenco

Il grande sonno di Chandler

La morte paga doppio di James M. Cain

Non sparate sul pianista di David Goodis

Piombo e sangue di Hammet

Il postino suona sempre due volte di James M. Cain

Frankenstein o il Prometeo moderno di Mary Shelley

La neve era sporca, Simenon

L’uomo che guardava passare i treni, Simenon

I milanesi ammazzano il sabato, Serbanenco

Il ricettatore, Helena

Il bacio della vedova, Helena

La notte alle mie spalle di Giampaolo Simi.

Si vota nei commenti, un voto solo!

:: Monografia Gen. Luigi Paolo Piovano

20 settembre 2022

Chi segue il mio blog sa che da alcuni anni scrivo racconti e novelle libearamente ispirate alla figura del mio bisnonno Luigi Paolo Piovano, storie di pura fantasia sebbene abbia curato il contesto storico, il personaggio si presta a storie di avventura e mistero, e infatti sto coltivando da anni il progetto di scrivere una monografia interamente dedicata al mio bisnonno.

A darmi il diciamo coraggio di fare qualche passo in più nella concretizzazione del progetto è stato il saggio Piemontesi ai confini del mondo di Davide Mana in cui un intero paragrafo è dedicato alla sua figura e alla sua memoria. Venerdì scorso è uscita un’intervista riguardo al libro sul giornale della mia città a Davide Mana che molto cavallerescamente nomina anche me e i miei racconti polizieschi ispirati alla sua figura. Ma parallelamente a questi mia ambizione è dunque scrivere un vero saggio monografico sulla sua figura, dall’infanzia, all’Africa, alla Cina, al Carso durante la Prima Guerra Mondiale.

Fotografo dilettante, coraggioso esploratore, mente curiosa e inquieta, amante dello studio e dei libri oltre che studioso di lingue e dottrine orientali (riscrisse con la sua calligrafia, credo traducendolo dal cinese, Il Libro della Virtú di Lao Tzu) Paolo Luigi Piovano è sicuramente una figura che si presta ad essere approfondita. Per cui mi sono detta scrivi un pitch, allega un po’ di foto e mandale in giro per editori per vedere se a qualcuno interessa il progetto. Progetto che necessiterà di approfondite ricerche magari negli archivi storici dell’Esercito a Roma, e seguendo le tracce che possiedo, alcune lettere, memorabilia e cimeli, intervistando chi l’ha potuto conoscere, e si ricorda ancora di lui. Raccogliendo dati, e ricordi, approfondendo insomma tutto il vissuto e la memoria.

Ecco questo è il progetto se verrà coronato da un libro, magari ricco di fotografie sarete i primi a saperlo.

:: La strana morte di Mme. Fontaine di Shanmei (Le avventure del tenente Bianchi nella Cina misteriosa Vol 5)

18 agosto 2022

Un mystery storico nella Cina del primo ‘900

Della stessa serie potete leggere le novelle “Delitto a bordo del Giava in navigazione per la Cina“, “Lo strano caso del missionario scomparso” , “Il mistero della Fenice d’Oro“ e Il mistero del Mandarino calunniato“.

E i racconti brevi: Un gioco di pazienza e Tre mesi in Giappone

La strana morte di Mme. Fontaine” sarà ambientato nell’alta società della colonia. Tra corse di cavalli, balli, pranzi e tutto quel corollario di lusso e “spreco” che caratterizzava la vita dei pochi privilegiati della comunità internazionale. Eugenie Fontaine è la vera protagonista dell’episodio, vittima di un feroce omicidio che sconvolgerà la comunità di espatriati che ruota tra Pechino e Tientsin. Moglie di un mercante d’arte, figlio di un ricchissimo magnate delle Ferrovie, Eugenie diventerà per Luigi Bianchi un enigma da dipanare ricostruendone la vita, i molti amanti e il carattere ribelle e determinato. Eugenie come un fantasma l’accompagnerà per tutta l’indagine svelandogli i lati più torbidi di una società che ostenta lussi e ricchezze ma nasconde dentro di sè il vuoto.

Poi ci sarà tutto il gruppo “italiano” e il nostro Luigi Bianchi dovrà darsi da fare per non soccombere in un mondo governato da privilegi e egoismi. Chi ha ucciso la bella Eugenie? Sarà stato il marito stanco dell’ennesimo tradimento? O l’ultimo amante interessato solo alle sue ricchezze? Il Colonnello George Spencer padre di Eugenie amico di lunga data di Luigi Bianchi incaricherà proprio lui di fare luce sul mistero e “salvare” l’onore di sua figlia da tutti dipinta come una donna superficiale, frivola e amante dei piaceri. Ma ben presto il tenente Bianchi scoprirà che la donna era tutt’altro che sciocca e vanesia anzi aveva scoperto un segreto oscuro e pericoloso, che aveva poco a che fare con le false piste su cui tutti sembrano volerlo incanalare. E sarà proprio Mei, sua moglie, ad aiutarlo nelle indagini svelandogli una Cina sconosciuta e pericolosa dove tutto sembra essere un gioco di specchi.

Quinta novella di una serie di mystery storici coloniali con ambientazione cinese. Avventura, intrighi, giochi di spie, suspence e delitti su uno sfondo esotico, con un buon e accurato contesto storico che copre l’arco temporale cha va dal 1900 al 1905.

In prenotazione: qui.

Sarà rilasciato sui vostri kindle il 25 dicembre 2022.

:: Il mistero del Mandarino calunniato di Shanmei (Le avventure del tenente Luigi Bianchi nella Cina misteriosa Vol 4)

30 aprile 2022
Clicca sulla cover per l’acquisto

Un mystery storico nella Cina del primo ‘900

Della stessa serie potete leggere le novelle “Delitto a bordo del Giava in navigazione per la Cina“, “Lo strano caso del missionario scomparso” e “Il mistero della Fenice d’Oro“.

E i racconti brevi: Un gioco di pazienza e Tre mesi in Giappone

Pechino è sempre più al centro delle frenetiche trattative di pace che porteranno alla stipula del “Protocollo dei Boxer” trattato ineguale firmato il 7 settembre 1901 dall’impero Qing e dall’Alleanza delle otto nazioni (Francia, Germania, Giappone, Impero austroungarico, Regno d’Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) più Belgio, Paesi Bassi e Spagna in seguito alla sconfitta cinese nella rivolta dei Boxer. E il tenente Bianchi ormai felicemente sposato con la bella Mei si troverà ad indagare su un nuovo caso che infiamma l’estate pechinese: scoprire se davvero il Mandarino Ch’en Kang-sheng è colpevole dell’omicidio di un importante funzionario dell’ambasciata russa. Il tenente Bianchi però lo crede innocente per cui si impegna con tutte le sue forze per scagionarlo. Riuscirà nell’impresa? e a che prezzo? E soprattutto che legami aveva la vittima con la principessa Tretyakov, che sembra farsi viva sempre nei momenti meno opportuni? Tra colpi di scena e intrighi segreti dietro le trattative al tenente Bianchi toccherà farsi largo tra militari e dignitari di varie nazionalità. Tra ricevimenti in ambasciata e partite di tennis scoprirete un mondo scomparso ma mai così vivo. E imparerete a conoscere la Cina dei primi del ‘900 con gli occhi di un occidentale che la vede per la prima volta. (Nella foto copertina il vero dignitario cinese a cui il mio bisnonno Luigi Paolo Piovano, a cui è ispirata la storia, salvò la vita).

Quarta novella di una serie di mystery storici coloniali con ambientazione cinese. Avventura, amore, intrighi, giochi di spie, suspence e delitti su uno sfondo esotico, con un buon e accurato contesto storico che copre l’arco temporale cha va dal 1900 al 1905.

Data di pubblicazione 23 agosto 2022, a 4,99 Euro la versione digitale e 9,99 Euro la versione cartacea.

:: La Straniera di Shanmei – una storia romantica e avventurosa nella Russia di primo Ottocento

15 aprile 2022

Russia, primi dell’Ottocento. Eva Kowalska, nobile contessa polacca, sebbene da alcuni anni sia giunta a San Pietroburgo e abbia sposato il principe russo Dubreskj, è da tutta l’alta società ancora conosciuta come la Straniera, epiteto che l’accompagna ovunque non essendo ancora stata accettata né dalla famiglia del marito e né dai loro amici. La sua solitudine peggiora quando il marito, avendo partecipato ai moti decabristi del dicembre 1825, viene mandato ai lavori forzati in Siberia. Per ottenere dallo Zar la grazia la coraggiosa principessa Dubreskaja è pronta a tutto, fino a chiedere l’aiuto al temuto capo della Terza Sezione della Cancelleria Imperiale, la terribile e oscura polizia politica fondata tre secoli prima da Ivan il terribile con il compito di scovare, sventare e soffocare i reati politici. Ma il destino ha in serbo una dura prova per la bellissima Eva: riuscirà a rimanere fedele all’amato marito e soprattutto a salvarlo, o cadrà nelle spire dell’affascinante e tenebroso Andrej Volkov capo della Terza Sezione della Cancelleria Imperiale?

Una storia romantica e avventurosa nella Russia di primo Ottocento.

Prologo:

Nel dicembre del 1825 a San Pietroburgo un gruppo di aristocratici e di ufficiali della guardia imperiale tentò di imporre, in un impero retto ancora da un regime feudale come la Grande Madre Russia, una costituzione liberale. Riunitisi nella piazza del Senato i decabristi vennero decimati dai cannoni del futuro zar Nicola I°.

Fu una strage senza precedenti; ai pochi sopravvissuti non toccò una sorte migliore. Vennero gettati feriti, e sanguinanti nelle buie e terribili celle della fortezza di San Pietro e Paolo per poi essere per la maggior parte giustiziati o deportati in Siberia. Per quest’ultimi si profilò un unico miraggio di salvezza: la grazia imperiale dello Zar, ma ben pochi la ottennero.

Conseguenza principale di questa rivolta fu la convinzione che si rafforzò nello Zar che per tutelare la sua sicurezza fosse necessario ripristinare la terribile e oscura polizia politica fondata tre secoli prima da Ivan il terribile con il compito di scovare, sventare e soffocare i reati politici.

Il compito fu assunto dalla Terza Sezione della Cancelleria Imperiale la quale, al di fuori e al di sopra della legge, nei confronti dei crimini politici aveva infatti assoluta libertà di movimento, doveva tutelare la sicurezza dello Stato, avendo a disposizione una vasta rete di informatori e parecchie migliaia di uomini che indossavano una tunica blu e dei guanti bianchi.

Le carceri e le camere di tortura tornarono ad essere una minaccia costante per ogni genere di persona: bastava infatti che si osasse fare dell’ironia contro lo Zar, per venire subito imprigionati. La Terza Sezione si distinse dalle precedenti per agire costantemente nell’ombra e nella segretezza. La gente spariva nella notte prelevata dalle loro abitazioni e poi veniva ritrovata sui cigli delle strade anche mesi dopo. Capo della sezione fu il generale Pavel Karaghin ma chi sorvegliava l’operato della Terza Sezione e riferiva direttamente allo Zar era un uomo che tutti in Russia avevano imparato a temere e odiare tanto da non avere nemmeno il coraggio di pronunciarne il nome.

:: Mi manca il Novecento – Ulisse, il libro della storia umana – a cura di Nicola Vacca

4 febbraio 2022

James Joyce incominciò a pensare il suo Ulisse nel 1914. All’inizio venne concepito come una novella da aggiungere alle quattordici di Gente di Dublino. Poi lo scrittore irlandese si lasciò prendere la mano dal suo genio e nel 1922 fu pubblicato in Francia il più straordinario e impossibile romanzo della storia della letteratura.

Ulisse vide la luce grazie a Sylvia Beach, che fondò a Parigi la mitica e storica libreriaShakespeare and Company.

Sylvia Beach aveva una grande venerazione per lo scrittore irlandese e decise di pubblicare Ulisse. Senza di lei l’Europa e il mondo non avrebbero mai conosciuto il libro di Joyce, considerato il capolavoro di tutti i tempi.

Molte furono le difficoltà e le vicissitudini a cui andò incontro per aver deciso di pubblicare il libro del grande scrittore irlandese.

Sylvia diventò, in un certo senso, la curatrice degli interessi editoriali e dell’immagine di Joyce e del suo carattere spigoloso e difficile. «Quando curavo gli interessi di Joyce mi dimostravo avidissima, e mi ero fatta la fama di un’affarista sprecata». Queste sono le parole di Sylvia, che tramite la Shakespeare and Company aveva la facoltà di trattare tutti gli affari di Joyce, ma non ne ricavava nessun utile.

Lei aveva con Joyce un rapporto unico. Sylvia lo venerava e lo considerava un grandissimo scrittore. Questo è il motivo per cui decise di pubblicare Ulisse. A cento anni dalla sua pubblicazione noi dobbiamo ringraziarla perché senza di lei non lo avremmo mai letto e conosciuto.

In una Dublino infognata dalla morale cattolica, Joyce ambienta il suo romanzo. Lo scrittore non sopporta la vita statica dei suoi abitanti che non vivono in maniera autentica, oppressi dalla religione e dai rigurgiti del nazionalismo.

Lo scrittore è indignato da tutto ciò. Questa posizione gli costerà l’esilio. Si è parlato di Leopold Bloom come di un eroe che sbaglia e incapace di instaurare rapporti umani.

Attraverso il flusso di coscienza di Bloom Joyce nel suo romanzo epico abbraccia tutto l’uomo. Il suo romanzo impossibile e straordinario si inserisce in un’inattualità senza tempo e in un certo senso può considerarsi un abisso in cui i lettori si perdono per non ritrovarsi più.

Dalla lettura dell’Ulisse di Joyce si esce tramortiti e allucinati. Si entra in un labirinto e ci si perde senza pietà. Questa è una sensazione forte che vale la pena provare senza avere la pretesa di capire tutto.

Gianni Celati, autore di una traduzione recente del romanzo di Joyce, sostiene che la lettura di questo libro vada liberata dall’obbligo di capire tutto, il che è un obbligo difficile da assolvere, almeno nella nostra prospettiva di lettori comuni, alle prese con la difficoltà della scrittura di Joyce.

Scrive Celati nella sua prefazione: «Difficili capitoli, sempre più stravolti. Ma credo che tutte le difficoltà si superino, a patto di non avere fretta e di accogliere con simpatia il disordine delle parole. Per questo non è importante capire tutto: è più importante sentire una tonalità musicale o canterina, che diventa più riconoscibile quando sembra di piombare in un flusso disordinato di parole. Ulisse è un libro in cui la musicalità è l’aspetto decisivo per tutti i rilanci, deviazioni, sorprese, iterazioni, monologhi».

L’idea della lettura liberata proposta da Celati è il modo migliore per affrontare Joyce e trovarsi corpo a corpo con il suo romanzo.

A Carmelo Bene l’Ulisse di Joyce ha cambiato la vita: pochi scrittori sono riusciti a passare da un “pensiero dell’immediato “a un “immediato pensiero”. Per Bene Ulisse è il libro della storia umana.

:: SOLARIS, UN PIANETA DAI TRE VOLTI – Gli adattamenti cinematografici del più famoso romanzo di Stanislaw Lem a cura di Michele Tetro

12 novembre 2021

Il primissimo adattamento del romanzo di Stanislaw Lem Solaris si ebbe nel 1968, l’anno di uscita di 2001: odissea nello spazio, a firma dei registi Boris Nirenburg e Lydya Ishimbayeva, un film per la televisione in due parti realizzato dalla Central Television Production sovietica, in bianco e nero. Questa versione è del tutto fedelissima al libro originale (quindi rimandiamo al capitolo 6 per la trama), non offre varianti alla materia trattata né rilevanti cambiamenti di trama. E’ Solaris esattamente come concepito da Lem, che si mostrò poco convinto, quando non addirittura polemico, sia della versione successiva di Tarkovskij sia di quella americana. La messa in scena è di tipo teatrale, con totale mancanza di effetti speciali, virtuosismi scenografici, decorazioni tecnologiche o futuristiche. Gli ambienti della stazione orbitante sull’oceano pensante di Solaris sembrano le quinte di un moderno teatro, con corridoi curvilinei immersi nell’ombra, stanze che ricordano le camere di alberghi d’infima categoria, scale di metallo su alte e vuote pareti. L’unica concessione alla tecnologia è data da una postazione di controllo sull’astronave Prometheus con due tecnici, simile a un’antiquata redazione televisiva, un quadro di comando presso l’hangar di ricezione, due televisori a circuito chiuso visibili durante gli incontri video dei tre scienziati, qualche apparato di scena non meglio identificabile. I costumi sono anonimi, lo scafandro di Kelvin assomiglia a tutto tranne che una tuta spaziale, il casco più simile a un collare ortopedico d’ospedale. Il massimo della spettacolarità è dato da immagini di repertorio di pochi secondi, con missili e capsule spaziali americane sgranate in video degli anni Sessanta, che ricostruiscono l’invio di Kelvin dalla Prometheus alla stazione e la liberazione dalla prima copia di Harey. Come nei remakes seguenti, anche qui (data l’impossibilità produttiva di ottenere determinati effetti) sono assolutamente mancanti le colossali “creazioni” plastiche sulla superficie di Solaris, che rappresentavano la parte più visionaria del romanzo, e il pianeta stesso risulta sempre fuori scena, anche se la sua “azione” immobile si percepisce costantemente (basta un’occhiata sbigottita di Kelvin verso una delle finestre sempre semi-chiuse della stazione, particolare ripreso poi nel successivo film di Tarkovskij, che invece ci concede diversi campi lunghi sul fluido oceano colloidale).

Le riprese sono incentrate prevalentemente sui primi piani degli attori, tutti calati nei loro ruoli e credibili, la storia è raccontata più a parole che a immagini, come nella miglior tradizione teatrale. Tutt’altro che noiosa, la produzione coinvolge e tiene desta l’attenzione dello spettatore, assorbito profondamente in questo dramma scientifico dalle implicazioni sconvolgenti.

Le cose cambiano invece nella versione del regista Andrej Tarkovskij del 1972, che per altro ottenne gran riscontro di critica e pubblico nel mondo occidentale. Pur rispettando ed evidenziando i punti cardine del romanzo di Lem (soprattutto il tema del contatto con l’entità aliena di Solaris), mantenendosi perciò fedele al testo scritto nelle parti estrapolate da esso per l’adattamento, il cineasta russo siringa in apertura, svolgimento e finale della pellicola elementi profondamente peculiari del proprio spirito e del tutto assenti in Lem. Facendo ovviamente riferimento alla pellicola originale sottotitolata e non allo scempio vergognoso che il film subì nel doppiaggio e nella riduzione italiana (in cui addirittura nel personaggio di Kris Kelvin si fondono due atteggiamenti del tutto contrastanti tra loro, il suo e quello dell’astronauta Berton, figura completamente eliminata dal film con un incomprensibile taglio di montaggio), Tarkovskij rende perno centrale della vicenda il problema del mancato equilibrio, nell’animo umano, tra la linea di sviluppo materiale esterna (il progresso, la tecnologia, la scienza) e quella spirituale interna (la coscienza, l’etica e la morale), con la seconda non in grado di bilanciarsi con la prima, poiché ancora “immatura” e quindi pericolosamente incline a innescare la crisi esistenziale.

Nell’inizio ambientato sulla Terra (mancante nel romanzo e pesantemente tagliato nella versione italiana del film) Kelvin, che pure è sensibile, come ogni anima russa, all’abbandono della propria patria per il viaggio di 16 mesi su Solaris e cerca un’ultima e intima comunione con la natura attorno alla dacia paterna, è però del tutto refrattario ad ascoltare i consigli di un ex astronauta che ha vissuto un’esperienza terribile sull’oceano pensante e si prodiga per avvisarlo di non intraprendere azioni distruttive nei confronti dell’ignoto, solo perché tale al cospetto umano. Kelvin sconterà amaramente la sua leggerezza, dovendo affrontare il penoso e doloroso rimosso della sua coscienza (la moglie suicida) incarnato dall’oceano, così come i suoi dogmatici e razionali colleghi scienziati, di classe tecnocratica, propensi ad attaccare ciò che non comprendono (la diversa intelligenza del pianeta), devono fronteggiare la loro statura morale quantificatasi in ospiti mostruosi, ripugnanti e insopportabili, il riflesso del loro volto interiore, reso reale dal magma oceanico. E solo la vergogna, qui sentimento nobile, è la chiave della salvezza per l’uomo, la pulsione che gli consente di uscire da un punto morto, prendendo coscienza dell’imperfezione del proprio apparato cognitivo, del non sapere ancora nulla di se stessi. Tarkovskij, lirico e malinconicamente elegiaco, evita intenzionalmente ogni lusinga tecnologica tipica dei film di fantascienza spaziale americani (la risposta sovietica a 2001: odissea nello spazio pubblicizzata dai cartelloni cinematografici è tale solo se considerata antipodicamente), riducendo al minimo l’impatto scenografico della sua pellicola (ed eliminando virtualmente ogni effetto speciale): la stazione orbitale è piena di oggetti del tutto inammissibili in un contesto del genere e di forte valenza simbolica (statue greche classiche, busti di Platone e di Beethoven, icone religiose russe, dipinti di Brueghel il Vecchio, fotografie di cavalli, corni da caccia ottocenteschi, vetrate policrome di una chiesa, immagini di cavalli, servizi da te in ceramica, candelabri e lampadari di cristallo), che rimandano prepotentemente alla Terra, all’anima contadina russa (Kelvin si porta con sé in volo una scatoletta di alluminio con una piantina della sua dacia), al legame col passato, la memoria, gli affetti familiari. Il regista sembra rispecchiare una sorta di adesione ai precetti del Cosmismo russo (le apparizioni della moglie defunta di Kelvin in qualche modo alludono alla resurrezione degli antenati defunti della fase fedoroviana cosmista, una promessa d’immortalità, l’integrità morale che si dovrebbe coltivare adeguatamente per assorbire il gap tecnologico-coscienziale era conditio sine qua non per l’emigrazione cosmica della perfezionata razza umana prevista da Fedorov e Ciolkovskij).

Praticamente, pur a fronte della forte spinta verso la conquista dello spazio, l’uomo sembra incapace di lasciare indietro la Terra e tende a portarsela con sé. Parafrasando il suo omologo letterario, il malinconico personaggio di Snaut del film, figura molto umana, esclama:

In questa situazione la mediocrità e il genio sono ugualmente inutili! Noi non vogliamo affatto conquistare il cosmo. Noi vogliamo allargare la terra alle sue dimensioni. Non abbiamo bisogno di altri mondi: abbiamo bisogno di uno specchio. Ci affanniamo per ottenere un contatto e non lo troveremo mai. Ci troviamo nella sciocca posizione di chi anela una meta di cui ha paura e di cui non ha bisogno. L’uomo ha bisogno solo dell’uomo!”

La figura del padre, che intuisce le problematiche che dovrà affrontare Kelvin nello spazio, conscio della sua “impreparazione” morale, rimanda a un trascorso tarkovskiano che non avrebbe modo di essere nel testo di Lem, la sua è un’odissea nella coscienza più che nello spazio, che attraverso il pianeta Solaris si pone come “territorio proibito” all’uomo. Se Lem è del tutto pessimista sulla possibilità di un reale contatto con l’oceano, Tarkowskij crede invece nei miracoli e conclude il film in modo splendidamente ambiguo: Kelvin, figliol prodigo dell’era spaziale, torna alla dacia del padre, che lo abbraccia riaccogliendolo nell’alveo del solo universo alla sua portata, quello del trascorso esistenziale, ma il piccolo villino è in realtà posto su un’isola circondata dall’immenso oceano di Solaris. Forse l’imperscrutabile entità aliena ha saputo leggere nella mente dell’uomo, individuando il più riposto dei suoi desideri, più forte del senso di colpa relativo al rimorso per la perdita della moglie, e cioè la sua struggente ansia del ritorno alla terra rimpianta, ai veri valori della vita? O forse si tratta solo di un’immagine simbolica di quanto piccola sia l’isoletta di placida ignoranza in cui è confinato il genere umano, circondata dai mari dell’infinito, dalla quale non è previsto che ci possa allontanare troppo, come rimarcato da Lovecraft in un celebre incipit del racconto Il richiamo di Cthulhu? Ad ogni modo, l’approccio del regista al romanzo di Lem, con la messa a fuoco sul problema morale e le leggi del progredire della ragione umana, impreziosisce un dramma scientifico di nuove valenze, creando le premesse di ulteriori riflessioni e approfondimenti.

Il terzo adattamento di Solaris, realizzato nel 2002 da Steven Soderbergh, sceglie un via del tutto differente: non è più il tema del contatto al cuore del film, né tantomeno la riflessione coscienziale tarkovskiana, bensì l’approfondimento del rapporto di coppia tra i due protagonisti, il recupero del loro passato traumatico in virtù della “seconda occasione” offerta per riparare gli errori commessi, la redenzione dei peccati da parte di un’entità superiore, che però concede tale dono non ai veri Kris e Rheyna, bensì alle loro repliche, che sopravvivono a entrambi (questa è la novità concettuale del rifacimento, gli “ospiti” sono così umani da volersi sostituire ai loro originali). In realtà il pianeta Solaris è del tutto marginale al film, una presenza tenuta sullo sfondo, non indagata, e l’intera l’attenzione è rivolta alla vicenda emotiva che s’instaura tra marito e moglie, al punto da indurre Stanislaw Lem a rimarcare: “Ci sarà stato un motivo per cui ho intitolato il libro Solaris e non Love Story!” Obiettivamente, la pellicola, che pure offre alcune sequenze spaziali degne di nota e un’intrigante colonna sonora, non sfugge a quella tipica monotonia di un film americano che cerca di scimmiottare stilemi europei, risultando il più delle volte irrisolto, se non addirittura irritante.

Tratto dal volume “Spazio – Il vuoto davanti”, di Michele Tetro, Odoya 2021, per gentile concessione dell’autore.

:: Maria Antonietta e il conte svedese von Fersen, tra l’amore e la Ragion di Stato, il carteggio (censurato) finalmente disvelato

3 ottobre 2021

Uscirà a fine ottobre in Francia un libro destinato a far scorrerere fiumi e fiumi di inchiostro: il carteggio finalmente in chiaro tra la regina Maria Antonietta e il suo devoto conte svedese von Fersen. Un amore che sembra destinato se vogliamo a cambiare anche il giudizio storico sui due persoanggi in questione e sul periodo. Ricco insomma di implicazioni anche politiche e diplomatiche. Che i due si amassero, già si sapeva almeno a livello ufficioso, nonostante i due amanti avessero fatto di tutto per tenerlo nascosto. Maria Antonietta aveva distrutto le lettere ricevute da Fersen, mentre Fersen, (per motivi che esulavano dal valore puramente sentimentale) le aveva conservate, censurando solo i passaggi più spiccatamente compromettenti, per il bene della Regina, per salvarne da vero gentiluomo la sua reputazione. Gli eredi di Fersen hanno infine consegnato queste preziose missive alla Francia e alcuni ricercatori della Sorbona, hanno fatto il miracolo: hanno fatto emergere cosa il conte svedese aveva prudentemente cancellato con scarabocchi e sbarrature.

Così ora sappiamo con prove documentate quanto fu vivace e appassionato il legame tra i due, che durò anche nel tempo. Sappiamo di quanto cercò di salvarla cercando di convincerla a lasciare la Francia più volte. Naturalmente sappiamo come finì entrambi trovarono la morte tragicamente ma questo carteggio può senz’altro fare luce su un periodo storico di cui ancora si discute. Sempre che non spuntino altre lettere e altre rivelazioni. Insomma il lavoro degli storici non si ferma mai. Ed è appassionante proprio per questo.