Archive for the ‘Incontri’ Category

:: Libri fantasy: nel 2024 le vendite crescono del 27,1%

7 dicembre 2024

Una notizia confortante ci giunge, forse inaspettata, da Più libri più liberi, Fiera nazionale della piccola e media editoria, sembra, e lo dicono i dati, che il genere fantasy (la classificazione è quella utilizzata da NielsenIQ-GfK che raggruppa fantasy e fantascienza in un’unica categoria) sia in controtendenza e registri una crescita del ben 27,1% a valore raggiungendo i 17,666 milioni di euro, del 26% a copie superando il milione di libri venduti (1.060.000). Dunque il fantasy è un genere emergente nel mercato italiano e registra un incremento di vendite e non di poco. I dati sono stati presentati a Più libri più liberi durante l’incontro del programma professionale Libri fantasy e dove trovarli. Fenomeno che si è enunciato, durante l’incontro, è sicuramente l’ibridazione, ovvero la nascita di sottogeneri che uniscono per esempio il romance e il fantasy, allargando non di poco il parco lettori. A cui si potrà aggiungere il sottogenere che unisce il fantasy e il giallo, perchè no? Nella top 10 dei titoli più venduti secondo la classificazione di NielsenIQ-GfK, troviamo al primo e al secondo posto due volumi della saga di Rebecca Yarros edita in Italia da Sperling & Kupfer, Iron Flame al primo posto e Fourth Wing al secondo. Powerless. Potere e inganno, di L. Roberts (Newton Compton) al terzo posto, al quarto Il problema dei tre corpi, di C. Liu (Mondadori). Dal quinto al nono posto troviamo cinque classici della fantascienza e del fantasy: Fahrenheit 451, di R. Bradbury (Mondadori), La strada, di C. McCarthy (Einaudi), Dune volume 1 di F. Herbert (Fanucci), Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato di J. R. R. Tolkien (Bompiani), Dune volume 2 (Fanucci). Chiude la classifica Half a soul. Metà di un’anima di O. Atwater, (Rizzoli).​ Nessun autore italiano tra i primi 10, ricollegandoci all’articolo di qualche giorno fa, ma nonostante questo è una gran bella notizia che fa ben sperare per il futuro. La fantascienza, e il fantasy, stanno bene, e vi salutano tutti!

:: Torna “scrittorincittà” 2024

8 novembre 2024
Illustrazione di Gek Tessaro per scrittorincittà 2024

Dal 13 al 17 novembre si terrà a Cuneo il festival letterario “scrittorincittà“, giunto ormai alla XXVI edizione. Tema di quest’anno le stelle.

Tra gli ospiti: Amedeo Balbi, Matteo Caccia, Mario Calabresi, Red Canzian, Gianrico Carofiglio, Giuseppe Catozzella, Filippo Ceccarelli, Roy Chen, Jonathan Coe, Diego De Silva, Piero Dorfles, Dario Fabbri, Adrian Fartade, Siegmund Ginzberg, Caspar Henderson, Laura Imai Messina, Nicola Lagioia, Piergiorgio Odifreddi, Valeria Parrella, Telmo Pievani, Simon & the Stars, Andrew Spannaus, Craig Thompson.

Mercoledì 13 novembre alle ore 17.30, al Centro Incontri della Provincia – Sala Blu, Nicola Lagioia inaugurerà la manifestazione con l’incontro Presto saprò chi sono. Una lezione sull’arte di raccontare storie attraverso la letteratura.

Scrittorincittà ha infatti come primo obiettivo quello di promuovere la lettura per tutti, dagli adulti ai ragazzi e ai bambini. Per questo è tra i festival in Italia che dedica maggior spazio agli appuntamenti per le e i più giovani, con un ricchissimo programma per le scuole, da quelle per l’infanzia alle superiori, che anche quest’anno non mancherà.

Scrittorincittà è un’iniziativa del Comune di Cuneo, in collaborazione con la Provincia di Cuneo e la Regione Piemonte, ed è organizzato dall’Assessorato per la Cultura del Comune di Cuneo e dalla Biblioteca civica.

Il programma è a cura di Stefania Chiavero, Matteo Corradini, Raffaele Riba, Giorgio Scianna, Andrea Valente.

Il programma completo è disponibile sul sito: www.scrittorincitta.it 

:: Un’intervista con Marina Sorina, scrittrice, traduttrice e attivista a cura di Giulietta Iannone

2 Maggio 2024

Marina Sorina è nata a Kharkiv in Ucraina e dal 1995 vive in Italia, a Verona. Autrice di due libri di narrativa, lavora come guida turistica e si occupa di traduzioni letterarie dall’ucraino e di attività di volontariato. Attualmente è impegnata nella campagna elettorale con la lista “Stati Uniti d’Europa”.

Benvenuta Marina su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Sei nata a Kharkiv in Ucraina ma da molti anni vivi a Verona. Sei una traduttrice e una scrittrice, hai pubblicato articoli e racconti per riviste letterarie, ti occupi di libri e di cultura.

    Inizierei con il chiederti di parlarci di te, dei tuoi studi, del tuo amore per i libri.

    Grazie per l’invito!

    Sono cresciuta in una famiglia dove il libro era il valore più grande, come d’altronde è tipico per le famiglie ebraiche in Ucraina. Tutti attorno a me leggevano, a volte anche durante la cena, mentre mangiavamo. Entrambe le mie nonne erano insegnanti di lingua, e mia madre traduceva: per cui era logico che anche io mi interessassi di letteratura fin da piccola. Negli ultimi anni di scuola ho anche frequentato un circolo letterario per ragazzi, che mi ha aiutato ad affinare le mie abilità di scrittura e analisi e a trovare amici. Ho studiato tre anni all’Università magistrale di Kharkiv, ma poi ho deciso di emigrare. Questa decisone ha provocato qualche anno di pausa negli studi, perché dovevo imparare la nuova lingua. Quando ho rafforzato abbastanza la mia padronanza dell’italiano, mi sono iscritta all’Università di Verona, dove ho conseguito la laurea quinquennale, e poi il dottorato di ricerca.

    La creatività invece non si è fermata: dopo l’emigrazione avevo continuato a scrivere racconti in russo. In quel periodo la scrittura mi aiutava ad elaborare la nuova realtà in cui mi sono trovata. Una decina di anni dopo, sono passata all’italiano e nel 2006 ho pubblicato il mio primo romanzo, mentre lavoravo alla mia tesi di dottorato. C’è stata poi una lunga pausa in cui accumulavo racconti, editi e inediti, che sono confluiti nell’ultima raccolta, “Storie dal pianeta Veronetta”, uscita nel 2018.

    La letteratura, i libri sono canali privilegiati, veicoli solidali di pace che difendono l’identità di un popolo, la sua essenza, il suo spirito.

      In che misura la poesia, e la letteratura sta consentendo al tuo popolo di resistere dopo questi due anni di guerra dopo l’invasione russa?

      Dovrei precisare che la guerra in realtà è iniziata nel 2014, anche se nel 2022 abbiamo visto l’invasione su ampia scala e l’avanzamento massiccio dell’esercito russo sul territorio ucraino. In questa situazione disastrosa, vissuta in prima persona dai nostri parenti e amici in Ucraina, la letteratura, in fattispecie la poesia, sono diventati una sorta di valvola di sfogo per le emozioni ed esperienze violente che la gente si è trovata ad affrontare.

      Al novero dei poeti si sono aggiunte tante persone che scrivevano prosa, o che non hanno mai scritto nulla in vita loro: essere catapultati in questa nuova realtà ha dato una spinta alla loro creatività. Numerose voci, famose e meno famose, si sono intrecciate nel narrare quanto accaduto. Grazie ai social, un poeta che si trova in trincea o in un centro profughi può pubblicare ed essere immediatamente letto da migliaia di lettori, senza il tramite di carta stampata. Questa poesia istantanea aiuta ad elaborare il lutto, testimoniare lo stato d’animo attuale e conservare questa impronta della realtà per i posteri.

      Poi, col passar dei mesi, arrivano anche le antologie collettive e i volumi di singoli autori, tanto più preziosi quanto fragile è la vita di ciascuno di loro. Infatti, la lista delle personalità del mondo d’arte e della letteratura uccisi è molto lunga, ed include nomi luminosi, che avrebbero potuto brillare per lunghi anni, grazie al loro talento, ma sono stati spenti dalla crudeltà dell’esercito russo. Per citarne solo due, Viktoria Amelina e Maksym Kryvtsov: quando traducevo le loro poesie, pensavo di avere tutta una vita d’avanti per proporre a loro un giorno di pubblicare in Italia una raccolta. Invece Viktoria è stata uccisa dalla scheggia di un missile russo a Kramatorsk, a fine giugno 2023, e Maksym invece è stato ucciso sul fronte il 7 gennaio 2024, il giorno dopo l’uscita della sua prima raccolta di poesie. Loro non ci sono più, ed è un vuoto difficile da colmare. Però le loro parole vivono ancora sulle pagine dei libri.

      Come organizzi il tuo lavoro di traduttrice? Programmi una scaletta, dividi il testo rientrando immagino entro una data di consegna concordata?

        No, nel mio caso purtroppo funziona al contrario: trovo un testo che mi ispira, mi metto in contatto con l’autore, e se è d’accordo, comincio a tradurre, dopo di che cerchiamo l’editore adatto. Ho realizzato così due libri, ho qualche progetto pronto “in cassetto”, uno “in cantiere” e mi affido soprattutto al FB per pubblicare e far sentire la mia voce.

        In parallelo, altre traduttrici stanno lavorando alla grande per riempire lo “scaffale ucraino”, troppo a lungo schiacciato dalla presenza ingombrante della letteratura russa. In Italia, i classici ucraini non venivano tradotti se non in rare edizioni limitate, e ora invece abbiamo ben due traduzioni di “Il canto della foresta” di Lesia Ukrainka, per non parlare di numerosi libri di letteratura contemporanea.

        Hai tradotto un libro di poesie dal titolo Lettere non spedite di Oksana Stomina. Ce ne vuoi parlare?

          Anche se le poesie sono state scritte in Ucraina, il libro come progetto editoriale è nato in Italia. A novembre del 2022 Oksana Stomina, insieme a Iya Kyva e Natalia Belchenko era venuta in Italia per un tour poetico, grazie a Pina Piccolo, poeta e traduttrice. Durante il reading a Verona c’è stato un felice incontro fra la poetessa e Andrea Garbin, curatore della collana Le zanzare, pubblicata dalla casa editrice Ghilgamesh. Garbin stava giusto cercando un nuovo autore per continuare la serie dei volumi, dedicati alla poesia impegnata scritta dai poeti che partecipano in prima persona alla vita sociale del proprio paese. Oksana Stomina era la candidata perfetta. Oriunda di Mariupol, aveva una lunga carriera poetica alle spalle, ma con l’invasione nella primavera del 2022 ha perso tutto: casa, amici, marito, rimasto a difendere l’acciaieria Azovstal e poi preso prigioniero dai russi. Costretta alla fuga, Oksana ha dovuto rifugiarsi a Kyiv, e tutta questa esperienza è confluita su due binari: un diario in prosa, che sto traducendo attualmente, e le liriche, in cui esprimeva dei sentimenti contrastanti: dolore e speranza, sdegno e amore, attaccamento alla città natia e disorientamento provocato dalla necessità di andarsene.

          Le sue poesie sono liriche, ma insieme molto concrete. Descrivono la situazione del momento, con dei particolari facilmente decifrabili. Ad esempio, descrive le sensazioni di chi esce la mattina presto dal rifugio sotto terra e vede un enorme buco nel palazzo fino a ieri intero. Oppure, condivide con noi la visione della città amatissima avvolta dal fumo nero. Grazie al talento di Stomina, queste liriche assumono un valore universale, in cui può riconoscersi anche chi ha semplicemente vissuto il distacco dai luoghi d’infanzia o dalle persone care.

          E poi c’è il tema di amore che vince ogni ostacolo, o almeno ci prova. Piacciono molto alle lettrici, anche alle più giovani. Infatti, abbiamo potuto testare le diverse poesie di “Lettere non spedite” durante i nostri due tour promozionali, il primo nell’autunno del 2023 e il secondo nella primavera del 2024, per un totale di 29 incontri. Siamo state ospiti nelle zone geografiche distanti, e negli ambienti diversi. Ambasciate, biblioteche, associazioni ucraine, circoli letterari: in ogni ambito i lettori erano colpiti dalla testimonianza di Oksana e dalla forza del suo spirito.

          Hai anche tradotto un testo in prosa Le mie donne di Yulia Iliukha. In che misura le donne stanno portando avanti la loro resistenza spirituale e culturale?

            Infatti, anche il secondo libro che ho tradotto dall’ucraino ha questa particolarità: è scritto da una donna in apparenza fragile ma molto forte di carattere. Yulia Iliucha è di Kharkiv, e come Stomina aveva già una certa carriera letteraria alle spalle: scriveva narrativa young adult, romanzi, racconti e qualche poesia. Quando la guerra si è abbattuta sulla sua città, e il marito si è arruolato, lei ha scritto una serie di brevi testi in prosa, ma ad alto grado di poesia. Sono come un concentrato di un potenziale racconto lungo, che potrebbe essere allungato e dettagliato, diventando anche un romanzo. Ma non c’è tempo per narrazioni estese: in primavera del 2022 Yulia doveva badare al figlio e alla propria sopravvivenza.

            Eppure il dovere di scrivere e di descrivere il proprio vissuto e le storie che le raccontavano altre donne ucraine era troppo forte. Con l’aiuto dei social, ha potuto diffondere questi brevi testi che nascevano e venivano condivisi, giorno dopo giorno, a puntate, finché non sono diventati un libro completo.

            Anche “Le mie donne” di Yulia Iliukha, edito da Mezzelane Ed., esce in Italia prima che in Ucraina, ma, a differenza dal libro di Oksana, non ha il testo ucraino a fronte. In compenso, è riccamente illustrato da immagini in rosso e nero di Iryna Sazhinska.

            A prescindere da un discorso puramente politico e ideologico il popolo ucraino e quello russo hanno radici strettamente intrecciate. E’ raro che in una famiglia non ci siano rami sia ucraini che russi. Mariti ucraini e mogli russe e vice versa.

              Infatti, dal punto di vista storico il rapporto fra i due popoli è quello di colonizzatore più giovane, quello russo, che colonizza e soggioga la nazione più antica, quella ucraina, rallentandone lo sviluppo per secoli. Non è preciso dire che tutte le famiglie sono miste: lo dimostrano le statistiche. Nemmeno nei tempi sovietici gli ucraini erano comunque in maggioranza sul territorio dell’ucraina, affiancati da minoranze più numerose (come russi, moldavi, armeni, ebrei), o quelle meno numerose (coreani, greci, italiani). Ciò non toglie la presenza di famiglie miste, ma qui bisogno fare un distinguo: sono tutti cittadini ucraini, anche se l’appartenenza etnica può variare.

              Le faccio un piccolo esempio recente. Questa settimana ho conosciuto una ragazza, con la quale abbiamo parlato in ucraino. Lei è cittadina ucraina, di origine coreana, nata però in Kyrgyzstan. Come mai ha questa identità complessa? I suoi erano i coreani d’Ucraina, deportati in Kyrgyzstan nei tempi di Stalin (destino comune di tanti popoli), e poi tornati alla terra d’origine – che è in questo caso l’Ucraina. Poi lei si è sposata con un ragazzo ucraino, e in casa non parlano russo, anche se lo conoscono.

              La guerra ha anche spezzato legami d’amore e di affetto, oltre che spazzato via intere generazioni di giovani ucraini che credevano nella libertà, nel coraggio, nella giustizia e nell’amore. Come pensi, finita la guerra, si possano ricucire queste ferite? O pensi che la frattura sia ormai insanabile?

                Per quanto riguarda i legami d’affetto spezzati, va detto prima di tutto che queste situazioni di rottura riguardano le persone a prescindere dalla loro origine: quel che conta è essere di qua o di la delle barricate. Uno può esser etnicamente ucraino ma vivere in Russia ed essere a favore della dittatura russa, e vice versa. Conosco ad esempio una famiglia russa che si è trasferita qualche anno fa in Ucraina. Erano disgustati dalla velenosa atmosfera che regnava nel loro paese d’origine. Quando si sono trasferiti, hanno imparato l’ucraino, e i figli maggiori si sono arruolati, mentre la mamma, sarta, confeziona le barelle e i vestiti comodi per i soldati. Con tutto questo, in tasca hanno il passaporto russo: durante la guerra è difficilissimo cambiare cittadinanza. Quindi, è un conflitto di civiltà, non di etnie.

                E le spaccature succedono a prescindere dalla geografica. Per gli ucraini chi avevano parenti in russia, nella maggior parte dei casi, il rapporto è irrimediabilmente guasto, ma lo stesso può capitare anche all’interno della stessa famiglia che vive in Ucraina, se ci sono divergenze ideologiche e generazionali.

                Certo, c’erano molti legami personali, culturali, economici. Tanto più amaro è il risveglio che ci mostra che non eravamo per niente amici: si trattava di rapporto di prevaricazione e non di parità. Sono tradimenti impossibili da dimenticare. Potresti mai perdonare chi uccide ciò che per te è più caro, e lo fa con intenzionale efferatezza, scegliendo proprio gli obiettivi più sensibili, che lasciano tracce più dolorose. Certo che no! In Italia ci si offende per molto meno. Ma il paragone più preciso è quello con un rapporto abusivo. Dopo anni di soprusi da parte di un partner violento riesci a liberarti, lui ti rincorre per punirti per la tentata fuga. Che faresti? Perdoneresti al tuo aguzzino sia gli anni di sofferenza che la violenta rappresaglia, per tornare all’ovile? Non credo proprio!

                Uno dei racconti di Yulia Iliukha è dedicato proprio al dialogo ormai impossibile con dei parenti russi; e anche nel “Diario di una sopravvissuta” Stomina dedica attenzione alle conversazioni con gli ex-compagni di studi che vivono in Russia. Parlando con loro al telefono e raccontando loro l’evidenza della distruzione causata dai russi, la scrittrice ha riscontrato totale indifferenza. Lo stesso è capitato a moltissimi ucraini. Invece di dare retta alla voce di un amico ucraino che racconta il proprio vissuto, i russi scelgono la voce avvelenata della propaganda, che glorifica la Russia e celebra i crimini di guerra come se fossero prodezze. I figli dei nostri amici di una volta vengono sul suolo ucraino per ucciderci. Non è “Putin” a schiacciare il bottone di lancio dei missili, e dietro ogni militare c’è non solo la sua famiglie, o i suoi amici e parenti che approvano e lo incitano ad uccidere ancora: ci sono tutti i cittadini russi, a prescindere dall’origine etnica, che si sono trovati bene nelle caselle della società dittatoriale, e sono ora solidali e motivati a continuare finché non distruggeranno i vicini “ribelli”, che hanno osato costruirsi una vita indipendente invece di vivere nella cieca obbedienza per loro abituale.

                Tornando alla letteratura ucraina, quali sono gli autori contemporanei più interessanti che consiglieresti di leggere ai nostri lettori, e quelli che ti piacerebbe tradurre in italiano?

                  Certamente consiglio Serhii Zhadan, tradotto ormai da tanti anni da Lorenzo Pompeo e presentato qualche anno fa al Salone del Libro di Torino. La più acclamata scrittrice ucraina contemporanea è invece Oksana Zabuzhko, autrice sia di romanzi che di saggi, seguita da Andrii Kurkov, che, tra l’altro, aveva cominciato la sua carriere letteraria scrivendo in russo, ma che negli anni scorsi, ormai in età matura, è passato a scrivere in ucraino. Tutti e tre sono presenti nell’editoria italiana da tempo.

                  Fra le novità c’è da prendere nota dei nomi ancora non molto noti. Nell’ambito della saggistica, “Il Donbas è ucraina” di Katerina Zarembo, per la poesia, oltre alla già citata, Oksana Stomina, Iya Kyva, poetessa oriunda del Donetsk, anche lei profuga da quasi un decennio.

                  Aggiungerei anche un saggista di origine russa, Arkadii Babchenko, che è proprio un esempio di come si possa rinunciare alla carriera a Mosca e rinunciare per spostarsi a vivere a Kyiv, ponendosi completamente dalla parte degli ucraini e osservando la realtà di guerra con uno sguardo esperto e disincantato. Per chi invece vuole fare un tuffo nel passato, ecco fresca di stampa “Il canto della foresta” di Lesia Ukrainka, tradotto da Yaryna Grusha per Mondadori.

                  Parlando dei miei desideri per il futuro, mi piacerebbe tradurre ogni libro che permette agli italiani di capire meglio la mentalità ucraina, colmando le lacune riguardo al passato, e soprattutto condividere con i lettori italiani la diaristica di questi primi due anni di guerra. Come esempio posso citare due libri che ho sulla mia scrivania: il saggio “La lingua è una spada: linguaggio dell’impero sovietico”, un saggio divulgativo che analizza dal punto di vista post-coloniale le strategie comunicative sovietiche, che sono in sostanze molto simili a quelle di altre dittature, oppure il libro- diario di Anna Hin, una scrittrice di Kharkiv che ha osservato, giorno dopo giorno, la vita della città nel primo anno di invasione. Le sue brevi impressioni soggettive, sempre molto umane ed acute sono inframmezzate con le statistiche, brani di discorsi ufficiali, cronache dei crimini di guerra. Insieme, compongono un quadro storico e nello stesso tempo molto individuale.

                  Quale è il tuo ultimo libro di autore ucraino che hai letto?

                    Stranamente, l’ultimo libro ucraino che ho letto è una storia per bambini, che racconta le avventure di un baby-Coala strappato dal bosco di eucalipto dove abitava e portato in giro in uno zoo. Una storia semplice e toccante, con forte messaggio ecologista e umanitario, per la quale mi piacerebbe trovare l’editore.

                    Puoi dirci a cosa stai lavorando in questo momento?

                      Quando saranno finite le elezioni europee, alle quali sono candidata, tornerò a tradurre il diario dei primi giorni di invasione, scritto da Oksana Stomina. Non è un lavoro semplice: i fatti che racconta sono difficili da accettare. Due anni fa, più o meno, i difensori della città asserragliati nella ferriera hanno dovuto arrendersi, seguendo ordini dei loro superiori. Oksana narra la vita, o meglio – la distruzione – della città di Mariupol nelle settimane precedenti, quando era ancora possibile agire, fare volontariato, spostarsi.

                      Grazie per il tuo tempo e la tua disponibilità, e auguri per il futuro.

                      Grazie a te e ai nostri lettori! Ci vediamo al Salone del libro di Torino la domenica del 12 maggio, per presentare “Le mie donne”.

                      :: Mi manca il Novecento – Ennio Flaiano e l’azzardo attraverso gli occhiali indiscreti – a cura di Nicola Vacca

                      22 novembre 2022

                      Quello che ci manca di Ennio Flaiano a 50 anni dalla sua scomparsa è l’azzardo di osare con le parole.

                      Lo scrittore pescarese come pochi del suo tempo ha impugnato la penna come un bisturi tagliente per ferire e denunciare. Con i suoi aforismi satirici e i suoi articoli ha raccontato l’Italia e i propri connazionali, la corruzione morale e l’ipocrisia di una Nazione e tutta la retorica di un conformismo divenuto abito mentale.

                      Anna Longoni scrive che non si stupisca il lettore di oggi se, nel ripercorrere il racconto di un’Italia che appartiene ormai al passato, verrà colto di sorpresa da alcuni dettagli che lo costringeranno a riconoscere, non senza preoccupazione, riflessi inaspettati della nostra contemporaneità.

                      Nei suoi scritti Flaiano ci ha lasciato il ritratto di un paese incapace di reggere la sfida della libertà e della democrazia, perché il fascismo è il diabete degli italiani, una malattia del sangue, sottile, antica, che colpisce anche le migliori famiglie, destinata a riaffiorare nel tempo.

                      Flaiano, spinto dalla satira e dall’indignazione, con la sua irriverente inattualità parla ancora ai nostri giorni e le sue analisi calzano a pennello alla palude di oggi in cui il paese è ancora incapace di reggere la sfida della libertà e il fascismo continua a essere il diabete degli italiani.

                      Flaiano, cronista cinico della società, aforista spietato e pungente che non concede nulla al proprio tempo, satiro annoiato che divaga controcorrente con il suo personale frasario essenziale, mostrandosi senza maschera attraverso le parole come uni intellettuale senza illusioni. Soprattutto nella sua attività giornalistica (da rileggere i suoi articoli su Il Mondo, L’Espresso, Il Corriere della Sera, L’Europeo) la sua penna acuta e intelligente, onesta ha sconfessato i vizi dell’Italietta, scagliandosi contro la cultura del mercimonio, gli interessi e i compromessi degli amici degli amici, la corruzione dei costumi e la malafede del potere.

                      «Io forse non ero di questa epoca, non sono di questa epoca, forse appartengo a un altro mondo; io mi sento più in armonia quando leggo Giovenale, Marziale, Catullo».

                      Così si descrive Ennio Flaiano nella pagine finali de La solitudine del satiro, il suo libro più personale e più intimo a cui lo scrittore aveva cominciato a lavorare pochi mesi prima della morte.

                      Giornalismo, cinema, letteratura, teatro. In tutte queste discipline Flaiano è stato sempre un intellettuale fuori dagli schemi. Con le sue stilettate e invettive ha massacrato e castigato senza alcuna riserva il proprio tempo. Il risultato di questo andare in direzione ostinata e contraria è il disagio di una solitudine senza via di scampo alla quale lui non si è sottratto per non rinunciare a una irregolarità corsara in cui non ha mai smesso di credere fino alla fine.

                      Ennio Flaiano è stato prima di tutto un libero pensatore, una delle poche coscienze critiche che sopportava male la mediocrità e l’assenza di un’etica in un’Italia che già allora si candidava a diventare un paese di porci e mascalzoni.

                      Ennio Flaiano disilluso e malinconico con le sue riflessioni profetiche che non hanno perso attualità ancora oggi ci legge dentro.

                      :: Dal 7 al 12 novembre a Roma IL FASCISMO, UN VENTENNIO DI IMMAGINI

                      3 novembre 2022

                      Sesta edizione per il Progetto e le forme di un cinema politico, la manifestazione ideata e organizzata dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e dalla Fondazione Gramsci, che quest’anno volge il suo sguardo sul centenario della marcia su Roma attraverso una serie di appuntamenti culturali che mirano ad approfondire l’eco e gli effetti di un segmento della storia italiana del Novecento – la presa di potere da parte di Mussolini e il delinearsi della categoria politica di fascismo – sul resto dell’Europa e del mondo. In particolare, ad essere investigata sarà la sfera cinematografica nella sua dimensione politica di un uso propagandistico in cui il regime fascista si distinse, alimentando un’industria che pose alcune premesse per la successiva affermazione del cinema italiano e che generò un immaginario collettivo che investì non solo il cinema ma tutte le arti.

                      Oggetto della manifestazione Il Fascismo: un ventennio di immagini, in programma dal 7 al 12 novembre a Roma in diversi luoghi – Casa del Cinema, Università Roma Tre (Dams), Sapienza Università di Roma e Libreria Spazio Sette –  non sarà solo la documentazione audiovisiva della marcia su Roma e il cinema, di propaganda e non, prodotto sotto il regime fascista, ma anche il cinema, non necessariamente italiano, che si è interrogato sui caratteri del fascismo o ha proposto, fino ai nostri giorni, riusi originali delle immagini del periodo fascista, alimentando la rielaborazione della sua memoria storica e del suo immaginario.

                      Il programma vuole prendere altresì in considerazione le teorie del cinema e le estetiche dell’immagine che hanno trovato nell’ideologia fascista un referente ideale o polemico, ma anche quelle teorie ed estetiche che hanno incrociato l’emergere di un’industria cinematografica italiana negli anni del regime (esempio ne sono gli scritti di Rudolf Arnheim nel suo soggiorno in Italia) e quelle che invece hanno tentato un’interpretazione del posto occupato dal fascismo nell’immaginario novecentesco e contemporaneo.

                      Ad integrazione della classica formula espressa nelle precedenti edizioni – una cospicua rassegna cinematografica introdotta da esperti e una giornata di studi, con la presentazione di un nuovo volume sull’argomento, saranno organizzati, in sedi universitarie, lezioni seminariali di approfondimento, con proiezioni di documenti dell’epoca, tratti sia dal cinema documentario che da quello di finzione. Un’occasione, dunque, per offrire a un pubblico multigenerazionale – ed in particolar modo ai giovani – una conoscenza trasversale tra storia, ideologia e arte cinematografica, del Fascismo sotto la duplice macchina da presa realistica e di finzione. L’ingresso ai film e agli incontri è libero a tutti.

                      L’iniziativa, realizzata grazie al sostegno del MIC Divisione Cinema e Audiovisivo, è in collaborazione con il CSC – Cineteca Nazionale, Istituto Luce Cinecittà, la Casa del Cinema, l’Università degli Studi Roma Tre, Sapienza Università di Roma e Libreria Spazio Sette. Media partner: “Il Manifesto” e Radio Radicale.

                      Il gruppo di studio e lavoro del progetto è composto da: Dario Cecchi, Damiano Garofalo, Maria Chiara Giorgi, Marco Maria Gazzano (in memoria), Alma Mileto, Pietro Montani, Claudio Olivieri, Ivelise Perniola, Giacomo Ravesi, Paola Scarnati (coordinamento), Giovanni Spagnoletti, Ermanno Taviani, Vincenzo Vita (presidente AAMOD), Maurizio Zinni. 

                      Scarica il programma completo qui.

                      :: Parlando di libri con Tcheky Karyo, a cura di Giulietta Iannone

                      1 aprile 2021

                      A chi devi il tuo amore per i libri?

                      Sono cresciuto in un contesto familiare nel quale i libri erano piuttosto rari. L’educazione di mio padre, però, traspariva attraverso certi modi di dire «Bisogna sapersene stare su una panchina con pane e formaggio» «Il faut que tu sois capable d’être sur un banc avec du pain et du fromage» che è come dire che nella vita bisogna sapersi accontentare o «Fare l’attore? Be’, meglio un uovo oggi…» « Être acteur c’est comme un oiseau dans ta main» o ancora «Non è grazie ai libri che imparerai a vivere» « ce n’est pas dans les livres que tu vas apprendre à vivre » ai quali lui ricorreva spesso; con la sua inclinazione inconsapevolmente filosofica, comunque, mio padre ha finito per passarmi il gusto per la lettura e per la riflessione.

                      J’ai grandis dans un environnement familial ou les livres étaient plutôt rares à la maison. Mais mon père avait une façon de faire passer son éducation avec des phrases clés qu’il me ressortait souvent de manière insolite du genre « Il faut que tu sois capable d’être sur un banc avec du pain et du fromage. » ou « Être acteur c’est comme un oiseau dans ta main » ou bien « ce n’est pas dans les livres que tu vas apprendre à vivre » et pourtant son talent de philosophe sans le savoir m’a donné le goût de la lecture et de la réflexion.

                      Che libri leggevi da ragazzo?

                      Ho scoperto presto che la letteratura ti permette di fare esperienze nuove. Il mio primo grande ricordo di lettore è legato a «L’Adolescente» di Dostoevskij. Ne riemersi sconvolto, affascinato dalla storia di Arkadi Makarovitch Dolgoruki. La scrittura di Dostoevskij, cupa e romanzesca ad un tempo, mi rinfrancò; avevo l’impressione di non essere più solo, l’adolescente ero io. In seguito mi sono appassionato a Emile Zola. Ho amato questo giornalsita-scrittore che in “Germinal” descriveva la vita quotidiana di una classe operaia con la quale m’identificavo. E poi Kafka, Pessoa, Cioran; autori che meritano di essere letti, quanta ironia traspare dai loro capolavori…

                      La lecture m’as appris que je pouvais aller voir là-bas si j’y suis. Mon premier grand souvenir de lecteur, c’est « l’Adolescent » de Dostoïevski. J’en ressors bouleversé, fasciné par l’histoire de Arkadi Makarovitch Dolgorouki. L’écriture de Dostoïevski à la fois sombre et romanesque me donnait des forces, j’avais l’impression de ne plus être seul, l’adolescent c’était moi. Ensuite, j’ai lu Emile Zola avec passion. J’ai aimé ce journaliste écrivain qui décrit dans Germinal, le quotidien des classes laborieuses auxquels je m’identifiais. Et puis Kafka, Pessoa, Cioran des auteurs qui gagnent à être lus à travers l’humour qu’ils laissent s’échapper de leurs œuvres gigantesques.

                      Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

                      Michel Onfray è un intellettuale che scuote le coscienze senza indossare il guanto di velluto, è pragmatico, fattuale, dissacrante.  Mi trovo spesso d’accordo con il suo modo di interrogare il reale.  Bisogna rompere l’aura di sacralità degli oggetti, vagliarli, passarli al setaccio. Così come Michel Onfray, leggo anche Alain Finkielkraut. Sono entrambi degli intellettuali contemporanei e contestatari, che dissentendo ci rendono un buon servizio. Ho appena finito il libro di  Jean-Claude Carrière « La vallée du néant», che mi ha trascinato in una riflessione sulla morte gioiosa e piena di humour. Da poco, poi, ho finito «I ricordi mi vengono incontro» di Edgar Morin. Lui è un uomo la cui riflessione è stata davvero forgiata dall’impegno sul campo. Il mondo sensibile, la sensualità, il pragmatismo che lo accompagnano alla ricerca di soluzioni concrete per l’organizzazione di una società più giusta… E, in mezzo a tutti i suoi incontri e alle collaborazioni con intellettuali e pensatori, la sua vita amorosa così piccante e generosa. Mi sento bene con Edgar Morin come con un vecchio amico.

                      Michel Onfray est un intellectuel qui secoue les esprits sans prendre de gants, il est pragmatique, factuel, il désacralise. Je me sens souvent en accord avec sa façon de questionner le réel. Il faut arrêter de sanctuariser les choses, il faut les interpeller, les fouiller. En fait je lis Michel Onfray de la même manière que je lis Alain Finkielkraut ce sont des intellectuels vivants contradictoires, ils font du bien, ils ne sont pas consensuels. Je viens de lire le bouquin de Jean-Claude Carrière « La vallée du néant » qui m’a entrainé dans une réflexion joyeuse et pleine d’humour sur la mort. Je viens également de finir « Les souvenirs viennent à ma rencontre » d’Edgar Morin. Voilà un homme dont les engagements sur le terrain ont forgé la pensée. Le monde sensible, la sensualité, le pragmatisme accompagnent ce chercheur qui tente de trouver des solutions concrètes à l’organisation juste des sociétés. Sa vie amoureuse au milieu de toutes ses collaborations et ses rencontres avec des gens qui pensent le monde est croustillante et généreuse. Je me sens bien avec Edgar Morin.

                      Quali sono i tuoi libri del momento sul comodino?

                      «Cani di paglia» del filosofo John Nicholas Gray, il quale analizza i nostri tempi alla luce della storia, dando il benservito ai preconcetti e alle trappole nelle quali cadiamo.  E «Solo i bambini sanno amare», del cantante e attore Bruno Cali, che torna con tenerezza alla sua infanzia; che bello, l’istinto di questo bambino che non si lascia prendere, che non si lascia sconfiggere dai grandi nemici, il nulla e il vuoto. È un libro davvero commovente.

                      «Straw Dogs» du philosophe essayiste John Nicholas Gray qui lui aussi analyse notre époque au regard de l’Histoire et met un grand coup de pieds dans les idées reçues et les pièges dans lesquels on tombe. Et puis « Seuls les enfants savent aimer », écrit par le chanteur acteur Bruno Cali. Il revient avec tendresse sur son enfance ; comme il est beau l’instinct de cet enfant qui ne laisse pas le néant, le vide ennemi le saisir. J’ai trouvé son livre poignant.

                      Traduzione dal francese di Fabrizio Fulio Bragoni. Testo scritto per il blog, già apparso su Les Nouvelles Littéraires.

                      :: A Roma all’ Institutum Romanum Finlandie: “Minna Canth, scrittrice finlandese (1844-1897): diritti civili ed emancipazione della donna”

                      23 gennaio 2020

                      Minna-CanthMercoledì 29 gennaio, ore 18.00, all’Institutum Romanum Finlandiae – Villa Lante, Roma, diretto da Arja Karivieri, si terrà la conferenza “Minna Canth, scrittrice finlandese (1844-1897): diritti civili ed emancipazione della donna”.

                      Intervengono Carla Santoro e Taika Martikainen (Università di Helsinki).

                      Siete tutti invitati. Link al sito: qui

                      Minna Canth, nata Ulrika Wilhelmina Johnsson (Tampere, 19 marzo 1844 – Kuopio, 12 maggio 1897), è stata una scrittrice finlandese, nota anche come femminista e attivista sociale, innovatrice della letteratura del suo Paese e pioniera del realismo finlandese.

                      L’Institutum Romanum Finlandiae è un istituto di ricerca finlandese con sede a Roma dedicato alla cultura classica. La finalità principale dell’istituto consiste nella ricerca e nell’insegnamento delle antichità romane. I principali temi trattati sono la storia antica e medievale, la filologia classica, l’archeologia e la storia dell’arte. Ha sede a Roma, all’interno di Villa Lante al Gianicolo.

                      :: “Quando l’economia cambia la storia” 3 lezioni del professore Alessandro Barbero al Grattacielo Intesa Sanpaolo – Torino

                      5 novembre 2019

                      grattacieloDal 7 novembre, per tre giovedì, si terrà il ciclo di lezioni – conferenze del professore  Alessandro Barbero all’auditorium del Grattacielo di Intesa Sanpaolo di Torino, corso Inghilterra 3. “Quando l’economia cambia la storia” è il titolo del ciclo di incontri, a cura di Giulia Cogoli.

                      Giovedì 7 novembre, ore 18

                      Fra recessione e innovazione: la crisi del Trecento

                      Nel Trecento s’interrompe bruscamente il lungo ciclo della crescita medievale, che durava da secoli. Mutamenti climatici, nuove malattie, guerre interminabili provocano scompensi economici catastrofici e una drammatica riduzione della popolazione. E tuttavia il tenore di vita non si riduce, e la qualità della vita materiale continua a migliorare: perché la riduzione demografica agisce sui prezzi, i salari e la produzione, aprendo nuove possibilità di mercato a chi è capace di coglierle.

                      Giovedì 14 novembre, ore 18

                      Il denaro e le donne: Grazia Nasi, una finanziera del Cinquecento

                      Nel Cinquecento l’Europa cristiana offre il contrasto di un’economia straordinariamente prospera, fondata sul credito e il commercio, e una feroce intolleranza religiosa. A oriente, l’impero ottomano offre il quadro opposto di un’economia stagnante, ma di una relativa tolleranza. Fra questi due mondi si muovono i banchieri ebrei, protagonisti e vittime dell’epoca: e fra loro non solo uomini, ma anche donne, che gestiscono fortune colossali trattando con dogi e sultani.

                      Giovedì 21 novembre, ore 18

                      La bancarotta dello Stato: le cause della rivoluzione francese

                      Tutti ricordano che la rivoluzione francese è cominciata con la convocazione degli Stati Generali. Ma se il re di Francia, dopo aver esercitato per due secoli un potere assoluto, si trovò costretto a convocare un parlamento e chiedere il suo sostegno, è perché l’assolutismo, che voleva dire tasse e spese senza alcun controllo dal basso, aveva provocato il collasso finanziario della monarchia.

                      Gli incontri sono a ingresso gratuito previa prenotazione al sito

                      http://www.grattacielointesasanpaolo.com/news.

                      Allo stesso indirizzo sarà possibile seguire la diretta streaming.

                      Alessandro Barbero, storico e scrittore, è professore ordinario di Storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. È autore di numerosi saggi in particolare sulla storia medievale e militare. Nel 1995 ha pubblicato il suo primo romanzo storico, Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo (Mondadori, Premio Strega 1996). Nel 2001 ha vinto il Premio Isola d’Elba con L’ultimo rosa di Lautrec (Mondadori) e il Premio Cherasco Storia con Carlo Magno. Un padre dell’Europa (Laterza). È noto al pubblico oltre che per i suoi saggi e romanzi, per la sua straordinaria capacità divulgativa in particolare nella trasmissione Superquark nelle trasmissioni di RAI Storia a.C.d.C. e Il tempo e la storia. Collabora con La Stampa. È stato insignito nel 2005 del titolo Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres della Repubblica Francese. Tra i suoi libri: Piemonte medievale (con altri autori, 1985), Storia del Piemonte (2008) per Einaudi; Dietro le quinte della Storia. La vita quotidiana attraverso il tempo (con P. Angela, Rizzoli, 2013); Costantino il vincitore (Salerno, 2016); Il divano di Istanbul (2011), Federico il Grande (2017) per Sellerio Editore; Gli occhi di Venezia (2011), Le ateniesi (2015) per Mondadori; I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle (2012); Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini (con C. Frugoni, 1999), Lepanto. La battaglia dei tre imperi (2010), Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali (2013), Benedette guerre. Crociate e jihad (2009), Le parole del Papa. Da Gregorio VII a Francesco (2016), Caporetto (2017), Il ducato di Savoia (2018) per Laterza.

                      :: Premio Biella Letteratura e Industria XVIII edizione: vince Giorgio Falco

                      30 ottobre 2019

                      Vince la XVIII edizione del Premio Biella Letteratura e Industria lo scrittore Giorgio Falco con “IPOTESI DI UNA SCONFITTA” – Einaudi.

                      Giorgio Falco

                      Rossana Balduzzi Gastini con “GIUSEPPE BORSALINO. L’UOMO CHE CONQUISTÒ IL MONDO CON UN CAPPELLO” (Sperling & Kupfer) si aggiudica il Premio Confindustria.

                      E infine Maurizio Gazzarri con I ragazzi che scalarono il futuro (Edizioni ETS) vince il Premio Giuria dei Lettori.

                      La cerimonia di premiazione avrà luogo sabato 16 novembre 2019, presso l’Auditorium di Città Studi di Biella, occasione in cui verranno anche consegnati il Premio Concorso per le Scuole “Cuore, testa, mani”, e il premio Lions Bugella Civitas per la migliore recensione.

                      :: I cinque finalisti del Premio Biella 2019 al Circolo della Stampa di Torino

                      18 ottobre 2019

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                      I cinque finalisti del Premio Biella Letteratura e Industria 2019, Rossana Balduzzi Gastini, Giorgio Falco, Maurizio Gazzarri, Alberto Prunetti, e Eugenio Raspi, saranno ospiti a Torino, mercoledì 23 ottobre, nella storica sede del Circolo della Stampa di Corso Stati Uniti 27, iniziativa che nasce dalla collaborazione tra il Premio Biella e Confindustria Piemonte.

                      Inoltre avrà luogo anche la presentazione della III edizione del Premio Confindustria Piemonte, il cui vincitore sarà reso noto il 31 ottobre.

                      Dopo i saluti del Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli che presenterà il Premio Confindustria Piemonte, e l’intervento di Alberto Sinigaglia, Presidente dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, sarà Paolo Piana, Presidente del Premio Biella Letteratura e Industria a illustrarne gli obiettivi culturali e sociali e ad annunciare l’adesione di un nuovo importante sponsor, il Banco Popolare.

                      Pier Francesco Gasparetto Presidente della Giuria del Premio Biella Letteratura e Industria composta da Claudio Bermond, Paolo Bricco Paola Borgna , Loredana Lipperini, Giuseppe Lupo, Marco Neiretti, Sergio Pent e Alberto Sinigaglia, dialogherà con i finalisti.

                      Appuntamento poi sabato 16 novembre 2019, presso l’Auditorium di Città Studi di Biella, quando verrà proclamato il vincitore del Premio Biella Letteratura e Industria XVIII edizione, a cui verrà consegnato un premio di 5mila euro.

                      In quell’occasione saranno consegnati anche il premio Giuria dei Lettori, il Premio Concorso per le Scuole “Cuore, testa, mani”, e il premio Lions Bugella Civitas per la migliore recensione.

                      Siete tutti benvenuti.

                      :: Venerdì 11 ottobre. A tu per tu con HELGA SCHNEIDER

                      4 ottobre 2019

                      A tui per tu 11 ottobre 2019 locandina

                      :: Liberi di Scrivere al Salone Internazionale del Libro di Torino 2019 – trentaduesima edizione

                      14 Maggio 2019

                      Salone-del-libro-2019-696x464Per 5 giorni Torino è stata al centro della più importante manifestazione dedicata all’editoria in Italia, e noi di Liberi ci siamo stati. Non potevamo mancare di certo, come i tanti ragazzi arrivati con trolley e zaini al seguito da tutt’Italia: blogger, scrittori, editori, disegnatori quest’anno i giovani sono stata la vera sorpresa del Salone.
                      Non si può dire che le polemiche pre e post Salone non abbiano rattristato gli animi, ma parte dell’entusiasmo è sopravvissuto, e questo è parte del miracolo che ogni anno si ripete al Lingotto, con crescente numero di visitatori, spazi rinnovati e ampliati (quest’anno l’Oval ha catalizzato molto l’attenzione), e tanti volontari che hanno fatto la differenza, se tutto ha funzionato molto è merito loro.
                      Io più che vagare per gli stand ho lavorato in Sala stampa, e la tentazione di chiedere l’autografo ai giornalisti è stata grande, ma ho preferito non disturbare.
                      Che celebrità ho incrociato? vediamo: quest’anno Lagioia non l’ho visto, in compenso ho incrociato Federico Rampini con la sua immancabile camicia a righe bianca e blu, visto la Lipperini mentre faceva vivere il suo programma radio, salutato Giorgio Ballario, un signore d’altri tempi, poi posso morire felice, ho salutato anche Maurizio de Giovanni, dopo tanti anni che ci conosciamo virtualmente, e mi hanno presentato Daniela D’Angelo di Avagliano Editore con cui abbiamo discusso dei racconti di Guido Gozzano.
                      Poi ho intravisto Gambarotta, Molinari, e tanti adetti stampa tra cui la mitica Carlotta di Las Vegas Edizioni, Tania di Arkadia, Giulio di EO, non stupitevi se li chiamo per nome, ho scoperto che al Salone basta il nome per riconoscersi.
                      È stato bello dai, faticoso ma bello.
                      Abbiamo annunciato i 5 finalisti del Premio Biella, ma su quello farò un post a parte. Libri non ne ho comprati, nè ne ho ricevuti, ma in realtà non avevo borse per contenerli, in compenso ho comprato vari gadget tra cui magneti da frigo con il logo di questa edizione e bracciali colorati.  E finalmente ho trovato la custodia per il pass, la conserverò per l’anno prossimo con due nastrini uno giallo e uno bianco.
                      Il personale della sicurezza è stato impeccabile, attento e professionale ma scherzava visto che per la maggior parte erano ragazzi. È andato tutto bene, nessun incidente, qualche mugugno ma in compenso tutti sembravano stanchi ma soddisfatti.
                      Dall’Oval ai padiglioni c’era un punto senza passerella un po’ in salita, ho visto un ragazzo in carrozzina farla all’indietro con una certa fatica. Alcuni punti erano davvero stretti e si faceva fatica a passare. Migliorerei l’agibilità per questi ragazzi, che erano tanti quest’anno.
                      Poi consiglierei di mettere segnaletica guida per terra, con i vari colori per indicare le varie uscite, e i vari padiglioni, era facile perdersi nonostante la segnaletica volante.
                      Per quest’anno è tutto, appuntamento all’anno prossimo, e porterò più adesivi del blog, magari penne, borse e spillette, promesso.