A sei anni da L’ottava vibrazione, romanzo sperimentale metà storico e metà noir sulla disfatta di Adua, Carlo Lucarelli torna in libreria, sempre per Einaudi, con un nuovo romanzo del cosiddetto ciclo coloniale dal titolo Albergo Italia. Un agile volumetto, su per giù 120 pagine, più un racconto lungo che un vero romanzo, pubblicato in collaborazione con L’Ente editoriale dell’Arma dei Carabinieri in occasione del Bicenetenario dei Carabinieri. Un’opera su commissione, forse, sta di fatto che conferma, se ce ne fosse bisogno, l’abilità narrativa di questo autore che più che altro conoscevo per apparizioni televisive, articoli giornalistici e sceneggiati tratti dai suoi libri (De Luca e Coliandro).
Sull’originalità della trama avrei qualche riserva, troppi punti in comune con l’opera di un altro scrittore italiano specializzato in noir coloniali, ma non ho prove per affermare che Lucarelli sia stato influenzato da questo autore, solo un senso di dejavu. Poi L’Ottava vibrazione, in cui appare per la prima volta il personaggio di Colaprico, apparve in tempi non sospetti, nel 2008, quando anche l’altro autore iniziava i primi passi. Coincidenze? Forse più che altro frutto del junghiano immaginario collettivo.
Dunque siamo ad Asmara, nuova capitale della colonia d’Eritrea, Africa Orientale, nell’ultimo anno dell’Ottocento. La disfatta di Adua è ancora nell’aria come memento di una fallimentare impresa coloniale, che sembra così inadatta all’ indolente popolo italico. Ma anche l’ostinazione non manca e cosa c’è di meglio che erigere un nuovo albergo, il più grande, il più moderno, il più elegante – e ancora l’unico – della nuova Asmara, per testimoniare la grandezza, e i sogni di gloria di un popolo che bada al sodo, agli affari, agli investimenti che la madrepatria avrebbe fatto in colonia. E dove c’è ricchezza, c’è corruzione, e molto spesso delitti.
E proprio il giorno dell’inaugurazione dell’Albergo Italia, battezzato da una violenta grandinata, viene rinvenuto il corpo nudo e appeso per il collo alla ventola del soffitto, di Farandola Antonio, di anni 46, residente a Torino, professione tipografo. Un apparente suicidio a funestare l’allegria della festa, con ospite di eccezione pure sua eccellenza il governatore in giro per le colonie prima del suo ritorno in Italia, non ci bastava la grandine. Ma un suicidio non è. Ci mette poco lo zaptiè Ogbà, carabiniere indigeno al fianco del capitano dei Regi Carabinieri Colaprico, incaricato delle indagini, a capirlo. Manco la punta dei piedi del morto ci arriva allo sgabello, particolare che non sfugge pure al militare italiano, forse solo un attimo dopo.
E’ così che inizia Albergo Italia, anzi sarebbe necessario fare un passo indietro. Nel prologo un fatto, un furto di una cassaforte, dal contenuto misterioso, sembra essere l’inizio di tutto, ma a pensarci bene bisognerebbe andare ancora più indietro, a un grande scandalo, forse il maggiore dell’Italia postunitaria, che vide coinvolti Giolitti e il suo predecessore Crispi. In un gioco di scatole cinesi Lucarelli trova modo di parlare dell’Italia di ieri e di oggi, l’Italia del malaffare, degli scandali sepolti, dei crimini per cui nessuno paga.
Un ritratto insomma non tanto edificante di un’ Italia, (trova modo pure di fare accenni alla maffia, e all’uccisione sul treno che porta a Palermo del marchese Notabartalo, presidente del Banco di Sicilia), di arraffoni, traffichini, faccendieri, servizi segreti (quanto deviati non si sa), e avventurieri, anche donne a caccia di un ricco marito come il personaggio di Margherita di cui Colaprico si scoprirà innamorato. (Sì, per colpa della solitudine, impantanato in quella colonia dal clima insopportabile, così lontano da casa sua).
Particolarmente riuscito il personaggio del buluk-basci Ogbà, ”lo Sherlok Holmes abissino”, con la sua testa calva e la sua rassegnata accettazione della presenza italiana come un male necessario. Lui contadino, costretto ad abbandonare la sua terra arida e avara e per dare da mangiare alla famiglia costretto ad arruolarsi. Lui più acuto e scaltro dei suoi superiori, anche se legato da un legame di fraterna amicizia con il capitano Colaprico. Lui che non sa scrivere o leggere ma imparerà sui libri di Sir Arthur Conan Doyle. Troppo breve forse per non accennare solo e costruire tracce per nuovi romanzi con questi personaggi. La lettura è stata piacevole quindi, da lettrice, me lo auguro.
Carlo Lucarelli (Parma 1960) ha pubblicato per Einaudi Stile Libero Almost blue (1997), Il giorno del lupo (1998 e 2008), L’isola dell’Angelo Caduto (2001), Mistero in blu (1999 e 2008), Guernica (2000), Lupo mannaro (2001), Falange armata (2002), Un giorno dopo l’altro (2000 e 2008), Il lato sinistro del cuore (2003), Misteri d’Italia (2002), Nuovi misteri d’Italia (2004), La mattanza (2004) e Piazza Fontana (2007), con allegati i Dvd del ciclo televisivo Blu notte, G8. Cronaca di una battaglia, con un Dvd sui fatti di Genova, La faccia nascosta della luna. Storie di delitti e misteri tra musica, cinema e dintorni (2009), il romanzo epico L’ottava vibrazione e Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste (2008), I veleni del crimine. Storie di mafia, malapolitica e scheletri negli armadi che intossicano l’Italia (2010). Insieme a Eraldo Baldini e Giampiero Rigosi ha scritto Medical Thriller (2002). Suoi racconti sono inseriti nelle antologie Crimini (2005), Crimini italiani (2008) e Sei fuori posto (2010). Nel 2009 è uscito il graphic novel Protocollo (con Marco Bolognesi). Nel 2011 ha pubblicato, insieme a Andrea Camilleri e Giancarlo De Cataldo, Giudici. Nel 2013 ha pubblicato, sempre per Einaudi Stile Libero, Il sogno di volare e il volume L’ispettore Grazia Negro (che riunisce i tre romanzi Lupo mannaro, Almost Blue e Un giorno dopo l’altro); nel 2014 Giochi criminali (con Maurizio de Giovanni, Diego De Silva e Giancarlo De Cataldo) e Albergo Italia. L’opera di Lucarelli è tradotta in piú lingue ed è oggetto di versioni cinematografiche e televisive, tra cui la serie L’ispettore Coliandro e il ciclo dedicato al commissario De Luca. Conduce da alcuni anni in Tv Blu notte. Il suo primo film, L’isola dell’Angelo Caduto, è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2012.
Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Rebecca dell’Ufficio Stampa Einaudi.
Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.
Tag: Albergo Italia, Carlo Lucarelli, Einaudi, giallo coloniale, Giulietta Iannone
5 luglio 2014 alle 13:06 |
Grazie per la recensione, solo due precisazioni. L a prima: non conosco i romanzi di Giorgio Ballario (immagino si a lui l’autore a cui si fa riferimento), che mi è stato segnalato recentemente e che leggerò subito e con piacere. Se ci sono affinità davvero si tratta di coincidenze: Albergo Italia è figlio dell’Ottava Vibrazione e dei racconti scritti dopo. Mi era successa la stessa cosa con Gianfranco Manfredi e i suoi fumetti con Volto Nascosto, tutti e due abbiamo pensato ad Adua -indipendentemente- nello stesso periodo. Inoltre le atmosfere e gli stilemi del noir -soprattutto quando vuole essere un giallo classico come il mio e, immagino, quello di Ballario- sono spesso simili come struttura. Comunque leggerò subito Ballario e avrò modo di capire se siamo così simili e in che modo. La seconda: i personaggi del libro hanno sorpreso e incuriosito anche me, come a volte accade, per cui sì, vorrei farne una serie.
Carlo Lucarelli
5 luglio 2014 alle 14:27 |
Grazie, Carlo, del commento. Spero anche io, da lettrice, di vedere pubblicati altri romanzi della serie. Il giallo o noir “coloniale” è un genere davvero poco diffuso che si presta ancora ad essere indagato. Pochi autori l’ hanno fatto, penso a Alessandro de Filippi, e sì, a Giorgio Ballario. Se ti capiterà di leggere i suoi noir avrai modo di vedere che siete giunti davvero a molto simili soluzioni narrative, sebbene tu abbia ambientato le tue storie a fine Ottocento e lui negli anni Trenta. Ti rinnovo comunque l’invito ad accettare una mia intervista, sarei lieta di parlare con te di giallo coloniale e più in generale di noir,
Giulia
5 luglio 2014 alle 14:50 |
Per l’intervista quando vuoi con piacere.
C.
12 ottobre 2014 alle 20:38 |
A me il romanzo e` piaciuto, i dialoghi sono serrati e le ricostruzioni storiche accuratissime. Lucarelli scrive bene e le sue storie si prestano a ricostruzioni cinematografiche.Adua e’ un importante fonte di ispirazione, la ricostruzione in tigrino denota un gran lavoro di ricerca. Per finire, un bravo (con un pizzicodi sana invidia) a Lucarelli che seguo dai suoi primi romanzi per avere l’umilta’ e la freschezza di replicare alle recensioni. Parte del mio secondo romanzo (XXVI luglio) tocca l’Africa Orientale in relazione a delle indagini su avvistamenti di OVNI, mi e’ piaciuto come Lucarelli costruisce l’ambientazione e l’atmosfera della colonia e i suoi profumi.
Gianluca Ellena
13 ottobre 2014 alle 8:13 |
Senza dubbio Gianluca, la disponibilità di Lucarelli, non ostante i suoi numerosi impegni, è indiscutibile. Qui ti rimando all’ intervista, https://liberidiscrivereblog.wordpress.com/2014/09/02/un-intervista-con-carlo-lucarelli/ davvero interessante, ciao.
13 ottobre 2014 alle 9:19 |
Grazie, tempestivi!