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:: Come petali nel vento di Haki Harada (Garzanti 2023) a cura di Valeria Gatti

14 febbraio 2023

“Ho capito che, anche perdendo tutto, si può ricominciare da zero”.

Alzi la mano chi non ha mai subito il fascino della cultura giapponese… Un paese, il Giappone, che per usanze e tradizioni ha ancora molto da raccontare, al mondo: un’ottima base, insomma, per l’arte in genere che ha saputo sfruttare al massimo la curiosità che questo paese ha saputo suscitare.

Un esempio è certamente “Come petali nel vento” di Haki Harada, edito da Garzanti e tradotto da Daniela Guarino.

Miho e Maho sono sorelle: la prima lavora per una grande azienda, vive da sola e una coincidenza la spinge a rivedere ciò che credeva certo, nella sua vita. Capisce che ha bisogno di un cambiamento, e per farlo, deve rivedere le sue pratiche di risparmio, le spese giornaliere, i costi fissi, il budget per gli extra. Ha bisogno di pianificare sé stessa, di entrare nel mondo di chi guarda un po’ più in là del presente. Maho ha una figlia e ha smesso di lavorare quando ha deciso di sposarsi. La sua vena “economica”, quell’istinto di sopravvivenza e di ordine che ha imparato nella società di brokeraggio dove ha lavorato, è rimasta viva e attiva: la donna, infatti, ha organizzato spese ed entrate in maniera strutturata e strategica, prendendo spunto anche dagli insegnamenti della nonna Kotoko.

La nonna Kotoko è figlia di un sistema di analisi dei costi e del risparmio che ha applicato e trasmesso alla sua famiglia: il Quaderno per la contabilità della domestica. Il Quaderno è un sistema infallibile, nato nel secolo scorso, e divenuto uno strumento giudicato indispensabile per la programmazione delle spese di una famiglia. Un metodo che ha spiegato alle nipoti, quando erano ragazze, e che ritorna nella loro vita adulta.

Un altro personaggio che si incontra, nel mezzo della narrazione, è Tomoko (mamma delle ragazze e nuora di Kotoko). Inizialmente, questo personaggio potrebbe sembrare marginale, ma nel corso della narrazione acquista un posto strategico: la donna, attraverso la sua vicenda personale, introduce una buona parte dei temi che l’autrice ha raccontato.

“Come petali nel vento” potrebbe sembrare un romanzo al femminile – e in parte lo è -, ma la presenza maschile è indispensabile per comprendere meglio i tanti significati che questo romanzo ha consegnato al lettore. Significati e temi universali, senza confini di stato e senza tempo, pur riuscendo a mantenere il racconto ancorato alla cultura giapponese.

Il primo tra tutti è certamente l’indipendenza economica. Haki Harada ha saputo costruire un’intera trama – non intricata ma lineare e ben strutturata – sull’economia domestica che riguarda tutti, non solo chi ha figli, famiglia, casa di proprietà. Il risparmio sembra essere un metodo da studiare e applicare, e in esso si racchiudono valori e ideali, doti e obiettivi. Un insegnamento eterno che conduce a risultati personali e tangibili; un’arte vera e propria, insomma.

Il secondo tema che emerge, strettamente legato al precedente, è il lavoro. Questo tema si apre come un ventaglio e lascia emergere sottotemi, tutti di particolare interesse: posizione lavorativa, licenziamento, mobbing, ricerca attiva, soddisfazioni e meriti. Il ruolo della donna è un protagonista e viene accompagnato da un bell’excursus nella ricerca del lavoro in età pensionabile e nel long life learning. Non solo. Si evidenzia il ruolo della donna nella famiglia: il senso del dovere, del sacrificio e un pizzico di colpa che, seppur ingiustificato, si presenta puntualmente.

Un ulteriore messaggio che ho trovato rilevante, in questo romanzo, è legato alla sanità. Grazie a nonna Kotoko e mamma Tomoko emerge il tema dell’insicurezza economica, del divario e della preoccupazione che la mancanza di salute genera e che pesa sui risparmi della persona (e della famiglia).

In ultimo, ma non per ordine di importanza, “Come petali nel vento” ci permette uno sguardo sulla sicurezza economica e sociale, sul debito scolastico, sul matrimonio (e l’impegno che questo genera), sui legami familiari e sulla solidarietà tra donne.

Hika Harada ha scelto di affidare la narrazione a una voce onnisciente che, dalla sua posizione, riesce a dar spazio ai tanti personaggi che appaiono e che determinano l’andamento della narrazione; un narratore che, inoltre, ha voluto raccontare il presente mostrando i fatti salienti del passato attraverso dialoghi e brevi ma precise descrizioni.

HIKA HARADA (1970) è nata nella prefettura di Kanagawa, nel sud del Giappone. Dopo la laurea in Lettere moderne, ha lavorato come sceneggiatrice e scrittrice, vincendo numerosi premi. Vive a Tokyo con il marito e la famiglia. Come petali nel vento è stato uno dei più grandi successi editoriali degli ultimi anni, diventando un bestseller e rimanendo in classifica per mesi.

Source: libro inviato al recensore dall’editore. Ringraziamo l’Ufficio Stampa Garzanti e Alice per la disponibilità e la cortesia.

:: Aperitivo all’arsenico di Dario Falleti (Fratelli Frilli 2023) di Patrizia Debicke

13 febbraio 2023

Il professor Corradi, docente universitario di chimica e scienziato di fama mondiale, è stato trovato morto nel suo appartamento per avvelenamento da arsenico. Ma non c’è traccia di lettera d’addio, niente suono di trombe o di campane. Era partito un giovedì notte senza far rumore e tutto attorno a lui gridava al suicidio, a partire dalla casa chiusa dall’interno e dalle serrature che non mostravano segni di scasso. E anche i primi riscontri investigativi paiono confermare quell’ipotesi. Ma perché si sarebbe suicidato?
La mancata assegnazione del premio Nobel potrebbe essere il motivo , ma tutti, colleghi, collaboratori, moglie separata con la quale ha sempre mantenuto rapporti civili , amici e conoscenti hanno già categoricamente escluso che Corradi ne avesse fatto un dramma o mostrasse sintomi di depressione. Più semplicemente non ci aveva contato davvero .
E anche altre possibili cause quali problemi economici, pene d’amore o malattie incurabili dai primi controlli risulteranno da bocciare in toto . Corradi viaggiava molto, si godeva i lucrosi frutti di contratti di consulenza con aziende , amministrava ricchi finanziamenti europei finalizzati alla ricerca, non si era mai fatto mancare la piacevolezza di amicizie femminili. Un quadro che non combacia certo con la voglia di suicidarsi. E infatti, secondo il commissario Negroni, (l’alcolico bevitore di whisky torbato, fumatore di toscano e raffinata forchetta, eroe e protagonista degli altri libri di Falleti), in quella morte c’è qualcosa che non convince. Primo particolare intanto la finestra spalancata nonostante il gelo notturno, secondo, e di peso, perché diavolo Corradi avrebbe scelto di ammazzarsi con l’arsenico, il più classico veleno da topi. E farlo addirittura ingoiandone una dose esagerata che per di più provoca atroci dolori e peggio. Costringendo il morituro, che so, a piegarsi in due, a contorcersi, mentre invece eccolo là: rilassato comodamente sdraiato in poltrona come una persona che dorme? Gatta ci cova.
Insomma secondo il commissario Negroni, c’è ben più di qualche particolare che non quadra e se si vuole dare per acquisita l’ipotesi del suicidio non resta che sollecitare un completo esame tossicologico sul defunto.
E anche se il magistrato che, preoccupato dalla cassa di risonanza dei media, non sogna altro di arrivare a chiudere l’inchiesta e nicchia, finalmente gliela darà vinta. E l’esame tossicologico deluciderà come prima cosa che il “suicida” Corradi oltre all’arsenico ha ingoiato una dose da cavallo di benzedrina in grado solo quella di spedirlo all’altro mondo. Faccenda indubbiamente molto, ma molto sospetta, ragion per cui l’ipotesi suicidio va a farsi benedire.
Ma quando un giovane giornalista free lance, anche lui dubbioso sul suicidio di Corradi , che nel frattempo aveva portato avanti una sua inchiesta, contattando Negroni e proponendogli addirittura di scambiarsi le informazioni, mentre attraversava sulle strisce pedonali è vittima di un incidente, investito da un auto pirata, rubata poche ore prima, Negroni, accende un toscano, drizza le antenne e si mette in caccia.
Scava, scava, comincia ad affiorare un complicato intreccio che vede in pista rivalità accademiche, intrighi e gelosie di amanti, ma anche complicati semifantascientifici brevetti industriali pericolosamente legati a grandi interessi economici di enormi aziende con basi anche in tutta Italia. Tante e ben ammanicate a ogni livello. Con l’indagine che si allarga pericolosamente tra Roma, Napoli e Monaco di Baviera, i morti aumentano a vista d’occhio. Ahinoi!
Ma pian piano alcune tessere del puzzle, anche per il prezioso supporto di un collega commissario tedesco ma per metà italiano, che ha ben coltivato ogni anno la lingua passando le vacanze nella campagna toscana, cominciano a incastrarsi : ma il prezioso manoscritto del professore sul quale lavorava da tempo non si trova.
Nello scenario sempre più ampio e farraginoso che vede coinvolte grandi lobby industriali strettamente legate a clan camorristici campani, le dimensioni dell’affare si dilatano in lungo e largo, compromettendo anche le teste di persone considerate insospettabili. Emergono qua e là ovunque tracce precise di favoreggiamenti e connivenze, di tradimenti e la tristezza di tanta morti ignorate o annegate nei velenosi gorghi di criminali sabbie mobili. Delitti che in qualche modo devono essere puniti con i colpevoli assicurati alla giustizia.
Con il manoscritto perduto ricomparso, gelosamente custodito in una chiavetta, bisogna ingegnarsi a spiegare l’omicidio suicidio di Corradi e trovare le prove concrete di tutte le macchinazioni orchestrate con il suo autorevole avallo ma, anche se sporcizia è ben tutelata dall’omertà, il commissario Negroni non si arrende e, seguendo la labile traccia rimasta, riesce a decifrare la macchinazione di unapremeditata, duplice vendetta.
E non solo poi, perché a conti fatti visto che tutto era collegato, diventa persino quasi un gioco da ragazzi infilare un’ardita trappola nel perverso ingranaggio di alterazione e bloccare finalmente il diabolico traffico internazionale.

Dario Falleti è nato a Roma nel novembre 1954 ed è laureato in chimica. Il romanzo d’esordio, La virtù del cerchio, prima avventura del commissario Negroni, è stato finalista al Premio Azzeccagarbugli 2008 e ha vinto il Premio Raffaele Crovi per la migliore opera prima. La seconda avventura del commissario Negroni, Le regole dell’anagramma (Hobby & Work), una spy story con prefazione di Luca Crovi, è stata pubblicata nel 2010. Nel 2011, il racconto I Macellai di Montevideo ha contribuito all’antologia garibaldina Camicie rosse, storie nere (Hobby & Work). Altri racconti sono comparsi in e-book e antologie. Aperitivo all’arsenico a Roma è stato finalista al premio Tedeschi 2018.

Source: libro del recensore.

:: Tra vampiri e creature misteriose il viaggio dark romantico proposto da Gallucci editore a cura di Viviana Filippini

11 febbraio 2023

Oggi vi racconto due libri interessanti, giunti dal passato, dal XIX secolo, che sono l’ideale lettura per gli amanti dell’horror, grazie alle atmosfere gotiche e misteriose. In realtà i due volumi sono ideali ance per coloro che sono affascinati dal mistero. Nella storia di “Il primo vampiro” e “Lo sposo fantasma e Racconti di un viaggiatore – Parte terza e quarta”, entrambi editi da Gallucci, il lettore si trova alle prese con vampiri, fantasmi, esseri misteriosi protagonisti delle vicende dove la suspense è presente in ogni singola pagina. Opere letterarie del passato che si sono poste come un punto di riferimento importante per i tanti estimatori del genere giunti di seguito.  “Il primo vampiro” è una raccolta all’interno della quale diversi autori vissuti tra 1700 e 1800 hanno reso protagonisti di racconti e componimenti in versi il principe delle tenebre: il vampiro. Il volume ha in sé un frammento narrativo di Lord Byron; “Il vampiro” di John William Polidori, “Christabel”, ballata di Samuel Taylor Coleridge; “Lamia”, poemetto in di John Keats; “L’ospite di Dracula” di Bram Stoker. Queste sono le prime storie che hanno per protagonista la figura del vampiro, uomo o donna che sia, che si è poi consolidata nel tempo fino ad arrivare a noi lettori di oggi. Dai libri, ai fumetti, al teatro e al cinema, la figura del vampiro o vampira assetata di sangue è una costante che intimorisce e, allo stesso tempo, affascina il fruitore per la sensualità che questa figura nata in epoca romantica, esercita da sempre su coloro che si imbattono in essa. (Traduzione dall’inglese di Stella Sacchini e Mirko Esposito).

L’altro libro, vero che non ha vampiri, ma “Lo sposo fantasma e Racconti di un viaggiatore – Parte terza e quarta” di Washington Irving ha atmosfere dark, lugubri e cupe con personaggi- lo sposo fantasma del titolo per esempio- che solo all’apparenza sono vivi e vegeti ma hanno un piano ben preciso da compiere, tipo il portarsi nell’aldilà la fidanzata ancora viva. Poi si passa ai “Racconti di un viaggiatori” dove il fruitore, grazie alla sapiente penna di Irving, si muove in diversi luoghi e tempi, perché dalla Germania del periodo Medievale, si passa all’Italia del 1800, in particolare nella campagna dove famiglie e giovani coppie di sposi sono vittime dei briganti, uomini spietati e senza scrupoli, per arrivare all’America, ad una parte di New York – Manhattan – molto diversa da quella che conosciamo. La zona cittadina è colma di bucanieri e di individui poco rassicuranti, pronti a tutto pur di arricchirsi e far man bassa dei tesori nascosti. Quelle create da Irving sono storie avventurose, a tratti cupe e con un’alta tensione riguardo a quello che potrebbe accadere nella pagina successiva, perché nelle sue storie convivono umili persone, loschi individui pronti a tutto e creature misteriose tutte da scoprire. Traduzione dall’inglese di Adriana Cicalese e Riccardo Duranti)

Source: inviato dall’editore. Grazie all’ufficio stampa Gallucci e a Marina Fanasca.

:: Eredità colpevole di Diego Zandel (Voland 2023) di Patrizia Debicke

11 febbraio 2023

Roma, anni 2000. Il giudice La Spina viene freddato davanti al portone di casa con cinque colpi di pistola, l’ultimo, fatale, alla nuca. A rivendicare l’attentato un sedicente gruppo di estrema destra, Falange Nera, che con un comunicato alla stampa accusa il giudice di essere stato complice e responsabile dell’assoluzione dell’infoibatore Josip Strčić.
Diego Zandel ho scelto per immedesimarsi meglio nel suo nuovo romanzo/fiction di prestare all’autobiografia del protagonista il vero tracciato della sua vita , dove e come lui è nato, la personalità dei suoi genitori, di sua nonna che l’ha cresciuto, insomma tutti i suoi veri ricordi. Ha cucito infatti addosso i suoi panni a Guido Lednaz, giornalista e scrittore, che descrive come lui figlio di profughi fiumani, per sopravvivere partiti abbandonando tutto dietro di sé, nato a Fermo mentre la famiglia sopravviveva nel campo profughi di Servigliano nella Marche per poi passare al Villaggio Giuliano Dalmata di Roma ex Villaggio E42. Non solo, per meglio completare la sua finzione gli presta, in toto e con generosità oltre al suo vissuto, la carriera letteraria, per poi regalare al suo ideale gemello un’avvincente avvventura, un giallo d’indagine neppure tanto velatamente mascherato da spy story giallo noir .
Quindi Guido Lednaz alter ego dell’autore, fin dall’inizio emotivamente coinvolto vuole solo approfondire le circostanze e le motivazioni dell’omicidio del giudice La Spina, prima crivellato per strada a pistolettate per poi essere finito con un colpo alla nuca da un motociclista, un irriconoscibile centauro in tuta e casco integrale in sella a una moto da cross. . Unici testimoni la moglie affacciata alla finestra e un commerciante che stava alzando la serranda del suo negozio. Brutale omicidio che verrà rivendicato con una lettera al Quotidiano la Repubblica da un fantomatico gruppo di estrema destra “Falange nera” adducendo la motivazione: complicità del magistrato con gli infoibatori titini. “Onore ai martiri”. Colpa attribuita alla vittima: l’assoluzione per difetto di giurisdizione per il non luogo a procedere – in pratica un’assoluzione- nel processo intentato contro dell’imputato, il criminale di guerra titino Josip Strčić (personaggio liberamente ispirato a Oskar Piškulić, capo della polizia politica di Tito, reale autore degli eccidi nelle foibe).
Prima di lui il pubblico ministero era stato addirittura sollevato dall’incarico.
C’era qualcosa? Cosa? Dietro la determinazione di insabbiare il tutto, di non consegnare un criminale alla giustizia?
Così prende il via l’ardita fiction, basata per altro su puntelli ben documentati che, seguendo varie piste e rintracciando meticolosamente alcune delle tante figure di una lontano passato ci costringe a ripercorrere una delle pagine tanto misconosciute quanto sanguinose della storia del Novecento, legate sia alle atrocità della Seconda guerra mondiale che al successivo esodo di un intero popolo, quello istriano.
Un’avvincente indagine dalle tenebrose tinte noir, una lunga minuziosa e rischiosa investigazione, che finirà per tramutarsi in un sofferto e frammentario viaggio verso una tremenda conclusione , condotta faticosamente tra Roma e Trieste pur con l’indiretto ma fattivo apporto delle forze dell’ordine (non è il primo delitto del fantomatico centauro che ha già colpito, ma non c’è il via libera per scavare di più ), di un inviato speciale in caccia di indizi, tracce, documenti sepolti in polverosi archivi semidimenticati per arrivare a volti e nomi.
Seguendo variegate piste esplorative, senza lasciarsi fuorviare, riprendendo contatto con alcune figure del suo passato, in grado di offrire indizi, fornire prime spiegazioni e proporre altre complicate piste da seguire, Lednaz dovrà ripercorrere una delle pagine più sanguinose della storia, cercare di scardinare la quasi inviolabile cassaforte del resoconto delle peggiori atrocità della Seconda guerra mondiale nei confronti di essere umani innocenti e il conseguente esodo di un intero popolo che viveva sereno e ha dovuto rinunciare per sempre alle proprie radici.
Un’avvincente indagine dalle tenebrose tinte noir, anche insozzate da un’insanabile forma di razzismo e atroce disumanità, condotta tra Roma e Trieste, che porterà il protagonista a raggiungere una drammatica verità.
Un’indagine dura, molto dura e rischiosa anche per chi gli sta vicino, ma Guido Lednaz non si lascerà fermare dai consigli o dalle minacce. Una difficile e ingarbugliata inchiesta che tuttavia alla fine gli consentirà di rialzare quei veli calati a tombale copertura di una storia, arrivando al nocciolo di una triste e tragica e crudele realtà, nata, provocata, , mai dimenticata e soprattutto tenacemente coltivata fino alla vendetta.

Diego Zandel, figlio di esuli fiumani, è nato nel campo profughi di Servigliano nel 1948. Ha all’attivo una ventina di romanzi, tra i quali Massacro per un presidente (Mondadori 1981), Una storia istriana (Rusconi 1987), I confini dell’odio (Aragno 2002, Gammarò 2022), Il fratello greco (Hacca 2010), I testimoni muti (Mursia 2011). Esperto di Balcani, è anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, prodotto da Clipper Media e Rai Cinema (2022).

Source: libro del rcensore.

:: Costituzionalismo ambientale. Atlante giuridico per l’Antropocene di Domenico Amirante (Il Mulino, Bologna, 2022) a cura di Valerio Calzolaio

10 febbraio 2023

Pianeta. Gli ultimi decenni. Il diritto deve contribuire in maniera decisiva a rafforzare e a dar corpo alle istanze di tutela ambientale, ormai sempre più presenti nelle società contemporanee, e a superare quell’impasse culturale, politica ed economica che le ha costantemente frenate. Finora non ha raggiunto i risultati sperati, in particolare quello ambientale, collezionando una serie di sconfitte sui piani sia della repressione dei comportamenti dannosi sia della delineazione di un quadro normativo efficace (anche nello stimolare comportamenti virtuosi). Per riuscirvi occorre recuperare la dimensione biologica ed ecologica della vita dell’uomo sulla terra e nella terra, partendo dai testi aggiornati o da aggiornare delle costituzioni, dalla trasformazione in senso ambientale degli ordinamenti giuridici nazionali, da una svolta nelle agende politiche di parlamenti e governi. La nozione di Antropocene comporta un superamento oggettivo della distinzione natura-cultura, non si può più aprioristicamente escludere la possibilità di conferire personalità giuridica a elementi naturali, passando dall’individualismo liberale di stampo sette-ottocentesco al concetto di autonomia cooperativa della persona. Ci si sta provando: nel 2022 più di tre quarti degli ordinamenti mondiali riconoscono testualmente la tutela ambientale nelle proprie costituzioni (grazie soprattutto alla spinta propulsiva di molti paesi appartenenti al sud del mondo), la maggior parte degli altri li tutela attraverso la giurisprudenza delle proprie corti supreme. Un nuovo integrale costituzionalismo ambientale non può che constatare che le tre nozioni connesse all’individuale, al sociale e al biologico sono indissociabili: è una bella sfida per tutti.

Il bravo docente universitario napoletano Domenico Amirante disegna un interessante ricco atlante costituzionale comparato di diritto ambientale, che mostra e analizza le più importanti tendenze in atto a livello globale. Nel primo capitolo del bel volume l’autore spiega la metodologia di diritto comparato come bussola per la rivoluzione copernicana imposta dalla nozione di Antropocene. Nel secondo delinea i fondamenti del costituzionalismo ambientale come disciplina multilivello, opzione che consente di evitare i rischi sia dell’approccio universalistico e unificante del diritto internazionale, sia dell’estremo particolarismo e tecnicismo del diritto amministrativo. Nel terzo affronta i relativi percorsi storici, segnalando come siano protagonisti dell’attuale fase adulta molti testi costituzionali di Africa, America Latina e Asia, promulgati o fortemente emendati negli ultimi trent’anni. Nel quarto, anche con l’ausilio di tabelle riepilogative, esamina dettagliatamente i dati quantitativi e qualitativi, globali e accorpati per continente. Il quinto e ultimo capitolo individua le prospettive più innovative, dalle teorie sul costituzionalismo ecologico al nascente costituzionalismo climatico, concentrando l’attenzione sui paradigmi economici, politici e giuridici basati sui concetti di responsabilità e interdipendenza tra l’essere umano e la natura. Si nota talora (anche nelle note bibliografiche e nell’indice dei nomi) una certa approssimazione nei riferimenti alla cultura scientifica proveniente da quello che Amirante chiama “il mondo delle cosiddette scienze esatte”, evidente per esempio nell’idea che “in epoche passate gli esseri umani hanno vissuto in modo sostenibile, in armonia con la natura, rispettando i limiti dei confini planetari e delle regole ecologiche”, in cui si confermano giustamente i danni del modo di produzione degli ultimi secoli ma si rintraccia ancora poco delle culture evoluzionistica, biologica, ecologica, antropologica e demografica che hanno descritto la vita bipede per i milioni di anni delle specie umane e i centinaia di migliaia dei sapiens, nelle nicchie dei vari ecosistemi, globale e specifici. Parziale ma utile l’accenno (nella postfazione) alle recenti modifiche costituzionali italiane degli articoli 9 e 41, anche sulla base di una personale esperienza e competenza.

Domenico Amirante insegna Diritto pubblico comparato e Diritto dell’ambiente nell’Università della Campania «Luigi Vanvitelli» e Diritto ambientale italiano e comparato nell’Università Suor Orsola Benincasa. È stato membro del Comitato internazionale di esperti del Global Pact for the Environment e della Commissione ministeriale italiana per la riforma costituzionale dell’ambiente. Tra i suoi lavori «Ambiente e Costituzione» (Franco Angeli, 2000), «Diritto ambientale comparato» (Jovene, 2003), «La forza normativa dei principi» (Cedam, 2007). Con il Mulino ha pubblicato «India» (2007).

Source: libro del recensore.

:: È così che si muore di Giuliano Pasini (Piemme 2023) a cura di Patrizia Debicke

7 febbraio 2023

Quando tutto il resto pare inaccettabile, l’unica salvezza potrebbe essere la certezza di un porto sicuro. Perché la solitudine è forse la vera condanna del principale protagonista dei romanzi di Pasini, il commissario Roberto Serra che crede di non aver più un posto dove ritrovare la sua pace. Aveva sperato perciò che, tornando dieci anni dopo a Case Rosse, paesino arroccato sull’Appennino dove la sua storia e la sua dannazione, erano ricominciate gli potesse servire. Proprio a Case Rosse, il borgo di mille anime arroccato sull’Appennino emiliano dove nel 1995 aveva trovato per la prima volta rifugio per fuggire da quelle indagini e da quegli omicidi che a Roma lo stavano distruggendo. Ma la notte di Capodanno , il 1 gennaio 1995, quando il suo pur fragile equilibrio pareva faticosamente riconquistato, aveva dovuto affrontare uno dei crimini più brutali della sua carriera. Uno spaventoso delitto commesso durante la notte in alto, al Prà grand, con due adulti e una bambina uccisi senza pietà. Un’ orribile rappresaglia che riconduceva alla sofferenza e all’orrore vissuti 50 anni prima in quel luogo, con il massacro commesso nel ‘45 dalle SS in ritirata e dai loro alleati repubblichini, decisi a far terra bruciata attorno a loro. L’inchiesta che l’aveva ghermito, l’aveva catapultato nell’inferno di un passato che pareva dimenticato e invece era ancora marchiato a fuoco nella memoria degli abitanti. E quell’ inferno era tornato a presentare il conto offendo spazio alla danza. Un dono o una maledizione?
Insomma aveva indelebilmente segnato anche lui. Il ritrovato rapporto con Alice, unico insicuro lumicino, appeso a nuove piccole sicurezze, pian piano si era fatto traballante. La sua vita, la sua non-malattia che era parte di lui, le sue fughe continue, che si accumulavano una sull’altra lasciando cicatrici, erano tutte intrecciate con il suo nome : Alice. Non era servito il suo trasferimento a Treviso come capo ufficio immigrazione e neppure il suo rifugiarsi a Termine , il paesino di vigne. Non gli avevano impedito di scontrarsi di nuovo e ferocemente con l’aberrazione del male. E neppure il ritorno a Bologna e la nascita di Silvia mentre era ancora sospeso dal servizio, l’avevano reso più sicuro.
Silvia era una bambina speciale, per certi aspetti, ma così forse come era speciale lui. E poco dopo il dottor Gardini, il medico che per tanti anni aveva tentato di trovare una spiegazione e curare la paurosa sindrome del commissario, era stato assassinato laggiù nella bassa, terra cara alla prosa di Guareschi, poco lontana dalle Reggia di Colorno. Anche senza l’appoggio della divisa si era sentito costretto ad andare. A far parte del ventaglio di detectives riuniti per uno strano e inesplicabile delitto: Massimo Minimo, comandante in capo del Ris, Mixielutzi capo della squadra mobile di Treviso in ferie e nume tutelare di Roberto Serra, commissario sospeso.
Poi però, tornato in servizio con encomio, la sua volontaria scelta di allontanarsi. Perchè? Inquietudine? Vigliaccheria?
Ha chiesto lui infatti tre anni prima di essere assegnato di nuovo a quel minuscolo commissariato di montagna. L’ha fatto perché forse lassù sperava di riuscire a chiudere con i fantasmi che l’ossessionavano e magari farcela a controllare in qualche modo la sua sindrome e la sua vita? Cosa tutt’altro che semplice. E fare il pieno di alcol di notte e poi correre come un pazzo chilometri su chilometri ogni mattina per sputare il veleno, non è la migliore scelta. Intanto il suo rapporto con Alice si sta avviando alla definitiva chiusura, lei ha ripreso la studio del padre, sta per sposarsi con un ricco coetaneo bolognese. Mentre lui annaspa inutilmente pare e la forzata e dolorosa separazione da Silvia, sua figlia, non aiuta.
Poi a maggio, in un giorno che sembra scorrere inutile , senza sorprese come tutti gli altri: la chiamata del vicesindaco con la richiesta di correre nella frazione di Ca’ di Sotto per un incendio che sta divorando una cascina. Una cascina dove abitano un uomo e la sua compagna.
Roberto Serra e l’agente scelta Rubina Tonelli, una romagnola dai capelli rossi giovane e stizzosa, mandata lassù, a Case Rosse, a scontare una punizione, devono raggiungere subito il posto sulla trentenne ma funzionante Campagnola del commissariato. I pompieri, chiamati per primi e già all’opera , stanno usando la schiuma per controllare il fuoco, ma la stalla con le bestie è già andata, solo una scrofa mezza arrostita è uscita ancora viva dalle fiamme. Tra i primi ad accorrere, per tentare di fare qualcosa, è stato Rigo Bagnaroli, il fratello maggiore di Burdigon, ex pugile , un omone di un metro e novanta che si è fatto medicare dai sanitari le ustioni per aver tentato invano di entrare.
Quando divorato dalle fiamme crollerà il tetto, il corpo di Eros Bagnaroli, detto il Burdigòn, lo scarafaggio, semi carbonizzato verrà estratto dai vigili del fuoco da quanto resta della casa, ma quando, su richiesta del dottor Cherubini medico condotto, il capo dei pompieri e uno dei suoi riusciranno a girarlo, apparirà lampante che la causa della morte non è stata l’incendio. Al Burdigon hanno tagliato la gola. Per fortuna il suo sarà l’unico cadavere ritrovato nella cascina perché la sua compagna, scesa poco prima con il motorino in paese, li ha raggiunti e sta piangendo disperata.
Il comandante dei vigili decreterà subito che secondo lui l’incendio è doloso e, per innescarlo , ritiene sia stata usata della miscela agricola.
Quando poi ormai sta per scendere la sera, ci sarà l’arrivo sulla scena del delitto, di una squadra di carabinieri del Ris e di una di poliziotti della questura di Modena, con al comando Vito Corazza, gigantesco e dimenticato amico d’infanzia di Roberto Serra e capo della squadra mobile. Arrivo quasi in contemporanea simile a una carica di cavalleria, provocato dalla telefonata del Commissario di Case Rosse a Massimo Minimo, generale comandante del Ris, erre moscia, quando parla, quasi sosia di Clint Estwood e ancora suo nume tutelare. Telefonata al di fuori dalle procedure che Serra ha fatto appena si è reso conto di trovarsi davanti a un omicidio.
Liquidati rapidamente dal collega di Modena, Roberto Serra e Rubina Tonelli credono di essere ormai tagliati fuori dal caso ma…
Il generale Minimo non la pensa così, ha passato la notte sul cadavere di Bagnaroli e decreta scannamento. Insomma qualcuno ha ammazzato il Burdigon come un maiale. Poi, visto che si è scomodato a fare tutto quel lavoro solo perché Serra gliel’ha chiesto, il giudice istruttore assegnerà l’inchiesta a lui e a Corazza.
Dopo dieci anni Serra ha un nuovo efferato delitto commesso a Case Rosse su cui deve indagare. Ma la gente del paese non collabora e lui si sente ingabbiato in un nuovo e insondabile muro di omertà, mentre la Danza, la sua complice e condanna, ricompare all’improvviso sempre pronta ad attaccare a tradimento… Con la falce della morte è già alzata per colpire ancora. Questa volta, però, Serra dovrà fare i conti anche sulla presenza della vivace, prepotente ma vulnerabile Rubina Tonelli, che, quanto lui, è costretta a confrontarsi con traumatici fantasmi. Un’improbabile aiutante ma forse per tutti e due arrivare a scoprire la verità potrebbe diventare il modo per darsi una meta, oppure farcela a superare le proprie dolorose ferite e in un certo qual senso persino pensare a sanarle. Chissà?
Un’indagine del commissario Roberto Serra e dell’agente scelto Rubina Tonelli, molto intensa e coinvolgente, con l’irrinunciabile scenario di un tempestoso Appennino primaverile. Un’ indagine poi che, lasciando alla fine una serie di interrogativi in sospeso, apre la strada a potenziali futuri sviluppi narrativi. Torneranno entrambi in scena? Leggeremo ancora di loro? Perché no?
Qualche commento: impossibile per me non citare il generale Minimo che definisce con malizia i poliziotti : figli illegittimi di Sherlock Holmes. E Ariston il ricchissimo, generoso ma forse inguaribile pasticcione padre di Rubina. Solo tenera e rassicurante invece la Nives coi suoi gatti, il suo sereno buon senso e le sue tagliatelle. E, a proposito di tagliatelle, per fortuna anche se ohimè molto più sfumato stavolta rispetto ai precedenti libri, con Serra e il suo creatore Pasini quando si mangia lo si fa e bene e Roberto Serra, quando trova la voglia di cucinare, resta sempre un mago ai fornelli.

Giuliano Pasini nato a Zocca, è un orgoglioso uomo d’Appennino che vive in pianura, a Treviso. Socio di Community, una delle più importanti società italiane che si occupano di reputazione, è presidente del Premio Letterario Massarosa e in giuria di altri concorsi italiani e internazionali. Il suo esordio, Venti corpi nella neve (ora Piemme), diventa subito un caso editoriale. Seguiranno Io sono lo straniero e Il fiume ti porta via (entrambi Mondadori), tutti con protagonista Roberto Serra, poliziotto anomalo e dotato di grande umanità, in perenne fuga da sé stesso e dal male che lo affligge. È così che si muore ne segna il ritorno a Case Rosse dieci anni dopo il primo romanzo.

Source: libro del recensore.

:: Sisma Turchia Siria 2023: come aiutare

6 febbraio 2023

È possibile sostenere gli interventi di

@CaritasItaliana

utilizzando conto corrente postale n. 347013,

oppure con donazione tramite il sito http://caritas.it

bonifico bancario causale “TERREMOTO Turchia-Siria 2023” tramite:

Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma –Iban: IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111;

Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474;

Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013;

UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 0000110.

:: La biblioteca dei segreti di Bella Osborne (Newton Compton 2023) di Patrizia Debicke

6 febbraio 2023

Tom ha appena sedici anni ma sa da tempo che la vita può essere crudele e per evitare i problemi è meglio se si riesce a passare inosservati dai compagni, o meglio diventare invisibili. Frequenta senza grandi risultati la scuola superiore, anche se sognerebbe di riuscire ad andare all’università, ma è partito molto svantaggiato rispetto ai suoi coetanei . Sua madre è morta di parto quando lui aveva appena otto anni. Da quel momento ha vissuto male e da solo, con un padre che lavora di notte e beve troppo, sia probabilmente per affrontare il suo dolore che perché non riesce a garantirsi una vita migliore. Convivono infatti rincorrendo le bollette in una casa sudicia e maltenuta, mangiando cibi spazzatura e senza vedere mai nessuno. Una casa priva di ogni comodità, unico urlante emblema di modernità una vecchia televisione. Con i pochi spiccioli guadagnati, consegnando il giornali e racimolando tutti i suoi regali di Natale e compleanno, Tom era riuscito a comprarsi una console per giochi. Un oggetto costoso, che gli permetteva di giocare con amici sconosciuti, rallegrava le lunghe ore passate in casa e alleggeriva la sua solitudine.
Ma nessuno poteva impedirgli di sognare Farah, bellissima e gentile compagna di studi, che credeva fuori dalla sua portata, anzi addirittura già impegnata con uno dei ragazzi più prepotenti della classe. Ciò nondimeno, pur sentendosi inadeguato, avrebbe voluto almeno poter comunicare con lei e quel giorno, un sabato, nella speranza di scoprire un comune interesse, troverà il coraggio di entrare nella Biblioteca del paese. Il suo ingresso in realtà è un ritorno. Sua madre infatti amava molto leggere e prima della sua morte era andato tante volte con lei a prendere e riportare dei libri. E sarà proprio là nella Biblioteca, mentre fingendo che sia ancora viva, sta cercando dei romanzi del genere preferiti da lei, che attirerà l’attenzione di Maggie.
Maggie è una vivace vedova settantenne che gestisce da sola una piccola fattoria nel comprensorio dalle parti di Furrow Cross e arriva ogni sabato in biblioteca dove fa parte del circolo di lettura. E quel giorno sarà Tom ad accorrere in suo aiuto mentre viene scippata della borsa, appena uscita per ritornare a casa. Il ragazzo, in compenso, si beccherà un pugno e un occhio nero, però dopo essere stato medicato, le farà la gentilezza di prestarle il denaro per l’autobus e di accompagnarla fino alla fermata.
Ma al suo ritorno a casa suo padre, che ha bevuto troppo, dopo un pesante scontro verbale causato dal suo rifiuto di rinunciare a un’università e lavorare in una fabbrica di mangime per cani, prima gli ha sequestrato la console e poi, infuriato, gliela ha sfasciata irrimediabilmente.
A Tom non resterà che cominciare a leggere i libri che aveva preso in prestito in biblioteca…
Maggie da dieci anni, dalla morte del marito si dichiara autosufficiente. E infatti oltre a produrre ortaggi. frutta e legumi nella sua piccola e ben tenuta fattoria, alla periferia del villaggio, occupandosi anche di galline, pecore, agnelli e di un montone scontroso, continua a praticare lo yoga e a praticare l’autodifesa, frequenta regolarmente la Biblioteca cittadina, ma in realtà come Tom soffre di una tangibile mancanza di affetti e le pesa la solitudine.
Il fortuito incontro tra loro, due esseri umani, forse solo apparentemente molto diversi, provocato sia dalla curiosità di Maggie che dal generoso tentativo di aiuto di Tom, finirà con avvicinare e poi legare i loro due mondi: quello sofferto e doloroso di un timido adolescente e quello di una donna il cui passato nasconde la obbligata scelta di un grave segreto.
E non solo, il ragazzo le lascerà il suo numero di telefono in caso di bisogno. E, quando accadrà, riscopriranno insieme il quieto sapore di una normale vita familiare fatta di dare e avere e di come prendersi cura l’una dell’altro..
Mentre Maggie insegnerà a Tom a difendersi e a cercare il confronto con il padre, spiegandosi (e l’uomo si sforzerà di uscire dal suo buio sociale e interiore), Tom aiuterà Maggie a capire che gli errori commessi nel passato non dovranno per forza gravare per sempre sulle sue spalle.
Nascerà così spontaneamente l’improbabile ma vera e costruttiva amicizia tra un adolescente problematico e una settantenne un po’ fissata. Una bella e grande amicizia in grado di cambiare il corso delle loro vite e persino il loro futuro.
Due generazioni diverse. Due persone inconsuete che poi, quando la minaccia della chiusura della biblioteca per mancanza di fondi e progressivo calo di utenti si farà concreta e pericolosamente vicina, si uniranno con coraggio e spirito di iniziativa per salvarla, inventeranno occasioni di incontro, organizzeranno pubbliche manifestazioni e radunando attorno a loro tutto il paese e le frazioni vicine, provocheranno piano piano la partecipazione delle autorità e il coinvolgimento dei media. E un nutrito e indispensabile afflusso di volontari. Perché ognuno di loro deve poter dimostrare che la biblioteca non riguarda solo i libri: quel luogo è il cuore pulsante di cultura della loro comunità e deve sempre esistere e restare aperto, pronto ad accogliere tutti.

Bella Osborne è un’autrice inglese di romanzi di successo. Il suo libro d’esordio è stato finalista a prestigiosi premi, tra cui il Contemporary Romantic Novel of the Year. Osborne ha inoltre vinto il RNA Romantic Comedy Novel of the Year Award. Vive nelle Midlands, nel Regno Unito, con la sua famiglia. Per saperne di più: www.bellaosborne.com

Source: libro del recensore.

:: Un’intervista con Fabrizio Borgio a cura di Giulietta Iannone

4 febbraio 2023

Oggi abbiamo il piacere di intervistare Fabrizio Borgio, autore del libro “Il pittore di langa (Fratelli Frilli Editori) terzo classificato alla tredicesima edizione del Liberi di Scrivere Award.

Benvenuto Fabrizio e complimenti per il terzo posto, dopo due scrittrici uno scrittore. Sei un esponente del cosiddetto folk noir piemontese. Una connotazione così regionale e sociale è parte della tua poetica narrativa?

Grazie, é stata una bella sorpresa. Non so se possiedo una mia poetica narrativa, so per certo che sono il prodotto di una determinata cultura, circoscritta a una regione che ha ancora alcune caratteristiche specifiche. C’è sempre del Piemonte in ciò che scrivo, anche quando non ambiento nella mia regione, perciò penso che si possa affermare che la connotazione di cui parli sia una componente intrinseca del Borgio Fabrizio che scrive.

Usi il dialetto piemontese nei tuoi romanzi? Conosci questa vera e propria lingua o ti avvali di consulenti?

Sì, lo uso, lo parlo anche se non con la scioltezza da madre lingua dei miei nonni e lo scrivo con ampie licenze rispetto alle grammatiche ufficiali. Lo impasto spesso nei dialoghi, nella mia scrittura, anche se realizzare una lingua ibrida, come ha fatto Camilleri con il siciliano, oggi come oggi non ha senso visto che l’utenza che lo utilizza è sempre più rada. Ho un vocabolario e un testo di grammatica piemontese che mi supportano. Infine temo, e lo dico con la morte nel cuore, che il piemontese sia una lingua minoritaria (definizione UNESCO) destinata alla scomparsa esattamente come il panorama umano e culturale tipico di questa regione, le trasformazioni in atto lo portano a una morte naturale.

Proposte di traduzioni per l’estero?

Magari. Scherzi a parte, i romanzi della Frilli editrice sono già comparsi in edizioni estere, il mercato tedesco in particolare è interessato a storie di ambientazione provinciale italiana, chissà se un giorno…

Che accoglienza hai avuto dalla stampa?

Mediamente buona, certo sono un nome piccolo, non posso parlare di fama, al limite di conoscenza da parte di media locali.

Come è nato il suo amore per i libri e la scrittura?

Da piccolo, figlio di lettori e bambino timido e chiuso: una miscela ideale per costruire un lettore in erba appassionato. I libri erano la mia compagnia, i miei amici, i miei viaggi.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Tanti, talmente tanti che stilare un elenco sarebbe lungo e ingrato. Pescando a caso e senza citare i soliti noti nomino Tondelli, Høeg, Despentes, Pastor e Avoledo.

Puoi dirci a cosa stai lavorando in questo momento?

Ho diversi progetti aperti, i principali consistono in una spy story ambientata in Bosnia, una novelization di un Gioco di Ruolo e un noir da proporre a un’editrice di audiobook.

Grazie per il tuo tempo e la tua pazienza, e auguri per il futuro.

Ringrazio di cuore, incrociamo le dita e aggiungo l’augurio di risentirci presto.

:: Ricette per i bimbi buone per tutta la famiglia – Tante idee per il post svezzamento di Elisa De Filippi (Red Edizioni 2023) a cura di Giulietta Iannone

3 febbraio 2023

Che cosa accade quando termina la fase dello svezzamento? Come capire che è finito il “periodo dei tagli sicuri”? Come continuare a nutrire correttamente un bambino? Mettere in tavola pasti equilibrati e che siano anche adatti a tutta la famiglia è un obiettivo facilmente raggiungibile, ma con le dovute accortezze nutrizionali. I bambini non sono adulti in miniatura e per questo è bene continuare a riservare loro le giuste attenzioni anche dal punto di vista alimentare per favorire una crescita sana. Questo libro nasce con l’obiettivo di aiutare i genitori ad affrontare il “post svezzamento” in maniera naturale e serena. Illustra come cambia l’alimentazione nei primi anni di vita del bambino e quali sono i nutrienti che non devono mancare nel suo piatto. Spiega come affrontare tante situazioni pratiche della vita di tutti i giorni, dalla prima colazione alla cena. Aiuta a superare i momenti difficili a tavola, come i rifiuti completi dei pasti o l'”odio” verso le verdure. Presenta oltre 100 semplici ricette, gustose e collaudate, che stuzzicheranno l’appetito di tutta la famiglia. Suggerisce come combinare le ricette proposte all’interno di menu settimanali adattabili a ogni esigenza.

Consigliato innanzitutto alle neomamme Ricette per i bimbi buone per tutta la famiglia, della biologa nutrizionista Elisa De Filippi, è in realtà un libro utile a chiunque voglia conoscere i segreti di un’alimentazione sana ed equlibrata, capace davvero di cambiare la vita in meglio non solo dei più piccoli ma anche di tutti i restanti componenti della famiglia. Che bisogna utilizzare in generale un consumo moderato di zuccheri, o evitare il più possibile le bibite zuccherate e gassate o gli acidi grassi insaturi tutti bene o male lo sappiamo, Elisa De Filippi ce ne spiega con certosina pazienza le motivazioni e i rischi senza allarmismi ma con competenza e pacatezza. Mangiare sano si può, apportare al nostro organismo, e a quello dei nostri bimbi, il giusto apporto di nutrienti è un’arte che si può imparare con fantasia e creatività, e questo libro è una vera e propria guida sicura di facile e divertente consultazione per riuscire nell’intento. Dalla colazione (quanti di noi prestano sufficiente attenzione al primo pasto della giornata assorbiti dalla fretta di correre in ufficio?) al pranzo, alla merenda, agli spuntini, alla cena, 100 sono le ricette utili per un’alimentazione varia e buona, gradevole sia alla vista, che al gusto, che soprattutto importante per la salute. In ogni ricetta in Il consiglio in più in una nuvoletta violetta un suggerimento, un segreto, un approfondimento a cui prestare maggiore attenzione per la nostra educazione alimentare. Si sa i bambini per crescere armoniosamente e bene hanno bisogno di un’alimentazione su misura, che non avvalli e giustifichi i capricci, ma nello stesso tempo che tenga conto delle ritrosie e dei timori. Un libro colorato può essere utile a far familiarizzare il nostro bambino con un alimento che percepisce estraneo e minaccioso. Nelle loro testoline i bimbi fanno i loro ragionamenti ed è bene comprenderli per potere fare il loro bene. Oltre che nutrizionista l’autrice e anche una mamma che mette la sua esperienza coi suoi bimbi al centro delle sue riflessioni e dei suoi consigli. Quindi non solo teoria ma sana pratica umanizzata dal grande amore per i suoi bambini. Consigli dettati anche dal buon senso, il rischio di soffocamento per i più piccoli fa sì di prestare maggiore attenzione ai cibi piccoli e non sminuzzati. O anche solo sottolinea l’importanza di offrire acqua al bambino dopo il digiuno notturno. Quanti bambini nervosi, iperattivi, incapaci di concentrarsi sono semplicemente vittime di una cattiva alimentazione, e questo libro, sempre affiancati dalla guida di un pediatra, è un utile manuale per far luce su un mondo per molti sconosciuto. Anche se i bambini non sono adulti in miniatura, gli adulti al contrario possono fare tesoro dei consigli utili per i più piccoli e migliorare il loro approccio con il cibo e l’alimentazione, che sappiamo tutti è strettamente legata alla nostra salute e al nostro benessere. Quante mamme vivono con ansia le varie fasi di crescita dei loro bambini, colpevolizzandosi se il bambino non mangia, o rifiuta le verdure, o non mangia la frutta e vuole solo merendine industriali e patatine fritte. Capire che sono cose comuni e condivise da molte mamme può essere un primo passo per rasserenarsi e agire costruttivamente di conesguenza.

ELISA DE FILIPPI, biologa nutrizionista, si è formata presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Nel corso degli anni si è specializzata in nutrizione materno-infantile, con particolare riguardo alla fascia della prima infanzia. Mamma di due bambini, racconta le ricette e i menu che prepara con loro e per loro sul suo blog e sul suo profilo Instagram @mammanutrizionistaincucina

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Davide dell’Ufficio Stampa.

:: Le mie stelle nere. Da Lucy a Barack Obama di Lilian Thuram (Add Torino 2014) a cura di Valerio Calzolaio

2 febbraio 2023

Pianeta. Da milioni di anni di tante specie e incarnati umani, da decine di migliaia meticcio. Provate a immaginare un bambino bianco che a scuola non abbia mai sentito parlare di scienziate e scienziati bianchi, di re e regine, di rivoluzionari e rivoluzionarie, di filosofe e filosofe, di artisti e artiste, scrittori e scrittrici con la pelle del suo colore. Pensate a un mondo in cui tutto ciò che è bello, profondo, fine, sensibile, originale, puro, buono, acuto e intelligente sia soltanto nero, e dove viva nero anche Dio. Immaginate il turbamento che si scatenerebbe dentro quel bambino, tanto più se è l’unico bianco in una classe di neri e a lezione sente spiegare che i suoi antenati erano schiavi e che i neri potevano essere razzisti. Poi invertite il colore, non bianco ma nero, e sperate che qualcuno abbia fornito lui una chiave per capire la Storia, per rintracciare grandi figure dell’umanità trascurate dai manuali. A quel punto potrebbe essere davvero utile elencare, studiare, comparare alcune di quelle stelle nere, persone che hanno molto combattuto e sofferto per alzare la testa. Eccone quarantacinque: alcune singoli individui dalla non sapiens Lucy (di incarnato scuro come gran parte dei sapiens per la maggior parte della nostra storia di specie) e dal saggio Esopo (VII-VI secolo a.C.) a Mandela, Diarra, Abu-Jamal, Shakur, Obama; alcune gruppi collettivi dai faraoni neri (Taharqa regnò dal 690 al 664 a.C.) ai cacciatori del Manden o ad alcuni “morti per la Francia” senza nazionalità francese nella guerra 1914-1918; passando per gli autori di testi e azioni che lo hanno formato, da Douglass a Garvey, da Césaire a Fanon, da Malcom X a Martin Luther King. Rifulgono di splendore.

Riprendiamo in mano il primo splendido libro del grande atleta francese Lilian Thuram (Guadalupa, 1972), uno dei più straordinari giocatori di calcio degli ultimi decenni (1991-2008), che, appena attaccate le scarpette al chiodo, ha promosso la fondazione Éducation contre le racisme, pour l’égalité, pubblicando quasi subito il suo efficace esordio narrativo no fiction (in Francia nel 2010): la storia di alcuni umani di incarnato scuro la cui conoscenza è imprescindibile per ogni altro umano, specie da questa parte del mondo. Non a caso, nella ricca appendice (oltre che bibliografia, indice dei nomi e brevi riflessioni di uno psichiatra infantile) c’è anche una mappa del pianeta apparentemente “al contrario”, che ha le sue proprie rimarchevoli ragioni geografiche, psicologiche e sociali: “in termini di rappresentazione non esistono scelte neutre. Quando il Sud la smetterà di vedersi in basso, cesseranno anche i pregiudizi”. Utile ribadire che esiste pure un razzismo maschile di altro “genere”. E, se davvero vogliamo cambiare la società e combattere ogni razzismo, non è sulla discriminazione al contrario né sullo spirito di appartenenza a una comunità che possiamo contare. Soltanto il cambiamento dei nostri immaginari può avvicinarci e far cadere le barriere culturali fra un “voi” e un “noi” determinato dal colore della pelle: è tutto il passato del mondo che dobbiamo recuperare, per capire meglio e preparare il futuro di altre generazioni. Ogni “stella” un disegno di Piergiorgio Mantini e un’articolata colta scheda non puramente biografica, mediamente una decina di pagine ciascuna. Ottima prefazione di Emanuela Audisio (“neri si diventa”), che fra l’altro introduce i giusti nessi con i muscoli intelligenti nello sport.

Lilian Thuram, nato in Guadalupa nel 1972, è stato un importante calciatore internazionale, campione del mondo nel 1998 e campione europeo nel 2000, oltre a molti altri riconoscimenti in altre squadre. In Italia ha giocato nel Parma e nella Juventus. Nel 2008 ha creato la Fondation Lilian Thuram, éducation contre le racisme. Il libro ha vinto il Premio Seligmann.

Source: libro del recensore.

:: Nicola Lagioia dirige LUCY: la nuova rivista multimediale di cultura, arti e attualità

1 febbraio 2023

Nasce Lucy una rivista digitale multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità in senso più ampio con la direzione editoriale di Nicola Lagioia. Con sede a Milano Lucy sarà disponibile sul sito (lucysullacultura.com), sulle principali piattaforme social (Instagram e Facebook), su Youtube e Spotify.

Sebbene digitale avrà cadenza mensile e numeri monografii, e si ripromette di avere oltre a uno sguardo nazionale anche un respiro prettamente internazionale con contributi di diversi collaboratori italiani e esteri. Retribuiscono ogni forma di collaborazione come le riviste statunitensi, e ritenendo che la cultura debbe rimanere indipendente dopo un periodo di consultazione gratuita proporranno un abbonamento, sia alla rivista che alle loro attività, a costi anticipano ragionevoli.

Una rivista di addetti ai lavori rivolta ad addetti ai lavori? Forse, ma anche un polo in cui accentrare un discorso culturale più ampio e teso all’innovazione.

La voce Collabora con noi, invita a scrivergli e a proporre idee adatte alla rivista.

Il tema del primo monografico di Lucy sarà Quello che non so di te. Tra i molti contributi: Elisabetta Bianchi, Giulia Cavaliere, Mauro D’Alonzo e Andrea Piva, Annie Ernaux, Damon Galgut, Gipi, Telmo Pievani, Domenico Starnone, Giovanna Tinetti, Nadeesha Uyagonda e Serena Vitale

Il direttore Lagioia sarà protagonista di Fare un fuoco, il podcast di Lucy da lui scritto e condotto, che racconta come le storie accendono la nostra immaginazione. Ogni venerdì, a partire dal 3 febbraio, una nuova puntata su Spotify, Spreaker e Apple Podcasts.

Ricaviamo dal comunicato stampa gentilmente inviatomi da Maddalena Cazzaniga Responsabile comunicazione e relazioni esterne che una delle aspirazioni della rivista è creare comunità, un rapporto più diretto con le persone, per cui organizzeranno anche eventi in presenza.

Se vi capita dategli un’occhiata, il racconto dell’Ernaux è disponibile a questo link: https://lucysullacultura.com/le-parole-come-macchie/ schiacciando un tastino potete anche ascoltarlo.