
Ecco il resoconto del nono incontro del ciclo Interviste (im)perfette tenutosi il 13 luglio sul nostro Gruppo Facebook. Buona lettura!
Benvenuto Fabrizio Borgio.
Buonasera a tutti, appena arrivato…
Non perdiamo tempo, e iniziamo con la prima domanda: Come è nato il tuo interesse per la scrittura e la letteratura in genere?
Fin dall’infanzia direi. Ero un bambino molto timido e chiuso, non facevo amicizia con i coetanei, il mio mondo lo costruivo con televisione, fumetti e le prime letture di libri, tra i quali ricordo una fascinazione pazzesca verso un’edizione illustrata di 20000 Leghe sotto i mari. Verso i 10/12 anni iniziavo a scrivere storie mie per trasformare alla mia maniera trame viste nei film.
Quali sono i tuoi scrittori preferiti, classici e contemporanei? Quelli che hanno influenzato maggiormente la tua scrittura.
Ne ho tantissimi. Posso citare Sturgeon perchè è l’autore del primo libro un po’ adulto che ho letto nella mia vita: Cristalli sognanti e poi Joyce, il primo autore di letteratura “alta” che mi ha stregato con il suo Ulisse. Tralasciando alcuni imprescindibili (King, Lovecraft ecc.) ricordo Clive Barker, Janet Frame, Buzzati, forse il mio italiano preferito assieme a Fenoglio e Tondelli e poi, tra gli ultimi che mi hanno stregato David Foster Wallace e Lucia Berlin.
Hai iniziato a pubblicare con case editrici tradizionali, solo recentemente hai iniziato anche una tua carriera parallela nell’editoria indipendente, come è maturata questa evoluzione?
Dalla consapevolezza man mano più forte che una Casa editrice “tradizionale” non necessariamente è indice di serietà, professionalità e innovazione. Autopubblicarsi implica molta disciplina personale ma si ha il controllo totale di ciò che si scrive. NO GASOLE il primo romanzo che ho pubblicato da indie era stato rifiutato da diversi editori perchè “strano”, per esempio. Infine ho esempi eccellenti di autori indie e il loro lavoro mi ha convinto una volta per tutte.
C’è qualcuno che ti ha incoraggiato all’inizio, qualche professionista di cui ti avvali della collaborazione?
In realtà no. I miei lavori erano gelosamente celati a tutti. Solo quando ho vinto un paio di concorsi ho cominciato a pensare che tutto questo disastro, i miei scritti, non dovevano essere. Attualmente mi avvalgo del lavoro di Germano Greco come editor ormai storico e nel caso di NO GASOLE ho contattato alcuni beta reader per aver i loro riscontri a riguardo. C’è poi l’amicizia, professionale e non con pochi altri che come me scrivono. I nostri incontri sono sempre molto stimolanti.
Sei un autore fondamentalmente noir, con alcune declinazioni verso l’horror e la fantascienza, sono i generi che prediligi anche come lettore? O ce ne sono altri?
Horror e fantascienza sono le mie radici di lettore, di lettore forte aggiungerei ma come spiegavo prima, fissarsi con i generi è limitante. Spazio molto e ci tengo a farlo. Salto di palo in frasca, tra saggistica e romanzi storici, tra storie pulp e narrativa “convenzionale” o mainstream come dicono gli addetti ai lavori. La verità è che solo variando ci si arricchisce veramente, si scopre che si può affrontare una storia con schemi differenti, si scoprono stili nuovi. Quando ho conosciuto Wallace con Infinite Jest mi sono ritrovato a scrivere interazioni tra i personaggi estremamente complesse e nevrotiche. Ne La Ballata del Re di pietra, per esempio. Adesso ho da poco terminato Il Soccombente di Bernhard, la sua scrittura nevrotica entra in profondità.
Non posso non farti questa domanda. Sei molto legato alla tua regione, al tuo Piemonte, È lo scenario privilegiato delle tue storie, anche con il suo folklore, le sue tradizioni, il suo dialetto?
Assolutamente sì. Il piemontese è una lingua ricca e variegata nonostante i suoi arcaicismi, inserirlo, impastarlo con l’italiano è un lavoro che magari farà storcere il naso ai puristi ma credo che arricchisca il linguaggio di tutto lo scritto. La mia piemontesità è l’espressione di una cultura e di un territorio e infine di un modo di vedere il mondo. Anche in storie dove l’elemento territoriale non è prevalente, o ambientate all’estero, anche in quelle occasioni, un pizzico di Piemonte c’è sempre. Il folklore invece è il terreno nel quale ho coltivato il mio personale pantheon horrorifico.
Cosa ricordi dei tuoi anni passati nell’Esercito? Disciplina, serietà, senso di responsabilità sono restati nel tuo bagaglio esistenziale e di scrittore?
Direi di sì. Non a caso tutti i miei protagonisti, almeno finora, hanno un passato in uniforme nel loro CV. Stefano Drago era un ufficiale di complemento, Giorgio Martinengo un ex ispettore della Polizia di Stato. Sono anni che hanno forgiato pesantemente la mia personalità, d’altronde è una scelta di vita che fatta a vent’anni lascia segni indelebili, nel bene e anche nel male a dirla tutta. Nel mio caso, ordine, disciplina e senso del dovere sono stati rafforzati e concretizzati.
Un libro che ti piacerebbe scrivere a quattro mani, con chi?
Un romanzo d’avventure assieme a Davide Mana penso che abbia lo spirito giusto oltre all’amicizia che mi piace pensare ci lega.
Il tuo rapporto con la critica letteraria è un rapporto conflittuale o pacifico? Noti una certa ritrosia da parte di blogger e critici a recensire autoprodotti? Anche se nel tuo caso vedo che ti percepiscono principalmente come un autore tradizionale, e non hai avuto difficoltà a essere ospitato anche su pagine di quotidiani importanti.
Credo che allo stato attuale, quel poco d’interesse che possono riscuotere i miei libri riguarda esclusivamente quelli usciti con CE tradizionali. Personalmente ho un rapporto sereno con i recensori e non perchè finora sono stati tutti molto manianimi con i miei lavori (per onestà intellettuale ho sempre condiviso anche le recensioni negative) In tanti anni in questo ambiente ho comunque sviluppato una piccola rete di conoscenze e qualche giornalista generoso s’interessa alle mie uscite. Non parlerei di “facilità” o difficoltà. C’è molta casualità in quello. magari l’editore spedisce alla testata ben disposta e il gioco è fatto. Non sempre hanno voglia di farlo, ecco quello è un altro discorso però.
Per un autore che si autoproduce, e all’estero è una strada percorsa anche da autori importanti, penso a Lawrence Block, la maggiore difficoltà è la promozione. Come ti muovi in questo campo? Ti basi sul tuo pubblico di lettori già acquisito?
Qua diventa difficile… ovviamente la mia base di partenza è quel piccolo nucleo di lettori fedeli che ho guadagnato nel tempo. Promuoversi nell’ambiente indie significa muoversi in uno stagno sovraffollato di pesci, girini, larve e predatori. Perfino far comprendere che il racconto è in ebook e si scarica su Amazon diventa difficile e dopo mesi c’è ancora gente che mi dice che in libreria non trova gli ultimi usciti. Sto sperimentando la promozione in video per presentare e spiegare quel che scrivo. Una strada non così scontata o agevole. Ci vuole preparazione, una buona voce, un eloquio sicuro e probabilmente l’attrezzatura adeguata. (I miei video sono ultra artigianali, girato con il cellulare) spero di non darmi la zappa sui piedi
La moda del momento per gli autori indie è aprire un canale youtube, hai anche tu il tuo?
Come dicevo poco fa, sì. Ho uno smilzo canale youtube ma per farne uno strumento efficace temo debba lavorarci sopra e non poco. Comunque, per chi vuole, lo trova, a mio nome.
L’ora è volata, ringrazio tutti coloro che hanno partecipato. Infine nel ringraziarti per la disponibilità l’ultima domanda: che libro stai scrivendo in questo momento? Puoi anticiparci qualcosa?
Volentieri. Sto proprio ultimando l’ultimo romanzo con Giorgio Martinengo. Anche questa volta il nostro investigatore delle Langhe dovrà misurarsi con una serie di casi problematici che coinvolgo parte della sua famiglia. Ritorniamo così nel Piemonte più profondo, nelle sue terre, tra Langhe e Monferrato, sullo sfondo di una vendemmia resa più faticosa dal caldo che non molla neanche a settembre. Il titolo temporaneo e non definitivo è Panni Sporchi. Dimenticavo, in questo libro ci sarà una guest star ad affiancare Martinengo nelle sue indagini ma questa è una sorpresa.
Le domande dei lettori
Flavio Troisi
Hai scritto molti gialli, che in Italia hanno un discreto mercato, ma anche storie a tinte fosche, addirittura horror. E ultimamente fantascienza. In quale genere preferisci cimentarti?
Non ho un genere privilegiato. Mi piace muovermi sui confini dei generi, una tendenza contemporanea diffusa. I gialli, spesso virati nel noir sono quelli che mi hanno dato più “visibilità” e diventano una specie di comfort zone nella quale non voglio crogiolarmi troppo.
Davide Mana
Ciao, Fabrizio.
Proviamo con questa: molti giallisti, da vanDine a Simenon, hanno pubblicato le loro “regole” per il poliziesco.
Tu hai delle regole o dei principi che nello scrivere le tue storie DEVI assolutamente seguire?
Più che regole direi proprio principi. Il giallo ha già regole sue dalle quali, per natura intrinseca del genere, è quasi impossibile uscirne. La storia per mio conto dev’essere complessa ma infine comprensibile, in fondo, nel giallo il gioco tra lettore e autore è quello di cercare di spiazzarlo il più possibile nel finale, nel colpevole inaspettato. Non sempre è possibile allora è belle rendere il percorso tortuoso. È una scelta difficile perchè è un attimo perdere il filo logico ma da quel che ho avuto modo di vedere nei riscontri, infine appagante.