
Atmosfera natalizia, lucine, addobbi vari, panettone, pandoro, torrone, regali. Il classico Natale, ma Diego Lavaroni, in “L’ultima messa del gastaldo”, edito da Gaspari, ci racconta un Natale ben diverso, macchiato dalla misteriosa e inspiegabile morte di un uomo. La trama narrativa creata da Lavaroni prende il via proprio la Notte di Natale del 1843, poco dopo la messa di mezzanotte, quando a Buttrio (Udine) viene ritrovato cadavere Girolamo Zecchini, gastaldo che aveva in carico la cura dei terreni del conte d’Attimis Maniago. Una morte casuale o un spietato assassinio? Ad indagare sul posto arriva Valerio Rotario, giovane capitano di gendarmeria che, con i suoi sottoposti, comincerà un’accurata indagine per scovare il o i killer del fiduciario del conte Maniago. Il romanzo è ambientato all’epoca del regno Lombardo-Veneto e le indagini si muovono in un mondo nel quale si cerca di ricostruire in modo completo la vita della vittima, le sue amicizie, le frequentazioni sociali e culturali, nella speranza di trovare un possibile colpevole. Rotario si muoverà tra testi di agronomia (Il giornale agrario Lombardo Veneto, registri vignaioli e tanta letteratura), tra gruppi clandestini massonici, tra possibili amanti della vittima e amici che forse lo sono solo in apparenza, passando in palazzi nobiliari e taverne di terz’ordine, nella speranza di carpire qualche indizio o elemento che possa risolvere questo caso che ha sconvolto la piccola comunità proprio nella notte di Natale. Il romanzo si presenta come un giallo ambientato nel gelido inverno del passato lombardo veneto, agli albori dell’epoca dei moti insurrezionali che cambiarono poi per sempre l’Italia, e che, allo stesso tempo, conduce il lettore di oggi alla scoperta di usi, costumi, tradizioni e anche ritmi di vita ben differenti e diversi della frenesia che caratterizza i nostri tempi. Quello che emerge è un mondo più lento, dove i tempi erano scanditi dal passaggio delle stagioni e dai lavori agricoli. Interessante è poi la figura del gastaldo stesso, morto da subito, ma sempre presente nella trama narrativa, perché Girolamo Zecchini, non solo si prendeva cura delle terra del conte Maniago, ma lui, amante della letteratura e delle letture dedicate all’agronomia e al mondo agricolo, stava cercando di fare conoscere nuove tecniche per migliorare la resa della terra coltivata. Allora l’uomo sarà stato eliminato per questo suo tentativo di introdurre metodi agricoli più innovativi, oppure ci saranno di mezzo gelosie d’amore o vendette politiche. Il quadro è piuttosto complesso e il capitano Rotario farà il possibile per trovare una soluzione a tutto questo caos. Certo è che nel libro, oltre alle indagini, l’autore mette anche momenti di una quotidianità potente, come quando ci mostra la casa di un componente delle forze dell’ordine alla prese con i giochi con i figli piccoli o l’osservazione dettagliata degli ambienti dove ha vissuto la vittima o la vita a Ca’ Maniago, nobile, ma pur sempre casa. Diego Lavaroni con “L’ultima messa del gastaldo” crea un romanzo dall’intreccio ben costruito che affonda le radici nella cronaca e nella storia del passato, dove non mancano colpi di scena e scoperte che evidenziano da un lato, il fatto che non sempre le cose e le persone sono quello che sembrano o vogliono fare credere. Dall’altro, i personaggi letterari di Lavaroni hanno fragilità emotive e umane che li rendono diversi, ma anche molto simili a noi lettori.
Diego Lavaroni, psicologo, psicoterapeuta, autore di saggi e di volumi, si occupa di studi e ricerche in ambito psicologico e delle tradizioni popolari. Per la Gaspari ha pubblicato “Il covo delle ultime streghe” (2020) e “Voci popolari della Resistenza” (2021).
Source: richiesto dal recensore. Grazie all’ufficio stampa 1A.