
Tornare a Cioran per Nicola Vacca, critico e poeta sensibile e di notevole caratura etica e morale, dopo Lettere a Cioran del 2017 edito da Galaad Edizioni, è un impegno concreto alla ricerca di una nuova chiave interpretativa che aggiunga nuove prospettive, e criteri di analisi, su un filosofo e scrittore criptico come Emil Cioran, oggi quasi ormai se non proprio dimenticato, sicuramente colpevolmente trascurato dalla critica filosofica più paludata.
Cioran dobbiamo ammetterlo e un intellettuale scomodo, di difficile comprensione e collocazione, non solo per gli studiosi accademici più ferrati, e dotati di strumenti scientifici di indagine e di conoscenza diretta dei suoi testi, ma anche soprattutto per i lettori curiosi che forse si avvicinano a Cioran per la prima volta, spaventati forse anche dall’aura nichilista che lo circonda.
Vacca in L’uomo perplesso: Viaggio negli abissi di Emil Cioran, pubblicato da Edizioni Qed, (Collana Hyle), un testo originale filosofico e nello stesso tempo letterario, torna con un secondo libro su di lui, dopo otto anni, con spirito battagliero e alla ricerca di nuove strade interpretative, come dicevo all’inizio, per proseguire un discorso iniziato con il precedente libro, già notevole e compiuto. Vacca ne sente l’urgenza, e la necessità, ci sarà riuscito? Lo scopriremo nella lettura del testo.
Cioran è l’uomo perplesso del titolo che con le sue intuizioni ha fatto saltare il banco con una scorrettezza del pensiero che non ha eguali nella storia della letteratura. Parole definitive, deflagranti, che non ammettono compromessi, che Vacca utilizza per accompagnarci, novello Virgilio laico, alla scoperta di questo autore romeno ancora così necessario in un mondo contemporaneo che si nutre di false certezze e rassicuranti autoinganni.
Un altro tema toccato da Vacca, fin dall’inizio, è la libertà, per affrontare Cioran bisogna essere uomini liberi e non avere paura del proprio pensiero.
Libertà e verità si intrecciano contrapposte alla paura che limita il pensiero e l’azione degli uomini e li tiene in ostaggio, depotenziando tutto quello che di positivo ancora esiste e per cui vale la pena lottare anche a rischio di perdite personali. Questo ci insegna Cioran e questa lezione è chiara per Vacca che ce la consegna come un tesoro prezioso da difendere e custodire.
Da quarant’anni Vacca si confronta con Cioran, da quarant’anni ne studia il pensiero tramite la lettura dei suoi testi, delle sue lettere, dei suoi appunti sparsi, delle sue interviste, con l’obbiettivo di imparare, di crescere di affermarsi come essere umano consapevole e avveduto.
E lo studio dei suoi testi è centrale nella sua analisi, cerca le fonti dirette, si abbevera del testo originario scevro da filtri interpretativi esterni, a volte distorti. E questa caratteristica certo lo distingue.
È una lettura sofferta, si parla di sangue, di insonnia dello spirito e della carne, di abissi da colmare e padroneggiare con gli strumenti limitati dell’umano, ma consapevoli, e a prezzo del proprio tormento.
Come in un colloquio diretto, (almeno nella prima parte in cui si rivolge a un caro Emil) epistolare e intimo, Vacca si rivolge confidenzialmente a Cioran lamentando quanto sia assente il pensiero critico nelle devastanti barbarie del pensiero unico, o dando ragione a Citati quando scrive che i suoi pensieri sdegnano di essere pensieri, sono frammenti, schegge, una musica dello spirito.
Più che una frattura, un cambio di passo da Lettere a Cioran, è una continuazione, una prosecuzione con altri strumenti e una maggiore confidenzialità di chi ha fatto propri e introiettato il pensiero quasi in una dimensione amicale, se non fraterna. Poi riprende una parte più analitica abbandonando il tu, per una analisi più oggettiva, anche se sempre partecipata, e calda.
L’ammirazione è evidente, senza cadere nella palude retorica dell’agiografia, ma più che altro come una comunione di spiriti affini, un delirio di naufraghi nemici di ogni ortodossia.
Oltre a questo, si percepisce un’estraneità con il mondo coevo a Cioran, da cui trasuda tutta l’incomprensione con cui è stato sempre, e continua ad essere, accolto. Vacca la percepisce e ci soffre come si soffre per un amico il cui dolore è il proprio. Non che Vacca non citi e non conosca tutta la letteratura derivativa su Cioran, come il bel saggio di Seravalle Cioran verso la parola inzuppata di verità, ma ne inframezza le citazioni con pudore e consequenzialità, senza eccedere.
Resta perciò un’opera originale e necessaria, piuttosto inconsueta nel panorama letterario filosofico italiano, un testo breve, solo un’ottantina di pagine, come appendice di Lettere a Cioran, o meglio proseguimento di un discorso iniziato con il precedente libro che qui trova completezza.
Abbondante ed esaustiva la bibliografia finale, anche per uno studio comparato a livello accademico, o di semplice approfondimento. Prefazione di Vincenzo Fiore, postafazione di Alessandro Seravalle. Da segnalare il ritratto di Emil Cioran di Alfredo Vacca, come contributo iconografico.
Nicola Vacca è nato a Gioia del Colle nel 1963, laureato in giurisprudenza. È scrittore, opinionista, critico letterario, collabora alle pagine culturali di quotidiani e riviste. Svolge, inoltre, un’intensa attività di operatore culturale, organizzando presentazioni ed eventi legati al mondo della poesia contemporanea. Dirige la rivista blog Zona di disagio. Ha pubblicato: Nel bene e nel male (Schena, 1994), Frutto della passione (Manni 2000), La grazia di un pensiero (prefazione di Paolo Ruffilli, Pellicani, 2002), Serena musica segreta (Manni, 2003), Civiltà delle anime (Book editore, 2004), Incursioni nell’apparenza (prefazione di Sergio Zavoli Manni 2006), Ti ho dato tutte le stagioni (prefazione di Antonio Debenedetti, Manni 2007) Frecce e pugnali (prefazione di Giordano Bruno Guerri, Edizioni Il Foglio 2008) Esperienza degli affanni (Edizioni il Foglio 2009), con Carlo Gambescia il pamphlet A destra per caso (Edizioni Il Foglio 2010), Serena felicità nell’istante (prefazione di Paolo Ruffilli, Edizioni Il Foglio 2010), Almeno un grammo di salvezza (Edizioni Il Foglio, 2011), Mattanza dell’incanto (prefazione di Gian Ruggero Manzoni Marco Saya edizioni 2013), Sguardi dal Novecento (Galaad edizioni 2014) Luce nera (Marco Saya edizioni 2015, Premio Camaiore 2016), Vite colme di versi (Galaad edizioni 2016), Commedia Ubriaca (Marco Saya 2017), Lettere a Cioran (Galaad edizioni 2017), Tutti i nomi di un padre (L’ArgoLibro editore 2019), Non dare la corda ai giocattoli (Marco Saya edizioni 2019), Arrivano parole dal jazz (Oltre edizioni 2020), Muse nascoste (Galaad edizioni 2021), Un caffè in due (A&B editrice 2022), Libro delle bestemmie (Marco Saya edizioni 2023), Mi manca il Novecento (Galaad edizioni 2024).
Source: libro inviato dalla casa editrice.
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Roland Barthes è stato uno dei più influenti intellettuali francesi della seconda metà del Novecento. Saggista, critico letterario, ma soprattutto linguista. Esempio di studioso onnicomprensivo, Barthes viene ancora oggi considerato fra i maggiori esponenti dello strutturalismo.
Il rapporto tra sorelle è al centro di molta produzione letteraria di oltre un secolo e alle sorelle è dedicato il viaggio breve, agile ma non superficiale del saggio Variazioni sulle sorelle, che mescola realtà e fantasia, passato e presente, vicende raccontate e storie vere, tra sorelle di sangue, d’elezione, di carta e di lotta, in due secoli di storia attraverso i romanzi e non solo.
Il libero lettore è colui che si lascia guidare dal capriccio, dalla sete e dalla necessità, che immergendosi in un’opera di narrativa non sta lì a interrogarsi sullo spazio che essa occupa nella storia letteraria.























