La paura del diverso, spesso e volentieri, induce a compiere azioni disonorevoli. Ieri come oggi. Il pregiudizio, l’ignoranza intesa prevalentemente come non conoscenza dell’altro più che qualcosa legata al proprio grado di istruzione o ambiente in cui si vive insieme possono diventare una combo mortale.
Avrei potuto cominciare questa recensione parlandovi direttamente del cattivo sangue che scorre da secoli tra inglesi e francesi, spoilerandovi così mezzo libro e anche di più (ops…), ma facciamo un passo indietro poiché è tutto più narrativamente complicato e intrigante di ciò che potrebbe sembrarvi.
Ci troviamo in Inghilterra, più precisamente nella parte nord – est, ad Hartlepool, città portuale nella Contea di Durham. Ebbene, in questa città che anni ed anni fa era un villaggio c’è una statua.
Chi raffigurerà mai?
Sarà un re? Un capitano a cavallo? Il padre fondatore del posto?
Niente di tutto questo.
La leggenda vuole che, durante il periodo delle guerre napoleoniche, proprio qui, in questo villaggio che si affaccia sul Mare del Nord, sarebbe stata impiccata una scimmia. Stando al racconto, infatti, un pescatore avrebbe trovato l’animale dopo essersi avvicinato ad una nave da guerra francese alla deriva. Come potrete ben immaginare, l’uomo non aveva mai visto dal vivo né un francese tantomeno una scimmia e, avendola trovata a bordo totalmente sola, la scambiò per un essere umano. Per uno di loro. Non pensò minimante di poterla trarre in salvo, si trattava pur sempre di uno straniero, un francese, loro acerrimo nemico per definizione.

Proprio per questa ragione, dopo un processo molto sbrigativo e alla buona (neanche per la peggior ipotesi di Legge del Taglione), impiccò la povera e malcapitata scimmia.
Questa leggenda deve aver influito molto sull’immaginario collettivo, tanto che i tifosi della squadra di calcio locale vengono chiamati Monkey hangers, ossia impiccatori di scimmie.
Non solo.
Tramandata di bocca in bocca, la storia della scimmia impiccata dal pescatore è arrivata fino alle orecchie di Wilfrid Lupano, spingendolo a scrivere una storia ispirata a questo fatto verosimilmente accaduto e poi magnificamente illustrato da Jérémie “Morrow” Moreau, disegnatore giovanissimo, capace di ricreare con la sua matita atmosfere cupe ed esilaranti allo stesso momento e di caratterizzare i propri personaggi donando loro un’aria caricaturale molto simpatica, da un lato, e di forte impatto emotivo dall’altro.
Col suo insieme di trama tragicomica e illustrazioni in pieno stile cartoon e grotesque, La scimmia di Hartlepool (titolo originale Le Singe de Hartlepool), è un graphic novel pubblicato in Francia nel 2012 dalla Delcourt, mentre in Italia è uscito lo scorso febbraio per la casa editrice Tunué.
Mai come di questi tempi c’è bisogno di leggere, rileggere e consigliare libri di questo genere. Sì, anche a fumetti. Per riflettere, sia sulle azioni degli uomini che sulla ripetitività della Storia e non si può negare che le illustrazioni comunichino più delle parole, nella maggior parte dei casi.
Una storia, questa di Lupano e Moreau, che sembrerebbe raccontata con leggerezza, ma che, a fine lettura, lascia l’amaro in bocca e una ferita profonda.
Un racconto storico, per essere più precisi, per nulla pesante. Al contrario, possiamo notare: tratti per niente discontinui, colorazione tenue che si fa accesa nei momenti di maggior pathos, narrazione scorrevole e che non lascia nulla al caso. Non per niente, queste sono le caratteristiche che hanno permesso ai due autori di essere premiati al Gran Prix di Angouleme.
Come nella leggenda, siamo nel 1814. Una nave francese va a picco. Sopravvivono solo la scimmia – mascotte dell’equipaggio e un ragazzino di nome Charly, cresciuto da una balia inglese. Vi ricorda qualcosa il diminutivo Charly? Niente? Sicuri? Il riferimento storico è latente, ma non del tutto estraneo alla conoscenza collettiva, in quanto potrebbe trattarsi (anzi, togliamo pure quel potrebbe) di un personaggio ispirato a Charles Darwin.
Il motore delle azioni degli abitanti del villaggio è la paura del diverso, il terrore nei confronti di quell’altro da sé catapultato sotto i loro occhi nelle sembianze di una scimmia in divisa francese che è diventa, quindi, emblema e capro espiratorio di tutta la popolazione nemica. Prima di agire, si “difendono” verbalmente dallo sconosciuto con espressioni che non lasciano niente all’immaginazione: «Brutto verme ingoia merda di gallina, sporco mangia trippe di ratto», oppure «Maledetto figlio di una cagna ingravidata dal demonio travestito», e ancora «Sporco aborto di pantegana rabbiosa», tanto per fare qualche esempio.
La nostra povera protagonista sarà condannata a morte dalla giustizia popolare, reo di essere una spia napoleonica.
Il ragazzino, invece, è l’unico a riuscire in qualche modo a stabilire un contatto con i suoi coetanei di Hartlepool. Unico spiraglio di speranza in una storia dominata da odio ed incomprensione.
Wilfrid Lupano, classe 1971, scrittore e sceneggiatore. Già autore di molte opere, ad esempio: Alim le Tanneur, la satira Les Aventures de Sarkosix, il western L’Homme qui n’amait pas les armes à feu, il polar (diminutivo francese che indica il genere poliziesco – noir) Ma Révérenc, ma è nel 2012 con La Singe de Hartlepool che raggiunge il successo.
Jérémie “Morrow” Moreau, classe 1987, premiato come giovane talento ad Angouleme nel 2012, nel 2005 vince il Premio BD scolaire e poi inizia la sua carriera anche nel mondo dell’animazione. Oltre a La Singe de Hartlepool ha pubblicato anche un’altra opera dal titolo Max Winson, questa volta da autore completo.