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Anime System il successo polimediale dell’animazione giapponese di Marc Steinberg (Tunué, 2020) a cura di Elena Romanello

10 dicembre 2021

anime-system-1-758x1146La collana Lapilli giganti di saggistica sul mondo dei fumetti della Tunué diretta da Marco Pellitteri presenta il saggio Anime System, il successo polimediale dell’animazione giapponese dello studioso statunitense Marc Steinberg, utile e interessante in questo momento di rinnovato interesse per i cartoni animati provenienti dal Paese del Sol levante.
Infatti, anche i media mainstream si sono accorti dell’interesse che c’è, presso le giovani generazioni e non solo, verso queste storie così lontane e così vicine, grazie anche al supporto dato alla proposta di nuovi titoli e classici ormai senza tempo da parte delle piattaforme televisive, in un fenomeno che unisce più generazioni, dagli ex ragazzini ormai adulti e a volte genitori della generazione Goldrake ai millenials.
Per capire l’importanza degli anime e della cultura ad essi legati, è interessante immergersi nelle pagine di Marc Steinberg, uno dei più accreditati studiosi dei media giapponesi, in cui si spiega che quello che si vede sul piccolo o sul grande schermo costituisce il fulcro di un sistema di connessioni tra personaggi, media, prodotti, supporti e forme di consumo. Un vero e proprio anime system, basato su una complessa polimedialità, che in Giappone è chiamata media mix.
Lo studioso racconta i punti chiave di questo fenomeno, presente, sia pure in maniera minore, anche nei Paesi in cui gli anime sono diventati popolari, Italia in testa, partendo dall’arrivo degli anime sulle televisioni del Paese del Sol levante negli anni Sessanta, che da subito colpiscono per la loro carica innovativa e estetica e per il rapporto viscerale che si crea tra il pubblico, giovanissimo ma non solo, e i personaggi.
Marc Steinberg concentra in particolare la sua attenzione su uno dei maggiori colossi editoriali e multimediali giapponesi, la Kadokawa, titolare o licenziataria di alcuni dei maggiori successi degli ultimi vent’anni, a cominciare da Neon Genesis Evangelion Cowboy Bebop.
Un libro che fornisce un quadro aggiornato dell’importanza commerciale, polimediale e culturale degli anime, utile sia per gli studiosi di media, marketing e industrie creative, che per chi mastica pane e cartoni animati giapponesi ormai da una vita, per capire meglio una passione che dalla carta e dallo schermo è diventata uno stile di vita, con prodotti e universi materiali da scoprire.

Marc Steinberg è professore associato della Concordia University, dove insegna cinema ed è direttore della Platform Lab. Il libro Anime system. Il successo polimediale dell’animazione giapponese ha vinto diversi premi internazionali.

Provenienza: pdf inviato dall’Ufficio stampa che ringraziamo.

La leonessa di Dordona di Enrico Orlandi e Gaia Cardinali (Tunué, 2021) a cura di Elena Romanello

20 Maggio 2021

cover_la_leonessa_di_dordona-min-566x800Oggi il fantasy è uno dei generi più amati, eppure molti appassionati non si sono accorti di averne letto gli antenati a scuola nei poemi epici, spesso più una croce che una delizia, anche se c’è chi si ispira anche a loro per nuove storie, per libri e fumetti.
La graphic novel di Tunué La leonessa di Dordona recupera i personaggi dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, in particolare quello di Bradamente, donna guerriera nella tradizione romanzesca che ha prodotto poi in altri tempi Lady Oscar, Mulan, Xena, Buffy, Ripley, Arya Stark e tutte le super eroine.
Orlando e Angelica rimangono come personaggi sullo sfondo, e verrebbe da dire meno male perché non erano così eccelsi e coinvolgenti anche nell’originale: la storia de La leonessa di Dordona è incentrata su Bradamante, fanciulla ribelle ad un matrimonio imposto, che preferisce arruolarsi con i paladini di Carlo Magno, combattendo come un uomo, fino ad innamorarsi di Ruggero, soldato della parte avversa, un amore quindi votato ad una conclusione tragica, o almeno così parrebbe.
Nelle pagine colorate a pastello ma a tratti cupe di una saga trascinante, rivive quindi in una graphic novel ispirata alla letteratura, questa volta all’epica, raccontando uno degli episodi più interessanti e più moderni dell’Orlando Furioso, la storia di una ragazza ribelle e in anticipo sui suoi tempi, più simile alle eroine della modernità che non altri personaggi stereotipati. E tra l’altro, a differenza dell’altra celebre guerriera dell’epica rinascimentale, Clorinda de La Gerusalemme liberata, ha un lieto fine alla sua storia d’amore, anche se non è bello fare spoiler sul finale della graphic novel.
Bradamente è il personaggio centrale della storia, ma al suo fianco emerge un’altra importante figura femminile, la maga Armida, archetipo di un altro filone di protagoniste attualissime, da Melisandre de Il Trono di Spade alle sorelle Halliwell, restituito in un contesto di magia e incanto antico e moderno allo stesso tempo.
La leonessa di Dordona racconta quindi l’attualità ancora oggi dei poemi epici cavallereschi e di certi loro personaggi fuori dagli schemi e si rivolge sia ad un pubblico di appassionati in cerca degli archetipi delle figure eroiche di oggi sia a chi pensa che la letteratura sia sempre tale, disegnata o scritta che sia.
Bradamante, ricordo dei libri di scuola e non solo, rivive in una luce che riprende la sua forza originale ma la porta come icona femminista attuale, con il suo motto di Fiorire o morire per trovare una strada appassionante e unica oltre gli schemi, in una vicenda senza tempo che avvince dalla prima pagina all’ultimo, come ripasso dei tempi che furono ma anche come nuova scoperta.

Enrico Orlandi ha conseguito nel 2015 la laurea all’Accademia di Belle Arti. Ha esordito con il libro Il fiore della strega, pubblicato da Tunué nella collana Tipitondi.

Gaia Cardinali, nata ad Ancona nel 1992, si diploma in Arti Applicate all’ISA di Jesi nel 2010 e inizia il corso di Fumetto e Illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Viktoria – pubblicato con Tunué – è stato il suo primo graphic novel.

Provenienza: libro del recensore.

Per sempre di Assia Petricelli e Sergio Riccardi (Tunué, 2020) a cura di Elena Romanello

19 giugno 2020

per_sempre_cover_HR_rgb-600x853L’adolescente Viola parte con la sua famiglia per una nuova vacanza, diversa dalle solite, in un villaggio turistico lontano da casa, in un borgo marino incantato, dove troverà le sue amiche di sempre e un ragazzo di cui si è invaghita a scuola.
In realtà le cose andranno in maniera diversa, salterà il posto nel villaggio turistico vicino alle amiche sostituito da una casa nel centro storico, Nei caldi pomeriggi d’estate Viola, durante la controra, il momento in cui tutti riposano, inizierà ad esplorare il mondo nuovo intorno a lei, diverso dalla vivacità del villaggio turistico che si aspettava, scoprendo nuove realtà e conoscendo nuove persone, come Ireneo, un ragazzo del posto che lavora al restauro della sua barca e che deve scontrarsi con un mondo in cui avrebbe voluto fare il pescatore e invece deve studiare all’alberghiero per impegnarsi nel crescente e a volte devastante turismo della sua zona.
Viola incontrerà anche due donne non più giovanissime che vivono insieme la loro ultima vacanza, momento finale di un grande amore destinato a finire per una malattia e la scelta conseguente di una delle due di andarsene quando e come vuole lei, cominciando a farsi domande e scoprendo nuovi modi di vivere e di essere, oltre quello soffocante della sua famiglia e delle sue amiche, come Valeria, che sta con un ragazzo all’apparenza perfetto ma che  in realtà è un violento.
Niente sarà più lo stesso dopo un’estate in cui Viola scoprirà amore, morte, realtà della vita tra gioie e dolori e la forza comunque del poter cambiare.
Non è la prima volta che si racconta, anche nei fumetti, l’adolescenza e il primo amore, il rischio è sempre quello di essere banali, melensi e scontati, ma non è questo il caso di Per sempre, una storia in cui Viola capirà che l’amore non è né deve essere un sentimento esclusivo in nome del quale si annulla tutto ma una forza capace di liberarti e di aprirti al mondo, mentre ti mette in contatto con la parte più profonda e autentica di te.
Dopo aver raccontato in Cattive ragazze le donne ribelli della Storia Assia Petricelli e Sergio Riccardi scelgono questa volta di confrontarsi con una ragazza all’apparenza qualunque, parlando di argomenti attuali come le aspirazioni, i cambiamenti sociali, le nuove e vecchie famiglie, le violenza domestiche, il ruolo della donna, l’eutanasia, con delicatezza e efficacia, raccontando una storia che fa sorridere e commuovere, mai banale e sui cui riflettere.
Per sempre è senz’altro una lettura per adolescenti, perché nelle sue pagine e nei suoi disegni ad acquerello troveranno spunti a cui appassionarsi, ma è da prendere in mano anche se si è più grandi, perché questa è una storia che fa bene a qualsiasi età, se si è state Viola, se ci si riconosce in Viola, se si avrebbe voluto essere come Viola.

Assia Petricelli è nata e vive a Napoli. Ha realizzato documentari storici, prodotti editoriali e audiovisivi didattici in collaborazione con Rai, Ministero dei beni e delle attività culturali e altri soggetti pubblici e privati, occupandosi in particolare di storia contemporanea, arte e archeologia, questioni di genere. Ha scritto sceneggiature di fumetti per Il Manifesto, Animals, Jacobin. Cattive ragazze, il suo primo graphic novel, disegnato da Sergio Riccardi, ha vinto il Premio Andersen nel 2014.
Sergio Riccardi è nato a Napoli nel 1981 e, dopo esperienze come scenografo per il cinema e la televisione, si dedica al fumetto, all’illustrazione e all’animazione. Con Assia Petricelli è autore di Cattive ragazze, che ha vinto il premio Andersen 2014 nella categoria “miglior libro a fumetti”. Ha illustrato inoltre Salvo e le mafie, scritto da Riccardo Guido, che ha vinto il Premio Siani 2014 nella sezione “fumetto”. Insegna Tecniche di Animazione Digitale presso lo Ied Roma, lo Iudav e altre istituzioni.

Provenienza: omaggio dell’Ufficio stampa che ringraziamo.

:: Nota di lettura: Il giorno della nutria di Andrea Zandomeneghi (Tunuè 2019) a cura di Lidia Popolano

20 marzo 2020

image1Il giorno della nutria, di Andrea Zandomeneghi, è un romanzo dedicato alle parole e alle immagini del pensiero conscio e inconscio di un uomo pieno di nevrosi irrisolte, in una giornata particolare. Del dipanarsi della giornata di Davide, assistiamo al breve prequel, alle motivazioni e alla soluzione dell’enigma iniziale: la scoperta di una nutria scuoiata e congelata sugli scalini di casa, con tutte le implicazioni, le attribuzioni e i possibili significati, visibili e nascosti. Nello scioglimento dell’enigma, Andrea non fa sconti alle immagini da incubo presenti nella realtà, come quando racconta della malattia della madre di Davide, né a quelle del sogno o dell’ebbrezza: niente edulcoramenti né giustificazioni. Un libro coraggioso e ricco di citazioni provenienti da letture evidentemente assimilate dall’autore e non pretestuose, che fa ben sperare sulle case editrici e sugli scrittori autentici.

Daisy di Marco Barretta e Lorenza di Sepio (Tunué, 2019) a cura di Elena Romanello

8 Maggio 2019

daisy_cover_ISBN_500w-1Daisy è una bambina che vive con il padre scrittore, che non ha mai superato il dolore per la morte della moglie e mamma della piccola e si è chiuso in se stesso. La vita di Daisy è quindi abbastanza solitaria, in una casa strana e a tratti inquietante. Un giorno, la ragazzina trova uno dei romanzi del padre, un fantasy avventuroso che racconta di un mondo che bisogna salvare, e sprofonda tra le pagine, diventando lei l’eroina. Per uscirne dovrà arrivare alla fine della storia, facendo lo stesso percorso dell’eroe che ha sostituito, e saranno tanti i pericoli da affrontare, anche fuori dal libro, con la disperazione di suo padre.
Il nemico principale da affrontare è la Regina Cattiva, ma forse alla fine riserverà delle sorprese, forse questa antagonista è diversa da come la si pensava, in un viaggio iniziatico in un mondo da fiaba che cambierà Daisy.
Un fumetto tutto italiano, con echi nel disegno dei manga ma anche delle opere di Noelle Stevenson e di Teresa Radice e Stefano Turconi, che presenta il tema eterno del viaggio in un altro mondo, oltre che l’importanza dei libri, della fantasia e della forza delle storie che fanno crescere e cambiano.
Ci sono echi di storie di ieri e di oggi, a cominciare da La storia infinita, cult di più di una generazione, senza dimenticare Il Mago di Oz, universo narrativo che sta per ridiventare protagonista con nuove storie in TV e al cinema, e il serial Once upon a time.
Daisy è un’eroina curiosa, in cerca della felicità, in un mondo reale che si schiude alla fantasia, per una storia che forse è conclusa ma forse no, senza anticipare niente ci sono vari livelli di lettura, come del resto in tutte le fiabe, rileggendo vecchie storie ma riuscendo sempre a dire qualcosa di nuovo, mescolando l’importanza della fantasia con temi come la solitudine e l’elaborazione del lutto.
Con questo titolo Tunué conferma il suo interesse per il fumetto di casa nostra, per i nostri talenti emergenti o meno, con alle spalle lunghi anni di studio e una creatività eclettica, capaci di proporre nuove storie che pescano da archetipi e attualità, con stili che mescolano varie suggestioni. Daisy è una storia che entra bene nella linea che l’editore propone ad un pubblico più giovane (gli appassionati vanno coltivati fin da piccoli!) ma è godibile anche per chi ha qualche anno in più e riconoscerà tutte le citazioni e i rimandi, ricordando che magari in qualche momento lontano o vicino della propria vita si è sognato tutti di perdersi in un altro mondo, magari contenuto in un libro.

Provenienza: libro del recensore.

Marco Barretta è un videografo, gira il mondo grazie al suo lavoro. È sceneggiatore di Procrastination, ultimo volume della serie Simple&Madama, disegnato da Lorenza Di Sepio.

Lorenza Di Sepio Disegnatrice nel campo dell’animazione 2D, dove lavora come character design e storyboard artist. Ha collaborato a diverse serie cartoon prodotte dalla RAI, video musicali e spot. Autrice di Simple&Madama, progetto virale nato sui social network e poi trasformato in progetto editoriale.

Il ritorno de Le anime disegnate di Luca Raffaelli per Tunué

23 novembre 2018

animepissoloCi sono libri che sono fondamentali per la comprensione di un determinato fenomeno e che ispirano ulteriori studi: uno di questi è, per quello che riguarda l’animazione, Le anime disegnate di Luca Raffaelli, che torna per Tunué nella collana Lapilli giganti curata da Marco Pellitteri dopo due edizioni precedenti, negli anni Novanta per Castelvecchi e negli anni Zero del Duemila per Minimum Fax.
Un ritorno molto gradito e interessante: nella nuova edizione l’autore, esperto di animazione e fumetto senza pregiudizi di merito, amplia e rivede le tre parti, su Walt Disney, sull’altra animazione a stelle e strisce da Braccio di ferro ai Simpson passando per i Looney Tunes e Hanna e Barbera, e sugli anime giapponesi di ieri e di oggi.
Un saggio storico ma sempre attuale, per parlare di immaginari complessi e molto amati, capaci di crescere più generazioni, di veicolare messaggi sovversivi, di raccontare il mondo con il filtro della fantasia.
Un libro da avere se si amano l’animazione in tutte le sue forme, ma anche se si conosce, per ragioni anagrafiche, uno solo di questi mondi: un universo su cui c’è sempre qualcosa da dire e che è giusto che periodicamente venga revisionato dal suo autore, in parallelo con altri suoi progetti.

Luca Raffaelli è un giornalista, saggista e sceneggiatore italiano esperto di fumetti e animazione. Considerato uno dei massimi esperti italiani nel campo dei fumetti e dell’animazione. Scrive di animazione e fumetti su Il Venerdì e su La Repubblica.

:: Mazinga nostalgia di Marco Pellitteri (Tunuè editore 2018) a cura di Elena Romanello

26 aprile 2018

MazingaA quasi vent’anni dalla prima pubblicazione, nell’ormai lontano 1999 per Castelvecchi, torna in libreria uno dei saggi fondamentali sulla cultura otaku nel nostro Paese e non solo, Mazinga nostalgia di Marco Pellitteri, in una nuova edizione espansa su due volumi per Tunué.
Con Mazinga nostalgia gli studi su manga, anime e cultura ad essi collegati fecero un salto di qualità, ad opera di un appassionato che era cresciuto con questo suo interesse e che lo fece diventare un lavoro, come hanno fatto in molti in quel periodo e in seguito fino ad oggi.
Del resto i fumetti e cartoni animati giapponesi sono un’espressione popolare ma molto interessante di una cultura millenaria, che ha saputo coniugare tradizioni e modernità estrema, riletture di generi con un’ottica diversa e nuovi percorsi di eroi, creando delle vere e proprie icone amate e legate ciascuna al proprio autore e autrice.
La nuova edizione di Mazinga nostalgia si lega infatti, a proposito di personaggi iconici, alle celebrazioni per i quarant’anni di Heidi e di Goldrake, i primi due anime che arrivarono nel nostro Paese in un momento non facile per l’Italia ma unico per l’immaginario, e che seppero appassionare, con due storie opposte, giovanissimi e non solo.
Nelle pagine dei due volumi Marco Pellitteri esamina l’immaginario animato nipponico, in tutte le sue sfumature e storie, mettendolo anche in relazione con quello occidentale, visto che ci sono punti di contatto tra il Corsaro nero creato da Emilio Salgari e il fantascientifico Capitan Harlock di Leiji Matsumoto, l’icona dei comics Superman e il robottone Jeeg di Go Nagai, i romanzi di formazione ottocenteschi con la bionda Candy Candy.
Mazinga nostalgia, a dispetto del titolo, non vuole fare solo leva su ricordi e rimpianti per un mondo che non esiste più, anche perché il fandom otaku è cresciuto e maturato nel nostro Paese e non solo, ispirando eventi, collane di libri, editoria, cultura. Dalle pagine dei due libri emerge quindi un’indagine a più livelli per raccontare un mondo fondamentale da ormai vari decenni per la comprensione della cultura otaku delle ultime generazioni.
Marco Pellitteri ricorda sia la varietà di contenuti, perché dire manga ed anime è dire troppo poco, che anche i fraintendimenti del considerare il tutto adatto ad un pubblico di bambini, cosa non vera, con le inevitabili censure e polemiche sulla violenza reale o presunta.
Un libro, anzi due libri interessanti per raccontare un mondo ancora in divenire ma già con un passato glorioso, per i nostalgici, per chi è cresciuto con gli anime e continua ad amarli, per chi ha avuto da loro ispirazione per studi e lavori, per chi è curioso, per chi è arrivato dopo e vuole sapere tutta o quasi la storia.

Marco Pellitteri (Palermo 1974) è sociologo dei media e dei processi culturali. Le sue ricerche vertono sulle sociologie del fumetto e del cinema d’animazione, sulle politiche e culture dell’emittenza e del consumo televisivi e sull’impatto delle industrie visuali giapponesi nei contesti europei. È Direttore scientifico in Tunué, autore di diversi libri tra cui: Il Drago e la Saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese (Tunué, 2008) e Conoscere i videogiochi. Introduzione alla storia e alle teorie del videoludico (con M. Salvador, Tunué 2014).

Source: acquisto personale della vecchia edizione, edizione nuova inviata in pdf dall’editore.

:: Liberi junior – L’uomo montagna, Séverine Gauthier, Amélie Fléchais, (Tunué, collana tipitondi, 2017), a cura di Maria Anna Cingolo

17 febbraio 2017
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Dal 9 Febbraio la Tunuè condivide con il suo pubblico un piccolo tesoro intitolato L’Uomo Montagna.
Nelle pagine iniziali di questo volume il primo sguardo che incrocerete sarà quello, dolcissimo, di un nonno. Dopo tanti viaggi insieme a suo nipote, il vecchio è pronto a compierne un ultimo, ma questa volta deve portarlo a termine da solo. Il bambino non vuole rassegnarsi all’idea di non poter più camminare con lui, ma il nonno è troppo stanco e le montagne che gli sono cresciute sulla schiena sono infinitamente pesanti: nessuno può spostarle, tranne il vento che “vive sulla montagna più alta di tutte”. È così che inizia per il bambino un viaggio di formazione, pericoloso e difficile ma alla fine del quale il piccolo si ritroverà cambiato, perché tutti i viaggi lasciano un segno in chi li compie, soprattutto quelli realizzati per amore di qualcuno.
1In tanti credono che scrivere libri per bambini sia facile. Nella loro mente sono sufficienti solo un’ideuzza, due o tre personaggi, quel poco di azione che basta, et voilà, la storia è fatta! Ovviamente, senza scordarsi delle immagini perché nei libri per bambini, non scherziamo, non possono mancare. La verità, però, è un’altra: scrivere per i più piccoli è un’impresa straordinariamente complessa e non tutti ne sono capaci. Séverine Gauthier, autrice di questo libro, sa farlo. In cinquantasei pagine riesce a parlare direttamente al cuore di chi legge e affronta nel modo più semplice del mondo questioni che neanche il più maturo degli adulti sa gestire serenamente, in primis la morte. In che modo ciascuno di noi si misura con la morte? Come la giustifichiamo a noi stessi? Come la spiegheremmo ad un bambino? Gauthier racconta ai più piccoli cosa voglia dire separarsi per sempre da una persona cara e il risultato è delicato come una carezza, rassicurante come un bacio sulla fronte. Chi ci lascia continua a vivere dentro di noi, costituisce le nostre radici e l’essenza di quello che siamo. Questa eredità di cui siamo custodi viventi e la sua importanza non rappresentano l’unico messaggio di questo volume. Infatti, Gauthiér racconta la necessità di saper chiedere aiuto e di avere l’umiltà di accettarlo quando ci viene offerto, perché più importante della meta del nostro viaggio è la possibilità di condividerlo con gli altri. Non serve a niente dimostrare di sapere fare tutto da soli se significa chiudersi in sé stessi e rinunciare a conoscere l’altro. L’Uomo Montagna insegna ai bambini che la diversità è preziosa e che ciascuno può mettere a disposizione di chi incontra il proprio talento e le proprie radici divenendo così strumento di aiuto e di conforto nelle difficoltà della vita, garantendo “sogni di cotone, di nuvole e di vento caldo”. In verità, accoglienza e solidarietà nascono spontaneamente nei più piccoli e sono gli adulti che purtroppo faticano a metterle in pratica…

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L’Uomo Montagna non sarebbe così tanto prezioso senza le illustrazioni di Amélie Fléchais, autrice francese di straordinario talento. I suoi disegni hanno linee morbide, i colori sono tenui e accoglienti durante le fasi più piacevoli del viaggio ma diventano più scuri e forti quando sopraggiungono momenti carichi di avversità, tenendo per mano il lettore in ogni istante e in ogni emozione. Fléchais è minuziosa nei particolari e se i suoi personaggi risultano amichevoli agli occhi dei più piccoli, sono altresì adorati dallo sguardo adulto. L’immaginario creato da questa autrice permette alla realtà del mondo di diventare incantata e leggera come in un sogno, traducendo perfettamente un testo così poetico.
Leggerete questa storia ai vostri figli o ai nipoti prima che vadano a dormire, la leggerete ai fratellini e alle sorelle più piccole oppure nelle biblioteche o nelle vostre classi. Però, L’Uomo Montagna parlerà sempre direttamente anche a voi e, attraverso i suoi personaggi e le illustrazioni color pastello, vi accorgerete di poter ritrovare l’abbraccio di chi non c’è più in quello di coloro che avete deciso di accogliere nel vostro meraviglioso viaggio. Traduzione di Stefano Andrea Cresti

Amélie Fléchais è una talentuosa artista francese, autrice anche del picture book Lupetto rosso e del graphic novel Il sentiero smarrito. Inoltre, ha lavorato a progetti di animazione come Brendan e il segreto di Kells, Kung Fu Panda e La canzone del mare.

Séverine Gauthier è scrittrice da sempre appassionata di letteratura per l’infanzia. Due dei suoi albi sono stati pubblicati nel 2008 da Delcourt, e hanno vinto numerosi premi. Insieme a Thomas Labourot ha creato le serie Washita (Dargaud) e Garance (Delcourt). Nel 2015 ha pubblicato il primo volume di Haida, L’immortale balena.

Source: libro inviato dalla casa editrice al recensore. Ringraziamo Simone, addetto stampa Tunué.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: La mia vita con Mr.Dangerous, di Paul Hornschemeier (Tunué, 2016) a cura di Giulia Gabrielli

3 ottobre 2016
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«Di tutte le teste qui… Solo la tua chiede a dei cartoni di essere dei lucchetti»

Amy è una ragazza che ha appena compiuto 26 anni, lavora come commessa in un negozio d’abbigliamento, vive da sola con il suo gatto Moritz, si è appena lasciata col suo ragazzo e per il compleanno ha ricevuto in regalo dalla madre una maglia fuxia con un unicorno.
Ma soprattutto Amy è appassionata, anzi direi proprio ossessionata, da un cartone animato, Mr. Dangerous, i cui personaggi sono diventati un filtro e un veicolo per i suoi pensieri e sogni (ad occhi aperti e non) e anche un metro di valutazione nelle sue relazioni con gli altri.
Le relazioni di Amy con gli altri sono difficili, è spesso sola, incastrata in un lavoro poco gratificante e al di sotto delle sue capacità: solo con la madre sembra avere un legame stabile, ma si tratta comunque di un rapporto in cui è più quello che non si dicono a riempire i loro pranzi assieme. La madre infatti è una donna dolce, affettuosa, che ama profondamente la propria bambina, ma anche stanca, sfinita da un lavoro che non ama (lo stesso di Amy) e dall’età.
I rapporti con gli uomini poi sono ancora più disastrosi: del padre non c’è proprio traccia, se non per un cenno al fatto che abbia lo stesso umorismo di Amy; mentre cinque/sei relazioni si sono susseguite nella vita della ragazza, ma senza trovare mai qualcuno con cui poter davvero condividere qualcosa, relazioni che alla fine l’hanno lasciata ancora più sola, piena di complessi col proprio fisico e insicurezze.
L’unico vero legame profondo di Amy è con Michael, l’amico lontano, trasferitosi a San Francisco, presente però solo come una voce al telefono e mai nemmeno inquadrato in una vignetta. Una presenza insomma che si fa sentire soprattutto per la sua assenza. Michael condivide con lei lo stesso amore per Mr.Dangerous, per le avventure folli e i racconti strampalati, lo stesso tipo di umorismo; ma è lontano, spesso irraggiungibile al telefono. E anche Michael fa parte dell’immaginario di Amy, proiettato nel suo “teatro mentale” sotto forma di un gatto nascosto dietro una barba posticcia.
Michael è a tutti gli effetti il centro delle relazioni di Amy, la persona che più influenza le sue giornate, ma è un centro lontano, fuori dalla sua vita quotidiana per colpa della distanza.
La solitudine e i silenzi della vita di Amy sono ingabbiati in una griglia regolare, fatta di vignette dalla suddivisione classica, e in un disegno pulito, preciso, dal tratto un po’ “morbido”. I colori, senza sbavature o effetti di chiaro-scuro eccessivi, restano sempre tenui, mai carichi o saturi se non per certe scene oniriche in cui Amy trasforma se stessa in un personaggio del cartone di Mr. Dangerous e che finiscono con l’essere i momenti di introspezione più veri della ragazza.

Paul Hornschemeier è autore completo delle sue opere: testi, disegni e colori. Nato nel 1977 da genitori avvocati, cresciuto nel sud dell’Ohio, in una piccola città, le sue opere, famose per smascherare i meccanismi con cui si mente a se stessi, sono state tradotte in molte lingue e gli sono valse diversi premi, tra cui tre Eisner (Best Limited Series; Best Writer/Artist; Best Coloring). Ha lavorato con la Dark Horse che ha pubblicato il suo primo fumetto, Mother, come home, nel 2004 e con la Marvel per la quale ha colorato e diretto una mini serie.
La mia vita con Mr.Dangerous, 2011, è stato inserito tra i New York Time Best Seller.

Source: inviato dall’ufficio stampa di Tunué

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Gabo – Gabriel García Márquez *memorie di una vita magica*, AAVV, (Tunuè, 2014) a cura di Maria Chiara Paone

25 luglio 2015
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Come nasce una storia?

È una domanda che prima o poi tutti ci poniamo, da aspiranti scrittori in cerca di ispirazione o semplicemente da lettori accaniti. E se vi rivelassi che uno dei più grandi classici della letteratura mondiale ha avuto il suo incipit durante un viaggio in macchina?

Io stessa ne sono rimasta stupita ma mai quanto l’autore in questione. Sto parlando di Gabriel García Márquez e il suo romanzo è, ovviamente, Cent’anni di solitudine: tutto questo viene raccontato in Gabo, la biografia a fumetti sceneggiata da Óscar Pantoja e disegnata dalle capaci mani di Miguel Bustos, Felipe Camargo, Tatiana Córdoba e Julián Naranjo.

L’opera, edita in Italia da Tunué, ha vinto il premio per il Miglior libro a fumetti in America Latina alla Fiera Internazionale del Libro di Buenos Aires 2014 raccontando la vita dello scrittore che porterà alla ribalta la letteratura latino-americana.

Così finiamo catapultati ad Aracataca, nella casa dove Gabo verrà dato alla luce e affidato ai nonni materni quando i genitori decideranno di trasferirsi a Barranquilla in cerca di fortuna dopo il massacro della Compagnia Bananiera.

Lì passerà la sua infanzia, in bilico tra l’universo della nonna Tranquilina Iguaràn – il cui cognome verrà utilizzato, non a caso, per il personaggio di Ursula – magico e divinatorio, e quello “per soli uomini” del nonno, colonnello e fine orefice, soprattutto quando si tratta di pesciolini d’oro (e qui una lampadina dovrebbe accendersi): due mondi diversi ma complementari, riuniti in quella casa che rimarrà nel cuore del piccolo Gabito fino all’età adulta, portando dentro di sé tutti i suoi fantasmi.

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Una vita non sempre facile, segnata dalle guerre e dagli stenti, data l’impossibilità di trovare un posto fisso con cui mantenersi, ma non per questo priva di emozioni: gli innumerevoli viaggi come corrispondente, l’amore per Mercedes, sua compagna inseparabile, l’incontro con Zavattini e il Neorealismo, il passaggio nelle terre descritte da Faulkner, che considerava il suo maestro…

In una linea temporale percorsa avanti e indietro senza fine (ma che si può consultare nel giusto ordine alla fine del libro) osserviamo la storia di un Paese e di un uomo che, tramite il realismo magico, ha tentato di dargli una voce, con un successo incredibile che gli era stato confermato, ancor prima del Nobel, da una singola copia del suo libro comprata e custodita da una borsa del mercato.

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Il libro è corredato di una fitta bibliografia di riferimento (anche informatica) e di un’appendice scritta dallo stesso sceneggiatore Oscar Pantoja; i disegni, nonostante le diverse mani, conferiscono continuità alle varie parti, legate dal leitmotiv di fiori e farfalle gialle, un fil jaune insolito e di finissimo gusto, con l’intento di richiamare inconsciamente un altro dei personaggi dell’opera di Márquez (lascio a voi l’onore di indovinare).

Gabo risulta non solo un omaggio al Márquez scrittore ma un documentario sul suo percorso personale e privato, senza però risultare voyeuristico, dando la possibilità anche ai suoi ammiratori più devoti – come la sottoscritta – di conoscerlo in tutte le sue sfaccettature.

Óscar Pantoja, nato nel 1971, è uno scrittore vincitore del Premio Alejo Carpentier per il romanzo El Hijo. Vincitore della borsa di studio nazionale di cinematografia in corto e medio metraggio 1998-2001 del ministero della cultura colombiana, ha fatto film d’amore e di terrore. Ha collaborato in diversi progetti di scrittura e audio visuali e attualmente lavora come scrittore di testi, articoli, copioni, romanzi e progetti editoriali. Scrive per la rivista Suite101.net. Dal 2009 è coordinatore e tutore del laboratorio virtuale di scrittori di romanzi brevi, progetto della Fundación Gilberto Alzate Avendano. Ha tre romanzi nel cassetto e vari progetti in mente.

Miguel Bustos, nato nel 1973, è disegnatore grafico dell’Università nazionale della Colombia. La sua produzione grafica su fumetti e illustrazioni, per cui ha ricevuto numerosi premi a livello nazionale. Nel suo lavoro prevalgono l’espressività tecnica, l’attenzione nell’uso della matita e le storie oscure e intimiste.

Felipe Camargo, nato nel 1988, è laureato in arti visive con menzione d’onore presso l’Università javeriana. Ossessionato dalla mancanza di comunicazione all’interno delle città, ha realizzato la sua prima esibizione individuale basandosi proprio su questo tema. In quell’occasione è stato presentato anche il suo primo graphic novel El señor solitario y la anciana incomunicada. ha partecipato a varie esposizioni collettive. I suoi principali argomenti di interesse e di lavoro sono la pittura, l’illustrazione, il fumetto ed il disegno editoriale. Ha pubblicato i suoi fumetti in La gacetilla de robot e sulla rivista Larva. Ha partecipato come ospite al festival Entreviñetas 2012. Ha collaborato al libro dedicato a Rafael Pompo, pubblicato dalla casa editrice Robot.

Tatiana Córdoba, giovane e talentuosa artista visiva colombiana, laureata presso l’Università javeriana, insegna arti plastiche presso la stessa università. Lavora come illustratrice per varie realtà fra cui Maloka, Bacánika, Revista, Colsanitas, Dinero, El malpensante, Orsai. Le sue opere sono state esposte in Colombia, Stati Uniti e Messico. Al momento, la sua carriera di fumettista si accompagna con una serie di dipinti a olio chiamata “estampa series”. Quando non lavora riempie di appunti il suo taccuino e continua a disegnare, parla con i suoi amici, legge e, occasionalmente, si dedica al giardinaggio.

Julián Naranjo, nato nel 1982, è tecnico in disegno grafico della Corporacíon unificada de educación superior (CUN). Nel 2010 è stato vincitore della seconda Biennale di disegno caricaturale citta di Bogotà, organizzata dalla Universidad nacional e dalla Escuela nacional de caricatura. Lì ha ricreato immagini del bicentenario della repubblica. Ha realizzato altri studi di caricatura con Martín Ballona e al momento sta completando un corso specialistico in illustrazione presso la Scuola nazionale di caricatura. È professore presso la stessa scuola e ha pubblicato i suoi lavori nel settimanale Voz e nel portale La caricatura se burla del poder dell’Universidad nacional della Colombia.

Source: acquisto personale.

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:: La scimmia di Hartlepool, Wilfrid Lupano – Jérémie Moreau (Tunué, 2015) a cura di Federica Guglietta

3 giugno 2015

hartlepool0La paura del diverso, spesso e volentieri, induce a compiere azioni disonorevoli. Ieri come oggi. Il pregiudizio, l’ignoranza intesa prevalentemente come non conoscenza dell’altro più che qualcosa legata al proprio grado di istruzione o ambiente in cui si vive insieme possono diventare una combo mortale.

Avrei potuto cominciare questa recensione parlandovi direttamente del cattivo sangue che scorre da secoli tra inglesi e francesi, spoilerandovi così mezzo libro e anche di più (ops…), ma facciamo un passo indietro poiché è tutto più narrativamente complicato e intrigante di ciò che potrebbe sembrarvi.

Ci troviamo in Inghilterra, più precisamente nella parte nord – est, ad Hartlepool, città portuale nella Contea di Durham. Ebbene, in questa città che anni ed anni fa era un villaggio c’è una statua.

Chi raffigurerà mai?

Sarà un re? Un capitano a cavallo? Il padre fondatore del posto?

Niente di tutto questo.

La leggenda vuole che, durante il periodo delle guerre napoleoniche, proprio qui, in questo villaggio che si affaccia sul Mare del Nord, sarebbe stata impiccata una scimmia. Stando al racconto, infatti, un pescatore avrebbe trovato l’animale dopo essersi avvicinato ad una nave da guerra francese alla deriva. Come potrete ben immaginare, l’uomo non aveva mai visto dal vivo né un francese tantomeno una scimmia e, avendola trovata a bordo totalmente sola, la scambiò per un essere umano. Per uno di loro. Non pensò minimante di poterla trarre in salvo, si trattava pur sempre di uno straniero, un francese, loro acerrimo nemico per definizione.

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Proprio per questa ragione, dopo un processo molto sbrigativo e alla buona (neanche per la peggior ipotesi di Legge del Taglione), impiccò la povera e malcapitata scimmia.

Questa leggenda deve aver influito molto sull’immaginario collettivo, tanto che i tifosi della squadra di calcio locale vengono chiamati Monkey hangers, ossia impiccatori di scimmie.

Non solo.

nTramandata di bocca in bocca, la storia della scimmia impiccata dal pescatore è arrivata fino alle orecchie di Wilfrid Lupano, spingendolo a scrivere una storia ispirata a questo fatto verosimilmente accaduto e poi magnificamente illustrato da Jérémie “Morrow” Moreau, disegnatore giovanissimo, capace di ricreare con la sua matita atmosfere cupe ed esilaranti allo stesso momento e di caratterizzare i propri personaggi donando loro un’aria caricaturale molto simpatica, da un lato, e di forte impatto emotivo dall’altro.

Col suo insieme di trama tragicomica e illustrazioni in pieno stile cartoon e grotesque, La scimmia di Hartlepool (titolo originale Le Singe de Hartlepool), è un graphic novel pubblicato in Francia nel 2012 dalla Delcourt, mentre in Italia è uscito lo scorso febbraio per la casa editrice Tunué.
Mai come di questi tempi c’è bisogno di leggere, rileggere e consigliare libri di questo genere. Sì, anche a fumetti. Per riflettere, sia sulle azioni degli uomini che sulla ripetitività della Storia e non si può negare che le illustrazioni comunichino più delle parole, nella maggior parte dei casi.

Una storia, questa di Lupano e Moreau, che sembrerebbe raccontata con leggerezza, ma che, a fine lettura, lascia l’amaro in bocca e una ferita profonda.

Un racconto storico, per essere più precisi, per nulla pesante. Al contrario, possiamo notare: tratti per niente discontinui, colorazione tenue che si fa accesa nei momenti di maggior pathos, narrazione scorrevole e che non lascia nulla al caso. Non per niente, queste sono le caratteristiche che hanno permesso ai due autori di essere premiati al Gran Prix di Angouleme.

Come nella leggenda, siamo nel 1814. Una nave francese va a picco. Sopravvivono solo la scimmia – mascotte dell’equipaggio e un ragazzino di nome Charly, cresciuto da una balia inglese. Vi ricorda qualcosa il diminutivo Charly? Niente? Sicuri? Il riferimento storico è latente, ma non del tutto estraneo alla conoscenza collettiva, in quanto potrebbe trattarsi (anzi, togliamo pure quel potrebbe) di un personaggio ispirato a Charles Darwin.

Il motore delle azioni degli abitanti del villaggio è la paura del diverso, il terrore nei confronti di quell’altro da sé catapultato sotto i loro occhi nelle sembianze di una scimmia in divisa francese che è diventa, quindi, emblema e capro espiratorio di tutta la popolazione nemica. Prima di agire, si “difendono” verbalmente dallo sconosciuto con espressioni che non lasciano niente all’immaginazione: «Brutto verme ingoia merda di gallina, sporco mangia trippe di ratto», oppure «Maledetto figlio di una cagna ingravidata dal demonio travestito», e ancora «Sporco aborto di pantegana rabbiosa», tanto per fare qualche esempio.

La nostra povera protagonista sarà condannata a morte dalla giustizia popolare, reo di essere una spia napoleonica.

Il ragazzino, invece, è l’unico a riuscire in qualche modo a stabilire un contatto con i suoi coetanei di Hartlepool. Unico spiraglio di speranza in una storia dominata da odio ed incomprensione.

Wilfrid Lupano, classe 1971, scrittore e sceneggiatore. Già autore di molte opere, ad esempio: Alim le Tanneur, la satira Les Aventures de Sarkosix, il western L’Homme qui n’amait pas les armes à feu, il polar (diminutivo francese che indica il genere poliziesco – noir) Ma Révérenc, ma è nel 2012 con La Singe de Hartlepool che raggiunge il successo.

Jérémie “Morrow” Moreau, classe 1987, premiato come giovane talento ad Angouleme nel 2012, nel 2005 vince il Premio BD scolaire e poi inizia la sua carriera anche nel mondo dell’animazione. Oltre a La Singe de Hartlepool ha pubblicato anche un’altra opera dal titolo Max Winson, questa volta da autore completo.

:: Stalin + Bianca, Iacopo Barison, (Tunuè, 2014)

2 luglio 2014

stalinE’ uscito a maggio, per Tunuè, casa editrice indipendente specializzata in graphic novel e saggistica pop, Stalin + Bianca, del giovane fossanese (classe 1988) Iacopo Barison, a inaugurare la loro prima collana di narrativa diretta dal critico e scrittore Vanni Santoni. Una collana che investe sui giovani, – giovani sono gli autori, giovani i protagonisti dei romanzi -, in un Italia che non legge, in un Italia dove i ‘giovani’ non leggono. Ci vuole coraggio, e un po’ di insensatezza, ma tant’è così è anche se non vi pare.
Stalin + Bianca è un tipico romanzo di formazione, e per buona parte un diario di un viaggio on the road, due generi con padri illustri, molta narrativa americana sembra nutrirsi dalle stesse radici, molti autori iconici si sono imbevuti di questo humus narrativo, ma anche senza andare al di là dell’oceano penso a Enrico Remmert e al suo italianissimo Strade bianche.
Protagonista del romanzo di Barison, è Stalin, un ragazzo diciottenne (compie gli anni proprio appena lo conosciamo), un disadattato direbbero alcuni, incapace di gestire la rabbia, in un mondo dove anche i bambini troppo attivi e turbolenti vengono curati con gli psicofarmaci. Gira in vespa per il suo quartiere, una grande periferia (degradata) potrebbe essere l’hinterland torinese (per motivi biografici) o quello milanese, o qualunque altra periferia di casermoni grigi coperti da graffiti, serrande chiuse corrose dalla ruggine e dalla crisi, abitata da pusher, ragazzi in overdose, senza sbocchi per il futuro, speranza (è questo lo scenario esistenziale di tanti giovani?).
Unici suoi amici un vecchio farabutto, Jean, come Jean Gabin, e una ragazza cieca, Bianca, alla quale è unito da un legame puramente spirituale, che niente ha a che vedere con il sesso ma molto con l’amore. La dolcissima Bianca è la sua ancora, il suo baricentro, la parte migliore della sua anima, come direbbero i poeti.
Poi il dramma, (catartico, pretesto per spezzare la triste normalità e dare inizio al viaggio, la maggior parte in treno) Stalin litiga violentemente (per una fetta di torta, in questi casi si osa dire per futili motivi) con il patrigno, ex raver, colpendolo con una bottiglia, e dopo credendo di averlo ucciso fugge, fugge con Bianca, e inizia un viaggio che lo cambierà (in meglio?), che lo porterà dall’adolescenza all’età adulta, forse, (il dubbio è lecito se per età adulta si intende il controllo delle pulsioni, e l’incanalamento in binari costituiti di civile convivenza), in un’Italia allo sbando, con metaforicamente in spalla la sua fida videocamera digitale, taccuino su cui registrare per immagini tracce del suo passaggio, (tentativo di affermare: io esisto) e il suo sogno di diventare regista.
Un romanzo senza trama, perché come nel cortometraggio che Stalin gira per un Festival, la vita decide la trama, i personaggi che si incontrano, le fatalità di incontri e conseguenze delle proprie azioni. Lo stile è particolare, un po’ naif, un po’ riflessivo, cadenzato da dialoghi efficaci e convincenti che sanno di vita vissuta, ai margini, fuori dalla borghese normalità.
Omaggio a François Truffaut, senza dubbio, (Antoine Doinel), e a tanto cinema di formazione, che sicuramente l’autore conosce per studi e attitudine, (è laureato al Dams Cinema di Torino), e del linguaggio cinematografico ripropone le inquadrature, i campi lunghi, i primi piani, gli sfumati, gli slow motion, in una contaminazioni di generi che trasfigurano l’arte e l’immaginario.
Sebbene giovane, Barison sperimenta e cerca una voce personale, un’ attitudine a utilizzare la narrativa come apparecchio per registrare la realtà. Forse non è il disagio che cerca di testimoniare, né la difficoltà di crescere, o trovare la propria strada in un paese travolto dalla crisi, dalla mancanza di sbocchi, di prospettive, o forse non solo questo, si sente chiara una voce di protesta, un rifiuto per ciò che il passato rappresenta. Non stupisce il finale, unico possibile, forse solo venato da una traccia di egoismo, o più che altro inevitabilità. Le lezioni della vita ci portano ad essere altro, e questa lezione Stalin la impara. Forse anche a caro prezzo.

Iacopo Barison (Fossano, 1988) pubblica un primo romanzo, 28 Grammi Dopo, all’età di vent’anni. Laureatosi al Dams Cinema di Torino, da una sua sceneggiatura Fabio Mollo dirigerà un corto nel 2014. Pubblica racconti su Internet e su riviste specializzate, scrive articoli su diversi siti, fra cui Sentieri Selvaggi e Scrittori Precari. Collabora con minima&moralia.