«Pericoloso per sé e per gli altri» è questa la definizione lapidaria che segna l’ingresso in manicomio dei bambini raccontati in questo libro. Ma certo ci si chiede come possano essere ritenuti pericolosi dei bambini di tre, quattro o cinque anni. L’internamento, infatti, di solito avveniva ancora prima che i bambini fossero mandati a scuola e spesso su richiesta dei genitori stessi che, non avendo altre possibilità, ricorrevano al sistema degli istituti per poter garantire ai propri figli un pasto.
Quello di Alberto Gaino non è un saggio storico, critico, distaccato, ma un reportage molto personale e sentito, che intreccia le vicende lavorative dell’autore (che come giornalista aveva avuto accesso ad alcuni dei reparti non ancora chiusi nei manicomi torinesi) con i documenti e le interviste raccolti in anni di lavoro. Anche l’esposizione è fortemente empatica: punta a restituire una storia, una vita, ai bambini che furono internati negli istituti di cura piemontesi negli anni Sessanta e Settanta.
Tutto il lavoro di Gaino si muove nella scia di quell’editoria socialmente impegnata che ha segnato la storia culturale italiana degli anni Settanta: gli scritti di Franco Basaglia, primi tra tutti L’istituzione negata e La fabbrica della follia, e Il paese dei Celestini – Istituti di assistenza sotto processo di Bianca Guidetti Serra e Francesco Santanera, sono questi i saggi che hanno contribuito in maniera determinate al crollo dell’istituzione manicomiale e che sono stati un modello per Il manicomio dei bambini.
La struttura è quella classica del saggio: ad una prima parte sulle condizioni dei manicomi per adulti e per bambini, ricostruite attraverso le testimonianze puntuali della documentazione ed attraverso una lunga intervista ad uno dei pochi bambini sopravvissuti all’internamento; segue una seconda, centrale per argomento e posizione, cruda e dal forte impatto emotivo sul lettore, che raccoglie le storie di otto bambini, tutti internati a Villa Azzurra, l’ospedale psichiatrico per l’infanzia di Torino chiuso nel 1979. La chiusura, infine, è un’interessante terza parte di approfondimento sull’attualità, sulle condizioni psichiatriche dei bambini e ragazzi di oggi, sui casi recenti di plagio e maltrattamento dei minori e sui casi difficili che si presentano nei centri di accoglienza per i migranti.
A quasi quarant’anni dalla chiusura dei manicomi in Italia ci si potrebbe chiedere a cosa può servire un’inchiesta sulle condizioni di vita e di “cura” dei più piccoli dei pazienti di queste strutture. La prima ovvia risposta sarebbe per non dimenticare, per far conoscere (ed è su questo che si concentrano le prime due parti); ma serve, almeno nella mia prospettiva, anche a riflettere sul nostro presente, quando questo sembra avvicinarsi di nuovo, troppo, a quelle situazioni:
La crisi è diventata la giustificazione di nuove e più profonde diseguaglianze che ci riportano indietro di mezzo secolo: se non ai manicomi come Villa Azzurra a tentazioni vecchie, rassicuranti. Il personale dei servizi pubblici è stato tagliato pesantemente, le liste d’attesa si sono allungate in modo impressionante, non si conosce neppure il fabbisogno di richieste per affrontare il disagio mentale della nostra gioventù. Per cui, come si possono programmare gli stanziamenti di risorse e interventi? Si tampona: è la sola politica che si conosce in Italia. Intanto, il diritto alla salute viene silenziosamente cancellato per i poveri – che sono sempre di più – con un’erosione dello Stato sociale che, per i bambini e gli adolescenti, si traduce nell’azzeramento di ogni possibile progetto di prevenzione.
Alberto Gaino, giornalista per il Manifesto negli anni Settanta, dal 1981 ha lavorato prima per Stampa Sera e poi per La Stampa; si è occupato di cronaca giudiziaria, seguendo le maggiori inchieste della magistratura torinese. Dal 2013 è in pensione. Autore di Falsi di stampa, Eternit, Telekom Serbia e Stamina (Edizioni Gruppo Abele, 2014).
Source: gentilmente inviato al recensore dall’ufficio stampa dell’editore per la recensione.
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