Posts Tagged ‘enrico pandiani’

:: Naufragio di Enrico Pandiani (Rizzoli 2024) a cura di Valerio Calzolaio

30 settembre 2024

Torino. Febbraio – marzo 2024. Abdel sta osservando e controllando con goduria una Alvis TD21 del 1963, seconda serie con freni a disco; dopo un’accorta trattativa la compra per ventiduemila euro, cinquemila in meno del tetto che si era prefissato. Sale a bordo per portarla a sistemare nella propria officina e, uscendo, riconosce la figura del Numero Uno, cappotto grigio di taglio classico e consueta lobbia sul capo. Lo scaltro vecchietto vuole parlargli, ha un incarico per i quattro della banda Ventura: il vissuto attempato marsigliese Max Ventura, che ora gestisce insieme alla compagna Federica un buon ristorante popolare (aperto a tutti coloro che hanno i soldi per pagare e pure a chi non ce li ha); la magnifica malgascia Sanda, socia di una palestra di arti marziali; la malinconica alsaziana Victoria, che si sta ricostruendo una vita da infermiera, con la figlia e con la splendida compagna poliziotta Elettra; e appunto il vissuto kabilo algerino Abdel, che possiede un’officina di auto d’epoca. Tutti e quattro nacquero in realtà con altri nomi e cognomi, sono ex detenuti francesi, scappati, latitanti e fuggiti in Italia da quasi venti anni. Numero Uno, per non denunciarli, li ha convinti a lavorare per lui, coinvolti in pericolose avventure con mille sfaccettature internazionali; questa è la terza, tre mesi dopo la precedente; protestano ma sono costretti ad accettare. Devono indagare su un naufragio di un mese prima sul Lago Maggiore: a bordo c’erano dieci ricchi amici, pure inglesi e tedeschi, e ci furono quattro vittime fra cui una contessa italiana ancora dispersa. Un po’ tutti risultavano proprietari, collezionisti o commercianti di preziose auto d’epoca e vi sono varie questioni che non convincono nella vicenda, anche se la bufera meteo è certificata.

L’ottimo grafico editoriale, illustratore, sceneggiatore e scrittore Enrico Pandiani (Torino, 1956, primo noir nel 2009) ha vinto il Premio Scerbanenco 2022 con il primo romanzo della nuova serie (introdotta accanto a quelle Les Italiens e Zara Bosdaves), intitolato “Fuoco”. I quattro protagonisti piacciono e anche questa storia è godibile, un giallo hard-boiled narrato in terza persona varia (talora su altri personaggi, non solo i “buoni”), attraverso quasi una cinquantina di capitoli il cui titolo è anche l’ultima frase di ogni testo. Continua ovviamente pure la storia parallela commissionata dall’avvocato Teodoro (amico di Max e Abdel) per “rendere migliore la vita di un gruppo di persone”; qui seguiamo Lamberti (attraverso quattro capitoli) in Albania, Belgio e Francia per affrontare un’inchiesta su alcuni omicidi avvenuti dieci anni prima nelle Ardenne, era stata sgominata una pessima crudele banda che rapiva ragazzini per il traffico di organi. Per il naufragio attuale (da cui il titolo) si va da giovedì 22 febbraio a martedì 19 marzo 2024, con frequenti inevitabili incursioni nell’intera regione Piemonte, soprattutto dalle parti di Stresa e dell’affascinante Lago Maggiore, il secondo italiano per superficie dopo quello di Garda. Innumerevoli le vetture storiche citate, lo scomparso conte Murazzano di Salignon aveva nell’immensa rimessa della villa, fra le altre, l’Aston Martin stile Bond e la Jaguar stile Diabolik, un Maggiolino Volkswagen del 1950 e un’antica rossa Ferrari. Inoltre, si scopre che da qualche parte potrebbe anche esserci una Mercedes d’incommensurabile valore. A Reims si chiacchiera degustando Pommery cuvée Louise 2004. Casualmente, la radio trasmette spesso canzoni appropriate con le contingenze, come Fortunate Son dei Credence Clearwater Revival o Anywhere on This Road di Lhasa De Sela.

Enrico Pandiani ha esordito nel 2009 con Les Italiens, primo romanzo dell’omonima serie poliziesca, di cui tutti i titoli sono disponibili in BUR, insieme a quelli che compongono la serie di Zara Bosdaves. Con questo romanzo – vincitore del premio Scerbanenco 2022 – si apre la saga della banda Ventura.

:: A Enrico Pandiani per Fuoco (Rizzoli Nero) il Premio Scerbanenco 2022

4 dicembre 2022

La giuria composta da Cecilia Scerbanenco (presidente), Alessandra Calanchi, Valerio Calzolaio, Luca Crovi, Cecilia Lavopa, Sergio Pent, Alessandra Tedesco, Sebastiano Triulzi e John Vignola

ha deciso all’unanimità di attribuire il

Premio Giorgio Scerbanenco 2022  

a
 
FUOCO (Rizzoli Nero)
di Enrico Pandiani
 
con la seguente motivazione: 

“Perché il suo autore, in questo romanzo dal ritmo hard boiled, conferma la solidità e la varietà dell’impianto narrativo noir evidenziate fin dagli esordi, mettendo al centro di quest’opera un gruppo di antieroi metropolitani impegnati a salvare se stessi e casualmente un po’ anche il mondo”.

:: Scrittori ai fornelli: Enrico Pandiani & il Rognone alla Mordenti

22 gennaio 2019

Inizia oggi sul blog una nuova rubrica: Scrittori ai fornelli. Chiederemo a scrittori noti ed esordienti di parlarci di una ricetta a cui sono particolamente legati, con tanto di ingredienti e tutto, ma naturalmente sarà un pretesto per parlare di libri e di scrittura.

Iniziamo con il primo volontario, il coraggioso Enrico Pandiani.

ragione da vendereEsce oggi Ragione da vendere, per il Nero Rizzoli, il suo nuovo libro, settima avventura de Les Italiens, e per l’occasione gli abbiamo chiesto una ricetta sua o presente nei suoi romanzi. Si sa il binomio scrittura e cucina è molto stretto e molti scrittori sono anche abilissimi cuochi. Poi Pierre Mordenti, il suo personaggio, se la cava anche lui in cucina e non poteva che apprezzare un piatto dalle spiccate qualità come il Rognone alla Mordenti.

Pandiani ci ha spiegato che è una ricetta di famiglia, che gli arriva di suoi zii che abitavano a Parigi. Lui era il direttore della Marini & Rossi.

Inoltre il romanzo inizia anche con una cena magrebina a casa di Servandoni e Karima, tra cous cous, spezie e crema chantilly.  Per i golosi una lettura tutta da scoprire.

Ma ora veniamo alla ricetta, pochi ingredienti ma di sicuro effetto.

Rognone alla Mordenti

Ingredienti:

Un bel rognone fresco
Burro
Sale
Martini Dry
Prezzemolo

Preparazione:

Si prende il rognone e lo si taglia a fettine sottili. Una volta tagliato, lo si dispone in un piatto e lo si ricopre di sale grosso. Lo si lascia coperto dal sale per un paio d’ore in modo che spurghi. Infine lo si lava in un colino sotto acqua corrente abbondante e, per finire, lo si stende su un panno pulito in modo da asciugarlo per bene. Si mette un bel pezzo di burro in una padella grande e lo si lascia fondere. Quando è bello bollente vi si versa il rognone e lo si fa girare per bene finché tutte le fette non sono diventate chiare. Un ultimo minuto di cottura (in questa fase non eccedere) e poi si deve scolare il rognone lasciando tutto il sugo nella padella. A questo punto si deve gettare il sugo e pulire per bene la padella. La si rimette sul fuoco e si aggiunge un nuovo pezzetto di burro fresco. Quando è bello caldo si rimette a cuocere il rognone. Lo si fa rosolare per un paio di minuti, poi si alza il fuoco e si aggiunge qualche spruzzo di Martini Dry. Un’ultima rimestata a fuoco vivace e per finire lo si mette in un piatto di servizio. Si aggiunge il prezzemolo tagliato fine fine e ci si mette a tavola.

Ecco i primi appuntamenti per incontrare l’autore e il suo libro:

• Torino – Martedì 22 gennaio, ore 18, libreria Angolo Manzoni, via Cernaia 36/d, con Nicola Roggero;
• Torino – Giovedì 24 gennaio, ore 19, libreria L’Ibrida Bottega, via Romani 0, con Federico Bena;
• Torino – Martedì 29 gennaio, ore 18,30, libreria Bardotto, via Giolitti 18/a, con Ricky Avataneo;
• Milano – Martedì 5 febbraio, ore 18, libreria Hœpli, via Ulrico Hœpli 5, con Piergiorgio Pulixi;
• Busto Arsizio – Venerdì 8 febbraio, ore 17,30, Mondadori Bookstore, via Milano 4;
• Volpiano – giovedì 28 febbraio, ore 18,30, Salone Polivalente, via Trieste 1, con Pino Pace;
• Asti – venerdì 1 marzo, ore 21, libreria Alberi d’Acqua, via Rossini 1;
• Carignano – 7marzo, ore 18, Istituto Alberghiero, via Porta Mercatoria 4/b, con Massimo Tallone;
• Rivoli – 9 marzo, ore 18, Libreria Mondadori, via Piol 37/d, con Carlo F. De Filippis;
• Mantova – giovedì 21 marzo, ore 20,15, ristorante Giallo Zucca, Corte dei Sogliari, 4, con Marco Piva.

:: Polvere di Enrico Pandiani (Dea Planeta 2018) a cura di Marcello Caccialanza

13 giugno 2018

PolvereEnrico Pandiani nel suo intrigante thriller psicologico, edito dalla Dea Planeta, dal titolo “Polvere”, offre a noi lettori amanti del brivido un romanzo accattivante e pieno di brio e di adrenalina.
È la storia di Pietro, un uomo allo sbando da quando ha purtroppo perduto il suo incarico lavorativo, come capo della sicurezza. Questo evento è dunque per il protagonista di questa narrazione una clamorosa sconfitta esistenziale; perché in questo stesso frangente lui capisce la sua naturale fragilità di essere umano. Fragilità che lo porta a vestirsi di un’apatia costante e pericolosa. Niente infatti lo interessa più ! la vita medesima diviene piano piano una sorta di mare calmo e poco avventuroso, dove ogni forma di vita ha perso colore, sapore e profumo. Pietro è dunque caduto nel baratro di un abisso buio e preoccupante, dove la depressione è una specie di fantasma che si fa sempre più prepotente ed ammagliante, è in procinto di tendergli il suo tranello!
Ma un giorno, inaspettatamente, per il personaggio chiave di questo romanzo arriva una ghiotta occasione per rimettersi in sesto per imboccare di nuovo la giusta carreggiata: la sua vicina di casa, alla quale hanno ucciso una figlia, in circostanze alquanto misteriose, gli domanda aiuto per dipanare quella matassa.
Facendosi carico di questa patata bollente, Pietro in un colpo solo si libera anche da quel perfido maleficio chiamato apatia. E da questa liberazione prende così il via questo noir esistenziale che mescola con grande sapienza atmosfere cupe e sfumature psicologiche.
Piccolo grande romanzo noir da leggere tutto d’un fiato pagina dopo pagina; perché ti prende, ti cattura e ti catapulta in una dimensione surreale, dove bene e male si sfidano in battaglie di fine e sottile psicologia umana!

Enrico Pandiani (Torino, 1956), dopo una lunga carriera come grafico editoriale e illustratore, nel 2009 ha esordito con Les Italiens, inizio di una saga noir che diventerà una serie TV coprodotta da Italia e Francia.

Source: libro del recensore.

:: Gli scrittori parlano dei loro libri: A proposito di Un giorno di festa di Enrico Pandiani

8 novembre 2017

enrico-pandiani

Ho cominciato a pensare a questo sesto romanzo di Mordenti il giorno dopo la strage del Bataclan. In quella nefasta occasione, nefasta per i parigini, per l’Europa, per chi ci vive e per coloro che vengono a cercare un futuro qui, arrivando da fuori, in quell’occasione, dicevo, mi trovavo a Parigi e ancora adesso ricordo la doccia fredda delle notizie in televisione. Il giorno seguente, un’amica che vive lì da trentacinque anni, mi ha chiamato per chiedermi di andare a bere un bicchiere. Era evidentemente sconvolta e aveva bisogno di parlare.
Per farla breve, ci siamo trovati entrambi seduti a un tavolino fuori dalla Bonne Bière, uno dei due locali davanti ai quali gli assassini avevano ucciso le prime sei persone. Alle nostre spalle i vetri erano forati dai proiettili e davanti a noi alcune transenne coperte di foto e di fiori erano un segno eloquente del tipo di atmosfera che si respirava in città. Poco più in là, un locale crivellato di colpi era chiuso dai sigilli della Polizia.
In quel momento, mi sono messo a pensare a chi potesse giovare che noi si debba vivere in questo modo. Qui da noi ancora non è successo nulla, ma in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Belgio e in Spagna, cose simili te le puoi aspettare da un momento all’altro. A Parigi, per entrare in un qualsiasi negozio di medie dimensioni, devi passare le forche caudine dei metal detector e quelle dei sorveglianti che ti frugano nella borsa. Non parliamo dei musei, dove ormai sono in vigore le stesse procedure degli aeroporti. E tutto questo lo accettiamo supinamente, senza farci alcuna domanda in proposito.
Quindi, a chi giova che la gente debba vivere così? A chi fa gioco che tutte le nostre libertà personali abbiano subito una stretta bestiale? Non ho una risposta certa, ma so che qualcuno tutto questo lo cavalca e lo fa per ottenere attenzione, voti, potere e denaro. O per impedire che le persone possano convivere, raccontarsi le proprie storie e integrarsi fra loro.
Da questi pensieri frustrati, è nato Un giorno di festa. Ciò che succede nel romanzo è naturalmente una metafora, ma tenta in qualche modo di dare una possibile risposta. C’è una sola parte della società che può avere dei benefici da questa situazione e non sono certo i cittadini.
Il romanzo parte da un’uccisione, che coinvolge Leila, una delle donne de les italiens, e prosegue con una corsa contro il tempo che Mordenti e compagni dovranno fare per cercare di impedire una strage.
La sensazione che volevo dare è quella dell’incertezza, la frustrazione in cui ci si può trovare quando non puoi sapere chi siano i tuoi nemici. Quando ogni soluzione potrebbe essere quella giusta, ma, nel contempo, essere sbagliata e chi ti dovrebbe aiutare, ti mette invece i bastoni tra le ruote.
E poi ci sono i luoghi e spesso è ciò che vedi a farti venire in mente storie e situazioni. A volte basta descriverle, altre volte bisogna renderle paradossali. Scrivere Un giorno di festa, come tutte le volte che ho dovuto dar voce a Mordenti, è stato divertente e coinvolgente. Non riesco mai a capire se in lui ci sia una parte di me o se sia piuttosto il contrario. Ma una cosa è certa questa sua corsa forsennata, la sua incertezza, la paura che qualcuno potesse farsi male, sono anche le mie.
Del resto, come dice Pierre a un certo punto, “Il tempo se ne sbatte di te e dei tuoi morti, o gli stai dietro oppure ti attacchi. Tanto, presto o tardi, con lui perdiamo tutti.”

:: Un’ intervista con Enrico Pandiani

28 giugno 2016

indexBentornato Enrico sul nostro blog. E’ uscito da poco un nuovo libro de Les italiens, di nuovo per Rizzoli, dal titolo Una pistola come la tua. Non sei proprio stanco di Mordenti?

Buongiorno Giulia, come si fa a essere stanchi di Mordenti? Per me, ormai, è come un fratello. Insieme ne abbiamo passate tante e ci siamo divertiti. Siamo caracollati su e giù per la Francia, abbiamo gironzolato per Parigi, in pratica mi ha aiutato a realizzare un po’ di sogni che avevo da parte e a togliermi qualche sassolino dalle scarpe. Anche se tenta sempre di mettermi in difficoltà, lasciandomi di fronte a imprevisti che poi mi toccherà affrontare, lui, e di conseguenza i suoi colleghi, sono legati a me a filo doppio. La scommessa è quella di resistere, di continuare a divertire i lettori senza perdere colpi e senza annoiare.

Dicci tutto di Nicolas Winding Refn, hai visto il suo nuovo film? Pensi ti chiamerà a scrivere la sceneggiatura della serie tv? Non è che poi scappi a Hollywood?

Quando Fulvio Lucisano mi ha invitato a Roma per conoscermi, mi ha detto che era loro intenzione domandare a Winding Refn di girare i primi due episodi della serie televisiva su Les italiens che intendevano produrre. Io non credevo alle mie orecchie, perché non ti capita tutti i giorni che qualcuno ti dica che vuole fare una serie dai tuoi romanzi, ma ancora meno che ti dicano che la vogliono far girare a uno dei registi più famosi del mondo. Ho visto Drive, certamente, un film che mi è piaciuto molto perché al di là della violenza estrema, aveva una bella storia di relazioni umane, molto sentimentale. Dai primi contatti, e dopo aver letto il pitch, Refn ha deciso di produrre la serie al cinquanta per cento con la Space Rocket Nation, la sua casa di produzione, e di diventarne lo showrunner. Questo è straordinario perché, se davvero il progetto dovesse andare in porto, sono certo che sarebbe un lavoro eccezionale. Non so se avrò qualche ruolo nella sceneggiatura. Certo, imparare da dei professionisti non mi dispiacerebbe.

Forse avrei preferito Olivier Marchal, in un certo senso una scelta come dire più ovvia, cosa pensi privilegerà invece Nicolas Winding Refn, non hai un po’ paura?

Marchal non mi dispiace, anche se l’atmosfera dei suoi film non mi fa impazzire. È troppo legata alla figura del poliziotto depresso, alcolista, che ce l’ha con tutto il mondo e al quale Mordenti, che è proprio il contrario, dedica una frase ironica nel nuovo romanzo. Penso che Refn ci darebbe dentro con la violenza, ma sono certo che saprebbe conservare quel coté ironico e l’umorismo senza i quali i miei personaggi perdono buona parte del loro carattere.

Come stai vivendo questa esperienza dell’autore famoso? Tua moglie che dice?

Il giorno che diventerò un autore famoso te lo saprò dire. Per ora sono soltanto uno dei tanti scrittori di genere che fanno i salti mortali per vendere qualche copia in più dei loro libri e per farsi conoscere dal pubblico dei lettori. Quelli famosi sono ben altri. Mia moglie, per l’appunto, dice che non sarebbe male se vendessi qualche copia in più e se portassi a casa la pagnotta. Al mio livello, si conta molto sul passaparola di coloro ai quali sono piaciuti i romanzi e sul fatto che i librai apprezzino il tuo lavoro e ti facciano scoprire ai loro clienti. Il libraio è la figura chiave.

Che tipo di accoglienza hai ricevuto in Francia? E’ vero, come dicono, che il noir italiano è da loro molto apprezzato?

In Francia l’accoglienza è stata buona. Lì vai a sgrugnarti con la storia del noir e, soprattutto, con quelli che sono i miei mostri sacri. Il mio editore francese dice che gli piacciono i miei romanzi perché c’è molta ironia e si ride, cosa che oggi succede raramente, nel noir d’oltralpe. All’inizio del 2017 uscirà in Francia Lezioni di Tenebra, il terzo romanzo di Mordenti. Spero che sarà accompagnato dalla notizia che la serie si farà sul serio. Quello potrebbe davvero cambiare le cose.

Hai ancora tempo per leggere? Quali sono le tue letture in questo momento, e se c’è facci qualche nome di giovani promesse.

In questo momento sto leggendo molto, ma pochissimi romanzi di genere. Ho letto Marías, Amis, Franzen, Dumas, Giono, Wilder, Tonani, molto Cercas, la Murgia, la Sagan, la Despentes. Per quanto riguarda il noir, invece, tre autori interessanti che mi è capitato di leggere sono Darien Levani, che per Spartaco edizioni ha scritto un bel romanzo, Toringrad, Antonio Mesisca che per Scrittura e Scritture ha pubblicato Nero Dostoevskij e Stefano Trinchero che è uscito con La coppia infedele per i tipi di 66th&2nd. Io trovo che il panorama noir italiano sia bello vivo e interessante, con romanzi che raccontano molto bene i problemi e le contraddizioni della nostra società.

Un uccellino mi ha detto che l’altro giorno eri a Chieri a una presentazione. Come è andata? Ti diverti a presentare i tuoi libri in sale gremite di gente, o sei un timido? L’episodio più bizzarro successo durante una presentazione.

Le sale “gremite” di gente sono una rarità, però qualche volta ancora succede. A Chieri è successo e la presentazione è andata molto bene, grazie anche a Carlo De Filippis, l’autore de Le molliche del commissario, che mi ha messo sotto con grande humour e simpatia. Fare le presentazioni è un’attività che mi diverte molto. Ti dà la possibilità di conoscere i tuoi lettori e di conquistarne di nuovi e ti permette di viaggiare. Quando capita che ci sia poco pubblico non me la prendo, in linea di massima la colpa è solo mia e della mia piccola fama. Quelle persone sono venute ad ascoltare me e quindi si meritano tutto il mio rispetto. In genere, quando capita, ci si siede attorno a un tavolo, si apre una bottiglia di vino e si fa una bella chiacchierata. L’episodio più bizzarro mi è successo qualche tempo fa; dovevo presentare Simone Sarasso, appena uscito con il suo romanzo sulla storia della mafia americana e ho portato con me un mitragliatore Thompson, quello con la ruota che si vede nei film di gangsters. Era finto, ma la gente che passava fuori dalla libreria non lo sapeva e vedere le loro facce è stato divertente. Una signora è entrata in libreria, ha visto Simone con il mitra ed è uscita come se niente fosse, ma molto alla svelta.

Come procede Torinoir, mi è giunta voce che l’altro giorno uno di voi si è sposato. Avrete ancora il tempo di riunirvi nelle piole a tirar tardi?

Torinoir è sempre viva e vegeta e i soci non disdegnano il ritrovarsi a chiacchierare bevendo vino e mangiando le torte di Patrizia Durante, la sola donna del gruppo e, di conseguenza, la testa pensante. Abbiamo in corso diversi progetti e nelle prossime settimane se ne vedranno delle belle.

Parliamo di scrittura. Come si fa a far vivere a lungo un personaggio seriale? Quali sono gli errori da non commettere e i piccoli segreti da non divulgare?

I piccoli segreti da non divulgare non te li dico, così non li divulghiamo. Penso che ogni autore abbia un suo modo di gestire un personaggio seriale. Per prima cosa devi decidere se invecchia; io ho già un piede nella fossa e se faccio invecchiare Mordenti, nel giro di qualche anno finiamo entrambi in seggiola a rotelle e addio indagini. Quindi ho deciso che lui invecchia al contrario dei cani: un anno ogni sette. Questo significa che deve cambiare utilizando altri parametri. Ogni romanzo ci svela qualcosa di sé che prima non si sapeva, o qualche lato del suo carattere. Man mano che si va avanti i protagonisti si raccontano al lettore, si svelano, coltivano un’intimità con lui sempre più stretta. Penso che sia questo il vero segreto, fare in modo che la curiosità non sia mai del tutto soddisfatta.

Si ride nei tuoi noir. Perché questa scelta?  È la lezione di Dard?

Senza dubbio e a mia insaputa, Frédéric Dard, con il suo San-Antonio, è stato molto importante nella mia formazione e mi ha immensamente divertito. Ancora continua a farlo. Mi ha svelato l’importanza dell’ironia, anche l’auto-ironia, e dell’umorismo nel romanzo di genere. Tutti i grandi che hanno utilizzato questi due ingredienti mi sono piaciuti più di quelli che si prendevano troppo sul serio. Ironia e umorismo aiutano a stemperare la violenza, possono rendere paradossale una scena che viceversa sarebbe banale, senza però farla diventare inverosimile. Io non posso farne a meno, forse è dovuto al fatto che trovo che per sopravvivere nel mondo di oggi c’è bisogno di tanta ironia e di una buona dose di humour. Altrimenti, ti butti dalla finestra.

Cosa consiglieresti a un giovane scrittore, con un discreto talento, che non sa che pesci pigliare e non ha amici nell’ambiente. L’autopubblicazione è una strada, o la sconsigli?

Gli consiglierei di aprire un ristorante e di dimenticarsi la scrittura. Tanto, nessuno ti dà retta.

Leggi anche ebook, o solo libri di carta e inchiostro?

Leggo essenzialmente volumi di carta. E “volumi” non è una parola usata a casaccio, perché si fa in fretta a riempire una casa. Però non posso farne a meno. Non ho un lettore Kindle o similare e non ho sostanzialmente nulla contro l’ebook. Io li leggo sul telefono e sono in genere romanzi in lingua originale, francese e inglese. In questo modo faccio prima a trovarli e me li leggo quando sono in coda alle poste o dal dentista.

Pensi che il digitale abbia costretto a chiudere molte librerie o i problemi sono altrove?

No, credo che il digitale c’entri poco. Cosa mette in ginocchio i miei amici librai è il fatto che in questo paese il settanta per cento della gente non legge un solo libro all’anno. E poi ci sono i giganti come Amazon e simili, che penso portino via la fetta più grossa di venduto. Quello che è certo, è che in questo paese non esiste uno straccio di politica che vada incontro ai librai, né da parte del governo, né da parte dell’editoria. Vedere le librerie che chiudono è una sensazione molto dolorosa, appena appena ripagata dal vederne ogni tanto qualcuna che apre. Quelli sì che sono dei pazzi, ma coraggiosi.

In un’ intervista ho letto che hai molto imparato da un libro autobiografico di una donna che è stata a capo del Quai des Orfèvres, mi piacerebbe saperne di più.

Dici il giusto, donna bianca. In effetti, anni fa la mia amica e mia traduttrice in francese, Catherine, mi ha regalato l’autobiografia di Martine Monteil, la prima donna commissario francese. Madame Monteil ha fatto carriera all’interno della polizia giudiziaria. Era bella come un’attrice, un tipo tosto, a occhio e croce. Lei ha diretto tutte le brigate della PJ, comprese la brigata per la repressione del banditismo e la celebre Crim’, la brigata criminale. Ha seguito casi molto importanti, come quello delle bombe sul metrò a Parigi, l’arresto di Françoise Sagan, e il suicidio di Jean Seberg, che le ultime settimane di vita passava spesso al Quai des Orfèvres. Era Martine Monteil che comandava la brigata criminale durante l’indagine più difficile e delicata, la morte di Lady Diana nel tunnel dell’Alma. Madame è poi diventata prefetto e, una volta in pensione, ha scritto la sua autobiografia che è una vera fonte enciclopedica di termini, tecniche e luoghi. Merci Martine!

E adesso parlaci di cosa stai scrivendo. Zara tornerà presto?

Al momento sto scrivendo un romanzo a sé stante, un noir che si svolge a Torino e il cui personaggio non è un poliziotto, o, per lo meno, non lo è più. Mi piace come sta venendo ma ci devo sputar sangue. Nel frattempo sto cercando di mettere insieme un nuovo romanzo di Zara e, per ovvi motivi, uno di Mordenti. Estote parati

E adesso un saluto, e ricordati che mi devi un autografo, dopo Refn quando ti piglio più.

Un saluto a te e un abbraccio forte. E non ti preoccupare, dovesse esserci un dopo Refn, mi ripigli esattamente come prima. Son troppo vecchio per metttermi a fare il prezioso.

:: Una pistola come la tua, Enrico Pandiani, (Rizzoli, 2016)

9 giugno 2016

index

Clicca sulla cover per l’acquisto

Nuova indagine per Les italiens, fortunata serie che sta facendo conoscere nel mondo il nostro torinesissimo Enrico Pandiani. E’ certa la notizia che Nicolas Winding Refn girerà una serie televisiva (per lo meno il primo episodio) ambientata a Parigi, tratta dal primo romanzo della serie. E anche i nostri cugini d’Oltralpe, di solito molto diffidenti e campanilisti, sembrano aver gradito i suoi noir venati di umorismo alla Frédéric Dard. Insomma è un bel periodo per Pandiani, che certo non si sarebbe mai immaginato sette anni fa, quando usci Les italiens per un piccolo editore torinese, tutto ciò. Lui no ma i lettori in un certo senso se ne sono accorti eccome che erano storie diverse dal solito, storie che sarebbero andate lontano. Per Rizzoli dunque è uscito in libreria Una pistola come la tua, quinto romanzo della serie, una storia amara, divertente, politicamente scorretta nel più puro stile Pandiani (forse è l’unico che usa ancora la parola negro in un suo romanzo). Una storia che ci porta a scorrazzare per Parigi, di locale in locale, dietro a un delinquente di mezza tacca, che ci fa trovare una testa di donna sul tavolo dell’ingresso di un appartamento di lusso. Una storia di inseguimenti, gente che salta dai tetti, sparatorie, con un pizzico di violenza in più, sempre stemperata da un disincantato umorismo, una dissacrante ironia che non rassicura del tutto, ma ci fa prendere le cose non troppo sul serio, non troppo lugubremente insomma. Avete presente quei noir torbidi e deprimenti, con una cappa nera che grava inesorabile. Beh i noir di Pandiani non sono così, anche nei momenti più drammatici una battuta, una freddura, un’ arguzia scolora il tutto, senza però scadere nella macchietta o nella pochade. C’è sempre un retrogusto amaro, molto francese, una morale di fondo, forse un po’ manichea, che pone i cattivi da un lato, senza speranza, senza possibilità di redenzione. E poi intrighi, politici corrotti, fusti in fondo al lago, maneggi da alte sfere, figli illegittimi, ragazze in difficoltà. Pandiani ama complicare le cose, non gli piacciono le storie lineari dove da a si va a b, ci son sempre sottotrame che portano altrove, e questa volta in 400 pagine ne ha trovato di spazio per far carambolare il lettore dietro ai suoi personaggi. Si mangia sempre choucroute, piatto alsaziano a base di carne di maiale e crauti (mi sono informata, se volete ho anche la ricetta), la squadra cambia ma i personaggi storici resistono incrollabili, e se Mordenti fa cancellare una multa alla nipote di Madame Kaganovitch, prostituta d’alto bordo sua amica, da Roger Bollani, un rimbambito che lavora alla stradale, promettendogli un appuntamento con Liz Hurley, noi che facciamo, non lo perdoniamo? Mordenti, malgrado tutto si trova la patacca dell’eroe, del cavaliere bianco dalla splendente armatura pronto a tutto quando c’è una donzella in difficoltà. Va beh un cavaliere un po’ recalcitrante, ma Mordenti è Mordenti. Prendere o lasciare. E poi ha anche un capo piuttosto ingombrante di cui tenere conto, una capo che in questa indagine sarà coinvolto molto da vicino. Buona lettura.

Enrico Pandiani (Torino, 1956) ha esordito nel 2009 con Les Italiens, primo romanzo di una serie poliziesca che diventerà presto anche serie tv, con una coproduzione internazionale. Nel catalogo Bur sono disponibili Pessime scuse per un massacro, La donna di troppo e Più sporco della neve.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Giulia dell’Ufficio stampa Rizzoli.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Un’ intervista con Enrico Pandiani

23 gennaio 2016

photo-enrico-pandiani-600-px

Bentornato Enrico su Liberi di Scrivere in occasione del Liberi di scrivere Award. Numerosi lettori hanno votato per il tuo Più sporco della neve, edito da Rizzoli che è arrivato secondo a parimerito con 1980 di David Peace. Cioè sei in buona compagnia. Mi dicono che sei arrivato anche sesto allo Scerbanenco, certo i due premi non si possono equiparare, noi abbiamo mezzi molto più limitati, ma come vivi queste ludiche manifestazioni? Trovi positiva la formula che adottiamo noi di dare solo ai lettori l’ultima parola?

Ciao Giulietta, francamente non saprei che dirti. Ho l’impressione che i lettori vadano un po’ spinti, perché abbiano voglia di votare e io questo lo faccio mal volentieri. Per questo, il sesto posto allo Scerbanenco e il secondo, pur pari merito, al Liberi di scrivere Award mi hanno molto sorpreso. Nel senso che non mi sarei aspettato né l’uno, né l’altro. Sorpreso piacevolmente, voglio dire. Significa che Più sporco della neve è stato davvero apprezzato dai lettori, quasi a mia insaputa, e questo mi fa piacere perché trovo che sia un romanzo che ha un suo perché e per scrivere il quale mi sono impegnato parecchio.

L’ultima volta che ti ho intervistato era il 2013, ne sono successe di cose da allora. Cosa ti ha più sorpreso?

Sono successe tante cose, ho scritto altri romanzi, ho iniziato una nuova serie, quella di Zara, sono andato molto in giro a presentare i miei libri e ho presentato quelli di altri autori che in linea di massima sono diventati miei amici. Ho conosciuto tanta gente straordinaria. La cosa che mi ha sorpreso di più, mi chiedi? Credo che sia stata la tenacia con la quale i librai italiani fanno il loro mestiere in maniera impeccabile, senza lasciarsi piegare dalle avversità e trovando in continuazione nuovi modi per fare il loro mestiere. E questo nonostante tutto quanto sia contro di loro, i giochi dell’editoria, la gente che non legge e, a volte, anche l’antipatia di certi autori. Penso che per fare il libraio, oggi, ci voglia davvero una grande determinazione.

Parlaci di Più sporco della neve, la tua ultima indagine di Zara Bosdaves edita in Italia con Rizzoli. Ci sarà presto un seguito?

Sono l’ultima persona che dovrebbe dire questa cosa, ma mi sembra che quest’ultimo romanzo di Zara mi sia venuto fuori particolarmente bene. Mi piace la storia, mi sono ritrovato alla perfezione con i personaggi e credo di essere riuscito a mettere insieme una trama che si chiude poco alla volta su un finale inaspettato. Rispetto al romanzo precedente, La donna di troppo, i protagonisti si svelano maggiormente, mostrano le proprie debolezze, la loro vulnerabilità, ma anche una forza d’animo che li aiuta a stringere i denti e ad andare avanti, a conservare ciò che di buono sono riusciti a conquistare. Il terzetto di cattivi, poi, mi ha divertito tantissimo. Disegnare Carmelo Filingeri e i suoi compari è stato un lavoro divertente e che mi ha coinvolto. Ne è venuta fuori una storia interessante, anche per gli argomenti trattati, la crisi che ci colpisce ormai da tempo e l’immigrazione extracomunitaria che in questo momento preoccupa tanto l’Europa. Per ora non ho ancora in mente un seguito. A maggio uscirà la quinta avventura di Mordenti e non vedo l’ora che sia in libreria. Per il resto sto lavorando su due progetti molto diversi che non c’entrano con les italiens e nemmeno con Zara.

Intanto sei arrivato a Parigi, la patria del polar. Un po’ come la “Série noire” di Gallimard, la collana poliziesca di Le Livre de Poche, l’editore con cui pubblichi, è un marchio storico dell’editoria francese e finalmente Les Italiens parla francese. Chi è il tuo traduttore? Hai avuto modo di leggere il tuo libro tradotto? Che effetto ti ha fatto?

È stata la realizzazione di un desiderio. È stato pubblicato a settembre il secondo romanzo e stiamo parlando del terzo. In più, come dicevi, quando è uscito Trop de plomb, Les italiens è stato pubblicato nella collane Le Livre de Poche e questa è una soddisfazione immensa. La traduttrice è Catherine Beaunier, che oltre ad aver tradotto i miei libri mi ha anche insegnato il francese. Questa avventura parigina l’abbiamo vissuta insieme e io ho potuto seguire in prima persona le traduzioni. E ci puoi scommetterci che li ho letti! Sentire Mordenti che parla francese è un godimento monumentale.

Si parla di uno sceneggiato o una serie televisiva. Che c’è di vero? Sarà una produzione italiana o francese? Se potessi dare consigli (ti ci vedo girare con la tua pipa per gli studios, più parigino dei parigini, a supervisionare) chi vedresti alla regia, quali attori per i protagonisti?

Riguardo a questa vicenda, tutto ciò che posso fare è tenere le dita incrociate e aspettare che gli eventi prendano forma. Dopo il comunicato stampa della IIF del produttore Fulvio Lucisano che annunciava l’accordo firmato con la Space Rocket Nation di Nicholas Winding Refn per girare otto-dieci episodi tratti dal romanzo Les italiens, non ho più avuto notizie. Immagino che si stia lavorando in quel senso e che sarà una produzione internazionale. Winding Refn è un regista di culto, ha vinto Cannes con Drive ed è un mostro sacro, quindi immagino che, nel caso la serie diventi una realtà, la regia toccherà a lui. Per quanto riguarda gli attori non ho proprio la più pallida idea di chi potrebbe interpretare i miei personaggi e per scaramanzia non mi provo nemmeno a ventilare delle ipotesi. Tanto per cominciare speriamo che la cosa vada in porto.

Dopo la Francia, in quali altri paesi porterai i tuoi romanzi? Cosa dice il tuo agente?

Mi sembra che ci sia un certo interesse da parte della Turchia, ma per ora non c’è nulla di concreto. per il resto non ho altre notizie. Se si facesse la serie televisiva, credo che potrebbe smuovere le acque.

Cosa stai leggendo in questo momento, quale è il libro (o sono) sul tuo comodino?

Ho letto l’ultimo romanzo di Marías, Così ha inizio il male, L’impostore, di Cercas, Zona d’interesse, di Martin Amis, Cattivi, di Torchio, un paio di romanzi di Perec che ancora non avevo letto. Poi, Kassel non invita alla logica, di Vila-Matas e Incidente notturno, di Modiano, tutti libri che mi sono piaciuti molto. Adesso ho attaccato Le notti di Tokyo, di Mo Hayder, consigliatomi da un’amica, e devo dire che mi intriga. Sul comodino ho Il potere del cane di Whinslow, Chirù della Murgia, l’ultimo De Giovanni e l’ultimo di Fred Vargas. Insomma, le letture non mi mancano.

C’è un esordiente italiano che ti ha particolarmente colpito? Se sì, che augurio gli fai? Quale è la cosa di cui avrà maggior bisogno negli anni a venire?

Tempo fa ho letto Nero Dostoevskij, di Antonio Mesisca, e devo dire che la sua scrittura mi è molto piaciuta. Il suo romanzo si discosta piuttosto dal classico noir Italiano con commissari, agenti tonti, amici carissimi e donnine compiacenti. Guizza ed è molto personale. E, soprattutto, Antonio riesce a mescolare alle sue storie quei due ingredienti che io ritengo fondamentali nel noir: l’ironia e lo humour.

La situazione dell’editoria in Italia non è rosea: calo dei lettori, stili e storie sempre più omologate, poco coraggio forse, autori che meriterebbero più attenzione quasi emarginati. Non hai la sensazione anche tu che non sia una crisi solo economica? Che ci sono precise responsabilità se la gente sta lontana dai libri?

Si potrebbe pensare che un paese di ignoranti sia più facile da controllare, come dire, panem et circenses, e che per questo chi ci governa abbia tutto l’interesse a mantenere questo stato di cose. Però io sono convinto che molta gente non abbia voglia di fare sforzi, che pensi che leggere sia una fatica, un compito arduo e difficile. Non sanno che non è così, che i libri sono un piacere. C’è un bombardamento di proposte per portare la gente alla lettura, ma io sono convinto che non servano a nulla. Per la maggior parte si riducono a iniziative che vanno a toccare persone che già amano la lettura. Non ho idea di cosa si potrebbe fare per convincere chi non lo fa che leggere è una conquista che può aprirti grandi orizzonti e che ti può portare in uno stato di grazia. Anche perché è evidente che alla maggioranza delle persone è sufficiente chattare con il telefonino o il tablet e questi sono spesso nemici della lettura. Salendo su un treno o sulla metropolitana ci si rende conto di quale sia lo stato delle cose: hanno tutti il telefono in mano e non si vede un libro all’orizzonte.

Ci siamo conosciuti anni fa al Circolo dei lettori a una tua presentazione, ti moderava Luigi Bernardi. Sei una delle poche persone legate ai libri che mi ha visto di persona. Se dovessi mettermi in un tuo romanzo, che personaggio sarei?

Una che trama nell’ombra? Mi auguro che il fatto che ti abbia conosciuta di persona non ti costringa prima o poi a dovermi eliminare…

Molti pensano che il noir abbia più un passato che un futuro. Condividi questa affermazione? C’è al contrario qualche scrittore contemporaneo italiano o straniero che incarna l’anima vera del noir in questi anni complessi?

Non so se qualche scrittore, oggi, incarni la vera anima del noir più di altri. Diventa sempre più difficile inventare qualcosa di nuovo o trovare una nuova maniera di raccontare cose già dette. Certo, farsi largo diventa sempre più difficile, perché anche i lettori tendono ad adagiarsi su ciò che conoscono ed è loro familiare piuttosto che avventurarsi su terreni sconosciuti proposti da autori che cercano di proporre qualcosa di nuovo o di diverso. Certamente il noir ha un grande passato, ma io sono sicuro che ci sia ancora un futuro per questo genere letterario. Continua a capitarmi di leggere autori come Antonin Varenne in Francia, Jan Costin Wagner in Germania, o Giampaolo Simi in Italia che con i loro romanzi e la loro scrittura mi hanno fatto capire che c’è ancora molto spazio per l’immaginazione di uno scrittore.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Come dicevo prima, a maggio uscirà la quinta avventura de les italiens di cui ancora non è chiaro il titolo. È un romanzo che si svolge tra Parigi e il centro della Francia. Questa volta Mordenti dovrà correre su e giù per la Francia alla ricerca di una madre scappata di casa con il figlio di sette anni. L’inghippo è piuttosto complesso e pericoloso e, come sempre, ci sono momenti di grande ilarità e altri di passione. Per il resto, sto lavorando a due romanzi molto differenti tra loro che non hanno nessun legame con i miei precedenti personaggi. Uno è un noir molto duro, torinese, e l’altro è un romanzo non di genere. Vediamo dove andremo a finire, cosa tutt’altro che chiara.

:: Un’intervista con Enrico Pandiani a cura di Giulietta Iannone

13 aprile 2012

Bentornato Enrico su Liberidiscrivere è sempre un piacere ospitare il più francese dei noiristi italiani. Un autore ormai di culto, padre del mitico Mordenti, un Jean Paul Belmondo giovane oserei dire. Come ti senti da torinese schivo e riservato ad indossare i panni dello scrittore affermato?

Grazie a te per l’invito, mi piace infilarmi nei posti dove sono già stato. Non credo di essere troppo schivo, non avrei potuto inventare un tipo come Mordenti se lo fossi. Forse un po’ riservato, quello sì. E, più che affermato, come scrittore direi che mi sono consolidato. Affermato, d’altronde, è una parola impegnativa, che presuppone risultati che non credo di avere ancora raggiunto. Però è una bella avventura, sempre più coinvolgente e ricca di gratificazioni. I panni, poi, sono sempre gli stessi, siamo sempre les italiens e io. Continuiamo a raccontarci delle storie per viverle assieme divertendoci molto. Scrivere sapendo che molta gente ti leggerà è un’esperienza esaltante ma impegnativa. Sai che i tuoi lettori hanno delle aspettative e soddisfarle non è sufficiente, devi rinnovarti e lo stesso devono fare i tuoi personaggi. Di conseguenza sei sempre al lavoro e questo mi piace, è stimolante.

Da Instar a Rizzoli, ormai hai poche scuse, sei uno scrittore famoso, osannato dalla critica, amato dai lettori, corteggiato dalle fiere letterarie. Raccontaci come è andata veramente. Parlaci del dietro le quinte, delle segrete cose del mondo editoriale.

Essere cercati da un editore come Rizzoli è stato come per un delinquente finire nei Most Wanted dell’FBI; ti da un certo prestigio. Per me ha significato molto, qualcosa tipo la consapevolezza che stavo facendo un buon lavoro. In realtà dopo il primo contatto ci siamo visti parecchie volte, sia per definire il contratto, sia per decidere che tipo di storia pubblicare. Nel frattempo doveva uscire il terzo romanzo da Instar, Lezioni di tenebra, e questo mi ha lasciato il tempo di lavorare su Pessime scuse per un massacro per perfezionarlo. In realtà l’inquietudine era dovuta al dover lasciare un’intimità nella quale mi ero trovato molto bene, per entrare in un mondo più vasto del quale ignoravo regole e protocollo. In realtà sono stato accolto in modo molto cameratesco, abbiamo lavorato sul romanzo senza forzature e nel massimo rispetto dell’opera. Ognuno ha messo la sua esperienza e il risultato è stato il bellissimo volume che è uscito in libreria il 25 gennaio di quest’anno. Anche l’attenzione per la pubblicità e il supporto alle presentazioni è stata perfetta. Io sono un casinista, mi hanno evitato di ritrovarmi con tre eventi diversi lo stesso giorno, alla stessa ora e a cinquecento chilometri l’uno dall’altro.

Dopo Les italiens, Troppo piombo e Lezioni di tenebra con Pessime scuse per un massacro siamo ormai alla quarta avventura di Les italiens. Nei romanzi seriali c’è il rischio di perdere in freschezza e in spontaneità, e accumulare una certa stanchezza man mano che passa il tempo, cosa che a te non è successa. Quale è il tuo segreto?

Guarda, non so se sia un segreto, è probabile di no. Quando un autore decide di scrivere una serie di romanzi con gli stessi protagonisti, per prima cosa dovrebbe porsi un paio di domande: questi personaggi invecchieranno? E se sì, come cambieranno le loro vite? Il tipo di relazione che si crea tra uno scrittore e i personaggi dei suoi romanzi è molto forte. Se decidi di farli invecchiare, corri il rischio, nel giro di qualche anno, di ritrovarti con un branco di sbirri anziani che vanno aiutati anche a traversare la strada. Magari si sono sposati, hanno una moglie che rompe, dei figli, il cane, il mutuo da pagare. Va tutto bene, naturalmente, ma è una strada senza ritorno, che con il tempo potrebbe annoiare pure chi la scrive. Io ho deciso che les italiens non invecchiano. O meglio, invecchiano come i cani, un anno ogni sette. Questo mi permette di averli sempre a disposizione, pronti a soddisfare il mio infantilismo facendo nei loro romanzi tutto ciò che io non potrei mai fare nella vita reale; però c’è un prezzo da pagare. Per non renderli noiosi mi devo occupare del loro carattere, delle loro manie e del loro umore. Ciò che rende piatto un personaggio è la mancanza di cambiamento, l’assenza di evoluzione. Io mi concentro molto su questo aspetto, nei miei romanzi i personaggi maturano, cambia il loro umore, la loro reattività, il loro modo di pensare. Credo sia questo a mantenerli vivi e interessanti. Del resto nemmeno io so per certo quale sarà il loro stato d’animo la prossima volta, quale aspetto del loro carattere emergerà di più e perchè. Dipende da quello che succederà, da chi incontreranno e da quel che si diranno.

Come è nato il titolo del tuo nuovo romanzo? Ho subito sentito echi scerbanenchiani, penso a I ragazzi del massacro. C’è in qualche modo un tentativo di lasciare la scuola francese del polar per una dimensione più italiana?

Il titolo è cambiato diverse volte. Durante la stesura del manoscritto io lo avevo già corretto perché non mi convinceva. Quando ci siamo messi a lavorare sul romanzo, anche gli amici di Rizzoli hanno cominciato a pensare quale potesse essere il titolo più adatto a questo tipo di storia. A un certo punto eravamo certi che il titolo sarebbe stato Questa notte che corre, poi tutto quanto è stato rimesso in discussione. Anche perché cambiavano pure le copertine. Alla fine è saltato fuori Pessime scuse per un massacro, titolo che ha messo d’accordo tutti quanti. Era abbastanza forte per essere una storia del commissario Mordenti, ma allo steso tempo dava la sensazione di non essere soltanto un romanzo poliziesco. In effetti la trama e i fatti di cui si parla si allontanano un poco dall’azione pirotecnica dei tre precedenti. Non credo ci fossero reminiscenze scerbanenchiane, il titolo tendeva piuttosto verso un’assonanza con Bagatelle per un massacro, il terribile pamphlet di Louis-Ferdinand Céline. Quindi, ammesso che di scuola francese si tratti, la risposta è no, non c’è un tentativo di lasciare il solco tracciato dai primi tre romanzi. C’è, piuttosto, una ricerca per esplorare le tante possibilità offerte da quel territorio mai uguale che è il romanzo di genere.

Tra gli amanti dell’ hardboiled ci sono due scuole di pensiero: quelli che amano più Raymond Chandler e quelli che amano più Dashiell Hammett. Come me immagino che anche tu prediliga Chandler. Cosa ami di più di quest’autore e in che misura ha influenzato il tuo modo di scrivere?

Sono così diversi, Chandler e Hammett, mi viene da pensare a una morbida cravatta di seta per il primo e una rigida striscia di carta vetrata per il secondo. Lo stesso vale per Marlowe e Spade, due duri ma con un ripieno molto differente. Letteratura e sentimentalismo per Marlowe, piombo e passione per Spade. Entrambi mi hanno dato tantissimo, sia nei romanzi, che ho letto e riletto dozzine di volte, sia negli indimenticabili film. Assurdo, per esempio, aver affidato entrambi i protagonisti allo stesso attore, Humprey Bogart, che interpreta nello stesso modo Marlowe in The big sleep e Spade in The Maltese falcon. C’è voluta la figura affaticata di Robert Mitchum, nel più tardo Farewell my lovely, per far percepire la malinconica umanità del detective di Chandler. Comunque è vero, preferisco lui al suo algido collega, sono del tutto chandleriano. Ma è a entrambi che devo dire grazie per avermi estasiato e, soprattutto, per aver sempre alimentato il mio desiderio di scrivere.

Ormai il libro è uscito a gennaio, sono passati alcuni mesi e puoi avere una visione di insieme più complessiva: che bilancio hai tratto? Deluso, entusiasta, ti aspettavi qualcosa di diverso?

Che ti posso dire, non credo che negli ultimi trent’anni ci sia stato un periodo più sfavorevole, come autore, per uscire in libreria con un editore di grosso calibro. Da voci di corridoio, in questi ultimi mesi l’editoria ha perso il 30% del proprio mercato. Questo, in un paese dove il sessanta per cento della gente non legge manco un libro all’anno, è di certo una bella botta. Immagino che tutto ciò si sia piuttosto riflesso sulle vendite di autori medio piccoli, quale sono io, che non sui mostri sacri o comunque su quegli scrittori che hanno consolidato il loro nome in anni più floridi. Comunque, anche per me tutto si è amplificato, la richiesta di presentazioni, la visibilità e, soprattutto, la risposta dei lettori e della stampa che hanno, a quanto pare, apprezzato il mio romanzo. Tutti speriamo di poter vendere di più, però la strada verso il paradiso è a volte più ripida e meno agevole di quanto ci si possa immaginare. Bisogna saperla affrontare senza perdersi d’animo. Io ho molte idee e la possibilità di pubblicare con un editore come Rizzoli; non penso di potermi lamentare.

Parliamo ora del libro, della trama. Come è nata? C’è stato un punto di origine che ti ha portato a svilupparla in questa determinata maniera? Ora a mente lucida cambieresti qualcosa, riscriveresti alcune scene o sei soddisfatto?

Se vogliamo fare un po’ di leggenda, ma nemmeno poi tanta, l’idea di Pessime scuse per un massacro ha cominciato a germogliare il giorno che ho ascoltato per la prima volta Dance me to the end of love, cantata da Madeleine Peyroux. Mi ha talmente stregato che a furia di sentirla si è andata formando l’idea di un romanzo nel quale il motivo della canzone fosse il filo conduttore della storia. La malinconia nostalgica del brano era la stessa che volevo nel romanzo, così hanno cominciato a confluirvi tutte le passioni della mia giovinezza, gli aeroplani della Seconda guerra mondiale, la resistenza, i fumetti e anche le vecchie armi. La canzone (è di Leonard Cohen ma io, contrariamente a molti, preferisco la versione Peyroux) mi ha molto ispirato durante la stesura del romanzo. Ogni volta che l’ascoltavo mi forniva nuovi spunti e mi suggeriva idee interessanti. In qualche modo continuava a parlarmi. In realtà ho avuto molto tempo per rimasticare la storia, per farla leggere alle persone del cui giudizio mi fidavo e per rinforzare la trama piuttosto complessa. Quindi sono molto soddisfatto del risultato finale. Anche se so bene quanto tutto sia perfettibile.

La provincia francese e la resistenza sono due temi al centro del libro. Ho letto un bel noir francese La teoria dell’1% di Frederic H. Fajardie, stesso humour, stessi temi. Che libri o film francesi ti hanno ispirato?

La resistenza francese mi ha sempre molto interessato, vuoi per il suo nome molto romantico, il Maquis, vuoi perchè lo zoccolo duro della liberazione in Europa è avvenuto proprio lì. Tuttavia non ne sapevo molto, le mie nozioni arrivavano da film straordinari del passato che avevo visto e apprezzato in cineteca. Les portes de la nuit di Carné, Jéricho di Calef, Le Train di Frankenheimer, L’Armée des ombres di Melville, Lacombe Lucien di Malle e tanti altri. Addirittura quel capolavoro della risata che è stato La Grande Vadrouille di Oury, del quale Louis de Funès e Bourvil sono diventati icone indimenticabili. Però tutto questo non bastava, si perdeva indietro nel tempo tra le nebbie della giovinezza. Di conseguenza mi sono letto alcuni grossi libri francesi sull’argomento che oltre a farmi capire il funzionamento della macchina partigiana francese, mi hanno dato delle bellissime idee per la storia. Per esempio Meurtres au maquis, di Pierre Broué et Raymond Vacheron, René, maquisard, di Dominique Poulachon o l’agghiacciante Livre noir du Vercors, di Albert Béguin. Man mano che notizie e informazioni si accumulavano, il fascino di questo periodo ancora controverso della Francia spingeva autonomamente per emergere dalla narrazione. Partigiani, nazisti, eroi, collaborazionisti, persone del passato che poco alla volta si mescolavano allo spirito contemporaneo dei miei personaggi. Farli convivere è stato molto divertente.

Sempre parlando di cinema. Se potessi proiettare un film immaginario, chi ne sarebbe il regista, chi reciterebbe la parte di Mordenti? Massima libertà anche registi e attori del passato.

Sognare non costa nulla, no? Bene, alla regia vorrei Jean-Pierre Melville o Jean-Luc Godard, perché ai tempi della Nouvelle Vague il cinema lo sapevano fare. Per la parte di Mordenti la faccenda diventa più difficile. Dovrei averlo in mente in maniera più definita, invece lui è un tipo sfuggente, che non si lascia troppo inquadrare. Però, visto che siamo nell’ambito del sogno, potrei valutare Louis-Ronan Choisy o un Yves Montand giovane (l’ironia nello sguardo, lui l’aveva di brutto). A pensarci bene, anche Maurice Ronet sarebbe perfetto. Mentre Daniel Auteuil me lo terrei per fare Servandoni. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, potrebbero esserci delle sorprese.

Mordenti e le sue donne. Ma ci sarà una donna capace di fargli mettere la testa a posto. Lo vedremo mai sposato, e magari padre?

Sarò breve; se quello che vogliono i lettori e vedere Mordenti che tutte le sere torna a casa distrutto,  si prende una scenata dalla moglie che gli trova del rossetto sul colletto della camicia, dà la pappa al pupo che gli vomita l’omogeneizzato sui pantaloni, porta a pisciare il cane a mezzanotte e, per finire si infila sotto le coperte mentre la signora Mordenti si gira dall’altra parte, be’, in questo caso farò il possibile per trovare una che se lo voglia sposare.

Parlami dell’elefantino Babar, è un tuo personale portafortuna? Cosa ci puoi dire del suo ruolo nel libro?

Da che mi ricordo, i libri di Babar sono sempre stati in famiglia. Era uno dei personaggi preferiti di noi bambini. Le storie dell’elefantino di Jean de Brunhoff sono senza tempo, divertivano noi allora come divertono oggi mio figlio. La delicatezza e la poesia, oltre al fatto che si tratta di un elefante, fanno di Babar un personaggio unico. Proprio perchè mi è sempre piaciuto, mi ero comprato un pupazzetto di resina in un negozietto di Parigi e lo tenevo sulla mia scrivania. Stava sempre lì a fissarmi, con il suo vestitino verde, il cravattino rosso e la coroncina gialla. Un giorno, mentre stavo lavorando alla trama di Pessime scuse per un massacro, l’ho guardato e mi sono chiesto: Chissà come starebbe la figurina di Babar sulla scatola dell’otturatore di una vecchia mitragliatrice pesante? Così è saltato fuori il cattivo del romanzo, che uccide abbandonando poi Babar a sorvegliare l’orrore che ogni volta lascia dietro di sé. Mi piace molto il contrasto tra il personaggio delicato dell’elefantino, l’immagine stessa dell’innocenza, e l’assassino crudele e determinato della storia, che non conosce pietà e rincorre una vendetta terribile che il tempo rischia di portargli via.

Le armi sono sempre al centro della scena, c’è una cura certosina nel descriverle, utilizzarle. Quali sono le armi di Pessime scuse per un massacro?

Te le elenco o preferisci una risposta generalista? Scherzi a parte, in questa vicenda le armi sono come i mobili nelle case anni ’50, danno l’immediata sensazione del periodo storico nel quale si svolge una delle due storie parallele del romanzo. Les italiens devono infatti lavorare nel presente, ma per scoprire cosa è successo, sono costretti a indagare in un passato lontano. Sono quindi le armi che trovano sulla loro strada a parlare di questo passato. La Browning, la Luger, lo Schmeisser, la Mauser, sono armi usate in battaglia durante la Seconda guerra mondiale. E sono anche la pista che Mordenti e i suoi devono seguire per arrivare alla soluzione. Tra l’altro facendo le mie brave ricerche su Internet e sui libri specializzati, ho scoperto particolari molto interessanti che mi hanno aiutato dandomi alcune ottime idee per lo svolgimento della narrazione. Per quanto possa sembrare assurdo o immorale, queste vecchie armi hanno un fascino molto particolare. Viene dal metallo logoro, dal legno consunto e da quella patina che tempi terribili hanno lasciato su di loro. La bellezza di questi oggetti parla di un epoca nella quale l’efficienza tollerava ancora una certa eleganza nella forma. Oggi non è più così.

Come procede la quinta avventura di Les italiens? Hai già scritto i primi capitoli?

La quinta avventura sta andando avanti, la trama è praticamente finita e mi piace molto. Ho già scritto alcune parti, qualche dialogo, ma ancora devo cominciare con la stesura vera e propria. Però ne ho una gran voglia perchè la storia mi intriga e ho dei bellissimi personaggi. Potrei dire che sarà una via di mezzo tra Les italiens, il primo romanzo della serie, e Pessime scuse per un massacro. Ci sarà una lunga parte parigina très noir e piena di movimento. Questa volta la squadra scende in campo al completo dall’inizio alla fine. L’ultimo terzo del romanzo sarà ambientato nel centro della Francia e anche lì se ne vedranno delle belle. In tutto questo ci sarà un colpo di scena del tutto inaspettato.

Altri progetti letterari oltre alla serie di Mordenti?

Ho in cantiere un romanzo tutto torinese con nuovi personaggi, un noir un tantino più asciutto della serie degli italiens. Stò ancora lavorando su un’idea embrionale. Sarà naturalmente un’altra cosa rispetto alle storie di Mordenti, ma penso che Torino ne verrà fuori come un luogo concitato e cosmopolita dove cultura e bellezza, amore e odio, vita e morte si incrociano in un carosello mozzafiato. Esiste già una sorta di episodio pilota che ho scritto per una delle più antiche distillerie di grappa del Nord-Est. Un romanzo di 160 pagine che non uscirà in libreria. Per averlo, dalla settimana prossima, bisognerà andare nei negozi di liquori e nelle enoteche. A condurre il gioco, questa volta, è l’ispettore Bosdaves della Mobile. Ricordatevi questo nome.

:: Lezioni di tenebra, terza indagine di Les Italiens di Enrico Pandiani autore di culto del noir alla francese

21 febbraio 2011

Lezioni di tenebra

Torna la squadra di poliziotti della Brigata Criminale parigina, quasi tutti di origine italiana, tranne qualche corso e alsaziano, capeggiata dal bizzoso commissario Jean Pierre Mordenti, nata dalla penna al vetriolo del torinesissimo Enrico Pandiani, ormai più francese di un francese e vero e proprio, autore di culto tra gli amanti del noir. Reduci dalle fatiche di Les Italiens e Troppo Piombo i nostri Italiens Alain Servandoni, Michel Coccioni, Leila Santoni e Didier Cofferati o italiani del cazzo, a seconda dei casi, tanto per dire quanto sono amati tra i flic loro colleghi d’oltralpe, questa volta se la devono vedere con un’ indagine che metterà a serio rischio e pericolo l’integrità mentale e azzardiamo anche un parolone morale del loro capo, deciso a prendere seriamente, troppo seriamente, lezioni di tenebra dal destino.
L’esordio è come nello stile di Pandiani veloce, violento e subito al centro dell’azione. Mordenti che in questa indagine ci narra i fatti in prima persona e la sua compagna  Martine Delvaux fotografa di punta dello studio Art-en-Images, dopo una cena tra amici tornano a casa un po’ di fretta perché qualcosa non va. Il commissario indebolito da una nausea innaturale, solo dopo sapremo che qualcuno gli ha somministrato una massiccia dose di ketamina, non tanta per ucciderlo ma decisamente abbastanza per metterlo fuori gioco, trova l’appartamento sottosopra e una donna. Un metro e settantacinque di altezza, un impermeabile di vinile nero, i capelli rossi, tagliati a caschetto, sicuramente una parrucca, gli occhi troppo azzurri,  il viso nascosto da un foulard di seta nera annodato dietro la nuca e con tra le mani guantate una strana pistola, di quelle in uso nei paesi dell’est con i proiettili silenziati. Mordenti tenta una minima parvenza di reazione ma la donna lo aggredisce, lo immobilizza e inizia a legargli mani e piedi con un complicato intrigo di nodi che gli esperti del bondage chiamano Shibari. E’ questione di un attimo e l’arrivo di Martine scatena nuova violenza. La donna mascherata senza la minima esitazione mira al cuore e la uccide. Poi fruga freneticamente nella sua borsa in cerca di qualcosa che con rabbia sembra non trovare prima di scomparire lasciando Mordenti a lottare con il suo dolore.
Così ha inizio il suo personale viaggio al termine della notte, il suo scontro incontro con la metà oscura della sua anima, che non credeva di avere, ingombrante, violenta, vendicativa fatta anche di debolezza poco adatta ad un supereroe integerrimo e politicamente corretto. Affiancato dalla bella e ricca  tenente di polizia Maëlis Deslandes che lo seguirà come un’ ombra, unica condizione perché i suoi capi gli affidino l’inchiesta, Mordenti e la sua squadra si troverà ad indagare tra club privè dove si pratica il bondage, collezionisti pazzoidi e visionari, falsari geniali, nobildonne rumene con nomi da vampire, guardie del corpo pelate con la lista dei precedenti lunga come film russi, alti prelati, dee del sesso, e lasciata Parigi approderà nel suo doppio in terra italiana, Torino, sulle tracce di un delirante mecenate dell’arte intenzionato a fare il colpo del secolo per dare lustro alla sua improbabile e improponibile collezione, un furto così folle che pure il nostro commissario stenterà a crederlo possibile.
La verve ironica è immutata e corrosiva, più cattiva se vogliamo di quella di Frédéric Dard creatore della saga di Sanantonio, di cui Pandiani è in un certo senso debitore per quel mix di violenza e ironia ben dosati che ricordano i grandi maestri come Chandler ma forse soprattutto Hammett e André Héléna a mio avviso più taglienti e oscuri. E mentre Mordenti scruta nell’abisso facendo ben attenzione a non caderci dentro, anche se persegue la sua vendetta fino all’estreme conseguenze, il lettore di addentra nei meandri di questa indagine poliziesca mai così intricata e complessa e cosa sorprendente si diverte. Già perché chi l’ ha detto che un poliziesco per essere fatto bene deve essere una sequela noiosissima di stereotipi e pistolotti moraleggianti e macchinosi. Ben venga il sorriso, la risata liberatoria, l’ironia graffiante, il gioco sporco ai limiti dell’estremo. E per ottenere questo Pandiani non risparmia gli effetti speciali. Decine e decine di personaggi, ognuno caratterizzato da tratti decisi e  distintivi, ambientazioni accurate e  suggestive, a partire da Parigi che sembra scorrere sotto gli occhi del lettore con le sue vie, i suoi sensi vietati, i sui caffè, i suoi monumenti, i suoi palazzi eleganti, per finire a Torino con i suoi alberghi eleganti, le sue ville in collina fino ai dintorni del Duomo dove la storia avrà la sua rocambolesca risoluzione, tutto concorre a dare sapore e colore all’azione, ai pedinamenti, agli inseguimenti e non c’è che dire Monsieur Pandianì mi si perdoni l’accento sulla i  si dimostra un maestro di cerimonie raffinato e impeccabile capace di giocare con le parole con straordinaria abilità e un tantino di faccia tosta ammettiamolo. Lunga vita a Les Italiens.

Lezioni di tenebra di Enrico Pandiani Instar Libri collana FuoriClasse Prezzo di copertina € 16,00 2011, 359 p., brossura

:: Recensione di Troppo Piombo di Enrico Pandiani

5 aprile 2010

troppo piomboIn una Parigi fredda e plumbea, addobbata con luci e luminarie come un gigantesco luna park in attesa di accogliere i turisti per Natale, un killer violento e feticista inizia a uccidere le giornaliste della redazione di “Paris24h”.
Chi meglio del manipolo superstite di eroi conoscriuto in Les Italiens e delle nuove reclute unitesi strada facendo, può mettersi sulle sue tracce e risolvere il caso?
Questa volta però il nostro commissario Jean-Pierre Mordenti di cui finalmente conosciamo nome e cognome dovrà vedersela soprattutto con se stesso e andare contro alla pericolosa abitudine che ha di innamorarsi sempre di donne fatali e misteriose con molto da nascondere e poca voglia di collaborare.
L’inizio è di quelli che non si dimenticano, violento, sgradevole, un pestaggio che risulta un pugno nello stomaco anche per il lettore e farà arricciare non pochi sopraccigli, ma non lasciatevi spaventare, continuate a leggere e non ve ne pentirete.
Sin da subito Mordenti inizia a sospettare una vendetta maturata all’interno della redazione ma c’è dell’altro, qualcosa che ancora gli sfugge, l’odio che ha generato tanta violenza non poteva che aver avuto origine nel passato e per scoprirlo non si poteva far altro che scavare nella storia personale della prima vittima, certo una giornalista rischia di irritare parecchia gente dentro e fuori dal giornale ma per causare una reazione così esagerata doveva essersi macchiata davvero di qualche colpa davvero grossa.
Poi una foto attrae la sua attenzione, una foto in cui la prima vittima Therese Garcia è ritratta sorridente in redazione con alcune sue amiche giornaliste, subito avverte che in quella foto è racchiuso un mistero, la chiave di volta del caso e infatti quando le donne ritratte iniziano a morire con le stesse modalità Mordenti ha la certezza che quelle donne in un certo senso erano complici di qualcosa di davvero terribile. E non sarà facile capire cosa.
Mordenti e i suoi uomini infatti si troveranno a barcamenarsi tra sfilate di moda alternative, rivolte delle banlieues, e i veleni della redazione del giornale parigino, scansando questa volta invece che le pallottole, ma non dubitate che non mancheranno anche quelle, falsità, colpi bassi e pettegolezzi di un mondo pieno di invidie, slealtà carrieristiche e veri e propri odi mortali. Ma i nostri ragazzi sono dei veri duri, non si faranno certo impressionare e pagina dopo pagina ci accompagneranno rivelandoci il volto dell’inatteso colpevole e le sue agghiaccianti e ferree motivazioni.
E’ un noir duro e con venature più splatter e cupe del precedente anche se non privo di ironia e di romantiche digressioni molto chandleriane. Le atmosfere ricordano se vogliamo la Parigi di Leo Malet il capostipite del noir francese pur tuttavia mantengono un’ unicità e un’originalità davvero non comuni. Chi ha amato Les italiens non potrà che divertirsi leggendo Troppo Piombo, confermando la certezza che Les italiens non era solo un fuoco di paglia o una meteora estemporanea destinata a spegnersi. Pandiani è bravo e gli amanti del noir possono stare tranquilli ci regalerà ancora splendidi libri.

Recensione di Les Italiens di Enrico Pandiani a cura di Giulietta Iannone

13 febbraio 2010

1Parigi, lungo Senna, 36 di quai des Orfrèves.
Una mattina come tante, uno stanzone pieno di poliziotti, una signora che deve fare denuncia, i computer che lampeggiano, forse la noia della routine.
Poi l’assurdo si materializza di colpo senza preavviso, senza dare tempo di ragionare, di difendersi, di agire: un cecchino dall’elegante palazzo di fronte inizia a sparare e a uccidere.
I proiettili non fanno rumore, creano poco più che uno spostamento d’aria e intanto la morte si porta via uno per uno gli uomini della squadra di poliziotti parigini di origine italiana “gli italiens” del titolo. Una squadra scelta, fortemente voluta, perché gli italiani sono più fantasiosi, solari, e bravi.
I sopravvissuti si gettano a terra e intanto pensano, superato il primo sgomento, chi può odiare tanto gli italiani, chi può colpire al cuore del quartiere dei flic?
Un pazzo isolato che cerca vendetta, o peggio l’attentato è frutto di un complotto per decimare una squadra che magari sta lavorando ad un’ indagine scomoda o sta dando fastidio a qualcuno?
Chi ha paura degli italiens?
Non c’è tempo da perdere bisogna capire, dare risposte, trovare soluzioni.
Il commissario, e quello che resta della sua squadra si trovano così a dover indagare su un caso che li tocca personalmente: ci sono i colleghi da vendicare, e le proprie vite in gioco.
Più scavano e più scoprono cose che non vorrebbero scoprire, più non possono fidarsi neanche dei propri stessi colleghi, più la verità emerge, e più è incredibile, assurda, dannatamente scomoda.
Questa in breve è la trama del libro d’esordio di un torinese, Enrico Pandiani, di cui sentiremo parlare, sicuro come la morte. Non mi capitava da un pezzo di leggere un noir così ben scritto, in cui i personaggi entrano prepotentemente in scena lasciando tracce precise e un eco che tarda a dissolversi.
C’è azione, ironia, vero e proprio umorismo degno dei maggiori maestri del noir, perché il noir non è un genere tetro e noioso, ridere anche dei lati più oscuri dell’animo umanao è segno distintivo degli scrittori di razza, tiene desta l’attenzione e ti spinge a riflettere anche su temi seri e complessi.
È un libro da leggere e rileggere. La narrazione è veloce, non ci sono pause, cali di tensione, esitazioni, Pandiani sa come coinvolgere il lettore, lo incuriosisce, lo porta ad immedesimarsi con i personaggi, in un gioco sottile che non fa prigionieri.
In un crescendo di suspance, di inseguimenti, di doppigiochi, la verità emergerà con tutto il suo carico di dolore e amarezza nel finale per niente consolante o peggio consolatorio, e sarà una verità che non ristabilirà l’ordine e la tranquilla monotonia dove i cattivi sono puniti e i buoni festeggiano sul carro dei vincitori.
Non vedo l’ora di leggere il prossimo romanzo di Pandiani “Troppo Piombo” sempre per Instar, che dovrebbe uscire a Marzo.