Ecco un libro che mi sarebbe piaciuto leggere, uscito purtroppo lo scorso giugno, periodo in cui ero occupata in altro. La fantascienza incontra il thriller d’azione, con un sottofondo filosofico/morale che da spessore al tutto. Kazuaki Takano, giapponese, classe 1964, sembra un autore da tenere d’occhio. Ora vi lascio alla recensione di Elena Romanello. Buona lettura!
Iraq, oggi, durante una guerra che dura da troppi anni ed è realissima: Jonathan Yaeger, membro delle forze speciali, con sulle spalle il dramma del suo bambino che sta morendo a sei anni per una malattia genetica per cui non esistono cure, accetta una missione nella giungla del Congo, altro luogo caldo del pianeta ma spesso dimenticato dai mass media, con altri uomini per annientare una non meglio identificata minaccia. Nello stesso tempo, in Giappone, Kento Koga, giovane scienziato e studioso, riceve un messaggio postumo del padre appena morto, che lo mette sulle tracce della chiave per una cura prodigiosa per una rara malattia, ma anche della scoperta che al mondo è nato qualcuno di più evoluto degli esseri umani. Infatti, in Congo Yaeger scoprirà che chi deve eliminare è un bimbo di tre anni, Akili, portatore di una mutazione in avanti che lo rende intelligentissimo e per questo temibile da chi non vuole rinunciare allo status quo. E Akili forse non è l’unico di questa nuova stirpe…
Un libro ricco di elementi questo romanzo di Kazuaki Takano, sceneggiatore cinematografico e grande cultore di narrativa e fumetti: qualcuno rievoca Michael Chrichton per un intreccio fantascientifico, di fantascienza basata sulla realtà di tutti i giorni e che parte comunque da dati scientifici, visto che è emerso dagli studi che l’homo sapiens, a cui appartengono gli esseri umani di oggi, era solo una delle tante specie di scimmie antropomorfe e che le altre sparirono per una selezione non sempre indolore, mentre non è da escludere che ci saranno nuove evoluzioni. Tra le righe, non mancano riflessioni sulle efferratezze di cui sono responsabili gli homo sapiens oggi, non ultime la guerra in Iraq, da sempre contestata in Giappone, e certe cose di cui si parla meno accadute appunto in zone come quella del Congo.
Il protocollo ombra però è innanzitutto una lettura piacevole, tra complotti governativi, ricerca della verità, importanza della scienza, voglia di saper capire i cambiamenti senza temerli e di accettare chi è diverso perché forse alla lunga può salvarci. Con atmosfere che, oltre che i romanzi di Chrichton e Glenn Cooper, possono ricordare anche serie tv come X-Files e Fringe, con al centro di tutto un interrogativo sul genere umano, se meriti davvero la salvezza oppure no. Un libro che rivela comunque un nuovo talento letterario nei generi d’azione e fantastico, proveniente da un mondo famoso per altre forme di creatività legate a questo, soprattutto nei fumetti e nell’animazione. Traduzione dall’inglese di Vito Ogro.
Kazuaki Takano, classe 1964, è uno sceneggiatore cinematografico. Il protocollo ombra è il romanzo che l’ha consacrato a livello internazionale come erede di Michael Crichton.
Source: libro del recensore.
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Essendo io ghiotta di qualsiasi cosa sia edibile e pubblicabile ho pensato che il riunirsi di queste due cose in una sola fosse una motivazione sufficiente per leggere (o divorare che dir si voglia) questo romanzo.
Per gli amanti della Grecia classica, cultori del bello scrivere, cadenzato da digressioni colte, periodi ampi e ariosi, termini greci che pian piano diventano familiari, abituali, parte della nostra cultura e del nostro patrimonio di conoscenze, Garzanti ha appena pubblicato, dopo le fatiche del torneo Ioscrittore, Morte all’Acropoli Le indagini di Apollofane del pordenonese Andrea Maggi.
Va detto che sono un cultore di Grangé sin dalla prima ora. Arriva con più di un anno di ritardo Kaiken con il titolo Il respiro della cenere sugli scaffali delle librerie italiane. Lessi il libro l’anno passato ma l’ho ripreso con piacere e brama di collezionismo anche se preferivo l’edizione originale, sin dal titolo che evoca un particolare pugnale usato per il suicidio delle donne samurai. Anche l’immagine mi pareva più indovinata. A parte questo è sempre un grande thriller d’autore forse non al livello del Passeggero (in Italia Amnesia) e del Giuramento ma sempre parecchi passi avanti a tanti supposti thriller blockbuster con investigatrici e anatomopatologhe in pena d’amore. Dopo La foresta dei Mani (L’istinto del sangue da noi) Grangé sembra aver abbandonato l’idea di mettere complesse psicologie femminili al centro delle sue trame. Qui personaggi femminili sono presenti, in particolare Naoko, descritti benissimo ma la scena appartiene a Oliver Passan, sbirro che mi piace immaginare con la faccia di Daniel Auteil un po’ più giovane. Tormentato, duro, alle prese con un serial killer ermafrodito e colleghi corrotti che peggio non ce n’è. Un uomo dolente, anche perché separato dalla moglie giapponese ma ossessionato da quell’oriente che solo gli occidentali sanno sognare. E qui sta un po’ la forza del romanzo che ci regala non solo momenti di autentico thrill ma anche pagine bellissime senza diventare prosaico. Malgrado ciò si rivela nello svolgimento una certa scollatura tra la prima e la seconda parte. L’attesa di qualcosa che deve avvenire ma poi non succede purtroppo non soddisfa appieno le aspettative del lettore. Ciò nonostante lo lessi di fila in un viaggio Parigi-Milano in treno, senza smettere un minuto di quelle sette ore sotto la pioggia. Vedremo il prossimo e, soprattutto, cosa lo stesso Grangé è riuscito a fare con la sceneggiatura di Miserere che ci auguriamo di vedere presto anche da noi.
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati
Non è come pensi (Lasting Damage, 2011) della scrittrice inglese Sophie Hannah, pubblicato anche col titolo The Other Woman’s House (2012), sesto romanzo con protagonisti Simon Waterhouse and Charlie Zailer, è uno psicothriller di buona fattura, caratterizzato da una storia convincente e da una suspense ben dosata grazie ad indizi in evidenza, ma non risolutivi, anche se sufficientemente in grado di coinvolgere il lettore spingendolo a chiedersi di chi possa realmente fidarsi. Uno psicothriller in cui la violenza esibita, tipica del crime novel più classico, passa in secondo piano in favore di un sottile gioco di specchi in cui ossessioni, dubbi, false percezioni, drammi familiari e personali si intrecciano in un susseguirsi di piccoli microdrammi che portano inevitabilmente verso una verità così abilmente camuffata da complicati rimandi e offuscamenti, da risultare sconcertante anche se consequenziale nell’economia del romanzo. Ambientato più che altro in interni, il romanzo acquista un che di claustrofobico e anomalo, come anomali sono i rapporti interpersonali che legano i personaggi. La famiglia di Connie Bowskill, narratrice in prima persona, in capitoli che si alternano a quelli di indagine più oggettivamente in terza, è senz’altro una sorgente di traumi e asfissianti pressioni e manipolazioni che il personaggio somatizza per un distorto legame di dipendenza e sottomissione. Non a caso proprio nel marito Kit, personaggio non scevro da ombre e anche lui afflitto da rapporti irrisolti con la sua famiglia d’origine, Connie vede quel punto di riferimento capace di darle l’indipendenza psicologica che invano cerca. Nevrotica, insicura, ossessiva, Connie Bowskill ci accompagna nella sua ricerca di una verità che sembra sfuggire ogni volta che si crede di intravederla in un gioco di percezioni sfuggenti e di atmosfere hitchcockiane. Per buona tre quarti del romanzo eventi salienti non ce ne sono, la narrazione viene caratterizzata da una rete di dubbi e quasi taciute insinuazioni che ci faranno sia dubitare della sanità mentale di Connie, in primo luogo, e poi della lealtà del marito, anche lui sicuramente minato da qualche ossessione sebbene più sfumata e meno facilmente percepibile. Ma soprattutto chi è la donna morta che Connie crede di aver visto in un lago di sangue in un tour virtuale di un sito di una agenzia immobiliare? In quella stessa casa all’11 di Bentley Grove a Cambridge, indirizzo che il navigatore satellitare del marito indicava come casa. La proprietaria di quella casa è l’amante di suo marito? Ecco gli interrogativi che tormentano Connie e lasciano la polizia perplessa. Certo c’è la testimonianza di una donna che anch’essa ha visto i fotogrammi inseriti da un hacker con la donna morta, ma qualcosa non torna. Qualcosa sfugge e Simon Waterhouse finirà prima del tempo il suo viaggio di nozze chiamato ad indagare su questo strano e bizzarro caso che sembra più l’allucinazione di una mente malata che un reale omicidio. Naturalmente c’è una spiegazione a tutto, ma non forse agli scherzi che crea la mente e a volte il destino. Se amate i thriller complicati e claustrofobici, avrete pane per i vostri denti. Spruzzate di ironia e sarcasmo si alternano a dialoghi a volte assurdi e sconcertanti. Per chi pensa che la famiglia sia la radice di tutti i mali. Traduzione dall’inglese di Serena Lauzi.

























