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:: La maledizione delle ombre di Jean Christophe Grangé (Garzanti 2019) a cura di Giulietta Iannone

2 luglio 2019

La maledizione delle ombre di Jean Christophe GrangéChe Jean Christophe Grangé sia un outsider, un fuori casta, non è una novità. Come Grangé c’è solo lui. Se i suoi libri sono molto differenti dal nostro classico giallo all’italiana, dubito che rientri neanche nel giallo alla francese, Grangé naviga in acque tutte sue.
A suo modo è una versione europea, e spiccatamente francese, di James Ellroy, stessa abilità narrativa, stessa padronanza lessicale, stessa vena di temerarietà oltre le righe, stesso senso del ritmo e della suspense, e stessa prolificità, sono entrambi capaci di sfornare tomi da 500 pagine e più con praticamente poche pagine superflue, sebbene forse qualche sforbiciata qui e lì renderebbero i romanzi più maneggevoli.
Certo non sono libri per tutti, dire che i suoi libri sono adatti a stomaci forti è un eufemismo, e che le tematiche siano esclusivamente per adulti e ben poco influenzabili idem, non vorremmo mai che frotte di adolescenti in via di emulazione si tagliassero un fianco per esporre gli intestini a un particolare genere di voyeur.
Insomma ci siamo capiti La maledizione delle ombre (La terre des morts, 2018) edito da Garzanti e tradotto da Doriana Comerlati e Giuseppe Maugeri, è un libro da trattare con cautela.
Sebbene ami Grangé come autore, ecco mi pare doveroso avvertire i lettori che tra perversioni, droga, violenza, traumi, deliri etc.. qui Grangé ne ha fatto come una sorta di campionario, e se amate i thriller diciamo più tranquilli, bene forse è meglio che vi dirigiate verso altri lidi.
Non è tra i miei suoi libri preferiti, però non si può dire che non sia originale come costruzione della trama e dei personaggi, e inquietante, con tutto il torbido mondo legato a club sadomaso, esperti di shibari e bondage estremo, violenze e perversioni varie, e tutto quello insomma che dovrebbe shoccare, sconvolgere e scandalizzare il placido mondo borghese. Ma come si suol dire finchè si è adulti e consenzienti, tutto va bene, o quasi.
La sensazione che ho avuto, al netto della trama diciamo poliziesca, che analizzerò in seguito, (e vi preannuncio già geniale sia per come depista investigatori e lettore, per poi servire il colpo di scena finale secco come la lama della ghigliottina che cade) è che Grangé abbia voluto fare un viaggio personale nel misterioso e proibito mondo del sesso non omologato ed eretico, uno dei pochi campi dove sia ancora possibile una sorta di creativa ribellione e anarchia, col piglio indagativo di uno Stieg Larsson prima maniera, scrivendo una sorta di “Uomini che odiano le donne” contorto e psichedelico. Anzi introdurrei per lui il termine di acid thriller, se non l’hanno già coniato.
Eroe e protagonista della vicenda è Stephane Corso, capo della prima sezione della brigata Criminale del Trentasei parigino, un poliziotto sui generis, segnato da un passato difficile, senza famiglia, affidamenti familiari, droga, illegalità, abusi, preso per i capelli da Catherine Bompart, capo della Criminale, che l’ha letteralmente tolto dalla strada, salvato da un’accusa di omicidio e trasformato nel migliore poliziotto del Trentasei (non fatevi ingannare dal fatto che sembra che canni per tutto il romanzo ogni ipotesi investigativa possibile, in realtà sta lottando con una mente criminale al di là di ogni catalogazione, e alla fine scopre tutto, eccetto naturalmente il mistero finale che comunque Grangé ci serve in un piatto d’argento, e ormai molti lettori c’erano già arrivati o perlomeno ne avevano avuto il dubbio conoscendo i temi cardine dell’autore). Di destra, ma non così di destra come Catherine Bompart (che vota per il Front Nazional e auspica il ritorno della pena di morte), con un grumo di violenza compresso, che trova libero sfogo per esempio nell’operazione Pablo-Picasso, o quando pesta durante l’interrogatorio l’indiziato senza tante remore, (insomma rispetto per i diritti umani dei delinquenti pari a zero), con un unico e assoluto lato positivo, l’amore incondizionato e autentico per suo figlio Thaddée, l’unica luce in un mondo di oscurità, per cui lotterà contro l’ex moglie bulgara e dalla doppia vita, con gusti sessuali molto particolari. Insomma Corso è, pur con tutto quello che lo caratterizza, simpatico, nasce nel lettore per lui una certa empatia, non è insomma una carogna al cubo come avrebbe potuto essere. Grangé conserva qualcosa di sacro e positivo, e un barlume di speranza che racchiuderà un che di catartico nel finale. (Se no c’era davvero da dare la testa nel muro, credete a me).
Se il punto di forza del libro è il protagonista, anche il lato investigativo ha il suo fascino. Corso è a capo di una quadra formata da altrettanti validi poliziotti: Barbie, diciamo la sua vice, più acuta e sveglia di lui per molti versi, Stock, Ludo e Krishna.
Ma veniamo al caso che nasce dal ritrovamento, non lontano da place d’Italie, del cadavere di una spogliarellista dello Squonk, locale alla moda del X arrondissement, Sophie Sereyes, nome d’arte Nina Vice.
Già le modalità dell’assassinio e di come è stato composto il corpo (richiama alcune opere apocrife di Goya) fa capire che non siamo davanti a un assassino comune: i nodi con cui è stata legata la vittima, il volto sfigurato in maniera orribile e altri macabri dettagli lasciano gli investigatori sconcertati e perplessi.
Sulle prime il caso è affidato al comandante Patrick Bornek, vecchia guardia, uomo e poliziotto che segue la procedura, che non ne cava un ragno dal buco, allora per una sorta di avvicendamento il capo della Criminale affida il caso a Corso e alla sua squadra, ed è l’inizio di un tour degli inferi di prima grandezza.
Corso e i suoi rivedono punto per punto i passi condotti da Bornek (forti del fatto noi faremo meglio) finchè i nodi con cui era stata stretta la vittima li conducono da un vero maetro di shibari, l’arte della corda giapponese, che li illumina su alcuni particolari, tra cui la presenza di “nodi chiusi” che rimanda allo “shibari dei colpevoli” (confermando l’intuizione di Corso che quella morte sia una sorta di punizione), e soprattutto la presenza di un nodo aperto, a simboleggiare che è solo l’inizio e non si tratta di un omicidio isolato ma l’opera di un vero e proprio serial killer.
E infatti la seconda vittima arriva, sempre una spogliarellista dello Squonk, stesse modalità, stesso macabro rituale.
Indizi che si contraddicono, piste che non portano da nessuna parte, finchè un poliziotto ormai in pensione non arriva con un faldone e la sicurezza assoluta di sapere chi è l’assassino: un tale Sobieski, un vero pendaglio da forca, trent’anni prima giudicato colpevole di un omicidio molto simile per cui si è fatto una lunga sfilza di anni di carcere, per uscirne… redento, un’artista, un pittore quotato, beniamino di intellettuali, politici, e personaggi progressisti che ne hanno fatto un esempio di riabilitazione e rinserimento nella società.
Cose a cui Corso, non è manco il caso di dirlo, non crede affatto, insomma assassino una volta assassino per sempre, nessuna possibilità di redenzione, e infatti lo elegge a suo colpevole ideale, e per tutto il libro assistiamo a una sua personale, a volte scombiccherata, caccia per incastralo.
Ma Sobieski sarà davvero il colpevole?
Quando finalmente Corso riesce a arrestarlo e inizia il processo, l’apparizione del suo avvocato difensore Claudia Muller, paladina dei diritti degli indifendibili, donna bellissima e misteriosa, che non lo degna della minima attenzione (Corso si prende una scuffia pazzesca per la bella avvocatessa, così lontana dal suo modo di pensare e agire), le carte si ribaltano, tutto sembra perdere senso e anche in Corso si affaccia il dubbio, facendolo perdere nei meandri di un’indagine che ormai ha i connotati di un’ossessione.
Non posso dire di più ma la bravura di Grangé saprà governare questa massa apparentemente confusa e magmatica, tirando le fila e dando spiegazioni plausibili per ogni vicenda a prima vista inverosimile.
La cosa bella è che gli indizi rivelatori Grangé te li mette sotto il naso già dall’inizio (e insiste pure) e non li capisci. Corso non li capisce perché offuscato dalle sue ossessioni e dai suoi demoni interiori, il lettore perché in effetti chi regge il gioco non gioca pulito, anzi tutt’altro.
Al netto delle parti più macabre e splatter, non voglio sapere dove Grangé si è documentato per tutta la parte dedicata ai film gonzo e alla loro commercializzazione su internet, parti però funzionali a creare l’atmosfera nera che si respira per tutto il romanzo, non si può non ammirare la bravura di Grangé come scrittore. Alla fine della lettura comunque il dubbio che in giro di sciroccati che ce ne siano davvero tanti è legittimo, pur tuttavia è consolante che nasca tutto dalla fervida fantasia di Grangé, tipino da prendere con le pinze pure lui. Se dopo tutto quello che ho scritto non vi ho dissuaso definitivamente dal comprare il libro, vi auguro buona lettura, dopo tutto la realtà batte sempre qualsiasi fantasia. E c’è un limite pure a quello che si può scrivere in un romanzo. Grazie a Dio direte voi.

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale. Dopo l’esordio negli anni Novanta, giunge alla notorietà grazie al film di Mathieu Kassovitz tratto da I fiumi di porpora (Garzanti 1999) interpretato da Jean Reno e Vincent Cassel, il primo di diversi adattamenti delle sue opere per il cinema e la televisione. Per Garzanti ha pubblicato anche Il volo delle cicogne (2010), Il concilio di pietra (2001), Amnesia (2012), Il respiro della cenere (2013) e Il rituale del male (2016), primo volume della saga nera che trova la sua conclusione nell’Inganno delle tenebre (2017). Sempre con il medesimo editore pubblica La maledizione delle ombre (2019).

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampa Garzanti.

:: L’inganno delle tenebre di Jean-Christophe Grangé (Garzanti 2017)

19 novembre 2017

Concludiamo oggi il blogtour dedicato a L’inganno delle tenebre come promesso con la pubblicazione delle nostre recensioni. Su ogni blog partecipante troverete infatti la rispettiva recensione (Le parole segrete dei libri, The Mad Otter, Il mondo di sopra, La viaggiatrice pigra, Nali’s Shelter). Spero abbiate apprezzato il nostro lavoro, è stato impegnativo, ma ci ha dato grandi soddisfazioni. Buona lettura! 

l'inganno delle tenebre

Seguito de Il rituale del male, L’inganno delle tenebre (Congo Requiem, 2017) ci riporta nell’ universo noir creato da Jean- Christophe Grangé, un universo parallelo, ma non tanto lontano da quello reale, da quello in cui viviamo ogni giorno, sebbene naturalmente fatti e circostanze non rispecchiano necessariamente comportamenti e accadimenti davvero successi. Ma chi può dirlo? Molto spesso la fantasia è più reale delle realtà.
Questi due romanzi, che andrebbero letti nell’ ordine per una comprensione più completa della trama e per godere dei depistaggi, delle Fatemorgane che l’autore crea facendoti credere una cosa, dandoti false sicurezze, per poi ribaltare anche radicalmente la situazione, è in tutto un’ opera mammut di 1600 pagine, la creazione letteraria più ambiziosa e complessa di Grangé.
Un’ eccellenza nel particolare genere thriller, che coniuga gli eccessi dell’ horror, le sottigliezze del romanzo psicologico, e la fantascienza (perlomeno medica) e la fantapolitica.
Jean- Christophe Grangé non ha paura di osare, di esagerare, di seminare improbabili coincidenze, di frastornarti coi colpi di scena, anche un po’ kitsch, di giocare con la tua credulità e di sedurti con riflessioni anche profonde su considerazioni storiche, sociali o geopolitiche.
L’Africa di Grangé, che in questo romanzo ha un ruolo centrale perlomeno nella prima parte, terra di una bellezza mozzafiato e nello stesso tempo di corruzione, avidità, traffici illeciti, schiavismo, malattie, guerre, superstizioni, riti ancestrali, crudeltà inenarrabili, forse non è l’Africa reale, ma si avvicina alla percezione che un’ occidentale consapevole e informato ha di quel paese, vessato, derubato e martoriato da anni e anni di colonialismo bianco.
Grangé non edulcora la realtà, la rapacità e l’istinto predatorio di un Morvain rispecchiano davvero quello di tante società private, che si spartiscono quelle terre con la complicità più o meno manifesta delle autorità locali. E poi gli scontri etnici, tribali, le guerre devastanti più o meno pilotate, sempre funzionali alla spartizione di materie prime (diamanti, petrolio, uranio, coltan), alla diffusione dei lucrosissimi traffici d’armi, all’ottenimento del potere, sempre funzionale all’ ottenimento di denaro. Il dio moderno che sembra venerato da tutti, qualsiasi sia il credo politico, il colore della pelle, la mentalità, l’ideologia.
E poi c’è la follia, la variabile impazzita, che stravolge tutte le regole, che aggiunge alla violenza predatoria caratteristiche allucinate. Si può uccidere per vendetta, e tutto il romanzo è una grande storia di vendetta, di un folle e impasticcato conte di Montecristo contro una famiglia, un clan i Morvain. Fino alle pagine finali non scopriremo chi muove davvero le fila di tutto ciò, non scopriremo se davvero l’Uomo Chiodo è vivo ed è tornato. Non scopriremo che anche i personaggi più insospettabili sono capaci di uccidere, e nascondono segreti che non possono essere sepolti con loro.
Se amate il genere, una lettura da non perdere, l’horror thriller al suo meglio, di un autore europeo ben poco convenzionale, ben poco politicamente corretto, che fa risolvere il caso (perchè infondo è un’ indagine poliziesca) al personaggio più improbabile, che del clan Morvain fa sopravvivere pochi personaggi, sovvertendo la legge principale e implicita del thriller che prevede che di norma i personaggi principali non dovrebbero morire. Ma Grangè accentua il realismo, esagerandolo, descrivendo minuziosamente i particolari, anche i più sordidi. E lasciando nella mente del lettore l’eco di Gregoire Morvan che nella foresta africana si trova ad avere a che fare con un ragazzo della sua comitiva con la gamba in cancrena, prossimo alla morte. E senza un attimo di esitazione l’uccide, perché non rallenti la sua marcia. E poi si trova gli occhi pieni di lacrime, non per il gesto compiuto, per la pietà umana che non prova, ma per sé stesso. Traduzione dal francese di Paolo Lucca.

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale: Il volo delle cicogne, I fiumi di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi, La linea nera, Il giuramento, Miserere, L’istinto del sangue. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

Source: libro inviato dall’editore. Ringraziamo Giulia dell’ Ufficio Stampa Garzanti.

:: Blogtour – L’inganno delle tenebre, Jean-Christophe Grangé (Garzanti, 2017) – seconda tappa

14 novembre 2017

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Ecco a voi la seconda tappa di un blogtour molto speciale, se avete letto al prima tappa qui sapete di cosa sto parlando. In queste tappe prendono la parola i personaggi, e saremo noi blogger a farli vivere in una forma originale di pastiche, un gioco letterario insomma che cerca di riproporre lo stile dell’autore, in maniera insolita. Ogni blogger ha scelto un personaggio che prenderà la parola, e narrerà la sua storia dal suo punto di vista. Io ho scelto Grégoire Morvan.

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Avrà sentito l’odore di bruciato? Che impregna le mie vesti, i miei capelli, le mie dita. Gli basta uno sguardo per capire. L’avevo detto. Era inevitabile. Ma è tutta colpa sua, maledizione. Quel bastardo di mio figlio è così ostinato e irremovibile quando ci si mette. Avrà preso da me. quando si mette in testa una cosa manco la morte gliela toglie. Come adesso, cosa mi tocca fare, dare alle fiamme un collegio. Alla mia età, poi. Non sono stato un teppista da giovane, figuriamoci.

E ora questo viaggio. In Africa, con me. “Tutta l’Africa è un incidente”. Già perché quel dannato di Erwan mi ha riportato qui. Certo ci sono gli affari, ma sono qui per lui. Per evitare che si ammazzi quel deficiente. L’Africa è pericolosa, non è il suo mondo ovattato chiuso a indagare ai sui casi nel giardino d’ infanzia che è Parigi. Qui c’è la guerra, la guerra vera.

Sì, davvero è lui il mio tallone d’Achille. Lo so che mi porterà solo guai. Ma che ci posso fare è mio figlio, sono anche io causa di molti suoi guai. E poi adesso se ne esce che vuole scoprire la verità. Vuole togliere dalle ragnatele un vecchio caso di quarant’anni fa. Un mio caso, di quando lui non era ancora nato. Si è messo in testa di capire, di trovare dove ho sbagliato, di smascherare le mie colpe. E non si rende conto di quanto sia pericoloso. Di quale casino tutto ciò comporti. Tutta l’Africa è una pericolosa faccenda. E io qui a fargli da babysitter!

“Lo scorso settembre a Parigi sono stati commessi alcuni omicidi con lo stesso modus operandi dell’Uomo chiodo”

Erwan ha arrestato il colpevole. Anzi si è preso la colpa di averlo ucciso. Mentre tutti sanno di chi l’ha fatto davvero. I miei figli saranno la mia morte. Me lo sento, è inevitabile. E ora è qui per consultare gli atti del processo a Pharabat, per chiudere la pratica, dice lui.

E io sono qua con il volto coperto di cenere mentre al Saint François de Sales tutto è andato a fuoco. Erano solo poi vecchi incartamenti. La verità non è scritta in faldoni polverosi, maledizione!

Ma io cosa voglio davvero? Sfruttare i nuovi giacimenti, fare soldi a palate, mettere da parte il tanto per assicurarmi una vecchiaia tranquilla. Chiedo tanto? Della verità non so che farmene. Ma come posso difendere mio figlio? Da se stesso, poi. Qui i giganteschi alberi coperti di liane, i raggi di sole pieni di polvere, gli insetti che disegnano fitti rabeschi nei vapori del mattino, tutto mi è venuto a noia. Voglio solo difendere i miei interessi e tornare a Parigi. In un mondo civile. Almeno un po’ più di questo.

Mi chiamo Grégoire Morvan. Sono il capo clan di una famiglia dannata.

Lo capisca una buona volta Erwan che in Congo non esistono originali, solo copie. Lui che cerca documenti, testimonianze, indizi, prove. Per inchiodare me, cattivo poliziotto, pessimo padre, capro espiatorio di ogni suo problema.

Erwan vuole andare a rimestare le ceneri del passato, ricostruire i particolari della mia inchiesta, condotta quarant’anni fa dannazione, su un serial killer che mieteva le sue vittime tra le ragazze bianche di Lontano, una città mineraria del Katanga settentrionale, che manco esiste più.

E’ convinto che abbia commesso un errore, che Catherine Fontana, la settima presunta vittima dell’ Uomo chiodo sia stata uccisa da un altro, che ha imitato il suo modus operandi. Ho fatto di tutto per fermarlo. Ma niente, imperterrito, ostinato e idealista come sua madre continua la sua folle crociata. Manco al sicuro di una indagine ufficiale si è messo. Ha preso congedo non retribuito dal commissariato ed è arrivato qui. E io cosa potevo fare se non seguirlo?

Questo viaggio sarà la mia ultima menzogna, me lo sento. Thierry Pharabat mi perseguita da dovunque è.

Siamo in Congo, le tracce scompaiono dopo due ore, i rapporti dopo due giorni, gli archivi dopo un mese. Solo tre cose restano: la pioggia, il fango e la foresta. E l’incendio. E’ stato tutto inutile. Lui continua la sua dannata indagine e non sa che abissi si nascondono dietro quei fatti. Ma non mi faccio illusioni. In Africa il modo migliore per affrontare i problemi è ignorarli. E poi per il mio piano ho un alleato determinante. Dove non posso io ci arriverà sicuramente la burocrazia africana a impantanare le cose.

Mi viene quasi da ridere se non ci fosse da piangere. O se rimpiangerà di non essere partito con me. Rimpiangerà di non aver accettato l’aiuto che gli ho offerto. Qua la notte è carica di profumi, di umidità e di sensualità, pesa tonnellate. E ora è solo. Posso stare tranquillo. Non scoprirà niente. Almeno me lo auguro.    

Curiosi di leggere la prossima tappa? La troverete domani puntuale sul blog The Mad Otter. Buona lettura!

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:: Blogtour – Il rituale del male, Jean-Christophe Grangé (Garzanti, 2016), ultima tappa

17 dicembre 2016

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Chiudiamo oggi questo lunghissimo blogtour dedicato a Il rituale del male (Lontano, 2015) di Jean-Christophe Grangé, che ci ha tenuto compagnia per un po’ più di quindici giorni, questa è la diciassettesima e ultima tappa. Ringraziamo i lettori che ci hanno seguito, Grangé che ha scritto il libro, (stanno traducendo proprio in questi giorni il seguito, Congo Requiem), Garzanti per averci supportato, nelle persone di Bianca e Giulia, e in ultimo ma non meno importanti i traduttori che hanno accettato di partecipare. Spero vi sia piaciuto, noi ci abbiamo messo tutto l’impegno e ci siamo anche divertiti. Nella tappa di oggi lo scrittore Stefano Di Marino ci parlerà del libro, con il suo stile inconfondibile. Buona lettura.

֎ La trama ֎

L’aria è malvagia sull’isola di Sirling, al largo della costa bretone. Un’aria salmastra, appiccicosa, in cui l’odore del mare si mescola alle immagini di un macabro rituale, al ricordo di un uomo, uno spietato serial killer dalla firma inconfondibile. L’Uomo Chiodo, però, ha smesso di colpire da più di quarant’anni. Nel 1971. A Lontano, nel cuore del Congo.
Ma i segni di quei terribili omicidi emergono ora dal limbo del tempo in una base militare di fulgida tradizione. Il corpo di un giovane cadetto, dilaniato da un’esplosione, viene ritrovato all’interno di un bunker. I rilievi del medico legale non lasciano dubbi: il corpo è stato trafitto da centinaia di chiodi arrugginiti, gli organi asportati, gli arti orrendamente mutilati. A occuparsi del caso, stranamente, non è la polizia militare, ma la prestigiosa squadra Omicidi di Parigi, guidata dal comandante Erwan Morvan. Erwan è figlio di quel Grégoire Morvan che, proprio a Lontano, aveva messo fine alla scia di sangue dell’Uomo Chiodo, quello che sulle risorse minerarie del Congo ha costruito la propria fortuna e che ora, da una posizione defilata, comanda le leve della polizia francese. E mentre le vittime si moltiplicano e gli indizi si fanno via via più evanescenti, il fantasma dell’Uomo Chiodo torna a braccare i Morvan e a scuotere dalle fondamenta il buon nome di una famiglia in apparenza inattaccabile. Ben presto l’indagine costringe Erwan sulle tracce delle più oscure gesta di suo padre in Africa, trasformandosi in una sfida che oltrepassa le leggi dello spazio e del tempo, in cui nessuno è senza colpa e nessuno conosce la verità. Una corsa sfrenata per salvare chi ama, che condurrà Erwan lontano dalla Francia, nel cuore del Congo oscuro e sanguinoso che ha tenuto a battesimo la sua stessa esistenza.

֎ L’autore ֎

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale: Il volo delle cicogne, I fiumi di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi, La linea nera, Il giuramento, Miserere, L’istinto del sangue. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

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֎ Stefano Di Marino legge Il rituale del male ֎

Dopo il non riuscitissimo Il respiro della cenere (Kaiken), e un film di successo mai arrivato in Italia (La Marque des Anges preso da Miserere, con Depardieu) Jean-Christophe Grangè ci regala un altro romanzo di ampio respiro (più di 700 pagine) recuperando in maniera originale alcune delle sue tematiche più forti.
Lasciando i tentativi di esplorare troppo approfonditamente la psicologia femminile, come succedeva in L’istinto del sangue (La Foret des Manes),  si concentra con Il rituale del male (Lontano) su forti psicologie maschili all’interno di una famiglia. Fondamentalmente quelle di Gregoire ed Erwan Morvan, padre e figlio, entrambi poliziotti. Specchi di generazioni e ideologie differenti. Il vecchio ha la grinta di un Gabin e un passato di gauchista diventato uomo forte del potere nelle colonie e, a modo suo, ‘padrino’ di una famiglia disastrata. Incombono ricordi di sevizie familiari (sulla moglie Maggie) e un’inchiesta di quaranta anni prima che ha condotto a uno spettacolare arresto di un serial killer bianco nella comunità degli espatriati della remota città di Lontano, in una zona impervia del Congo. Malgrado una vita di avventure, soprusi, operazioni da ‘barbouze’[1], quell’indagine portata felicemente (si fa per dire…) a termine resta un evento epocale.
Forse la chiave di volta dell’intera vicenda umana di Gregoire, dei suoi difficili rapporti con i figli. Se Erwan è quello che più gli assomiglia, pur nell’antitetica visione della legge e della famiglia, altri risultano interessanti. Il bel Loic, bisessuale, drogato, disgraziato e genio della finanza. Un disperato angelo maledetto, almeno quanto la più giovane Gaelle che s’illude di poter sfondare nel mondo dello spettacolo e invece fa la prostituta di lusso nei circoli altolocati di Parigi. E poi c’è Sofia, figlia di un finanziere italiano, ex moglie di Loic e amore segreto di Erwan.
In questo complesso quadro familiare arriva come una meteora un’indagine su un incidente a una scuola militare in Normandia, luogo d’origine della famiglia Morvan. Subito s’intuisce qualcosa di malsano e anche il sospetto di un episodio di ‘nonnismo’ degenerato in tragedia impallidisce di fronte di fronte alla brutalità di un omicidio che ha qualcosa di rituale.
Di più, le circostanze rimandano direttamente ai delitti di quel serial killer, l’Homme-clou, l’uomo dei chiodi che seviziava e riduceva le sue vittime a feticci della magia nera Yombè. Si apre, come di consueto, un sipario su un universo lontano e tropicale, in cui la follia e la crudeltà si confondono con il mondo degli spiriti e della superstizione. In breve emerge un arazzo di depravazioni, di vizi e di follia mescolati con manovre economiche e brutalità criminali.
La famiglia Morvan è sotto attacco e, pur senza appianare le loro divergenze, padre e figli devono ricompattarsi e affrontare nemici senza volto.
Abilissimo come sempre a tessere un ordito complesso tra sentimenti, ricordi, verità nascoste, Grangè fonde azione e suggestioni di avventura esotica con il mistero, l’indagine poliziesca e l’interazione dei personaggi. Più volte siamo sul punto di svelare il mistero, ma sempre qualcosa sfugge, un dettaglio non torna. Così si arriva all’ultima pagina con una rivelazione che il lettore attento ha forse presagito, ma che non viene del tutto chiarito. Potrebbe esserci un seguito oppure no. Di fondo, al thriller più angoscioso si avvicina un ritratto familiare che, partendo da un canovaccio machbethiano, arriva a impensate conclusioni.
Come nel caso di tutte le opere di Grangé Lontano è un romanzo che è qualcosa di più di un thriller. Diciamolo, per quanto io sia un sostenitore dei giallisti italiani (e ci mancherebbe) qui ci sono anni luce di distanza. Purtroppo mi pare che sia per quanto riguardi il cinema che la produzione letteraria ci sia un pregiudizio condiviso da editori, spettatori e lettori verso la produzione francese. Forse ci siamo fatti un po’ trarre in inganno da Lelouche, da Romer e da una certa produzione che ha indotto alcuni a immaginare la Francia come fornace di storie romantiche e non a tutti gradite.
Guardiamoci un po’ intorno. Da Oltralpe arrivano prodotti filmati e scritti di grande qualità, originali, non è che si limitano a imitare Maigret per tutta la vita. Grangè (come il suo imitatore Thillez, ma anche Lemaitre) è un autore di classe, molto originale. Val la pena di conoscerlo.

[1] Barbouze è un termine gergale dispregiativo usato per i membri dei vari corpi dell’ OAS (lOrganisation de l’armée secrète), la cui lotta veniva condotta in modi che nè la polizia e nè l’esercto potevano usare ufficialmente. Così agivano in maniera semi-clandestina (“barba finta”). Successivamente, questo termine è stato usato per descrivere gli agenti SDECEE (Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage) e gli agenti segreti tutti senza distinzione, ma sempre con una connotazione peggiorativa o burlesca.

֎ Il link a tutte le tappe ֎

:: Blogtour, le tappe – Il rituale del male, Jean-Christophe Grangé (Garzanti, 2016)

30 novembre 2016

Inizia domani un blogtour incredibile, il più ambizioso e folle a cui abbia partecipato, in tutto ben 17 blogger al servizio di un libro davvero interessante, Il rituale del male,  (Lontano, 2015) di Jean-Christophe Grangé. Un libro che merita senz’altro tutto questo dispiegamento di forze. Da domani 1 dicembre fino al 17 dicembre ogni giorno una tappa, ogni giorno un tema diverso, speriamo originale: estratti, copertine dal mondo, recensioni, interviste a traduttori, audioletture, insomma tanti e tanti argomenti. Ci siamo preparati da più di un mese,  per cui incrociate le dita per noi, che vada tutto bene.

Qui potete vedere tutte le varie tappe, i blog che parteciperanno, gli argomenti trattati. Enjoy!

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֎ Tutti i link ֎

1/12 Un lettore è un gran sognatore Post introduttivo: chi è Grangé
2/12 Il tempo dei libri Trama & Origine del romanzo
3/12 Strategie evolutive Incipit e commento
4/12 Viaggiatrice Pigra I personaggi
5/12 Every book has its story Scenario e ambientazione
6/12 Il colore dei libri Profilo storico e politico
7/12 My secret diary Focus On: Gregoire Morvain
8/12 Hook a Book I film tratti dai libri di Grangé
9/12 Leggere in Silenzio Dreamcast
10/12 The Imbranation Girl Tutte le Traduzioni e Copertine
11/12 Il Bianco e Il Nero Emozioni di una Musa Recensione
12/12 Diario di un sogno Recensione
13/12 AmaranthineMess Recensione
14/12 Le Parole Segrete dei Libri Audiolibro
15/12 Ladra di libri Recensione
16/12 Non solo noir I traduttori raccontano Grangé
17/12 Liberi di scrivere Lo Scrittore Stefano Di Marino racconta lo stile, la tecnica e l’arte di Grangé

:: Parla come mangi – Libri letti in lingua originale: Lontano, Jean-Christophe Grangé (Albin Michel, 2015)

14 novembre 2015

grangéNon è facile scrivere questa recensione. Più che per una difficoltà oggettiva, (il libro è lungo quasi 800 pagine, è di per sè complesso, e l’ho letto in lingua originale, per cui alcune parti è molto probabile che non le abbia comprese perfettamente), non è facile perchè Lontano di Jean-Christophe Grangé l’ho finito di leggere ieri poche ore prima che la televisone mi comunicasse i fatti terroristici di cui Parigi è stata vittima. Mi dispiace funestare questa recensione con questa premessa ma è giusto che sappiate lo spirito con cui la scrivo. La televisione parla di guerra, altri morti, altra sofferenza e parlare di libri è la mia forma di resistenza. Ho ricevuto Lontano dall’editore francese Albin Michel, non è ancora uscito in Italia, penso uscirà sempre per Garzanti la prossima primavera, probabilmente in questo momento stesso c’è un traduttore al lavoro su queste pagine. Lontano è un thriller che prevede un seguito, non tutte le parti saranno chiarite, ci sarà una seconda parte che uscirà presumibilmente in Francia questa primavera. In tutto qualcosa come 1600 pagine, l’opera più ambiziosa e complessa di Grangé. Non sono un recensore imparziale, da I fiumi di porpora ho seguito questo autore anomalo con grande interesse. Amo il suo stile, il suo toccare temi seri inserendoli in trame ricche di suspense, colpi di scena e un tocco di fantascienza, e fantapolitica, con uno sguardo al sociale frutto del suo passato di giornalista. Lui sì che ha molto viaggiato e visto molte parti del mondo, anche difficili, terreni di guerra, di scontri economici. Grangé è uno che sa, e è uno che sa scrivere le cose in modo che la gente abbia voglia di leggerle. Pensiamo all’ Africa, ai danni del colonialismo, al razzismo, alle lotte finanziarie per l’accaparramento delle materie prime. Materie da studiarsi all’università direte voi. Nei suoi romanzi invece chiunque può confrontarsi con queste tematiche anche se l’autore continua a sostenere che scrive romanzi di evasione, per intrattenere i suoi lettori non educarli. Lontano resta un thriller non è un saggio socioeconomico, ha soluzioni narrative atte a creare suspense, inserisce rivelazioni drammatiche, cambi di prosepettiva e derive scientifiche che appunto potremmo definire fantascienza. Pensiamo all’eugenica di I fiumi di porpora, o agli studi sul cervello e sulla memoria de L’impero dei lupi. Un fondo di verità scientifica su una struttura narrativa fatta di pura fiction. Questo è lo stile di Grangé. Lontano ha per protagonista un clan familiare, i Morvan. E lo sviluppo dei personaggi del partriarca Gregoire e dei figli Erwan, Loic e Gaelle è il punto di forza del romanzo, la parte dove si vede l’autore ha profuso più cure. Gregoire Morvan è un uomo di Stato, un uomo che conosce i retroscena di una Repubblica piena di luci e di ombre. Un uomo che ha sempre svolto il lavoro sporco per una sua idea di onestà e coerenza. Erwan il maggiore è quello che più gli somiglia ma ha altre idee, fa parte di un’ altra generazione. Loic e Gaelle sono i due figli più fragili, più tormentati, più problematici con le loro storie di droga lui e prostituzione lei. Una famiglia insomma problematica, che sì rappresenta i buoni ma non è priva di ombre, soprattutto Gregoire Morvan. La storia prende il via partendo da un’ indagine. Un giovane pilota viene ucciso per un apparente caso di nonnismo durante un’ esercitazione in Bretagna, nei dintorni di Brest, paese d’origine della famiglia Morvan. Erwan è certo che ci sia invece in azione un serial killer, misteriosamente legato a un’altro serial killer di cui si occupò suo padre quanrant’anni prima, l’Homme-clou. Padre e figlio dovranno allearsi per fare luce su questa faccenda che unirà Francia e Africa, pratiche tribali, e strani esperimenti medici. Un colpo di scena finale ci accompagnerà verso la seconda parte, in cui forse, avremo tutte le risposte. Forse. Avviso che ci sono alcune parti molto crude e cruente. Non per tutti.

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale: Il volo delle cicogne, I fiumi di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi, La linea nera, Il giuramento, Miserere, L’istinto del sangue. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Aurore dell’Ufficio Stampa Michel Albin.

:: Il piu bel libro di Grangé – I risultati

7 novembre 2015

Dunque il più bel libro di Grangé votato dai nostri lettori é:

(rullo di tamburi)

I fiumi di porporafium

Non avete votato in tantissimi, forse se foste stati di più il risultato sarebbe stato più interessante, ma che dire forse non si discosta troppo dal vero. I fiumi di porpora è un successo editoriale piuttosto inaspettato. Europeo, marcatamente francese, in un periodo in cui il thriller per antonomasia era americano. E diciamolo quando pensiamo a thriller europei di successo pensiamo a quelli scandinavi, al massimo tedeschi se proprio vogliamo sbilanciarci. Ma alla Francia no. Seppure qualche nome si potrebbe fare e non risulterebbe del tutto sconosciuto. La Francia è famosa per il noir, anzi molti ritengono l’abbia proprio inventato. Ma il thriller d’azione, poliziesco, con sfumature horror e qualche spruzzata filosofica/sociale non ci fa venire in mente subito la Francia. Almeno prima di Grangé. Autore che mi dicono non è molto letto in America e nemmeno in Italia. I fiumi di porpora è oggettivamente un libro molto bello, cinematografico (ne hanno tratto un film forse altrettanto famoso che anche se non regge molto il confronto con il libro, assieme a L’impero dei lupi, non mi stanco mai di vedere) che tratta un tema serio e drammatico per l’Europa uscita dall’incubo nazista: l’eugenetica. A parte i tempi narrativi perfetti, il buon incontro/scontro tra i due protagonisti (uno un vecchio flic che sta sull’anima un po’ a tutti, l’altro un giovane figlio di immigrati magrebini catapultato nella polizia dalle banlieue), ben caratterizzati e simpatici, l’ambientazione insolita di montagna, la comunità chiusa, il mistero, l’orrore, I fiumi di porpora resta nell’immaginario perchè è un libro onesto, vero, credibile, pur nelle sue derive fantascientifiche. Quando arriviamo a Guernon con il commissario parigino Pierre Niémans, non abbiamo la più pallida idea di cosa andremo in contro. Di cosa c’è dietro al delitto, macabro fin che volete. Di cosa nascondono le mura imponenti, antiche e rassicuranti dell’ università di Guernon, tempio della cultura, culla dell’elite intellettuale, in un paese (come la Francia) che considera grandemente la cultura, forse più che da noi. E Grangé proprio in questo nucleo spurio ci mette il grande segreto che nasconde il libro. Un piano diabolico, che sfido io non sia venuto in mente davvero a qualcuno. Forse non così in grande stile, tipo catena di montaggio, ma quel tanto che basta da mettere inquietudine nel lettore. Ora sto leggendo Lontano, forse il più ambizioso romanzo di Grangé, fra prima e seconda parte che uscirà in Francia questa primavera qualcosa come 1600 pagine. Una storia forte come un pugno nello stomaco, davvero poco politicamente corretta. Sono davvero curiosa di scoprire che effetto farà quando arriverà in Italia.

:: Il piu bel libro di Grangé

30 ottobre 2015

grangéKaïken, (Il respiro della cenere) uscì in Francia il 3 settembre del 2012, sono passati quindi ben tre anni prima che desse alle stampe il suo nuovo libro Lontano, uscito lo scorso 9 settembre. Quando sono stata a Parigi era praticamente in tutte le librerie così mi è venuto in mente di leggerlo per la nostra rubrica Parla come mangi – Libri letti in lingua originale. (Presto pubblicherò la recensione). Sono 800 pagine. Diciamo è un testo piuttosto impegnativo. Niente se consideriamo che questa primavera in Francia uscirà la seconda parte, in tutto ben 1600 pagine. Una follia? Sicuramente un azzardo, ma Grangé non sembra prediligere i terreni già battuti, le consuetudini editoriali (non ha personaggi seriali, ne usa un linguaggio politicamente corretto, e via dicendo). C’è un cliche, be’ lui altamente se ne infischia e va per la sua strada, portando avanti un’ idea di thriller prettamente europeo, ben lontano da quello più di successo americano. Ha parole abbastanza dure per l’America, dove tutto è finto, di cartone. (Parole sue). Per l’occasione ho pensato di coinvolgere tutti i lettori e decretare quale è il suo libro più bello. Spero parteciperete numerosi.

In Italia i suoi libri sono tutti editi da Garzanti, ecco la bibliografia completa, un po’ per rinfrescarvi la memoria.

1994 – Il volo delle cicogne (Le vol des cicognes) 1 voto
1998 – I fiumi di porpora (Les rivières pourpres) 4 voti
2000 – Il concilio di pietra (Le concile de pierre)
2003 – L’impero dei lupi (L’Empire des loups) 1 voto
2004 – La linea nera (Le ligne noire) 1 voto
2007 – Il giuramento (Le serment des limbes) 1 voto
2008 – Miserere (Miserere) 1 voto
2009 – L’istinto del sangue (La Foret Des Manes)
2011 – Amnesia (Le Passager)
2013 – Il respiro della cenere (Kaïken)

Il volo delle cicogne
Traduzione dal francese di Idolina Landolfi.

Louis Antioche viene assoldato da un misterioso ornitologo preoccupato dal mancato ritorno delle cicogne dall’Africa. Ben presto intuisce che dietro la scomparsa dei grandi uccelli migratori si nasconde una trama ben più inquietante. Deciso a risolvere l’arcano il giovane si trova coinvolto in un’incalzante avventura, costellata di morti misteriose e atroci mutilazioni. Questa frenetica rincorsa potrà fermarsi solo a Calcutta, nel cuore della tenebra.

I fiumi di porpora
Traduzione dal francese di Idolina Landolfi

Vicino a Grenoble viene rinvenuto un cadavere orrendamente mutilato. Nella vicina regione del Lot viene profanata la tomba di un bambino di dieci anni scomparso in circostanze misteriose. I due casi si intrecciano, e così anche i destini dei due poliziotti incaricati delle indagini, tra false piste, macabre scoperte, gelosie professionali e vendette famigliari, fino all’orrore che ha dato inizio alla carneficina: un delirio scientifico che aveva condotto a un folle e crudele esperimento genetico. Un thriller che trova il perfetto equilibrio tra azione e psicologia, intelligenza dell’intreccio e fascino dei paesaggi.

Il concilio di pietra
Traduzione dal francese di Idolina Landolfi.

Diane Thiberge ha 29 anni. È una single bionda e bella, campionessa di arti marziali ed etologa, specializzata nello studio degli animali da preda.
Quando decide di adottare in Tailandia un bambino di cinque anni, Lu-Sian detto Lucien, non sa che per lei sta cominciando un incubo. Lucien, ferito in un incidente automobilistico, cade in coma e intorno a lui si inanella una sequenza di morti misteriose. Diane inizia a cogliere i contorni di un terribile complotto e per salvare il bambino dovrà riuscire a sciogliere il mistero. La pista che segue, indizio dopo indizio, è un viaggio nel passato, verso le origini dell’uomanità. Arriverà fino al cuore della taiga mongola, dove vive un popolo dai poteri straordinari e dove vige ancora la legge del Concilio di Pietra: quella dello scontro originario tra l’uomo e l’animale. Qui Diane dovrà affrontare l’ultimo combattimento.

L’impero dei lupi
Traduzione dal francese di Alessandro Perissinotto.

Anna Heymes, moglie di un alto funzionario parigino, soffre di crisi di amnesia e di terribili allucinazioni. Alla ricerca della sua identità, incontra Paul, il giovane commissario che sta indagando sull’atroce omicidio di tre ragazze turche impiegate in un laboratorio clandestino. Paul ha chiesto l’aiuto di un poliziotto in pensione dal passato turbolento, Jean-Louis Schiffer, creando così una coppia eccentrica ma tenacissima.
Inizia così una vera e propria discesa agli inferi: un viaggio nei labirinti della mente dei protagonisti, ma anche in un mondo popolato da feroci assassini e trafficanti di immigrati sans papiers, oltre che da bande terroriste che vanno dai guerriglieri no global ai Lupi grigi turchi.

La linea nera
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati.

Jacques Reverdi è un serial killer affascinato dall’emoglobina, ingabbiato nel peggior penitenziario della Malesia. Marc Dupeyrat è un giornalista. Il suo migliore amico e la sua fidanzata sono stati uccisi in circostanze terribili e vuole intervistare Reverdi per capire perché vengono commessi delitti così strani e atroci. Dal loro incontro, in circostanze imprevedibili, nascono una inchiesta sul male assoluto e una indagine su due delitti misteriosi destinati a lasciare il segno.

Il giuramento
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati.

Parigi. Nessun segno di colluttazione, blocchi di cemento legati in vita con il filo di ferro, la medaglia di san Michele stretta nella mano, come per proteggersi, e poi… un tuffo nel fiume. Sembrano non esserci dubbi: il poliziotto Luc Soubeyras ha cercato di uccidersi ed è solo un miracolo se adesso giace in coma in un letto d’ospedale.
Ma il comandante della Squadra Criminale Mathieu Durey, migliore amico di Luc dai tempi della scuola, non crede all’ipotesi del suicidio. Conosce Soubeyras meglio di chiunque altro, e sa che, da fervente cattolico qual è, non avrebbe mai potuto compiere un gesto così contrario alla sua religione. Eppure Luc è un padre di famiglia e un bravo poliziotto: chi mai avrebbe cercato di ucciderlo simulando un suicidio? A Mathieu non resta che indagare nel passato dell’amico. L’ultimo caso sui cui stava lavorando sembra solo uno tra tanti. Ma, dietro quell’apparente normalità, c’è dell’altro. C’è un’inchiesta segreta condotta da Luc all’insaputa di tutti, l’indagine sulla morte di una donna, uccisa secondo un rituale inedito. Un rituale presente in altri efferati delitti compiuti in tutta Europa, che porterà Mathieu sulle tracce di una inquietante setta, quella degli Asserviti e dei Senza Luce. I suoi membri sono accomunati da un terribile trauma: tutti si sono risvegliati dal coma, ma prima di tornare alla vita hanno vissuto un’esperienza pre-morte che li ha cambiati per sempre…

Miserere
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati e Giulio Lupieri.

Parigi, chiesa armena di Saint-Jean-Baptiste. Nell’aria riecheggiano ancora le terrificanti grida dell’esule cileno Wilhelm Goetz, organista e direttore del coro di voci bianche, appassionato cultore del Miserere di Gregorio Allegri. Il corpo dell’uomo giace ormai inerte in una pozza di sangue, i timpani perforati con indicibile violenza. Lionel Kasdan, parrocchiano di quella chiesa e poliziotto in pensione, segugio d’altri tempi, testardo quanto acuto, è il primo ad accorrere sulla scena del delitto. Un delitto apparentemente inspiegabile, considerata la reputazione di Goetz, un uomo tranquillo e riservato, dedito solo alla musica. Ma ben presto Kasdan, insieme a Cédric Volokine, poliziotto della Squadra protezione minori, capisce che dietro quell’immagine immacolata c’è ben altro. Ci sono rapporti ambigui e oscuri che Goetz instaurava con gli allievi del coro. E ferite mai sanate risalenti agli anni della dittatura in Cile. La verità va svelata, e in fretta. Perché i delitti si susseguono nelle chiese di Parigi…

L’istinto del sangue
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati

Parigi. Nel parcheggio sotterraneo di una casa di cura, le fioche luci al neon illuminano il corpo dilaniato di Marion Cantelau, un’infermiera. Intorno al cadavere fatto a pezzi, impronte di mani e piedi nudi. Sulle pareti, vergati con sangue misto a polvere d’ocra, disegni simili a graffiti preistorici. Jeanne Korowa, giovane giudice istruttore di Nanterre, non dovrebbe nemmeno trovarsi lì, vi è capitata per caso, solo per aiutare un collega. Eppure la scena del delitto le ricorda tragicamente la morte della sorella, uccisa nello stesso modo. Un macabro rituale, perpetrato più volte nel corso degli anni. Per questo non può fare a meno di gettarsi a capofitto in un’indagine parallela, illegale e molto pericolosa, visto che il numero delle vittime continua a salire. Tutte donne, tutte collegate in qualche modo allo studio di uno psicoanalista, e a un suo giovane e psicotico paziente. Jeanne è più che mai determinata a seguire fino in fondo questa pista, un sentiero accidentato di sangue e paura che la conduce fino in Nicaragua, Guatemala, nelle paludi argentine e infine a Campo Alegre, nella terrificante Foresta delle Anime.
Un luogo dove i misteri di un’antica civiltà gettano un’ombra crudele e inquietante su tutti coloro che vi si avventurano. E quando Jeanne Korowa lo capisce, forse è ormai troppo tardi…

Amnesia
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati

Il dottor Mathias Freire non è un uomo privo di ricordi. Al contrario, ne è ossessionato. Perché i suoi ricordi sono troppi e diversi. E sembrano appartenere ad altre persone. Tanto che, sempre più spesso, Mathias perde ogni sicurezza, perfino su quale sia il suo vero nome. Oggi, a Bordeaux, Mathias è uno psichiatra. È alle prese con un caso difficile, deve ipnotizzare un uomo in stato confusionale, unico testimone di un brutale assassinio alla stazione. L’ipnosi e un alibi di ferro confermano l’estraneità dell’uomo al delitto. Mathias deve indagare ancora. Ma prima di poterlo fare, scampa per un soffio a un tentativo di omicidio. Fuggito su un treno per Marsiglia, ben presto scopre di essere ricercato dalla polizia. Qualcuno ha riconosciuto in lui un clochard, non lo psichiatra che crede di essere. E lo accusa del delitto della stazione. D’un tratto Mathias non ricorda più nulla e non sa più chi è. Ha perso la memoria. È successo un’altra volta: sa che quando la ritroverà, sarà un altro. Un barbone a Marsiglia, un pittore folle a Nizza, un falsario a Parigi. Mathias deve fuggire e allo stesso tempo scoprire chi è veramente. Lui è l’ombra in agguato e allo stesso tempo la preda. Ma potrebbe anche essere l’assassino… Sulla strada della verità non ha alternative che fidarsi di un ricordo, di una sensazione, di un momento, di un incontro. E trovare il coraggio di affrontare il pericolo più grande. Sé stesso.

Il respiro della cenere
Traduzione dal francese di Doriana Comerlati

Parigi. Nel buio di un garage viene ritrovato il corpo di una donna brutalmente assassinata. Nei paraggi, un paio di guanti da chirurgo ancora intrisi di sangue. L’ennesimo spietato delitto del serial killer che da mesi spaventa la città. La sola persona in grado di occuparsi di un’indagine così complessa è il solitario ispettore Olivier Passan. L’uomo sta attraversando il periodo più difficile della sua vita: la separazione dalla moglie giapponese Naoko, la madre dei suoi due figli. Eppure non può permettersi distrazioni, perché il modus operandi dell’assassino fa pensare a una mente malata e pericolosa. Tutto porta verso un unico sospettato: Patrick Guillard, un ermafrodito abbandonato dalla madre alla nascita. Passan è convinto che il colpevole sia lui. Ma ha tra le mani pochi indizi, non c’è nessuna prova schiacciante. Proprio quando sta per incastrarlo, Guillard si dà fuoco, portando a termine il suo piano folle. Un piano che si ispira alla leggenda mitologica dell’Araba Fenice: l’uccello che una volta morto rinasce dalle proprie ceneri. Tutto sembra perduto. In realtà per Passan è solo l’inizio. Il caso non è affatto concluso e una minaccia incombe su ciò che ha di più caro: i suoi figli. L’ispettore ha bisogno di risposte. Risposte che solo Naoko, fuggita in Giappone, può dargli. Risposte che affondano le radici in quella tradizione millenaria che li univa: l’arte dei samurai. Una verità inquietante lo aspetta, nella quale tutto quello che ha sempre creduto è in realtà una bugia.

[Tutte le sinossi sono tratte dal sito Garzanti].

Allora le votazioni sono aperte nei commenti e scopriremo quale è il più bel libro di Jean-Christophe Grangé secondo i lettori di Liberi di scrivere. Fine delle votazioni sabato 7 novembre. Pronti, via.

:: Recensione di Il respiro della cenere di Jean-Christophe Grangé (Garzanti, 2013) a cura di Stefano Di Marino

9 ottobre 2013

Grange-Respiro della cenereVa detto che sono un cultore di Grangé sin dalla prima ora. Arriva con più di un anno di ritardo Kaiken con il titolo Il respiro della cenere sugli scaffali delle librerie italiane. Lessi il libro l’anno passato ma l’ho ripreso con piacere e brama di collezionismo anche se preferivo l’edizione originale, sin dal titolo che evoca un particolare pugnale usato per il suicidio delle donne samurai. Anche l’immagine mi pareva più indovinata. A parte questo è sempre un grande thriller d’autore forse non al livello del Passeggero (in Italia Amnesia) e del Giuramento ma sempre parecchi passi avanti a tanti supposti thriller blockbuster con investigatrici e anatomopatologhe in pena d’amore. Dopo La foresta dei Mani (L’istinto del sangue da noi) Grangé sembra aver abbandonato l’idea di mettere complesse psicologie femminili al centro delle sue trame. Qui personaggi femminili sono presenti, in particolare Naoko, descritti benissimo ma la scena appartiene a Oliver Passan, sbirro che mi piace immaginare con la faccia di Daniel Auteil un po’ più giovane. Tormentato, duro, alle prese con un serial killer ermafrodito e colleghi corrotti che peggio non ce n’è. Un uomo dolente, anche perché separato dalla moglie giapponese ma ossessionato da quell’oriente che solo gli occidentali sanno sognare. E qui sta un po’ la forza del romanzo che ci regala non solo momenti di autentico thrill ma anche pagine bellissime senza diventare prosaico. Malgrado ciò si rivela nello svolgimento una certa scollatura tra la prima e la seconda parte. L’attesa di qualcosa che deve avvenire ma poi non succede purtroppo non soddisfa appieno le aspettative del lettore. Ciò nonostante lo lessi di fila in un viaggio Parigi-Milano in treno, senza smettere un minuto di quelle sette ore sotto la pioggia. Vedremo il prossimo e, soprattutto, cosa lo stesso Grangé è riuscito a fare con la sceneggiatura di Miserere che ci auguriamo di vedere presto anche da noi.

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale: Il volo delle cicogne, I fiumi di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi, La linea nera, Il giuramento, Miserere, L’istinto del sangue. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

:: Segnalazione di Il respiro della cenere di Jean-Christophe Grangé (Garzanti, 2013)

18 settembre 2013

cenereTraduzione dal francese di Doriana Comerlati

«Grangé ci mostra il lato più oscuro della sua anima.»
«Le Figaro»

«Nel Respiro della cenere Grangé esplora il volto misterioso e impenetrabile della tradizione giapponese. Un thriller dove ogni respiro è un brivido di terrore.»
«Le Parisien»

«Un ispettore alla deriva, una Parigi in preda alla paura, un killer senza pietà. Il miglior Grangé, diabolico e geniale come non mai.»
«Elle»

Parigi. Nel buio di un garage viene ritrovato il corpo di una donna brutalmente assassinata. Nei paraggi, un paio di guanti da chirurgo ancora intrisi di sangue. L’ennesimo spietato delitto del serial killer che da mesi spaventa la città. La sola persona in grado di occuparsi di un’indagine così complessa è il solitario ispettore Olivier Passan. L’uomo sta attraversando il periodo più difficile della sua vita: la separazione dalla moglie giapponese Naoko, la madre dei suoi due figli. Eppure non può permettersi distrazioni, perché il modus operandi dell’assassino fa pensare a una mente malata e pericolosa. Tutto porta verso un unico sospettato: Patrick Guillard, un ermafrodito abbandonato dalla madre alla nascita. Passan è convinto che il colpevole sia lui. Ma ha tra le mani pochi indizi, non c’è nessuna prova schiacciante. Proprio quando sta per incastrarlo, Guillard si dà fuoco, portando a termine il suo piano folle. Un piano che si ispira alla leggenda mitologica dell’Araba Fenice: l’uccello che una volta morto rinasce dalle proprie ceneri. Tutto sembra perduto. In realtà per Passan è solo l’inizio. Il caso non è affatto concluso e una minaccia incombe su ciò che ha di più caro: i suoi figli. L’ispettore ha bisogno di risposte. Risposte che solo Naoko, fuggita in Giappone, può dargli. Risposte che affondano le radici in quella tradizione millenaria che li univa: l’arte dei samurai. Una verità inquietante lo aspetta, nella quale tutto quello che ha sempre creduto è in realtà una bugia.  Jean-Christophe Grangé è il re del thriller francese. Ogni suo libro, atteso dai lettori di tutto il mondo, conquista in pochi giorni la vetta delle classifiche in Francia. Il respiro della cenere è un altro capolavoro della suspense. Una trama avvincente, sullo sfondo una Parigi scossa da delitti spietati che incontra il fascino antico del Giappone. La verità non è mai quella che appare e il passato arriva sempre a chiudere i suoi conti.

Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale: Il volo delle cicogne, I fiumi di porpora, Il concilio di pietra, L’impero dei lupi, La linea nera, Il giuramento, Miserere, L’istinto del sangue. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

:: Recensione di Amnesia di Jean-Christophe Grangè a cura di Giulietta Iannone

16 marzo 2012

A poco a poco la situazione le diventava chiara: l’assassino non poteva essere un barbone o uno spacciatore e tanto meno l’uomo che aveva perso la memoria. Era un killer folle, freddo, razionale. Un essere dai nervi d’acciaio che si era preparato accuratamente in vista del sacrificio. Non era un macellaio né un allevatore e neppure un veterinario, lei ne era sicura. Aveva acquisito quell’abilità soltanto per allestire la sua messinscena.
Anais fremeva all’idea di affrontare un avversario simile, non sapeva se di paura o di eccitazione; probabilmente di entrambe. Era consapevole che nella maggior parte dei casi gli omicidi psicopatici venivano arrestati perché commettevano un errore o perché la polizia aveva un colpo di fortuna. Nel caso del killer, non poteva contare sul fatto che facesse errori; quanto alla fortuna…

Mathias Freire, psichiatra al centro ospedaliero specializzato Pierre-Janet di Bordeaux, e protagonista del nuovo romanzo edito in Italia da Garzanti di Jean-Christophe Grangè Amnesia, titolo originale Le passager tradotto dal francese da Doriana Comerlati, riceve una telefonata in piena notte sul suo cellulare del dottor Fillon, medico di guardia nel quartier Saint-Jean Belcier, che lo informa di un caso singolare avvenuto alla stazione Saint-Jean: verso mezzanotte i guardiani notturni si sono imbattuti in un uomo, un vagabondo nascosto in una cabina all’altezza del punto di ingrassaggio, sui binari. Uno sconosciuto, un uomo completamente privo di memoria, un colosso, alto almeno due metri, di centotrenta kili di peso con indosso un vero Stetson da texano e stivali da cowboy di lucertola. Quella stessa notte il capitano di polizia Anais Chatelet viene chiamata sul luogo di ritrovamento di un cadavere. Un giovane nudo, con diverse ferite. Una messinscena aberrante. Qualcosa che puzzava di follia e crudeltà lontano un miglio. Non una banale rissa finita male né un volgare furto di denaro. Roba seria. Il morto, rinvenuto in una fossa accanto ai binari della stazione di Saint-Jean, “ucciso” da un overdose di eroina, presenta un particolare aberrante: la sua testa non è quella di un uomo ma è inglobata nella testa di un toro. Subito le indagini portano ad un collegamento tra lo sconosciuto senza memoria e il delitto. I casi sono due: o lui è il principale sospettato, o ha assistito al delitto e per lo shock ha perso la memoria. Amnesia inizia così  presentando due personaggi Mathias Freire e Anais Chatelet, che si incontrano casualmente e ci accompagnano per le ben 750 pagine del romanzo facendoci affrontare un viaggio avventuroso e interessante nella psiche umana e nei segreti racchiusi nella memoria ancor più quando è ferita, frammentata, lacerata. Innanzitutto non fatevi spaventare dalla mole del libro, sarà per le frasi brevi, per lo stile incisivo e pulito di Grangè, ma si legge molto velocemente. Se amate i thriller, pieni di colpi di scena, dove nulla è come sembra, dove l’autore sa escogitare trame vertiginose praticamente impossibili da svelare prima che sia lui stesso a farlo, troverete pane per i vostri denti. Se avete amato L’impero dei lupi vi troverete a casa. Senza svelare troppo della trama labirintica e davvero complessa, comunque per sommi capi presente nel risvolto di copertina, sicuramente è un libro in cui un uomo si interroga su chi sia realmente, su quali siano davvero i suoi ricordi, angosciato dalla paura di poter essere un assassino freddo e spietato e minacciato da un reale pericolo del quale non riesce in nessun modo ad individuarne l’origine. Il personaggio di Anais Chatelet, tipica eroina alla Grangè, è sicuramente una coprotagonista riuscita e agguerrita che compete ad armi pari con Mathias Freire. Sin dai tempi di Fiumi di porpora, l’autore ama presentare donne forti, volitive, capaci di reggere il confronto con i personaggi maschili, quasi sempre più problematici pensiamo a Pierre Niemans di Fiumi di porpora appunto o Jean-Louis Schiffer de L’impero dei lupi. Grangè unisce il thriller psicologico al romanzo di azione puro e lo fa conservando il suo stile particolare e tipicamente francese alla Besson per intenderci e dato che ogni romanzo di Grangè ha il destino quasi segnato di diventare un film non ci vedrei male proprio Besson alla regia.