Posts Tagged ‘emancipazione femminile’

:: Io e il Minotauro di Elena Bibolotti (Giazira Scritture, 2020) a cura di Giulietta Iannone

1 Maggio 2020

Io e il MinotauroIo e il Minotauro, edito da Giazira Scritture, è il nuovo romanzo di Elena Bibolotti, già autrice di Justine 2.0., Pioggia dorata e Conversazioni sentimentali in metropolitana.
Autrice interessante la Bibolotti, coniuga il rigore e la disciplina appresa nel suo precedente percorso teatrale a una spontaneità e sincerità, quasi dolorosa, quando si tratta di sondare le pulsioni e i sentimenti dell’animo femminile.
Io e il Minotauro avrebbe dovuto essere il secondo episodio di una trilogia iniziata con Conversazioni sentimentali in metropolitana, ma sembra che non ci sarà mai il terzo per una questione di continuità editoriale. Premesso questo esiste pur tuttavia un senso di continuità in tutti i lavori della Bibolotti, capace come pochi autori in questi anni di analizzare contraddizioni e discordanze presenti nell’animo femminile, a torto ignorate se non eluse.
Protagonista di Io e il Minotauro è una coppia borghese, economicamente benestante, di professionisti in carriera. Lei, Adele, sicuramente più ricca e realizzata di lui, Gimmi, frustrato attore di scarso talento pur se bellissimo e affascinante come spesso i narcisisti sanno essere.

«Sveglia, cretina, quel narcisista malato di Gianmaria non cambierà mai e te la farà pagare per tutto il mese di agosto per qualcosa che non hai detto né fatto».

La loro relazione si basa su un complesso meccanismo di violenza e sottomissione, non solo fisica ma mentale e spirituale, le cui valenze e sfumature sono molto difficili da determinare e analizzare.

Appena Giulia esce, apro un file di word. Devo scrivere la sinossi perfetta per il mio alias, devo costruire l’esistenza di una donna sensibile, empatica. La preda giusta per un manipolatore relazionale.

Essenzialmente Gimmi è un manipolatore relazionale, ossessionato dal controllo che vuole avere su sua moglie, donna affatto debole o sprovveduta, ma incapace di uscire da questo labirinto emozionale, per fragilità familiari sue pregresse e per un insano spirito da crocerossina che le fa dire “io lo salverò”.
Comunque la loro relazione, pur tossica come tutte le relazioni prive di reali e autentici sentimenti corrisposti, è più complessa di quanto possa sembrare a prima vista. Gimmi ha a sua volta fragilità e debolezze, che ne determinano la sua aria tormentata e infelice, che affiorano in sprazzi di dolcezza soffocata dalla paura, di perdere lei, di essere abbandonato dall’unica donna da cui dipende la sua sopravvivenza anche materiale.
La sofferenza che infligge alla moglie sembra il riflesso di una sofferenza più profonda che ne delimita il carattere e le aspirazioni, e senza giustificarlo, chi usa violenza contro un suo simile che sia verbale o fisica infrange la sacralità e il rispetto che dovrebbe caratterizzate anche i più elementari rapporti umani, ne fa anch’egli una vittima di un meccanismo perverso e autodistruttivo.
Ma Adele non ha gli strumenti né la forza per salvarlo, può solo alla fine cercare di salvare se stessa, e così avviene.
La Bibolotti narra tutto questo tormentato percorso esistenziale con stile fluido e pacato, in cui l’analisi puramente razionale non prende mai del tutto il sopravvento in favore di una profonda compassione per entrambi i personaggi.
Non giudica in un certo senso né l’incapacità di Adele di lasciare il suo carnefice, né la debolezza caratteriale e morale di lui, che vede nella violenza fisica e mentale, alternata a un’intensa dipendenza sessuale, l’unico strumento di controllo a sua disposizione per affermare principalmente se stesso.
Come in tutti i rapporti umani non ci sono solo ombre, nei momenti felici, anche se pochi e rarefatti, anche lui appare come l’uomo che avrebbe potuto essere: affascinante, sensuale, anche sensibile. Ma la sua volontà di prevaricare l’altro ne determina la caduta inarrestabile verso un finale inevitabile che non anticipo, ma che giunge come una liberazione.
Ciò che emerge in questa vicenda di inferno coniugale è la grande solitudine in cui entrambi i personaggi gravitano: né gli amici, né i familiari, né persone esterne intervengano per spezzare le catene di questa prigionia psicologica e mentale, e la stessa Adele tarda a chiedere aiuto arrivando a mentire per giustificarlo, imprigionata in un ulteriore labirinto di ipocrisia sociale che sembra immobilizzarla.
Una lettura senz’altro impegnativa, per alcuni tratti anche sgradevole, che ci porta ad affrontare tematiche complesse e spesso solo superficialmente considerate arrivando quasi a colpevolizzare entrambe le vittime (non solo quelle che infliggono violenza, ma anche quelle che la ricevono). La Bibolotti attinge dal suo bagaglio emozionale personale e quasi in modo catartico dona a molte donne, che possono riconoscersi nella sua protagonista, gli strumenti per una positiva autocoscienza. Primo passo per una reale liberazione. Potere della vera letteratura.

Elena Bibolotti autrice pugliese trapiantata a Roma. Dopo aver frequentato la Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico si è dedicata alla scrittura. Tra le sue opere Justine 2.0., Pioggia dorata, Conversazioni sentimentali in metropolitana e Io e il Minotauro.

Source: libro inviato dall’editore. Ringraziamo l’ufficio stampa di Giazira Scritture.

Donne senza paura di Marta Breen e Jenny Jordahl (Tre60, 2019) a cura di Elena Romanello

11 novembre 2019

marta-breen-donne-senza-paura-9788867025091-2-300x409In questi ultimi anni sono uscite varie graphic novel sul femminismo e sulle donne importanti della Storia, spesso organizzate tramite i ritratti dei singoli personaggi: quello che rende differente Donne senza paura rispetto agli altri titoli usciti è invece il raccontare per immagini il movimento di liberazione della donna, attraverso le varie fasi degli ultimi duecento anni.
Si parte raccontando infatti la condizione femminile nell’Ottocento e come all’inizio il movimento femminista fosse legato a quello che lottava contro la schiavitù dei neri, con personalità come Elizabeth Cady Stanton, Lucrezia Mott, Harriet Beecher Stowe e le afroamericane Harriet Tubman e Sojourner Truth, ex schiave loro stesse.
Il libro ricorda poi le battaglie della rivoluzionaria francese Olympe de Gouges, autrice della dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine, finita sulla ghigliottina perché scomoda e poi si concentra sulla lotta delle suffragette, a cominciare da Emmeline Pankhurst, tra scontri e oppressione, finché non cominciarono ad ottenere nel Regno Unito e poi man mano in giro per il mondo il diritto di voto.
Donne senza paura porta poi per un attimo in Iran, dove ricorda la storia di Tahirih, femminista e martire per la causa in un Ottocento orientale non diverso dalla condizione odierna. Si ritorna quindi in Occidente, con i legami tra femminismo e socialismo, ricordando la vicenda di Rosa Luxemburg, finita tragicamente come quella di Tahirih.
Il femminismo si è battuto poi anche per l’integrità del corpo femminile, e la graphic novel arriva a parlare di Margaret Sanger, infermiera e pioniera dell’educazione sessuale e della divulgazione dei metodi di controllo delle nascite, dai primi tentativi alla pillola inventata dal dottor Pincus.  Legato al discorso della contraccezione c’è anche quello del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, che Donne senza paura ricostruisce partendo in particolare dalla situazione statunitense e non dimenticando gli attacchi ancora di oggi a questo diritto.
In Donne senza paura trovano poi anche spazio i capi di stato donne, le lotte per i diritti degli omosessuali e lesbiche, strettamente legati al femminismo, la storia di Malala e le lotte contemporanee, a cominciare da quella del movimento #Metoo.
Un testo illustrato agile, che colpisce, per il pubblico di tutte le età, capace di parlare di tematiche modernissime, sacrosante e non abbastanza trattate, in un mondo in cui comunque, anche vicino a noi, troppo spesso i diritti delle donne sono messi in discussione. Non ci sono mai abbastanza libri in tema, e il linguaggio della graphic novel si dimostra ancora una volta efficace e coinvolgente, parlando di battaglie in cui furono e sono coinvolte tante donne e ragazze, tante storie che confluiscono in una sola che continua.

Marta Breen (1976) è autrice di numerosi libri di saggistica. Insieme a Jenny Jordahl ha già pubblicato nel 2015 Lettera F. 155 ragioni per essere una femminista, premiato dal Ministero della cultura norvegese, e nel 2016 il best seller Le 60 donne che avresti dovuto conoscere.

Jenny Jordahl (1989) è un’illustratrice pluripremiata, fumettista e blogger. Oltre ad aver collaborato con Marta Breen a diversi progetti editoriali, ha esordito come autrice nel 2017 con il libro illustrato Hannemone og Hulda.

Provenienza: libro preso in prestito nelle Biblioteche civiche torinesi.

:: Il seguito di “Il racconto dell’ancella”: “I testamenti” di Margaret Atwood

6 settembre 2019

i testIl 10 settembre finalmente esce in Italia il seguito de “Il racconto dell’ancella”, notizia già di per sè ghiotta per gli estimatori di Margaret Atwood, di passaggio al Festival di Mantova in questi giorni.
Sembra che alcuni critici accreditatti, tra cui Michela Murgia, abbiano potuto leggere il libro in anteprima e sembra sia bello, ma era difficile dubitarne.
Avendo anche solo letto Seme di strega – Una riscrittura della Tempesta la scrittura di quest’autrice, ormai ottantenne, è davvero preziosa, ricca di verve, e irononia anche quando tratta temi seri e drammatici, in quest’ultimo libro addirittura come finiscono le dittature con uno sguardo al presente e alla contemporaneità della società americana e alle condizioni della donna, non ha caso il suo precedente libro, che vede al centro la donna in una società repressiva e tradizionalista, è considerato uno dei manifesti del femminismo.
I testamenti riprende la storia narrata ne “Il racconto dell’ancella” quindici anni dopo, con i testamenti di tre narratrici di Gilead. In attesa di leggere il libro vi segnalo il link dove poter leggere l’incipit sul Post: link.

Self-made Woman di Valeria Arnaldi (Ultra edizioni, 2019) a cura di Elena Romanello

27 luglio 2019

Self-Made-Woman_Ultra-325x475Dopo aver raccontato icone e miti dell’immaginario contemporaneo, stavolta Valeria Arnaldi si confronta con la storia delle donne, nel volume Self-made Woman, sottotitolo Perché dietro una grande donna non c’è nessuno.
Il libro racconta quaranta donne degli ultimi due secoli, che hanno segnato in qualche modo le loro esistenze e quelle altrui, con scelte controcorrente, lotte, idee, tendenze, stili di vita.
L’autrice vuole rovesciare la frase trita e ritrita dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, che identifica le donne solo come spalle e non come protagoniste, e parla di chi ce l’ha fatta da sola, cambiando il mondo intorno a sé, raccontando le vicende di scienziate, imprenditrici, giornaliste, artiste.
Nella galleria di donne presenti emerge un universo poliedrico: alcune donne si distinsero nel settore della moda e della bellezza, come Helena Rubinstein e Elizabeth Arden, le cui marche di cosmetici vengono usate ancora oggi, ma anche Mary Phelps Jacobs, l’inventrice del reggiseno, Coco Chanel, icona di stile e Mary Quant,  che liberò le donne con la minigonna.
Altre furono imprenditrici, come Josephine Cochrane, inventrice della lavastoviglie, Luisa Spagnoli, ideatrice di prodotti dolciari e di abbigliamento, Ruth Handler, la progettista della bambola Barbie, da lei ideata come simbolo non di sottomissione ma di indipendenza.
Non possono mancare le donne in lotta per i diritti civili, come le due ex schiave afroamericane Sojourner Truth e Harriet Tubman, la suffragetta Emmeline Pankhurst, Rosa Parks, il cui gesto simbolico di non alzarsi sull’autobus innescò le lotte per i diritti civili e la giovanissima Malala Yousafzai, che ha quasi pagato con la vita la sua lotta per dare un futuro alle bambine tramite la scuola.
Le donne si sono anche distinte nella scienza e Valeria Arnaldi ricorda Marie Curie, ma anche la dimenticata Lise Meitner, studiosa dell’atomo profondamente pacifista, Hedy Lamarr, non solo bellissima diva ma grande scienziata pronta ad intuire la tecnologia che oggi usiamo per gli smarthone, e ovviamente due grandissime di casa nostra come Rita Levi Montalcini e Margherita Hack.
Molte donne hanno anche voluto andare oltre i limiti che venivano imposti, e a questo proposito nel libro si ritrovano Nellie Bly,  prima giornalista investigativa della Storia che si fece rinchiudere in un manicomio per raccontare gli orrori di quei posti, Isabelle Eberhardt, viaggiatrice in Medio Oriente, Amelia Earhart, la prima aviatrice in solitaria, Gerda Taro, fotografa della Guerra civile spagnola morta sul campo, Valentina Tereskova, prima donna ad andare nello spazio aprendo la strada ad un’avventura che dura fino ad oggi e oltre.
Le donne hanno anche dato un contributo alle arti, e nelle pagine del libro rivivono i destini delle pittrici Suzanne Valadon e Tamara de Lempicka, di Mae West, diva trasgressiva contro la censura e il bigottismo di Hollywood, della ballerina Martha Graham, di Josephine Baker, danzatrice e partigiana, delle cantanti Billie Holiday e Madonna, icona da decenni e delle fumettiste sorelle Giussani inventrici di Diabolik, fumetto che all’epoca scandalizzò e che ancora oggi fa parlare di sé.
Un libro interessante, con progetti di vita in cui ciascuna donna di qualsiasi età può trovare qualche spunto o idea per il suo progetto di vita magari un po’ fuori dagli schemi.

Valeria Arnaldi, laureata in Scienze Politiche, è giornalista professionista. Scrive su quotidiani e mensili italiani e stranieri. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo Gli amori di Frida KahloTina Modotti hermanaChi è Banksy? E perché ha tanto successo?Chi è Obey? E perché fa tanto discutere?Che cos’è la street art? E come sta cambiando il mondo dell’arte. Cura mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero: ha collaborato con Commissione Europea, Unar-Presidenza del Consiglio, Regione Lazio, Provincia di Roma, Roma Capitale. Per Ultra ha pubblicato, tra gli altri, Manga Art-Viaggio nell’iperpop contemporaneoBomba Sexy – Storia e mito della femminilità a cavallo del millennioHayao Miyazaki – Un mondo incantatoSelf-made WomanBarbie, la Venere di plasticaMadonna, l’icona del popLady Oscar.

Provenienza: omaggio al recensore dell’Ufficio stampa Ultra che ringraziamo.

Vox di Christina Dalcher (Nord, 2018) a cura di Elena Romanello

28 novembre 2018
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In un futuro prossimo gli Stati Uniti hanno visto una svolta autoritaria, con l’arrivo al potere di un regime teocratico ispirato da un reverendo che impone a tutti una morale personale restrittiva, colpendo in particolare le donne, che oltre a non poter più lavorare, studiare, scegliere liberamente la propria vita in tema di figli e matrimonio, sono costrette ad indossare un braccialetto che obbliga loro a stare dentro ad un limite di cento parole, pena scariche elettriche via via più forti, che possono arrivare a uccidere.
Jean McClellan era una professionista affermata, glottologa e logopedista, ma ora è costretta a vivere segregata, senza più autonomia, vedendo la figlia di sei anni ormai stare zitta e sottostare ad una scuola che forma future schiave domestiche, e i tre figli adolescenti sempre più prepotenti perché succubi anche loro della nuova ideologia, anche se ne vedranno poi gli eccessi. La consola la storia d’amore clandestina con l’ex collega italiano Lorenzo, di nascosto dal marito e da tutti, mentre ha perso per sempre amiche considerate troppo trasgressive e rinchiuse in campi di lavoro perché non si sono piegate al nuovo ordine, magari solo perché omosessuali. Finché un giorno Jean viene chiamata per dare una mano al fratello del presidente, rimasto con il cervello danneggiato da un incidente, con la possibilità di essere meno oppressa dal sistema. In parallelo però la protagonista scopre che la posta in gioco da parte del nuovo regime è quello di dominare il mondo con una scoperta scientifica a cui lei sta lavorando e che esiste comunque una resistenza sotterranea a questo nuovo totalitarismo, che coinvolge persone insospettabili e molto vicine a lei.
Inevitabile fare un raffronto con Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, diventato anche un’ottima serie TV, ma Vox non è un mero clone di un romanzo che non passa certo di moda, anzi, anche se riprende, in maniera intrigante, il tema della distopia che limita i diritti delle donne, comunque mai da dare per scontati, come mostra troppe volte la vita reale. L’autrice mette al centro di tutto l’importanza del linguaggio e delle parole, perché per opprimere qualcuno basta privarlo di questo, della possibilità di dire quello che sente e che vuole, e non è un caso che i momenti di maggiore angoscia del libro sono quando Jean si preoccupa per la sua bambina, che si abituerà fin dall’infanzia a stare zitta, come una futura generazione di donne succubi e senza parola.
Più scorrevole de Il racconto dell’ancella, più cinematografico ed infatti è probabile che diventerà un film o una serie, Vox fa riflettere ancora una volta sull’importanza delle libertà individuali e sui pericoli dei totalitarismi, che hanno paura della libertà di essere e di esistere, oltre che di chi si ribella a schemi che sembrano superati ma che c’è sempre qualcuno che vuole riproporre.
In tempi di rigurgiti reazionari di tutti i tipi, un libro come Vox è senz’altro da leggere e da meditare, sperando che quello che è raccontato nelle sue pagine resti appunto una metafora e un avvertimento su un possibile futuro da scongiurare.

Christina Dalcher si è laureata in Linguistica alla Georgetown University con una tesi sul dialetto fiorentino. Ha insegnato italiano, linguistica e fonetica in diverse università, ed è stata ricercatrice presso la City University London. Vive negli Stati Uniti e, quando possibile, trascorre del tempo in Italia, soprattutto a Napoli. Vox è il suo romanzo d’esordio.

Provenienza: libro del recensore.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

Femmes magnifiques di Varie autrici (Oscar Ink, 2018), a cura di Elena Romanello

12 luglio 2018

La biblioteca ideale di libri e graphic novel dedicate a storie di donne insolite e ribelli si arricchisce di un nuovo titolo978880468457HIG-318x480 con Femmes Magnifiques, nella collana Oscar Ink con cui Mondadori si dedica da alcuni mesi al mondo delle nuvole parlanti presentando opere di interesse culturale e non solo di puro intrattenimento.
Femmes Magnifiques è un’antologia di storie disegnate dedicate a donne celebri di ieri e di oggi, realizzate da fumettiste contemporanee, ognuna con un suo stile particolare, dalla pop art alla graphic novel stile Neil Gaiman, dal manga alle vignette stile striscia di quotidiano. Il libro è completato da alcuni contributi di Cindy Whitehead, Nina Simone, di Kristy Miller, di Cathy Unsworth e Shelly Bond, oltre che dalla possibilità di creare la propria storia a fumetti, con vignette vuote dove sbizzarrirsi e i consigli di alcune professioniste del settore. Per l’edizione italiana si segnala l’aggiunta dell’introduzione di Claudia Durastanti.
Come anche Cattive ragazze uscite per Sinnos e Indomite della BaoFemmes magnifiques  si rivolge ad un pubblico eterogeneo, di giovani e giovanissime ma anche a chi avrebbe voluto e dovuto avere graphic novel come queste anni fa su cui formarsi.
Ogni donna è raccontata da tre pagine, attraverso o un episodio cardine della sua vita o alcuni suoi stati d’animo: chiaramente non è un’enciclopedia, ma uno stimolo ad approfondire, con letture e ricerche, la vita di cinquanta donne straordinarie, che in qualche modo si sono ribellate a schemi e stereotipi, in società e luoghi diversi, ma sempre ottenendo risultati, anche pagando prezzi alti, ma cambiando la loro vita e quella delle donne che sono venute dopo di loro.
Nelle pagine del libro emergono i nomi delle cantanti Bjork e Kate Bush, della paleontologa Mary Anning, ispiratrice delle teorie dell’evoluzione di Darwin, della cronista Nellie Bly, della matematica della NASA Margaret Hamilton, delle autrici di fantascienza Ursula K. Le Guin e Margaret Atwood, della collezionista d’arte Peggy Guggenheim, della dottoressa e attivista per il controllo delle nascite Margaret Sargent, dell’astronauta Sally Ride, delle autrici di fumetti Dale Messick e Rumiko Takahashi, della spia contro i nazisti Margery Booth, della prima ballerina afroamericana Misty Copeland, delle pioniere dell’informatica Ada Lovelace e Hedy Lamarr, dell’icona nerd Carrie Fisher.
Tanti nomi, tante vicende note e meno note, tante curiosità e un mondo che emerge per far crescere curiosità e autoconsapevolezza. Un’antologia da leggere, rileggere, approfondire a qualsiasi età.

Provenienza: libro del recensore.

Shelly Bond è l’ideatrice e curatrice di Femmes magnifiques. Ha lavorato come direttrice editoriale presso la Vertigo Comics e ha lanciato recentemente la nuova linea Black Crown.

:: La valle delle bambole, Jacqueline Susann (Sonzogno, 2016)

19 luglio 2016
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Be careful what you wish for sembra una verità fondamentale a cui attenersi specie quando si è una giovane e bella ragazza della provincia che si reca a New York (alla fine della Seconda Guerra Mondiale) in cerca di fama, amore, soldi e successo. Nessuna delle tre protagoniste di La valle delle bambole (Valley of the Dolls, 1966) di Jacqueline Susann, Anne, Jennifer e Neely, la seguì e con tragiche conseguenze, vedendo gli esiti delle loro vite. Raggiungere i loro sogni le portò solitudine, infelicità, dipendenza da alcool e droga, addirittura una delle tre arrivò al suicidio. Insomma assistiamo alla desacralizzazione del sogno americano, compiuta certo con gli strumenti e la verve che la simpatica Susann disponeva.
Se vogliamo la lettura di questo libro e il suo valore sono più necessari per il suo essere un documento di un’ epoca, che per il valore e le qualità letterarie (oltre all’indubbio coraggio) della Susann. Gore Vidal, Truman Copote insomma non si sbagliarono di tanto, e non devono essere considerati come dei meschini e invidiosi rosiconi, anche se esternarono i loro pareri con la loro consueta insolenza. Tuttavia la sua prosa la si legge con estrema facilità e i temi seri che tratta, quasi incappandoci per sbaglio, dall’emancipazione femminile, al maschilismo e al materialismo presenti nella società americana, all’aborto, al suicidio, alle malattie mentali, sono il ritratto fedele di un’ epoca che preferiva nascondere la polvere sotto il tappeto, in favore di un certo entusiasmo simulato e un allegria pop, da boom economico. La Susann ne tratteggia le ombre con vivace arguzia, e la sua forte personalità e il suo umorismo anche amaro, sono un collante sicuramente efficace, padroneggiato con indubbia abilità.
A cinquant’anni dalla pubblicazione l’effetto destabilizzante è senz’altro smorzato. Ormai si parla di sesso molto liberamente, anche nei romanzi, forse meno di cancro, malattie mentali e suicidio. Per cui se vogliamo il suo romanzo non appare così datato come appaiono opere di quel periodo lette oggi. Il suo linguaggio pepato, la sua mancanza di inibizioni quando si parla di sesso (evidenziando come lo percepivano le ragazze degli anni ’60), sono senz’altro parte del fascino di questo libro, che anche oggi, in un’ epoca di post-femminismo come la nostra, conserva le sue peculiarità.
Non fu facile pubblicare questo libro negli anni ’60, numerosi editori lo rifiutarono e solo Bernard Geis Associates lo pubblicò nel 1966. Che Jacqueline Susann parlasse di sé e vi fossero molti elementi autobiografici è indubbio, come è indubbio che molte storie e aneddoti furono tratti dalle vite (travagliate) di molte star di quei tempi, a partire da Judy Garland.
Non ostante l’aura di scandalo, da alcuni questo libro fu tranquillamente definito un soft porno, La valle delle bambole fu un successo immediato e travolgente. Restò per ben 65 settimane nella lista dei best seller del New York Times, grazie anche alla grandissima campagna promozione che organizzò il marito della Susann, il produttore Irving Mansfield.
Per togliere un’ equivoco, le “bambole” del titolo non sono le protagoniste, ma le magic candy, gli psicofarmaci di cui le stelle del cinema facevano abbondante uso, sonniferi, stimolanti, antidepressivi, anfetamine.
Ne fecero un film, diretto da Mark Robson, con Sharon Tate nella parte di Jennifer North, e Susan Hayward in quella di Helen Lawson, in cui in un cameo apparve la stessa Susann (che tuttavia usò termini molto dispregiativi per definirlo). Da anni si parla di un remake con protagoniste Madonna (Helen Lawson), Jennifer Lawrence, (Jennifer North) Anne Hathaway (Anne Welles) e Emmy Rossum (Neely O’Hara). Chissà, vediamo, certo molto dipenderà dal regista, ma non è difficile predire un indiscusso successo. Come il libro, tradotto in questa edizione da Mariapola Dettore. Postfazione di Irene Bignardi.

Jacqueline Susann (1918-1974) era originaria di Philadelphia. A diciott’anni si trasferì a New York, dove lavorò come attrice e, per ben quattro volte, fu premiata come la “Donna più elegante della televisione”. Ma fu il successo dei suoi tre romanzi, tutti bestseller mondiali – La valle delle bambole (1966), La macchina dell’amore (1969) e Una volta non basta (1973) -, a trasformarla nella leggenda che ancora oggi si ricorda. Sposò il produttore Irving Mansfield. Da La valle delle bambole, il suo libro più famoso, ristampato diverse volte anche in Italia, sono stati tratti un film e una serie televisiva.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Valentina dell’Ufficio Stampa Sonzogno.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.