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Self-made Woman di Valeria Arnaldi (Ultra edizioni, 2019) a cura di Elena Romanello

27 luglio 2019

Self-Made-Woman_Ultra-325x475Dopo aver raccontato icone e miti dell’immaginario contemporaneo, stavolta Valeria Arnaldi si confronta con la storia delle donne, nel volume Self-made Woman, sottotitolo Perché dietro una grande donna non c’è nessuno.
Il libro racconta quaranta donne degli ultimi due secoli, che hanno segnato in qualche modo le loro esistenze e quelle altrui, con scelte controcorrente, lotte, idee, tendenze, stili di vita.
L’autrice vuole rovesciare la frase trita e ritrita dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, che identifica le donne solo come spalle e non come protagoniste, e parla di chi ce l’ha fatta da sola, cambiando il mondo intorno a sé, raccontando le vicende di scienziate, imprenditrici, giornaliste, artiste.
Nella galleria di donne presenti emerge un universo poliedrico: alcune donne si distinsero nel settore della moda e della bellezza, come Helena Rubinstein e Elizabeth Arden, le cui marche di cosmetici vengono usate ancora oggi, ma anche Mary Phelps Jacobs, l’inventrice del reggiseno, Coco Chanel, icona di stile e Mary Quant,  che liberò le donne con la minigonna.
Altre furono imprenditrici, come Josephine Cochrane, inventrice della lavastoviglie, Luisa Spagnoli, ideatrice di prodotti dolciari e di abbigliamento, Ruth Handler, la progettista della bambola Barbie, da lei ideata come simbolo non di sottomissione ma di indipendenza.
Non possono mancare le donne in lotta per i diritti civili, come le due ex schiave afroamericane Sojourner Truth e Harriet Tubman, la suffragetta Emmeline Pankhurst, Rosa Parks, il cui gesto simbolico di non alzarsi sull’autobus innescò le lotte per i diritti civili e la giovanissima Malala Yousafzai, che ha quasi pagato con la vita la sua lotta per dare un futuro alle bambine tramite la scuola.
Le donne si sono anche distinte nella scienza e Valeria Arnaldi ricorda Marie Curie, ma anche la dimenticata Lise Meitner, studiosa dell’atomo profondamente pacifista, Hedy Lamarr, non solo bellissima diva ma grande scienziata pronta ad intuire la tecnologia che oggi usiamo per gli smarthone, e ovviamente due grandissime di casa nostra come Rita Levi Montalcini e Margherita Hack.
Molte donne hanno anche voluto andare oltre i limiti che venivano imposti, e a questo proposito nel libro si ritrovano Nellie Bly,  prima giornalista investigativa della Storia che si fece rinchiudere in un manicomio per raccontare gli orrori di quei posti, Isabelle Eberhardt, viaggiatrice in Medio Oriente, Amelia Earhart, la prima aviatrice in solitaria, Gerda Taro, fotografa della Guerra civile spagnola morta sul campo, Valentina Tereskova, prima donna ad andare nello spazio aprendo la strada ad un’avventura che dura fino ad oggi e oltre.
Le donne hanno anche dato un contributo alle arti, e nelle pagine del libro rivivono i destini delle pittrici Suzanne Valadon e Tamara de Lempicka, di Mae West, diva trasgressiva contro la censura e il bigottismo di Hollywood, della ballerina Martha Graham, di Josephine Baker, danzatrice e partigiana, delle cantanti Billie Holiday e Madonna, icona da decenni e delle fumettiste sorelle Giussani inventrici di Diabolik, fumetto che all’epoca scandalizzò e che ancora oggi fa parlare di sé.
Un libro interessante, con progetti di vita in cui ciascuna donna di qualsiasi età può trovare qualche spunto o idea per il suo progetto di vita magari un po’ fuori dagli schemi.

Valeria Arnaldi, laureata in Scienze Politiche, è giornalista professionista. Scrive su quotidiani e mensili italiani e stranieri. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo Gli amori di Frida KahloTina Modotti hermanaChi è Banksy? E perché ha tanto successo?Chi è Obey? E perché fa tanto discutere?Che cos’è la street art? E come sta cambiando il mondo dell’arte. Cura mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero: ha collaborato con Commissione Europea, Unar-Presidenza del Consiglio, Regione Lazio, Provincia di Roma, Roma Capitale. Per Ultra ha pubblicato, tra gli altri, Manga Art-Viaggio nell’iperpop contemporaneoBomba Sexy – Storia e mito della femminilità a cavallo del millennioHayao Miyazaki – Un mondo incantatoSelf-made WomanBarbie, la Venere di plasticaMadonna, l’icona del popLady Oscar.

Provenienza: omaggio al recensore dell’Ufficio stampa Ultra che ringraziamo.

:: Un’ intervista con Valeria Arnaldi, a cura di Elena Romanello

8 settembre 2015

val 2Valeria Arnaldi, giornalista e organizzatrice di vari eventi, ha scritto per la nuova collana Shibuya di Ultra edizioni dedicata agli anime giapponesi due saggi, rispettivamente sul maestro Hayao Miyazaki e su Lady Oscar. L’abbiamo incontrata per parlare di questa passione travolgente, che ormai unisce varie generazioni, per manga ed anime e l’immaginario ad essi legato.

Come mai ha scelto di occuparsi di Lady Oscar e che rapporto ha con questo personaggio?

Lady Oscar era un personaggio nuovo all’interno della produzione animata giapponese dell’epoca, che a sua volta rappresentava già una rottura rispetto all’animazione cui eravamo abituati in Occidente. Era una donna alle prese con la riflessione su identità, ruolo, desideri. Non la classica icona “domestica”, più spesso addomesticata, della quasi totalità di favole e serie, ma una donna combattiva, determinata, energica. Mi interessava studiare questa nuova femminilità, più moderna e femminista ma non priva di elementi anche maschilisti della tradizione, e raccontarla uscendo dal semplice discorso nostalgico per proporne un’analisi più ampia. L’affezione ha comunque un suo peso. Come direttrice della collana Shibuya, scegliendo gli autori dei vari libri, ho cercato persone con background diversi che avessero uno speciale legame con il personaggio che avrebbero raccontato. Ho seguito questo criterio anche per me: Lady Oscar, da bambina, era la mia serie animata preferita.

Secondo lei come mai Lady Oscar è ancora così amata anche da chi non segue manga ed anime?

Credo sia molto amato per i tanti stimoli che offre. C’è la commistione tra storia e finzione, con tutte le suggestioni che la riconoscibilità di contesto e personaggi porta con sé in termini di credibilità della storia. C’è il fascino del periodo storico, ricostruito tra realismo e stereotipi. Poi, appunto, il carattere di Oscar, la trama emotiva molto articolata e ricca di colpi di scena. È una storia complessa, colma di sorprese, coinvolgente. Un “cappa e spada” al femminile: al tempo stesso, dinamico e romantico.

Che differenze ci sono state tra scrivere il saggio su Miyazaki e scrivere quello su Oscar?

L’approccio, per ricerca e modalità di studio, è stato il medesimo: privilegiare le fonti dirette, ossia appunti e dichiarazioni degli stessi autori, documentare la “cronaca” del loro lavoro, e poi passare all’interpretazione personale di testi, serie e film, a seconda dei casi. Vuole essere proprio nell’interpretazione critica, che nel mio caso segue i principi che adotto nella critica d’arte, il cuore di questi lavori: proporre un approccio diverso, non tradizionale, che guardi all’animazione come linguaggio artistico del contemporaneo, facendola uscire da quella nicchia cui spesso una certa Cultura, per snobismo, la relega. Non è un caso che, nel libro su Miyazaki, sul cui esempio ha poi preso vita la collana,e dunque anche in Lady Oscar, io abbia inserito un capitolo sugli omaggi degli artisti contemporanei in tutto il mondo. Fin qui le somiglianze. La differenza è già insita nei titoli. Nel saggio su Hayao Miyazaki, parlo di un regista e della totalità del suo lavoro, attraverso i decenni. In Lady Oscar, pur parlando di Riyoko Ikeda e del contesto in cui sono nati i suoi lavori, seguo un personaggio e il suo mondo, anche nelle citazioni successive, ma dovendo forzatamente evitare di approfondire altri passaggi della carriera dell’autrice.

Cosa ha reso secondo lei i manga e gli anime anni Settanta ed Ottanta così mitici e unici?

I lavori del cosiddetto “Anime Boom” hanno rappresentato una rivoluzione nel panorama italiano in particolare e occidentale. Eravamo abituati al buonismo, soprattutto disneyano, con le sue favole ritoccate per lasciare la paura, anche l’orrore a volte, ma stemperato dalla garanzia del lieto fine. La produzione giapponese era diversa, più “adulta”, fatta di chiaroscuri, sangue e carne, violenza ma anche passione e perfino erotismo. Era qualcosa di completamente diverso, una “bomba” per le generazioni che, per prime, sono venute a contatto con quel mondo.

Prossimi progetti dedicati agli anime e ai manga o in generale?

Da autrice, ho in programma, nei prossimi mesi, l’uscita di nuovi titoli nei quali, stavolta, vorrei proporre anche letture trasversali di un medesimo tema, attraverso più serie e più epoche. Da direttrice, la collana andrà avanti ancora con monografie dedicate ai personaggi cult dell’animazione dell’epoca, che hanno cresciuto più di una generazione. Personaggi divenuta icona, come, ad esempio, Lupin III.