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:: Isole carcere. Geografia e storia di Valerio Calzolaio (Edizioni Gruppo Abele 2022) a cura di Giulietta Iannone

23 febbraio 2023

“Un’isola non è, per natura, una prigione.”

L’isolamento insulare e la detenzione sono un binomio che fin dall’antichità, pensiamo all’Antica Grecia, ha trovato stretti legami e ripercussioni sul vivere civile e sociale. Allontanare dal consorzio umano determinati soggetti rei di gravi crimini, o perlomeno, anche se innocenti, accusati di averli commessi, è diventata un’aggravante dell’eventuale punizione, un inacidirsi coercitivo di una pena non volta al recupero del condannato, ma al suo allontanamento, anche dalla vista, dal contesto civile, quando non si vuole giungere a una vera e propria condanna a morte. Una crudeltà in più, insomma, che rende più difficile la fuga certo, ma anche solo, tramite l’isolamento più assoluto, rende più doloroso e crudele il castigo a volte inferto a oppositori politici, persone sgradite, o semplicemente scomode. Nel saggio Isole carcere. Geografia e storia Valerio Calzolaio analizza, con un approccio multidisciplinare, questa materia di per sé complessa e sottostimata. Forse non tutti sanno che esistono isole carcere ancora attive anche attualmente, insomma non è una vestigia delle barbarie del passato, anche in Italia. Le riflessioni sulle ripercussioni psicologiche e sociali dell’isolamento detentivo diventano occasione di riflessioni sul sistema detentivo stesso, e sulla sua utilità, oltre alla scarsa volontà politica di trovare pene sostitutive più costruttive per la società e l’individuo. Il saggio si compone di tre parti: la prima dal titolo Un doppio isolamento con riflessioni sugli aspetti storici, biologici e socioculturali del fenomeno. La seconda parte è composta da una serie di schede che descrivono alcune isole carcere, forse le più famose, da Alcatraz, all’Asinara, dall’Isola d’If, all’Isola del Diavolo, a Lampedusa. Infine nella terza parte c’è un tentativo, per quanto sperimentale, di classificazione globale di tutte le isole carcere esistenti nel mondo. Tra l’altro il lavoro non è solo il frutto di consultazioni di dati, tabelle, archivi, saggi scientifici, ma anche analizza le ripercussioni sull’immaginario: quanti libri, film, poesie hanno per tema la detenzione su un’isola, pensiamo al film Papillon, o al romanzo Il Conte di Montecristo, in cui il personaggio letterario di Edmond Dantes, dopo una prigionia di 15 anni, fu l’unico a poter scappare dall’Isola d’If, grazie alla fantasia di Dumas. Ricco l’apparato bibliografico e di approfondimento che rende il lavoro utile anche a coloro che vogliono intraprendere uno studio serio e articolato sulla materia.

Valerio Calzolaio, giornalista e saggista, è stato deputato dal 1992 al 2006 e sottosegretario al Ministero dell’ambiente tra il 1996 e il 2001. Tra le varie pubblicazioni è autore di Ecoprofughi (Nda 2010), Da Moro a Berlinguer (con Carlo Latini, Ediesse, 2016), La specie meticcia (People, 2019), Libertà di migrare (con Telmo Pievani, Einaudi, 2016).

Source: libro inviato dall’editore. Ringraziamo Christian Ufficio Stampa Edizioni Gruppo Abele.

:: Insubordinati. Inchiesta sui rider, di Rosita Rijtano. Testimonianze, analisi e dati per capire cosa succede nel complesso mondo dei rider e delle app che gestiscono il food delivery in Italia

4 ottobre 2022

Lavoro essenziale, ma senza tutele

Rider: il nome all’inglese, un po’ cool, che ormai tutte e tutti noi abbiamo imparato a conoscere. Nel lockdown sono diventati lavoratori essenziali, fra gli unici cui era permesso girare per strada nel periodo più nero della pandemia. L’essenzialità della loro professione non va però di pari passo con le tutele e i diritti di cui dovrebbero godere. Il loro lavoro è duro, durissimo, pieno di rischi e assolutamente sottopagato. «Aspetti l’ordine, vai al ristorante, corri dal cliente, aspetti il nuovo ordine, vai al nuovo ristorante e così via, fino a che non sei spompato». Lo racconta Enrico in una delle tantissime testimonianze raccolte dalla giornalista Rosita Rijtano in questa ricchissima inchiesta.

Vessazioni e violenze (anche fisiche, a volte), contratti debolissimi e assolutamente incapaci di inquadrare correttamente queste figure ibride figlie della gig economy, a metà strada – o forse no – fra lavoro subordinato e libera professione. Ma anche sfruttamento e caporalato, come emerge da numerosi processi in tutta Italia e fedelmente riportati da Rosita Rijtano. E poi tante, tantissime persone straniere, spesso povere o poverissime, «tutte diverse, con il loro singolare bagaglio di sofferenza e umanità», facilmente ricattabili a causa delle difficoltà linguistiche, economiche e sociali.

Moderna espressione dell’evoluzione del capitalismo, dove vali qualcosa finché sei in grado di pedalare, ridotta all’essenziale la storia è sempre quella: «una storia di oppressori ed oppressi». Se non lavori come dicono loro – i padroni o i subappaltatori del servizio – ti bloccano l’account. E sei fuori dai giochi.

Tre anni, sette incidenti, 46mila chilometri

Attraverso interviste, documenti ufficiali, inchieste giudiziarie e l’indagine sul campo – seguendo passo passo alcuni ciclofattorini nel loro lavoro quotidiano – l’autrice di Insubordinati. Inchiesta sui rider ricostruisce un contesto lavorativo dove il “capo” è una piattaforma digitale e l’algoritmo decide per te tempi, percorsi, orari e, soprattutto, compensi. Ovviamente oltre a raccogliere senza sosta dati su rider e clienti finali.

Un settore variegato, dove trovi fianco a fianco chi è riuscito a farsi portatore di vertenze sindacali e ha ottenuto il contratto di lavoro subordinato e chi, al contrario, si batte affinché questo lavoro rimanga libero e autogestito. Una difficoltà tutta legislativa di riconoscere i diritti di queste figure, il cui numero cresce sempre di più con l’aumentare delle piattaforme digitali.

Il libro dà voce a loro, ai rider, a quelli che in tre anni si sono fatti 46mila chilometri e sette incidenti – ma guai a parlare di infortunio sul lavoro – e a quelli che si sono pagati gli studi consegnando pizze e sushi.

Insubordinati. Inchiesta sui rider è un volume densissimo, un saggio avvincente come un romanzo, salvo accorgersi che racconta la vita vera, quotidiana, di migliaia di persone. «Possiamo considerare i rider il grande banco di prova delle modalità di lavoro del futuro, per loro già presente. Da come sarà regolata, o non regolata, la loro attività dipende il domani di tutti noi».

Rosita Rijtano è giornalista de lavialibera, rivista di Libera e Gruppo Abele, e collabora anche con Il Foglio. Ha lavorato a Repubblica e al Mattino. Ha cofirmato due libri: Con lo smartphone usa la testa (Sperling&Kupfer, 2018); L’algoritmo e l’oracolo (Il Saggiatore, 2019).

:: Un’intervista con Edi Lazzi, Segretario generale della Fiom-Cgil di Torino, autore di “Buongiorno, lei è licenziata” (Edizioni Gruppo Abele) a cura di Giulietta Iannone

4 ottobre 2021

Buongiorno Edi, benvenuto su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa mia intervista. Inizierei con le presentazioni: presentati ai nostri lettori, raccontaci qualcosa di te legato sia al lavoro che alla tua vita.

Sono torinese, ho 50 anni, sposato da 23 e ho due figli Arianna di 20 anni e Amos di 19. Ho conseguito due lauree una in Scienze Politiche e l’altra in Scienze dell’amministrazione e consulenza del lavoro conseguita alla facoltà di giurisprudenza.

Per quanto riguarda il lavoro attualmente ricopro l’incarico di segretario generale della FIOM-CGIL di Torino il sindacato delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici. Un lavoro che mi appassiona e mi permette di contribuire a delle giuste cause a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori di questo importante settore economico. È da quando ho 14 anni che mi occupo di politica e di sindacato, prima come militante e attivista poi dai 29 anni, come lavoro a a tempo pieno.

Certo, è un periodo difficile in quanto il lavoro è sempre più svalorizzato, precario, insicuro, ma proprio per questo ci metto tutto l’impegno possibile per provare a migliorare la condizione di coloro che per vivere devono lavorare.

Sei l’autore di Buongiorno, lei è licenziata – Storie di lavoratrici nella crisi industriale (Edizioni Gruppo Abele 2021) un interessante volume che raccoglie le esperienze di 10 donne, lavoratrici del settore automotive della zona Torino e hinterland, che anche dopo trent’anni di lavoro, a un passo dalla pensione, hanno perso il lavoro e si sono dovute reinventare una vita. Come le hai conosciute? Le hai contatate tu, o si sono presentate spontaneamente saputo della tua intenzione di scrivere questo libro?

Sono tutte donne straordinarie che lavoravano nelle aziende che in questi anni abbiamo seguito come FIOM-CGIL, di cui abbiamo gestito le vertenze per difendere l’occupazione, per garantire gli ammortizzatori sociali e il sostegno al reddito. Purtroppo, queste vertenze sono state moltissime, soprattutto a Torino, città profondamente in crisi economica e industriale. Quando ho avuto l’idea di scrivere il libro, ho chiesto ai delegati sindacali interni di farmene conoscere alcune per intervistarle e così sono state individuate le dieci storie raccontate in buongiorno, lei è licenziata..

Come è nata l’idea di scrivere questo libro? E come hai deciso di scegliere le testimonianze di lavoratrici donne. Il lavoro femminile è ancora più penalizzato in questo periodo di crisi industriale e sociale?

L’idea nasce da una ricerca che abbiamo condotto sul numero dei posti di lavoro persi, delle fabbriche che hanno chiuso nel nostro territorio a partire dall’inizio di questa crisi che perdura ormai dal 2008. Dietro quei numeri ci sono persone in carne e ossa, non possono essere considerati semplicemente un dato statistico perché ogni licenziamento porta con sé delle storie di vita. Allora abbiamo deciso di raccontarle, per parlare con l’opinione pubblica, per mettere in risalto l’importanza del lavoro, per provare a ricercare soluzioni a questa devastante crisi. Ci siamo concentrati sulle donne poiché sono loro che stanno pagando il prezzo più alto. Le donne fanno più fatica degli uomini a ricollocarsi, le aziende a parità di mansione e qualifica preferiscono assumere gli uomini. È assurdo, siamo nel terzo millennio, ma purtroppo è così!

Il periodo delle lotte sindacali degli anni ’70 e ’80 sembra finito per sempre, i lavoratori hanno sempre meno diritti e sempre più oneri. È una sensazione reale o c’è dell’altro?

È assolutamente reale, le lotte sindacali degli anni ’70 hanno avuto un riflusso dettato dalla predominanza di idee economiche e politiche favorevoli alla deregolazione del mercato del lavoro, alla sua svalorizzazione. Hanno cambiato le leggi che tutelavano le lavoratrici e i lavoratori rendendoli più deboli e ricattabili. La libertà di movimento dei capitali e la globalizzazione hanno poi dato il colpo finale.

Angela, Rossana, Anna, Daniela, Giuseppina, Silvana, Giovanna, Assunta, Tania, Maria Elena, questi sono i nomi delle donne coinvolte, una riflessione è d’obbligo: sono state molto coraggiose a riportare alla memoria periodi della loro vita molto dolorosi. Perchè la perdita di lavoro è un “lutto” e come il lutto va elaborato. A Torino esistono strutture che supportino econimicamente e anche psicologicamente chi perde il lavoro?

A Torino, come in tutta Italia, non esistono strutture in grado di aiutare chi ha perso il lavoro. I centri per l’impiego non funzionano correttamente e i percorsi di out placement, come viene raccontato dalle donne protagoniste del libro non sono in grado di dare una mano concreta alla ricollocazione.

Mi ha colpito soprattutto, nel leggere le testimonianze, che la perdita del lavoro non è solo una perdita economica e di sostentamento materiale, ma lede anche componenti etiche e morali più profonde, impedisce a queste donne di sentirsi parte di una comunità, impedisce a queste donne di partecipare attivamente con il loro lavoro al bene comune. Ha colpito anche te?

É sicuramente uno degli aspetti che mi ha fatto maggiormente riflettere. Una delle protagoniste esprime con forza questo concetto quando dice che «il lavoro è vita, nel lavoro c’è la realizzazione della persona, c’è l’identificarsi nella comunità e si contribuisce al bene comune».

Quando ti portano via il lavoro, ti portano via una delle parti fondamentali dell’esistenza umana.

Le esperienze di vita di queste donne sono le più diverse: ci sono donne single, madri di famiglia, donne che hanno perso il lavoro assieme ai loro mariti, per cui di colpo è mancato ogni reddito per il nucleo familiare. La perdita del lavoro genera un concatenarsi di eventi, legati a chi dipende dal lavoro delle lavoratrici, penso soprattutto ai figli, e mi viene in mente il ragazzo che voleva annullare la sua festa di compleanno. Come vivono questo “lutto” i familiari del lavoratore che perde il lavoro?

È un dramma che colpisce tutto il nucleo famigliare, soprattutto quando il licenziamento lo subisce l’unica che porta reddito nella famiglia. In questi anni abbiamo visto molti casi di persone licenziate in famiglie monoreddito che si sono trovate spaesate, impaurite sul futuro. Una condizione di questo tipo ha, inevitabilmente impatti su tutta la famiglia anche sui figli, che rendendosi conto della situazione, cercano di dare come possono il loro supporto. I bambini, i ragazzi sono coinvolti emotivamente e psicologicamente perchè percepiscono la grande difficoltà che la famiglia si trova ad attraversare e hanno anche paura per il loro futuro. Concetti che nel libro sono raccontati in modo lucido dalle protagoniste.

Tutto ciò spinge a considerare l’importanza di un ripensamento dell’industria attraverso gli strumenti che ancora esistono a disposizione dalle scelte politiche tese a una politica attiva del lavoro come priorità alla riconversione ecologica. Pensi sia da rielobare tutta un’etica del lavoro?

Nel libro tocchiamo anche questo argomento, soprattutto nell’introduzione. L’etica del lavoro deve essere rivista. Al centro delle politiche devono esserci i soggetti e non gli oggetti che si producono. Interrogarsi sulle scelte delle aziende che delocalizzano, semplicemente per guadagnare qualche euro in più e nel contempo privano del lavoro centinaia di famiglie, è un argomento che dovrebbe essere approfondito dai decisori politici al fine di evitare che queste cose accadano. Così come puntare sulla riconversione ecologica può rappresentare un buon volano per creare nuova occupazione. Insomma da fare ce ne sarebbe molto, è che bisognerebbe implementare nuove politiche economiche che al momento non sono minimamente prese in considerazione.

Gli strumenti ci sono basta avere il coraggio di utilizzarli e non arrendersi alla tentazione di smettere di investire e delocalizzare in paesi con minori tutele sindacali, minori costi, minori rischi. Come si potrebbe sensibibilizzare i dirigenti industraili sui limiti e le necessità di una ridefinizone di obblighi e considerazioni non solo economiche ma anche etiche?

Sensibilizzare i dirigenti industriali la vedo davvero dura perchè hanno il mandato dagli azionisti di massimizzare i profitti in qualunque modo e nel più breve tempo possibile. Servirebbero invece delle leggi di emanazione nazionale e comunitaria che mettano delle regole e dei limiti alle aziende sui processi di delocalizzazione, soprattutto per quelle che hanno ricevuto dei sussidi da parte dello stato..

Chiude la carrellata la testimonianze di Maria Elena, ex Embraco, vertenza non ancora conclusa. Sei ottimista, c’è ancora spazio per la speranza?

Stiamo continuando a portare avanti questa battaglia per evitare che i 400 addetti vengano licenziati alla fine di quest’anno. L’unico modo per scongiurare questa ulteriore tragedia è che il governo decida di creare una società mista pubblica/privata con un progetto realistico di reindustrializzazione di quel sito. Altre vie, purtroppo non ce ne sono. Noi come sempre saremo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori.

Grazie della tua disponibiltà.

:: Buongiorno, lei è licenziata – Storie di lavoratrici nella crisi industriale di Edi Lazzi (Edizioni Gruppo Abele 2021) a cura di Giulietta Iannone

29 settembre 2021

Edi Lazzi (segretario generale della Fiom – Cgil di Torino) in Buongiorno, lei è licenziata, edito da Edizioni Gruppo Abele, con prefazione di Francesca Re David, raccoglie le testimonianze di 10 donne, lavoratrici, che hanno perso il lavoro in questi anni di crisi dell’auto e di declino industriale che hanno colpito Torino e il suo hinterland. Angela, Rossana, Anna, Daniela, Giuseppina, Silvana, Giovanna, Assunta, Tania, Maria Elena raccontano la loro esperienza personale legata al vero e proprio “lutto” che si vive e si cerca di elaborare quando si riceve la cosiddetta fatidica lettera di licenziamento. Vero e proprio lutto dicevo, perché il lavoro è vita come dice una delle testimoni, con conseguenze sia economiche che psicologiche e sociali, accompagnato da rabbia, incertezza, senso di perdita, crisi di identità e di ruolo, e di senso della vita. Fasi comuni, sebbene le esperienze di lavoro e di vita siano tra le più diverse, affrontato nei modi più diversi, ma sempre con grande senso di responsabilità e determinazione. Perché per le donne se vogliamo è ancora tutto più difficile. Colpisce poi soprattutto la generosità di queste donne disposte a ricordare periodi così dolorosi delle loro vite, perché la loro testimonianza sia di aiuto ad altri che hanno vissuto o temono di vivere le stesse esperienze. Molti non ce l’hanno fatta, dopo il licenziamento alcuni sono arrivati a vivere condizioni così forti di stress e di disagio da tentare il suicidio, a volte riuscendoci. Tutto ciò spinge a considerare l’importanza di un ripensamento dell’industria attraverso gli strumenti che ancora esistono a disposizione dalle scelte politiche tese a una politica attiva del lavoro come priorità alla riconversione ecologica. Gli strumenti ci sono basta avere il coraggio di utilizzarli e non arrendersi alla tentazione di smettere di investire e delocalizzare in paesi con minori tutele sindacali, minori costi, minori rischi. Perchè non si può fuggire sempre lasciando solo dietro di sé rovine sociali ed economiche. Perchè è necessaria una riqualificazione e una ridefinzione di una piattaforma comune guidata da scelte etiche e solidaristiche e una riscoperta della comunità come punto di partenza per qualsiasi decisione che riguarda il territorio. Chiude la carrellata di testimonianze quella di Maria Elena, ex Embraco, vertenza non ancora conclusa, un raggio di speranza che per una volta si possa concludere positivamente per i lavoratori, per le imprese e per il tessuto sociale ed economico tutto.

Edi Lazzi Segretario generale della Fiom-Cgil di Torino. Entrato in fabbrica come operaio, promuove la costituzione in azienda del sindacato Fiom-Cgil, di cui diventa delegato. In seguito è impegnato come funzionario sindacale nella zona ovest di Torino per poi seguire la Carrozzeria di Mirafiori. In veste di responsabile per tutto il gruppo Fiat a Torino, gestisce molte delle vertenze dell’ultimo decennio sul territorio. Ha conseguito due lauree, una in scienze politiche, l’altra presso la facoltà di giurisprudenza in scienze dell’amministrazione e consulenza del lavoro.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Christian dell’Ufficio stampa Edizioni Gruppo Abele.

:: Leggere o non leggere di Jimmy Liao (Edizioni Gruppo Abele 2019) a cura di Giulietta Iannone

16 Maggio 2019

Jimmy LiaoLe piccole librerie stanno lentamente perdendo importanza e le persone che un tempo amavano intrattenersi tra i loro libri le frequentano sempre meno. Un libraio, appassionato bibliofilo, chiede al figlio di radunare i suoi amici per capire insieme a loro se i ragazzi amano ancora comprare libri e  leggerli. Il libraio ha preparato per l’incontro molte citazioni famose sui libri, nella speranza che tutti possano condividere la bellezza della lettura. Ma i partecipanti non sono certi di pensarla allo stesso modo: gli adulti con tutte le loro convinzioni, i ragazzi con tutta la loro fantasia. Si apre così una grande, divertente e profonda disputa sull’eterno dilemma: leggere o non leggere?

Proprio nella settimana della disputa librai vs bookblogger (quanto sono inutili le stucchevoli contrapposizioni di questi tempi) ho avuto il piacere di leggere questo simpatico e divertente libro illustrato per ragazzi edito dalle Edizioni Gruppo Abele, una carrellata di citazioni da Marylin Monroe a Stephen King, passando per Franz Kafka e Voltaire, che portano i libri e la lettura al centro del dibattito culturale.

Come non sorridere leggendo:

Se andate a casa di qualcuno e non vedete libri, non andateci a letto!

– John Waters

O non commuoversi per:

Ma noi abbiamo bisogno dei libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era pià caro di noi stesso, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi.

– Franz Kafka

Forse i bambini non capiranno il senso di tutte le citazioni, ma per loro ci sono i disegni bellissimi e colorati di Jimmy Liao. Ottima idea regalo, o da collezionare. Un libro per i momenti di sconforto, o per quando abbiamo un attimo di pausa e ci vogliamo immergere nel mondo di tanti illustri lettori del passato e del presente. Perchè anche gli scrittori sono lettori, e la lettura è un rifugio sicuro come la musica o la danza. A leggere si impara da piccoli, e poi è un amore che ci accompagna per tutta la vita.

Jimmy Liao laureato in arti figurative con una specializzazione in design, ha lavorato per diverse agenzie pubblicitarie prima di iniziare l’attuale attività di scrittore e illustratore. A partire dal 1998, Jimmy ha pubblicato 27 libri illustrati, caratterizzati da una straordinaria originalità e con trame dai mille risvolti. Con le sue storie ha creato uno stile del tutto originale costituito da un mix di immagini e linguaggio fresco e diretto. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo, hanno venduto più di 5 milioni di copie tra Oriente, Europa e Stati Uniti; in particolare, Jimmy è diventato in poco tempo il più famoso autore di libri illustrati in Asia, suscitando entusiasmo in tutte le generazioni. Immergersi nei suoi lavori è come entrare nel mondo interiore di Jimmy: le storie, sempre originali, riflettono i temi della vita reale animati da colori vividi e dal magico realismo di racconti estremamente evocativi.

Source: libro inviato dall’Editore, ringraziamo Christian dell’Ufficio stampa Edizioni Gruppo Abele.

:: Fata e strega. Conversazioni su televisione e società di Carlo Freccero e Filippo Losito (Edizioni Gruppo Abele 2019) a cura di Giulietta Iannone

22 marzo 2019

9261734_3802586È uscito per Edizioni Gruppo Abele Fata e strega. Conversazioni su televisione e società, un agile volumetto che contiene un’interessante intervista a Carlo Freccero, dal novembre 2018 nuovo Direttore di Rai2, fatta da Filippo Losito, autore e regista torinese.
Un lungo botta e risposta che ripercorre, anche cronologicamente, la storia della televisione italiana, dall’eroico maestro Manzi e una visione pedagogica e verticistica del medium, per passare alla televisione commerciale degli anni Ottanta, dominata dall’audience che trasformò tutti i telespettatori in consumatori (dando anche un positivo input ai consumi e alla ricchezza procapite), fino a oggi con l’allegra anarchia portata da internet con l’avvento dei social network in cui tutti sembrano essere diventati di colpo influencer ossessionati dai follower.
Come è cambiata la TV? Come è cambiata la società? Come siamo cambiati noi? Tutti questi temi sono al centro di questo libro-intervista piuttosto originale, insomma le risposte di Freccero non sono affatto scontate, e sebbene non sia un testo di approfondimento, ci sono numerosi spunti di riflessioni che fanno capire come il medium televisivo non sia morto, ma sia ancora ricco di nuove potenzialità.
Carlo Freccero, sebbene con la sua aria da geniale scienziato pazzo, ha una vasta cultura e dimostra anche nei fatti e nei risultati raggiunti nella sua lunga carriera in Italia e all’estero, che la sua fama di massimo esperto internazionale di televisione non è infondata.
Io non amo molto la tv, ma di tanto in tanto guardo film, sceneggiati e documentari oltre ad alcuni programmi di informazione, per cui in un certo senso la questione tocca anche me e soprattutto l’uso che se ne fa di questo strumento è il vero problema etico e culturale che va approfondito penso un po’ da tutti.
Freccero da ragazzo degli anni ‘60 rivendica questo suo passato sessantottino in cui per la prima volta la cultura divenne davvero democratica e anche i ragazzi delle scuole tecniche e i figli di operai poterono entrare all’università, favorendo una positiva mobilità sociale e il successivo boom economico degli anni ’80.
È abbastanza critico con il modello americano di cultura e società, troppo classista e poco fluido, anche se la televisione commerciale degli anni ’80 arriva direttamente da oltre oceano e ha decretato il successo poi delle televisioni commerciali che tuttavia hanno anche qualche merito rendendo meno provinciale diciamo la società italiana. Pensiamo solo a un serial come “Dallas”, e io lo ricordo bene, era un’ appuntamento quasi sacro, le donne si truccavano e vestivano come Pamela, sognavano di andare in Texas, dove petrolio e dollari crescevano sugli alberi, insomma una specie shock culturale, quasi quanto per noi ragazzi i cartoni animati che arrivavano dal Giappone.
Un altro tema interessante è il ruolo della televisione nel cambiamento proprio biochimico del cervello dei telespettatori (per chi ama le neuroscienze sicuramente di interesse), bombardati da suoni e immagini quasi a ciclo continuo. E anche il potere di persuasione e di convincimento di questo medium, che forse più di altri, sicuramente più dei giornali, ha influenzato milioni e milioni di persone, sicuramente potere a cui sono molto sensibili i vari partiti politici una volta al governo.
Pure nell’epoca delle fake news e della guerra occulta tramite la disinformazione sistematica che sembra manipolare le coscienze, il classico l’ha detto la tv, è ancora una specie di testo sacro per molti. Freccero molte cose non le manda a dire e osserva in modo anche distaccato il cambiamento dei tempi e dei costumi, di cui con le sue scelte di palinsesto ha inciso in maniera non marginale. Ricordo sempre Maurizio Costanzo, un altro esperto di televisione, che diceva che i messaggi veicolati dalla tv sono amplificati e non ricordo le precise parole ma un attacco mediatico è un po’ come sparare a una formica con un bazooka, o qualcosa del genere.
Insomma vi consiglio di leggerlo, è breve, forse quando l’intervistato si dichiara populista storcerete un po’ il naso, ma credo anche io, come tutti i visionari che immaginano il futuro, che la democrazia diretta e partecipata sia la logica evoluzione della democrazia del domani (sempre se non finiremo in un’epoca di barbarie e dittatura), sebbene il non felice esordio, sotto gli occhi di tutti, di alcuni partiti politici oggi in Italia che proprio tentano questa strada ancora pionieristica, commettendo anche molti errori per inesperienza, e creando avversione in molti. Tutto un campo di studi politologico e sociologico da approfondire, non voglio certo impegolarmi in una discussione politica. Né Freccero lo fa.
Bene, buona lettura, e traete voi le vostre conclusioni.

Carlo Freccero è direttore di Rai 2. Nei suoi quarant’anni di attività ha attraversato tutte le fasi della televisione, dalla Tv commerciale, con Canale 5, Rete 4, La Cinq e Italia 1, al servizio pubblico, con France 2, France 3 e Rai 2, alla Tv satellitare, con RaiSat, per approdare alla Tv digitale con Rai 4. Insegna Comunicazione presso l’Università degli studi di Genova e collabora con diverse riviste specializzate.

Filippo Losito è autore e regista torinese. Ha scritto per la narrativa, il teatro e la televisione. Alla Scuola Holden di Torino è coordinatore del college Serialità & Tv e docente in Corporate Storytelling. Tra i suoi ultimi lavori: La stand-up comedy, Dino Audino, Roma, 2019.

Source: libro inviato dall’Editore, ringraziamo Christian dell’ Ufficio stampa Edizioni Gruppo Abele.

:: Hélder Camara. Il dono della profezia, Marcelo Barros, (Edizioni Gruppo Abele, 2016), a cura di Daniela Distefano

26 ottobre 2016

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Un libro su un santo è sempre causa di afflizione per chi deve elaborarlo. Si corre spesso il rischio di cadere nella retorica, negli elogi sperticati, nelle descrizioni simboliche, negli aneddoti metaforici, insomma: fa paura. Una paura giustificata se la persona raccontata è un santo scomodo che ha scandalizzato più i benpensanti che i peccatori. Hélder Camara fu uno di questi geni al servizio del Signore.
Marcelo Barros mette le mani avanti nel tratteggiarne la figura ed il pensiero.
Non è un libro nostalgico e legato al passato, non è nemmeno un reportage né una relazione degli incontri, è semplicemente una testimonianza: come interagì col mondo un uomo del Cielo.
Lo chiamavano “il vescovo rosso”, era spinto fino all’estremo verso i più bisognosi, fino alla rabbia di non poter raddrizzare il legno storto delle disuguaglianze tra esseri umani. Per dom Hélder il cristiano

<non è un uomo migliore degli altri, ma ha più responsabilità degli altri, perché aver incontrato il Cristo è la massima responsabilità>.

Oggi il suo credo in difesa del prossimo è diventato il motto di Papa Francesco, Una Chiesa povera per i poveri, e non è solo uno slogan. Una Chiesa che non soffre persecuzione, ma che gode dei privilegi e dell’appoggio della terra, non è la vera Chiesa di Gesù Cristo. Questo l’assunto dell’agire terreno di Hélder Camara. Possiamo poi essere persone buone, sognatrici e piene di fede, ma senza ingenuità. Lo diceva il Signore: Semplici come colombe, prudenti come serpenti.
Da dove parte dom Hélder nel suo cammino verso il distaccamento terreno?  La base era la sua fede.

<< Chi non può il meno, può il più>>,

scriveva  nel suo diario nel 1964.
Quando in quell’anno arrivò a Recife, il Brasile entrava in un periodo terribile di dittatura. I militari non rispettarono il processo democratico e presero il potere. Allora lo spettro del comunismo metteva in allarme la Chiesa più dell’armatura scintillante dei militari senza scrupoli.
Ben presto si comprese che il peggiore nemico dell’umanità non era il comunismo. Era l’ingiustizia, la miseria dei due terzi dell’umanità.
Se il mondo fosse giusto e la ricchezza ripartita meglio, non ci sarebbe comunismo.
Non serve predicare il Vangelo se la parola di Dio non cambia effettivamente le strutture del mondo.
Il Vangelo deve essere applicato in modo da trasformare questo mondo; un mondo diviso non in destra e sinistra, ma  in ricchi e poveri, che sono  la moltitudine.
Ecco la buona Novella divulgata da dom Hélder: eliminare il seme della disparità, rivoluzionare le menti abbandonando la lotta dell’uomo contro uomo. Seguire il tracciato di quell’unico essere umano che ha dato vera dignità alla nostra specie.
Senza la croce di Cristo, senza la sua Resurrezione, oggi saremmo tutti pesci parlanti, cani spaesati, gufi addormentati.
Nel maggio 2015, l’arcidiocesi di Recife, con il permesso del Vaticano, ha aperto il processo di canonizzazione di Hélder Camara, un vero santo di Dio.

Marcelo Barros è benedettino, biblista, teologo della liberazione e scrittore; tra i fondatori del CEBI (Centro studi biblici), assessore della Commissione Pastorale della Terra e delle Comunità ecclesiali di base.

Source: libro inviato dall’Editore al recensore. Ringraziamo Christian dell’Ufficio stampa delle Edizioni Gruppo Abele.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.