Archivio dell'autore

:: Il grande Nord. Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo, Martin Tallack, (Iperborea, 2024) A cura di Viviana Filippini

15 Maggio 2024

“Il grande nord. Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo” di Martin Tallack, edito da Iperborea è un libro che mescola diversi generi letterari, nel senso che non è solo un saggio che mette al centro il tema del viaggio attorno al sessantesimo parallelo del pianeta terra alla scoperta di tutti quei luoghi che lo caratterizzano. Accanto ad esso ci sono le storie e il vissuto umano e naturale. Quello che Tallack fa è portarci nel suo pellegrinaggio personale, alla scoperta del suo universo interiore e di quel  cammino di ricerca di pace e equilibrio al quale lui  anela dal momento della morte improvvisa del padre, scomparso tragicamente. Il saggio, ma è anche un po’ memoir di viaggio, è una vera e propria avventura umana, dove l’autore racconta il perché ha deciso di affrontare i luoghi scelti per il percorso e il rapporto con le persone che incontra. Non solo, infatti oltre al presente, allo stesso tempo, troviamo la storia passata, le abitudini, usi e costumi, miti, leggende e folklore delle località visitate e delle popolazioni incontrate. Realtà, avventura, ieri e oggi si intrecciano in una narrazione scorrevole che trascina chi legge in un mondo di emozioni appassionanti dove l’aspetto umano ed emotivo hanno un ruolo fondamentale per lo scrittore  e per il lettore che diventa, pagina dopo pagina, partecipe delle emozioni e avventure dello scrittore britannico. Tallack, che tra l’altro è anche cantautore, ci accompagna in quello che è un itinerario nel Nord attorno al sessantesimo parallelo, dove lo spostamento fisico diventa un profondo viaggio alla ricerca di sé. Tra le tappe ci sono le Shetland dove regnano sovrane la roccia e la torba;  la Groenlandia con Quassik, la montagna dei corvi; il Canada con Fort Smith che all’inizio del XX secolo non era ancora una località molto sviluppata, ma con la corsa all’oro del Klondike ci fu una vera e propria invasione del Canada Occidentale. Troviamo poi l’Alaska dove i turisti accorrono per vedere la risalita dei salmoni rossi e il valore della terra è importante e fondamentale, perché essa rappresenta il passato e il futuro del paese  ma, allo stesso tempo, è fragile e indomita. Tallack ci porta in Siberia a contatto con gli eveni della Kamčatka, e alla loro convivenza con le renne tra i ghiacci siberiani; a San Pietroburgo, voluta da Pietro il Grande verso la fine XVII, dopo essere rimasto affascinato dall’Europa Occidentale, soprattutto da Londra e Amsterdam. Un passaggio lo si fa anche in Finlandia con le Isole Åland e in questa cultura finlandese si percepisce il forte attaccamento alla propria identità e si scopre che, un tempo, i palazzi prendevano i nomi dai pesci e dagli animali facevano da traino all’economia locale, tanto è vero che ci imbatte nella casa delle anguille, in quella delle capre, quella dell’aringa o dell’abramide (è un pesce). Si arriva infine in Svezia e Norvegia per muoversi tra canali e canaletti, divinità antiche, botanici come Linneo e società moderna e contemporanea alle prese con eventi inaspettati come gli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia dove morirono 77 persone. “Il grande Nord. Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo” di Martin Tallack è un libro che si apre al mondo nordico attorno al sessantesimo parallelo, un universo sì vasto, a volta solitario, ma affascinante dove realtà differenti si trovano a condividere lo stesso spazio diventando “casa” e come dice Tallack: “centro del mondo”. Traduzione Stefania De Franco.

Malachy Tallack è uno scrittore e cantautore britannico. Con il romanzo “La valle al centro del mondo, apparso in Italia presso Bompiani, è stato candidato all’Highland Book Prize e all’Ondaatje Prize della Royal Society of Literature. Il grande Nord è stato Libro della Settimana per la BBC Radio 4 ed è entrato nella shortlist del prestigioso Saltire First Book Award. Dopo aver vissuto per buona parte della sua vita sulle isole Shetland, ora risiede a Fife, vicino a Edinburgo.

Source: richiesto all’editore. Grazie all’ufficio stampa Iperborea.

:: “Traiano. Il migliore imperatore di Roma”, Mirko Rizzotto, Graphe.it  (2024) A cura di Viviana Filippini

6 Maggio 2024

Quando si pensa a Traiano, la mente corre spesso alla Colonna Traiana innalzata  a Roma nel 113 d.C. per celebrare l’impresa che portò l’ imperatore Traiano a conquistare la  Dacia. La colonna narra per immagini i momenti più importanti e salienti della battaglia che permise all’imperatore l’importante vincita. In realtà ancora molto non si sa della vita di Traiano le cui ceneri, tra l’altro, si trovano nella base della colonna, e a narrarla per darci maggiori particolare ci pensa Mirko Rizzotto con “Traiano. Il migliore imperatore di Roma”, edito da Graphe.it. Il testo non solo racconta la persona di Traiano per le imprese compiute, perchè quello che l’autore cerca di fare è proprio restituire un ritratto umano dell’antico imperatore di origine spagnola che, salito al trono nel 98 d.C., e passato alla storia come l’ “Optimus Princeps”, ossia il migliore imperatore, qualità che come si nota nel libro, gli permise di conquistare fama ai suoi tempi e di riottenerne molta altra anche in epoca medievale. A tal fine nell’ultima parte del testo si trovano tutta una serie di scritti di epoca medievale riferiti a Traiano e alla sua importante figura. Questo interesse ieri e oggi perché? Per il semplice fatto che Traiano, dimostrò di essere un abile uomo di armi e stratega che fece guerre daciche e partiche grazie alle quali ampliò il suo impero arrivando in Dacia (Romania), Armenia, Mesopotamia, Assiria e che gli permisero anche di intessere interessanti rapporti con il regno indiano dei Kushan, frenati poi dall’improvvisa morte di Traiano stesso. Certo è che l’ imperatore riuscì a mettere in campo le sue qualità anche in ambienti non esclusivamente militari, ma nella vita di ogni giorno. Basti pensare all’amore per l’arte che lo portò,  durante il suo impero a Roma, a far realizzare i diversi monumenti che ancora oggi possiamo vedere, compresa la colonna che racconta le sue gesta descritta all’inizio della recensione. Il suo amore per la cultura lo portò a sostenere la maturazione di letterati come Plinio il Giovane, Tacito, Dione Crisostomo, segni evidenti della sua versatilità. A rendere più approfondita questa biografia ci sono anche una serie di testi rumeni che l’autore ha consultato e che gli hanno permesso di aggiungere ulteriori informazioni e dettagli in più su Traiano, sulle sue maggiori battaglie, ma anche sulla dimensione umana e colta di colui che venne poi definito nel tempo e nella memoria “il migliore degli imperatori”.

Mirko Rizzotto laureato in Storia romana all’università di Padova è insegnante di Italiano e Storia nell’istituto comprensivo statale del proprio paese natale dal 2004. È stato conservatore e poi collaboratore alla didattica nel Museo Civico Archeologico di Cologna Veneta, il più antico della provincia veronese. È direttore editoriale di varie collane per una casa editrice patavina e collaboratore con l’editore statunitense ABC-Clio (California). Tra le sue pubblicazioni ne ricordiamo alcune: “Mario Massimo. Frammenti” (2006);  “Xifilino. Vita dell’imperatore Traiano (2010); “Krum il grande nemico dell’Impero romano” (2011). Ha curato inoltre la pubblicazione dei frammenti delle opere dell’imperatore Traiano (2020), degli scritti del babilonese Beroso e dell’ambasciatore bizantino Pietro Patrizio (2021).

Source: inviata dall’editore. Grazie allo studio Comunicazione 1A.

Scopriamo “Blue Sky e il risveglio della Magia Pura” con gli autori

28 aprile 2024

Metello è buono, buffo e anche un po’ impacciato, ma tanto timido. Per tutte queste ragioni il bulletto Marcus non esita prenderlo come bersaglio di scherzi. Stanco di soliti attacchi, Metello va al parco dove sta bene e in pace, ma lì accadrà qualcosa che lo cambierà per sempre. A raccontarci come è nato “Blue Sky e il risveglio della Magia Pura” (Dialoghi) ci hanno pensato Joe e Grace Commoner.

Come è nata la storia di Blue Sky e il risveglio della Magia Pura È nata quasi per caso: dopo l’uscita del primo libro nel lontano 2005 (“Blue Sky e l’ingannevole Mondo dell’Apparenza”), Joe aveva tanti appunti per la trama di un possibile sequel, ma per mancanza di tempo aveva abbandonato l’idea. Dopo molti anni, Joe ha incontrato Grace e, mentre parlava con lei del sequel che avrebbe voluto realizzare, ha risposto: “E che ci vuole? Ti aiuto io!”. Da lì è nata la storia.

Quali sono i modelli o le fonti che vi hanno ispirato? Principalmente ci siamo lasciati ispirare da “Le cronache di Narnia” per le creature parlanti e per la giovane età dei protagonisti e dallo stile bizzarro e stravagante di “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Il protagonista si chiama Metello come il protagonista del romanzo di Vasco Pratolini, è un caso o scelta voluta? È un caso. Mentre Joe scriveva il primo libro, cercava un nome per un personaggio buffo e impacciato, che poi sarebbe diventato Metello, e parlandone in famiglia la moglie raccontò che da ragazza a scuola aveva un compagno di classe con quel nome e che veniva spesso preso in giro per la sua goffaggine. Viste le somiglianze con l’idea del personaggio principale ha deciso quindi di dargli il suo nome.

Il protagonista è vittima di bullismo, come mai la scelta di un tema così delicato e attuale? Tutti i personaggi che entrano nel Mondo dell’Apparenza imparano a superare le loro insicurezze e scoprono come guardare il mondo reale con occhi diversi, affrontando ogni giorno le loro sfide personali con resilienza. Per questo libro abbiamo scelto il bullismo perché è un tema sempre molto attuale nelle scuole e abbiamo pensato che sarebbe stato bello poter aiutare i bambini e i ragazzi a comprendere come affrontarlo con consapevolezza; pensiamo che potrebbe essere una buona idea far leggere il nostro libro nelle scuole e poi usarlo come punto di partenza per condividere le nostre esperienze personali con i ragazzi e farli sentire meno soli.

Cosa rappresenta per Metello il parco dove si rifugia? Il parco è un luogo familiare a tutti noi: ci ricorda la nostra infanzia e sicuramente a molti di noi vengono in mente tanti momenti di divertimento passati insieme ai nostri amici e alla nostra famiglia. Anche per Metello il parco ha un significato molto forte però in quel capitolo della storia ha più la funzione di rifugio sicuro, un’oasi conosciuta solo a lui dove può scaricare la tensione accumulata a scuola e schiarirsi le idee.

Apparenza è il mondo dove, magicamente, finisce Metello e qui gli sarà dato un grande compito. Il suo percorso può essere visto come quello classico vissuto dall’eroe? Possiamo dire che l’avventura di Metello rientra nell’idea classica del “viaggio dell’eroe”, però in essa c’è anche un secondo significato: quello nel Mondo dell’Apparenza, oltre a un viaggio fisico, è soprattutto un viaggio alla ricerca di se stessi, nel quale impariamo a conoscere e comprendere le nostre emozioni.

È possibile vedere in questo romanzo fantasy anche un romanzo di formazione? Certamente. Il romanzo ha una “forma mentis” di tipo logico-matematico; infatti, cerchiamo di insegnare ai lettori una metodologia generale con cui affrontare tutti gli ostacoli della vita (e il bullismo in particolare). Sarebbe bello se i ragazzi potessero metterla in pratica e affrontare con maggiore consapevolezza tutto ciò che sta loro attorno.

Ci saranno nuove avventure per Metello? L’idea alla base della “serie nel Mondo dell’Apparenza” è che ogni libro fosse una storia a se stante con un protagonista diverso ogni volta. Questo significa che magari per Metello non ci saranno nuove avventure, ma certamente ce ne saranno per altri personaggi: nel primo libro la protagonista è stata Miriam, nel secondo Metello, nel terzo chi lo sa?

In realtà questo libro ha anche uno scopo solidale, ci racconti quale è? Volevamo scrivere una storia che aiutasse i ragazzi a far crescere la fiducia in loro stessi, ma anche scrivere un libro che allo stesso tempo aiutasse i ragazzi meno fortunati della Tanzania, dove Joe ha trascorso due brevi, ma intense esperienze, che hanno segnato in modo indelebile la sua vita.

:: I dettagli, Ia Genberg, (Iperborea, 2024)A cura di Viviana Filippini

9 aprile 2024

“I dettagli” è il romanzo di Ia Genberg, edito da Iperborea, dove la protagonista è un’ anziana donna a letto afflitta dalla febbre che ripensa la suo passato. Questo le permette di concentrarsi su alcune persone che hanno avuto un ruolo cardine nella sua esistenza. Dalle amanti famose presentatrici tv, a uomini con i quali si sono vissute intense passioni, ad amicizie vere e profonde, fino a quella donna che le ha dato al vita e con la quale il rapporto è sempre stato parecchio complicato. Il libro di Ia Genberg è un vero e proprio viaggio  dentro il vissuto personale della protagonista, dove il lettore, grazie alla narrazione/rievocazione di momenti che hanno lasciato in lei e  nella sua esistenza segni profondi. Il lettore compie un vero e proprio viaggio nel tempo, nello spazio e nelle vite più o meno fragili della voce narrante e dei suoi comprimari, in una Stoccolma dei primi anni Novanta. Non mancano poi riferimenti all’importanza dello scrivere e del leggere, con la citazione di libri che poi ritroviamo alla fine del romanzo nella sezione creata dalla traduttrice dove vengono inseriti i libri inediti in Italia, ma nominati tra un pezzo di vita e un altro. Oltre a questo ci si domanda però cosa hanno di così importante i comprimari della protagonista? Lo si comprende leggendo le relazioni d’amore, i rapporti d’amicizia e familiari narrati, scorgendo i dettagli che li caratterizzano e sono piccoli tasselli che magari non tutti notano ma che, per un’attenta osservatrice quale è  la voce narrante, sono fondamentali per assimilare le esistenze di certe persone che ha conosciuto e con le quali ha vissuto. Tra di loro ci sono Johanna, una ex fidanzata della protagonista diventata molto nota e  con la quale, nonostante le promesse non è stato amore eterno. Ad un certo punto irrompe Niki, con la quale da subito risulta difficile costruire un rapporto di amicizia stabile e duraturo vista la sua versatilità nel cambio degli stati d’animo. Nel cuore della protagonista c’è spazio anche per Alejandro, con lui ci sarà una relazione sì travolgente, ma problematica vista quella sua peculiarità caratteriale di stare sempre in bilico tra atteggiamenti opposti. L’ultima parte ha al centro Birgitte, una figura femminile molto importante per la protagonista, ma per la quale forse è più doloroso attuare il ricordo. Sì perché la donna è la madre della narratrice. Un figura femminile piena di problemi e fragilità che, nonostante tutto, è comunque sempre rimasta presente nella vita della donna. Con “I dettagli”, la giornalista e scrittrice svedese Ia Genberg, porta noi lettori in un mondo narrativo di una donna che ripensa e riflette sui tempi passati e dove alcuni dettagli che restano nella sua memoria, sono la prova concrete del fatto che certe persone anche se escono dal nostro vissuto lasciano, in qualche modo, un segno perenne. Traduzione Alessandra Scali.

Ia Genberg è Nata a Stoccolma nel 1967. Giornalista e scrittrice svedese ha esordito nel 2012 come autrice di romanzi. Il romanzo, tradotto in più di trenta paesi, ha ricevuto l’ambito Premio August nel 2022 e il Premio Aftonbladet nel 2023, ed è stato finalista al Premio Svenska Dagbladet e al Premio Adlibris.

Source: richiesto dal recensore.

::Giacomo Matteotti, figlio del Polesine. Un grande italiano del Novecento, Diego Crivellari, Francesco Jori (Apogeo editore 2024), A cura di Viviana Filippini

29 marzo 2024

Cento anni fa, il 10 giugno 1924, accadde uno dei fatti ancora nella memoria degli italiani.  A Roma venne prima rapito e poi assassinato Giacomo Matteotti, parlamentare socialista originario del Polesine, il cui corpo senza vita venne rinvenuto due mesi dopo. Nel libro “Giacomo Matteotti, figlio del Polesine. Un grande italiano del Novecento” (Apogeo editore 2024), Diego Crivellari e Francesco Jori ricostruiscono la figura del parlamentare vittima di un gruppo di fascisti. Il saggio storico biografico, con una prefazione di Francesco Verducci e la postfazione di Marco Almagisti, non si concentra solo sul fatto drammatico che portò via Matteotti all’Italia, alla sua terra e alla famiglia e non solo ai genitori, ma pure alla giovane moglie, la poetessa Vellia Titta e ai tre piccoli figli, ma anche su molto altro. Come da resoconti storici è noto che i principali indiziati furono i componenti del regime fascista guidato da Mussolini, perché Giacomo Matteotti aveva deciso di raccontare pubblicamente quell’atmosfera cupa, violenta che si stava insediando sempre più in Italia e che  aveva permesso al regime di prendere potere. Matteotti voleva porre l’attenzione anche sulla poca chiarezza e trasparenza che aveva caratterizzato le elezioni tenutesi qualche mese prima, ad aprile, ma gli fu impedito. Nel libro i due autori ricostruiscono la figura di Giacomo Matteotti partendo da lontano, dalla sua terra: il Polesine. In questo modo, in un vero e proprio viaggio, si scopre la storia della zona operosa del Polesine le cui terre videro già la presenza di passaggi umani ai tempi degli antichi Greci, ma anche con insediamenti viventi e commerciali di epoca romana, medievale, rinascimentale e risorgimentale che portano il lettore fino ai giorni nostri e alla storia recente della zona veneta. Gli autori si concentrano sulla figura del giovane Matteotti, nato a Fratta, sulla sua formazione e  sui suoi primi passi in politica nella terra natia, sempre nel movimento socialista e in quell’ascesa politica che lo condusse alla presenza in Parlamento a Roma. Dalle pagine emerge sì il forte impegno politico, civile di Matteotti che non aveva remore a far sentire la propria voce per quelle che erano le ingiustizie, ma anche per le possibili soluzioni per rimediare ad esse. Quella di Matteotti fu una vita dove oltre all’impegno pubblico, c’era un costante legame profondo con la propria terra natia, della quale il politico mai si dimenticò. Capitolo dopo capitolo, ci si rende conto dell’accurata ricerca fatta dagli autori per narrare la vicenda Matteotti, contestualizzando al meglio anche il mondo veneto dal quale il politico veniva. Matteotti amava la giustizia nella società, era molto attento ai valori della cultura e della cura del territorio, ma anche all’istruzione e alla scuola che secondo la sua ottica avrebbe dovuto essere sottoposta ad una riforma completa. Matteotti e il suo senso di giustizia e di verità tornano in ogni gesto che faceva, e qui se ne parla anche nella sezione dedicata al suo libro “Un anno di dominazione fascista”  che il parlamentare socialista scrisse denunciando le atrocità compiute dal regime per prendere il potere. Ad un secolo dalla scomparsa di Matteotti, “Giacomo Matteotti, figlio del Polesine. Un grande italiano del Novecento” di Diego Crivellari e Francesco Jori è un libro che permette di conoscere al meglio la figura del parlamentare socialista e di quello che gli accadde, ma aiuta anche ad avere un quadro del suo mondo di origine e permette di capire quanto di quella sua dimensione umana e politica è rimasta nell’Italia di ieri e che eredità si può scorgere in quella di oggi.  

Diego Crivellari (1975) con una laurea in Filosofia, ha lavorato in ambito editoriale ed è docente di ruolo nelle scuole superiori. Attualmente è presidente del C.U.R. (Consorzio Università Rovigo) e membro del comitato scientifico dell’Istituto polesano per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea (IstPolRec). Ha scritto: “Scrittori e mito nel Delta del Po” e “Mistero adriatico”.

Francesco Jori (1946), laureato in Scienze Politiche è giornalista. Ha lavorato per “Resto del Carlino”, “Mattino di Padova” e al “Gazzettino”, come inviato e vice direttore. Autore di diversi testi sulla storia veneta, ha ricevuto premio Brunacci 2023 alla carriera per la divulgazione storica.

Source: richiesto dal recensore. Grazie all’ufficio 1A Comunicazione.

::The  Woman in Me, Britney Spears (Longanesi 2023) A cura di Viviana Filippini

19 marzo 2024

Britney… e “Baby one more time”… sono passati anni, era il 1998 quando Britney Spears irrompeva nelle classifiche mondiali con questa hit, una delle tante che l’hanno consacrata a Reginetta del Pop. Un successo dopo l’altro, poi la caduta e un limbo dal quale Britney sembrava non riuscire ad uscire. “The Woman in Me” è l’autobiografia della cantante, edita da Longanesi, che si racconta, anzi narra la sua vita da bambina, adolescente, adulta, madre, mostrando aspetti esistenziali non sempre noti. Nel senso che noi vediamo e conosciamo l’immagine che ci arriva dai media, ma dietro di essa c’è un vero e proprio mondo da scoprire e non è detto che quelle luci brillanti della superficie incarnino la perfezione. Il libro della Spears è una racconto a ruota libera di una vita nella quale la cantante narra diversi momenti dove si alternano gioia, felicità, ma anche dolori come il rapporto altalenante e variabile con la famiglia;  la fine della relazione con Justine Timberlake, e si capiscono un po’ più a fondo le motivazioni del loro allontanamento anche con dettagli che magari non tutti sanno;  o c’è l’episodio di quando la Spears si rapò a zero i capelli (tra le pagine si scopre il perché), o quel suo bisogno di fare la mamma che le è stato ostacolato in ogni modo possibile. Dietro alla facciata di perfezione e successo, Britney narra il suo lavorare in modo costante e continuo fatto seguendo le direzioni e le volontà altrui, senza poter esprimere il suo estro o avere voce in capitolo sul proprio essere artista, ma anche donna e mamma. Sì perché nel libro la Spears narra anche del Conservatorship, un provvedimento legale deciso dal tribunale con il quale si affida la tutela fisica e economica di una persona adulta a un’altra, spesso legata a lei tramite parentela e per la Spears  fu il padre. Esso è uno strumento utilizzato quando gli individui non sono più capaci di prendere decisioni per se stessi per motivi gravi (soprattutto di salute). Britney fu sottoposta al Conservatorship dal 2008 fino al 2021 e leggendo il libro ci si rende conto del controllo serrato che la cantante dovette subire, perché riguardava ogni aspetto della sua vita, dalla dimensione pubblica a privata, al lavoro, fino agli integratori che prendeva, tanto che nel libro la cantante dice che cominciò a sentirsi come un robot. “The woman in me” di Britney Spears, è un memoir nel quale l’artista con una scrittura ironica si mostra in modo completo, mettendosi a nudo a noi lettori e permettendoci di comprendere come a volte dietro una vita di successo possano esserci tanto dolore e sofferenza, che evidenziano quanta fragilità si possa nascondere in una persona che, indipendentemente dalla notorietà, è sempre un essere umano con sentimenti ed emozioni. Traduzione di Paolo Lucca e Giuseppe Maugeri.

Britney Jean Spears  è una cantante, ballerina,attrice, cantautrice, personaggio televisivo e stilista statunitense. È tra le più celebri e premiate artiste della storia della musica pop ed è entrata nei Guinness dei Primati per 13 volte e le è stata dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame all’età di 21 anni.

Source: del recensore.

::La spilla d’oro, Paolo Buchignani (Arcadia edizioni 2024) A cura di Viviana Filippini

27 febbraio 2024

“La spilla d’oro. Memorie da un secolo sterminato” è il romanzo storico di Paolo Buchignani, uscito per Arcadia editore. La cosa interessante della trama non è solo il mescolarsi del presente con il passato, ma il fatto che all’interno dell’impianto narrativo l’autore mette, da una parte le vicende personali, autobiografiche del protagonista Lapo e, dall’altra, i grandi fatti della Storia italiana nell’Italia prima e subito dopo la Grande Guerra. La vicenda comincia nel presente del 2020, quando l’arrivo del Covid 19 stravolse le vite di tutti, compresa quella del protagonista Lapo che pensa spesso al suo passato, al padre e a quelle che potrebbero essere le conseguenze di un contagio con il misterioso virus. In realtà Lapo fa i conti anche con tanti ricordi, compresi i racconti che lo portano indietro nel tempo nella sua famiglia e nella Lucca di inizio 1900. Dal presente si passa al passato, tra la Prima Guerra Mondiale e il successivo affermarsi del Fascismo in Toscana e in tutta Italia. Quello che Lapo, appassionato di ricerca storica fa,  è sì andare per archivi cercando documenti che certifichino quello che lui conosce e ricorda, ma, allo stesso tempo, il protagonista dà voce a uomini e donne della sua famiglia e non, per raccontare la storia dal loro punto di vista di gente comune. Accanto ai parenti di Lapo, compaiono politici, letterati, artisti, pittori, religiosi, socialisti, fascisti, giornali, fotografie, vittime e carnefici, in quella che è una vera e propria comunità umana intenta  fare i conti con la povertà dell’immediato dopo guerra del 1918 e il successivo radicarsi, anche con metodi violenti, del Fascismo. Da un lato la violenza di chi vuole imporsi a tutti i costi e, dall’altra, la volontà di resistere, di non soccombere al prepotente in nome della libertà. Accanto ai personaggi che agiscono avanti e indietro nella narrazione con le loro storie a confronto con la grande Storia, compare spesso anche lei: la spilla d’oro. Lapo la conoscere bene quella spilla dalla  testa rossa, perché sa che la nonna Esterina la  usava, alla vigilia della Grande Guerra, per difendersi dai molestatori nel loggione del Giglio di Lucca.  La spilla d’oro, oltre che essere il titolo del romanzo di Buchignani, diventa il legante, una sorta di lascia passare, che attraversa la Storia, i tanti frammenti di vita di provincia narrati e  che tiene unito il passato e il presente nell’esistenza di Lapo, permettendogli di scoprire e conoscere al meglio la sua famiglia e i fatti di cui essa fu testimone e protagonista nel corso della prima parte del Novecento. “La spilla d’oro. Memorie da un secolo sterminato” (Arcadia Edizioni), di Paolo Buchignani è stra i libri proposti per il Premio Strega 2024. A proporlo Silvana Cirillo.

Paolo Buchignani storico del ’900, docente di Storia contemporanea all’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria. Ha pubblicato numerosi saggi sul fascismo, sui totalitarismi e sul tema della rivoluzione declinato nelle diverse culture politiche del XX secolo. Come scrittore di romanzi e racconti storici, segnalato a suo tempo da Geno Pampaloni, Romano Bilenchi e Mario Tobino, Buchignani ha pubblicato cinque volumi: uno di questi, “Solleone di guerra”, reca la prefazione di Carlo Lizzani; un altro, “L’orma dei passi perduti”, è stato candidato al Premio Strega 2022.

Source: inviato dall’editore. Grazie all’ufficio stampa 1A Comunicazione.

:: Giornata della Memoria: E il vento si fermò ad Auschwitz, Maristella Maggi (Gallucci, 2024) a cura di Viviana Filippini

26 gennaio 2024

Il giorno della Memoria è il giorno per commemorare le vittime dell’Olocausto, ma è anche il momento per scoprire e riscoprire letture a tema dedicate a questa giornata. Per Gallucci è uscito “E il vento si fermò ad Auschwitz” di Maristella Maggi, inserito nella collana degli “Imperdibili”, ossia quei libri che hanno storie coinvolgenti e appassionanti da leggere. Protagonista della vicenda è Sara, ebrea nell’Italia del 1938, quando l’applicazione delle leggi razziali fasciste cambiò in modo radicale la vita degli ebrei. Dal momento della loro messa in atto, per la protagonista tutto divenne complicato, perché per Sara si chiusero le porte della scuola e quei compagni e compagne di classe che lei credeva amici, le girarono per sempre le spalle, proprio perché era ebrea. La vita di Sara, come quella di tutti gli ebrei che le stanno attorno, si complicò diventando sempre più difficile e cupa, in quanto la loro libertà venne sempre meno, tanto che agli ebrei , come la Storia ci ha narrato, fu negata la possibilità di lavorare, andare a scuola o svolgere attività pubbliche, e molti di loro vennero deportati nei campi di concentramento, tra i quali Auschwitz. Nel libro della Maggi,  Sara racconta la sua storia, e lei è il personaggio di invenzione creato dall’autrice per farle narrare il vissuto di una donna, al quale però si uniscono poi le tante voci e storie di coloro (donne, ragazze, bambine) che come lei furono vittime della crudeltà e cattiveria assurda e insensata messa in atto dai nazisti. Per il lettore, la voce di Sara è una guida dentro al passato drammatico dei tanti ebrei deportati durante la Seconda guerra mondiale. Questo è possibile, perché la Maggi ha creato la storia grazie ad una serie di diverse testimonianze di sopravvissuti che ha raccolto e che sono giunte a noi tramite questo volume adatte per ogni lettore, bambino o adulto. Inoltre, grazie a Sara si scopre anche che nel mare di cattiveria che imperava in quel periodo, qualcuno di buono agì per aiutare gli ebrei lasciando un piccolo, ma forte, un segno in quel mare di odio e di discriminazione.  “E il vento si fermò ad Auschwitz” di  Maristella Maggi è una storia dove vero e verisimile si mescolano alla perfezione, dove un po’ di bontà arrivò in soccorso degli ebrei nei campi di concentramento e dove ogni storia narrata, è come il vento: deve essere conosciuta e raccontata una volta, due, tre volte e un’altra volta ancora, per fare Memoria dell Shoah, per non dimenticare il passato, nella speranza che nel sempre più complicato oggi, non si ripetano gli errori di ieri. All’interno del libro è presente anche un sezione di approfondimento sul Binario 21, sul museo delle Yad Vashem e su chi sono coloro che vengono nominati i Giusti tra le nazioni.

Maristella Maggi è stata docente di Lettere nella Scuola Secondaria di primo grado, e oltre all’insegnamento è attiva con progetti didattici legati alla lettura e alla scrittura poetica. È autrice di numerosi testi di narrativa per ragazzi, con i quali tiene diversi incontri con le scolaresche e organizza laboratori creativi, giochi di linguistica e convivenza sociale per il festival della letteratura Bookcity Milano.

Source: Grazie all’ufficio stampa di Gallucci editore.

:: Mio carissimo amico. Le lettere fra l’autore dell’Isola del Tesoro e il creatore di Peter Pan, Robert Louis Stevenson- James Matthew Barrie (Lorenzo de’ Medici Press ,2024) A cura di Viviana Filippini

18 gennaio 2024

Quando ci approcciamo ad uno scrittore lo facciamo di solito leggendo i suoi libri, poi se ci incuriosisce e ci piace, ci addentriamo ancora di più nel suo mondo cercando di conoscerne la vita e, in alcuni casi, magari leggendo anche gli epistolari che l’autore o l’autrice tenevano. Questo oggi lo possiamo fare con Robert Louis Stevenson e James Matthew Barrie, entrambi noti per essere due importanti esponenti della letteratura scozzese, dei quali abbiamo a disposizione “Mio carissimo amico. Le lettere fra l’autore dell’Isola del Tesoro e il creatore di Peter Pan”, edito da Lorenzo de’ Medici Press. L’epistolario, tradotto per la prima volta in italiano da Priscilla Gaetani, è un vero e proprio viaggio in un frangente dell’esistenza dei due autori che, in realtà, non riuscirono mai ad incontrarsi di persona. L’inizio della corrispondenza tra Stevenson e Barrie risale al 1892 quando il primo era già nella isole Samoa e Barrie invece si spostava tra Kirriemuir e Londra e prosegue fino all’ottobre del 1894.  Quello che emerge è uno scambio di lettere tra due scrittori,  tra i quali ci furono da subito una profonda empatia e simpatia e che nei manoscritti (alcuni dei quali riprodotti anche all’interno del testo) si raccontarono un po’ di tutto, nel senso che si scambiarono pareri su libri scritti da loro e non solo, ma si muovevano liberamente nel commento delle loro vite e di quello che accadeva attorno.  Stevenson era noto per opere come “L’isola del tesoro” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, mentre Barrie, romanziere e drammaturgo, è passato alla storia grazie al suo personaggio di Peter Pan e basta pensare che di lui Robert Louis Stevenson disse:  “Io sono un artista, lui è un genio”. Nelle lettere sono  molti i nomi degli autori a loro contemporanei che vengono citati con le relative opere e produzioni, analizzati e commentati da Stevenson e Barrie, non solo maestri della penna, ma anche avidi lettori.  Presenti nelle lettere ci sono battute ironiche tra i due e anche uno sguardo alle rispettive famiglie descritte in modo così vivo e vivace che al lettore, durante la lettura, sembra di veder prendere forma una loro fotografia. Stevenson e Barrie erano entrambe scozzesi uniti, come si comprende, un legame tra loro molto profondo, tanto è vero che già dai primi scambi di scritti, si manifesta una forte e chiara la volontà del papà di Peter Pan di partire per Samoa e, ad un certo punto, questa stima è così forte che in una lettera di Barrie emerge tutta l’ammirazione e affetto verso Stevenson:  “Ad essere sincero,  ho scoperto (lo sospettavo da tempo) che vi amo, e se voi foste una donna… La vostra ultima lettera è la più magnanima che un uomo abbia scritto ad un altro uomo, ma mi lascia ancora un’emozione tale da continuare a starmene accovacciato accanto a voi piuttosto che starvi accanto in punta di piedi”. Purtroppo Barrie non partì mai, anche perché Stevenson morì a Vaillima, località delle Samoa nel dicembre del 1894, ma “Mio carissimo amico. Le lettere fra l’autore dell’Isola del Tesoro e il creatore di Peter Pan”, edito da Lorenzo de’ Medici Press è la testimonianza della dimensione umana ed emotiva di due grandi maestri della letteratura mondiale.

Robert Louis Stevenson (1850-1894) è uno scrittore dei grandi classici della letteratura di lingua inglese. Autore di romanzi come “L’isola del tesoro” e “Il Signore di Ballantrae” diede vita a racconti memorabili fra cui spicca “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”. Fu anche autore di storie ambientate nella Polinesia in cui trascorse gli ultimi anni della sua breve esistenza.

James Matthew Barrie (1860-1937), romanziere e drammaturgo, deve la sua fama imperitura alla creazione del personaggio di Peter Pan che, nella serie di romanzi e racconti a lui dedicati, rimane il suo massimo capolavoro. Scrisse altre raccolte di racconti per adulti e ragazzi.

Source: richiesto dall’autore. Grazie all’uffcio stampa 1A Comunicazione.

:: No borders, Giuliana Facchini (Sinnos 2023) A cura di Viviana Filippini

15 gennaio 2024

Alcott, Lindgren, Verne e Dickens sono i protagonisti di “No borders”, romanzo per giovani adulti scritto da Giuliana Facchini, edito da Sinnos.  Per i lettori, i personaggi non sono del tutto sconosciuti, perché sono i protagonisti del precedente “Borders”, primo capitolo scritto dalla Facchini che si è meritato il Premio Rodari 2022, Premio Libro Aperto 2023 ed è stato finalista Premio ORBIL. “No Borders” porta avanti lo sviluppo del viaggio di ritorno del quale si accennava nel primo romanzo e i quattro amici tornano a Magnolia, quella megalopoli dalla quale erano fuggiti tempo prima, perché strutturata  su regole rigide, controllo estremo sugli abitanti e su ogni cosa messa in circolazione. Alcott, Lindgren, Verne e Dickens hanno sempre i loro nomi ispirati agli scrittori e scrittrici del  passato, quelli che hanno lasciato il segno nella storia letteraria con i loro capolavori ma che, nel mondo dove questi ragazzi hanno vissuto, sono stati spazzati via dalla mente delle persone. Gli inseparabili quattro si trovano sempre nell’universo distopico – che è sì un mondo futuro immaginato, ma con aspetti simili a quello reale dove viviamo-  dove hanno affrontato un lungo viaggio  grazie al quale hanno imparato a conoscere la natura selvaggia fuori da quella società confezionata in ogni cosa. A vegliare su di loro sempre la saggia Olmo. Ora che sono cambiati e sono più maturi, magari anche innamorati (chi lo sa, quello sta al lettore scoprirlo), sono pronti a tornare a Magnolia. Il loro intento è preciso: cambiare le cose. Perché? Perché durante l’esperienza nel mondo esterno a Magnolia, i protagonisti hanno conosciuto e scoperto un deposito di semi (per loro una importante risorsa) e hanno trovato anche altre persone che, unite in vere e proprie comunità come Parcé, hanno dimostrato come è possibile vivere in modo diverso da Magnolia. Queste comunità coltivano la terra, allevano animali, sembrano uomini primitivi di nuova generazione che stanno ricostruendosi una vita, in libertà. Il fare di questi gruppi umani è qualcosa di importane per i quattro amici, perché non è solo la scoperta che esistono altre vite, ma sono la prova concreta che è possibile vivere in un modo nuovo, recuperando il valore della natura e quello umano. Anche in questo romanzo, come nel precedente, ogni capitolo corrisponde ad una voce dei protagonisti che si alternano nella costruzione della trama narrativa dove i temi richiamano quelli di “Borders” (crescita, scoperta del mondo nuovo, presa di coscienza dei sentimenti, conoscenza e rispetto del mondo naturale), però quello che spicca è la volontà di compiere azioni concrete che favoriscano il cambiamento. Nella storia non manca una buona dose di suspense ed emozioni, visto che ripresentarsi in un posto dal quale si era fuggiti comporta delle conseguenze non sempre prevedibili e calcolabili e di certo Alcott, Lindgren, Verne e Dickens agiscono mettendoci tutta l’attenzione e l’impegno possibile per costruire qualcosa di nuovo per loro e per il mondo che li circonda. “No borders” di Giuliana Facchini può essere visto anche come romanzo di formazione, in quanto i protagonisti sono maturati, ma affrontano ancora una volta tutta una serie di eventi, identificabili come prove da superare, per trovare il proprio equilibrio e stabilità. Allo stesso tempo, il romanzo presenta una seconda formazione, quella per edificare la società nuova che i protagonisti proveranno a mettere in piedi facendo riferimento alle competenze e conoscenze che hanno appreso andandosene dalla claustrofobica Magnolia. Illustrazione di copertina Mara Becchetti.

Giuliana Facchini è nata a Roma. Qui ha frequentato la facoltà di Lettere e ha ottenuto un attestato della Regione Lazio come Segretaria di Edizione Cinematografica. Ha seguito corsi di recitazione e doppiaggio ed è stata interprete di teatro amatoriale e semiprofessionale, occupandosi anche di teatro per ragazzi. Ha vissuto a Roma e a Lussemburgo e ora abita in un paese tra Verona e il Lago di Garda. Da anni scrive libri per ragazzi. Ha vinto nel 2008 il “Premio Montessori”, nel 2012 il “Premio Arpino” e nel 2015 il “Premio Giovanna Righini Ricci”. Con Sinnos ha pubblicato “La figlia dell’assassina” (2018), “Borders” (2022)

Source: ricevuto dall’editore, grazie a Emanuela Casavecchi e all’ufficio stampa Sinnos.

:: Filmacci.100 film italiani da evitare dal 2000 a oggi, Filippo Morelli, Cesare Paris (Bibliotheca, 2023) A cura di Viviana Filippini

3 gennaio 2024

Quando si parla di dizionari del cinema, uno di quelli che salta alla mente (il primo), è il noto Mereghetti,  da sfogliare per andare a cercare informazioni su film, attori, registi, premi vari. In realtà, è uscito da qualche settimana “Filmacci” di Filippo Morelli e Cesare Paris, con prefazione di Boris Sollazzo. Un libro che, come dice il sottotitolo, è una raccolta delle 100 pellicole cinematografiche uscite dal 2000 a oggi, che sarebbe meglio evitare di vedere. Il testo, edito da Bibliotheka, è una sorta di vero e proprio dizionario che intende aiutare, suggerire, ma anche stuzzicare un po’ la curiosità dello spettatore a muoversi nel mondo del cinema alla scoperta di film, secondo i due critici, non sempre azzeccatissimi dal punto di vista contenutistico, del montaggio, della costruzione narrativa e strutturale. Morelli e Paris, che di cinema ne vedono, parlano e scrivono ogni singolo giorno, utilizzano un linguaggio sferzante, tagliente, ironico, e anche comico, che fa di questa critica cinematografica un viaggio nel mondo delle pellicole degli ultimi venti anni non sempre riuscite. Tra di esse ci sono per esempio “Alex l’ariete”, “Troppo belli”, “L’allenatore nel pallone 2”,  “Baciami ancora”, “Un altro mondo”, “Bianca come il latte, rossa come il sangue” tratto dall’omonimo romanzo (che è meglio del film), “Il Carillon”, “Dracula 3D”, tutti rigorosamente  ordinati in ordine alfabetico nel libro che, a questo punto, perché no, potrebbe anche diventare un appuntamento annuale. Leggendo i nomi dei registi poi, ci si imbatte invece in Gabriele e Silvio Muccino, Damiano Damiani, Dario Argento – già proprio lui il geniale babbo del genere horror al cinema- o John Real che è l’alter ego americano (come andava di moda nel cinema italiano degli anni ’60 e ’70, vi ricordate per esempio E. B. Clucher?) di Giovanni Marzagalli.  I due critici individuano 100 filmacci, li analizzano in maniera dettagliata, quasi viscerale, li scompongono, sezionano per raccontarci quelle pellicole, sempre con un sorriso e mai con cattiveria, magari tanto osannate, che poi nelle sale, tra il pubblico, si sono rivelate degli autentici flop, o così trash da risultare pure inguardabili o incomprensibili. Allo stesso tempo però, ammetto, che il modo in cui il duo Morelli Paris scompone questi 100 filmacci, trovandone le pecche nella regia, fotografia, recitazione, montaggio, sceneggiatura, è quell’intrigante modo di fare che scatena e stuzzica nel lettore curiosità (parecchia),  e quella voglia di sapere e vedere se i “Filmacci” sono davvero tali, nell’attesa del ritorno della prossima pubblicazione di Filippo Morelli e Cesare Paris.

Filippo Morelli nasce a Civitavecchia nel 1974. Ha scritto sul quotidiano “Il Manifesto” e sulle riviste Videotecnica, Cinema in casa, Tutto Digitale e sull’edizione italiana della britannica Hotdog. Nel 2003 è fondatore, scrittore e unico lettore del sito Morelli’s Movie Guide, morto di stenti ormai da anni. A un certo punto decide che è ora di mangiare e inizia a lavorare nelle librerie Feltrinelli.
Cesare Paris, 1973, laureato in Storia e Critica del Cinema presso La Sapienza di Roma. Giornalista pubblicista, ha collaborato come critico cinematografico per il sito Kataweb Cinema (“La Repubblica”), la rivista Film e il quotidiano “Rinascita”. Collabora con il mensile il Millimetro. Con Bibliotheka ha pubblicato “La risata amara – La morte della Commedia all’Italiana” (2021).

Source: richiesto dal recensore. Grazie all’ufficio stampa 1A.

Massimo Comella racconta il suo romanzo “Come nuvole sotto l’ombrello” (Scatole Parlanti, 2023)

28 dicembre 2023

“Come nuvole sotto l’ombrello” è il nuovo romanzo dello psicoterapeuta Massimo Comella edito da Scatole Parlanti, nel quale ogni storia narrata è un viaggio nella mente e nell’animo dei protagonisti. Per saperne di più su come è nato il libro, ne abbiamo parlato con l’autore.

Come è nata l’idea di questa raccolta di racconti dove la fragilità è un po’ il filo conduttore? L’idea è nata proprio dal desiderio di parlare delle fragilità. In un modo nuovo, che solo un romanzo come quello che ho scritto poteva permettere. Nel mio libro il lettore ha la possibilità di scoprire le fragilità di chi chiede aiuto e quelle di chi aiuta: un tema impossibile da affrontare in un libro di saggistica ed ancor più in un mondo reale.


Nelle storie presenti in “Come nuvole sotto l’ombrello”, quanto c’è di reale (casi che lei ha conosciuto davvero) e quanto di finzione? Come ho specificato nell’introduzione fatti e personaggi sono immaginari. Ho attinto emozioni e vissuti dal calderone della mia esperienza clinica; li ho poi rimescolati in alcuni casi ed in altri, come nel caso del racconto di “Idriss”, ho dovuto studiare luoghi e tappe ove è ambientato il racconto ed il viaggio del protagonista.


Quanto c’è di lei in Dimitri? Suppongo la sensibilità del personaggio e l’analisi personale/introspettiva ch’egli fa di continuo siano due caratteristiche che mi appartengono e che ho voluto vestissero il personaggio da me creato.

Dimitri mette scritte queste storie umane che ha conosciuto, potrebbe essere vista come una scelta compiuta per “liberarsi” dalle troppe emozioni che lo hanno coinvolto e toccato da vicino? Dimitri nel romanzo si è lasciato coinvolgere in almeno due casi anche oltre il dovuto ma non potevo fare altrimenti. Bisognava raccontare dei retroscena di alcuni accadimenti, andare ancora più in profondità nelle sue ferite e nelle ferite dei personaggi che lui incontra. L’unico modo che avevo era quello di farlo cadere … come non dovrebbe cadere nessun terapeuta.


Per lei, Massimo, cosa rappresenta la scrittura? Per me la scrittura è tante cose: è catarsi, è un modo di contattare emozioni, è un modo di avvicinarmi alle persone ed a me stesso ed è, soprattutto, un piacere, una passione grandissima.


Quale è il racconto al quale è più affezionato (se c’è) e perché? Io amo tutti i personaggi del libro. Mi chiedono spesso di scegliere un racconto da leggere ma, fosse per me li leggerei tutti. Ognuno è stato scritto in un periodo diverso e di ognuno ho riversato emozioni diverse.


E il racconto che le ha dato maggiori difficoltà (a livello emotivo) nella stesura? Sicuramente “Idriss”, perché raccontare quella storia ed il suo finale è stato molto molto difficile. Ho dovuto immaginarmi spesso accanto a lui proprio come, nel testo, ho fatto fare al dott Vaslav.

Da dove arriva il titolo “Come nuvole sotto l’ombrello”?Esse di solito stanno sopra e il titolo fa molto
Magritte
. Magritte in un suo famoso quadro mise un bicchiere sopra l’ombrello e non sotto, ecco io ho fatto qualcosa di simile non piegandomi alla ragione. L’ombrello è per definizione il luogo dove ci si
ripara dalla pioggia ed io ho immaginato la terapia come un ombrello. La terapia è, tuttavia, un luogo in cui ognuno porta le proprie nuvole, un luogo in cui nessuno è impermeabile alla pioggia che bagna indifferentemente tutti i protagonisti: curatore e curato. Molti di noi, un ombrello, nella vita, non lo hanno mai trovato e mi piacerebbe pensare che si possa trovarne uno e che da lì sotto, dalla nuvole e dalla pioggia, si possa tornare alla vita. Quanto a Magritte, pittore surrealista, credo ci siano diversi collegamenti con il mio lavoro. Il surrealismo esprime l’anima dell’analisi quella cioè di “andare oltre” per rivelare la nostra più recondita realtà … molto spesso ignota a noi stessi.


Se dovessero fare un film tratto dal suo libro, che attore vedrebbe nei panni di Dimitri? Da diverse parti mi accendono l’ idea di un film o di una serie tv. Io sono uno scrittore esordiente e anche se l’idea, non nego, mi stuzzica, devo rimanere con i piedi per terra – aperto a tutte le cose belle che questo libro porterà – ma con i piedi per terra . Se dovessi immaginare un attore e questi fosse vivo, avrei fatto il nome di Peter O’ Toole (l’attore di “Lawrence d’Arabia”, di “Dott Creator specialista in miracoli”, e di Priamo in “Troy”) mi piacevano tanto i giochi e l’umanità che sapeva far trasparire. Non riesco ad immaginare il dott. Dimitri privo di uno sguardo profondo che ti entra dentro. Oggi, per bravura e sguardo direi Michael Fassbender ma è un po troppo grande per interpretarne il ruolo considerando che il dott Dimitri lo collocherei anagraficamente tra i 35 e i 42 anni. Ho fatto nomi importanti ma se uno deve sognare deve sognare in grande, per ora rimaniamo almeno per il libro ancorati alla realtà.