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:: Islanda di Nicolò Cesa (Morellini Editore 2025) a cura di Giulietta Iannone

4 giugno 2025

Tra il Circolo Polare Artico e l’Oceano Atlantico sorge l’Islanda,”la terra del fuoco e del ghiaccio”, un’isola meravigliosa fatta di vulcani, geyser, e ghiacciai. Meta turistica sempre più ambita in cui si possono ammirare il sole a mezzanotte e l’aurora boreale. Morellini Editore dedica una guida di Nicolò Cesa a questa nazione relativamente giovane. L’Islanda è stata infatti uno degli ultimi angoli del nostro pianeta a essere abitati. La sua scoperta avvenne fra l’VIII e il IX secolo ad opera di alcuni monaci irlandesi. Tra l’Ottocento e il 1050 i Vichinghi partendo dalla Norvegia la colonizzarono. La conversione al cristianesimo avvenne nel 999. Oggi l’Islanda è un paese in cui il mercato turistico ha un posto di rilievo sia per le sue bellezze naturali e paesagistiche che per il suo fervore culturale. Bella l’intervista a Pietro Biancardi editore Iperborea, casa editrice milanese che porta il lontano Nord in Italia. Tra le attrattive turistiche un posto di rilievo l’ha la cucina islandese, in cui la qualità e la freschezza delle carni e del pescato attirano sempre più turisti. Piatti tipici sono lo skyr, un formaggio fresco a base di latte, l’agnello, imperdibile la Kjotsupa, la zuppa di carne d’agnello e verdure. E la birra artigianale islandese, una delle più rinomate. Reykjavik è la capitale ed è conosciuta per la sua vivace vita notturna assieme a Akureyri, la seconda metropoli di Islanda. Famosi i fiordi dell’Ovest, ospitano le migliori piscine termali di tutto il paese. Chi ama il trekking, troverà poi sentieri spettacolari sia brevi che lunghi. Si consiglia di arrivare in Islanda via mare, con il traghetto, che salpa dal nord della Danimarca. Ricca di notizie e curiosità la guida fornisece informazioni aggiornate, indirizzi e numeri di telefono, oltre ai numeri per le emergenze e l’indirizzo dell’Ambasciata e del Consolato d’Islanda in Italia. L’elenco degli hotel e dei ristoranti dove prenotare è aggiornato e puntuale, come quello dei musei con orari di visita. Insomma l’Islanda è una meta turistica di prim’ordine dove tutto è pensato a misura di viaggiatore. E una volta visitata non è raro essere colpiti dal mal d’Islanda che ci spingerà a ritornare per saziare la nostalgia e la malinconia che resta dopo il primo viaggio.

Nicolò Cesa, sociologo di formazione e cosmopolita per necessità, ha girato l’Europa come busker e raggiunto Islanda e Fær Øer per la prima volta nel 2011, a bordo di un camper del 1981. Ha ideato e cura la rubrica HoboSapiens, per QCode Magazine. Nel 2015 ha curato la traccia La guerra è solo vittime per l’ONG Emergency, in occasione del centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale. Negli anni ha pubblicato reportage per diverse riviste culturali e di viaggi. Trascorre il suo tempo tra l’Italia, la Serbia e tutti quei luoghi a un passo dal Circolo Polare Artico, tra cui l’Islanda, dove lavora come guida turistica. Collabora con l’Ente Nazionale del Turismo della Serbia. Per Morellini ha pubblicato Serbia (2018).

:: Per sempre tuo di Abby Jimenez (Newton Compton Editori 2025) a cura di Valentina Demelas

3 giugno 2025

Per sempre tuo. Yours Truly di Abby Jimenez, pubblicato da Newton Compton Editori con la traduzione di Mariafelicia Maione, è una commedia romantica dallo slow burn avvolgente, ricca di tensioni emotive profonde. L’autrice padroneggia con sorprendente equilibrio momenti brillanti e scene toccanti, esplorando con delicatezza temi complessi come l’ansia sociale, la ferita di un divorzio e il sacrificio implicito in un trapianto d’organo. La sua scrittura resta leggera e scorrevole, ma non rinuncia a una profondità che invita a riflettere, garantendo al tempo stesso risate genuine e un lieto fine capace di scaldare il cuore.

Fin dalle prime pagine incontriamo Briana Ortiz, dottoressa del pronto soccorso, alle prese con una vita in bilico: il divorzio è ormai alle spalle, ma il rimorso e la solitudine si fanno sentire; suo fratello lotta contro una grave malattia in attesa di un donatore di rene, e la sua salute è appesa a un filo. Quando Jacob Maddox, chirurgo trasferito per sfuggire alla pressione della propria ansia sociale, entra in corsia, i due comprimari di un’ipotetica promozione diventano subito antagonisti. Tra corridoi bianchi e turni massacranti, la tensione sale fino al primo colpo di scena ironico: Jacob, impacciato con i colleghi e in evidente difficoltà a gestire la propria patologia da outsider, decide di inviare una lettera a Briana. Da quel gesto nasce una corrispondenza fatta di confidenze, battute e piccoli aneddoti che svelano gradualmente il loro lato più autentico.

La dinamica tra Briana e Jacob si trasforma presto in un’amicizia fuori dal comune: incontri furtivi e scambi di messaggi sempre più intimi mettono da parte i precedenti attriti. È in questa fase che il romanzo raggiunge il suo cuore pulsante: Jacob scopre di essere compatibile con il fratello di Briana e, senza esitare, si offre come donatore. Quel gesto di generosità assoluta capovolge ogni resistenza: ogni rancore, ogni esitazione sul proprio sentimento si sciolgono davanti all’atto d’amore più grande, spingendo i protagonisti verso un’intimità nuova e profonda.

La verve di Jimenez si rivela nelle scene di vita quotidiana, l’autrice non edulcora la sofferenza legata alla malattia cronica né oscura il peso psicologico di un passato che torna a galla. In un attimo, il lettore può passare da un sorriso liberatorio alle lacrime, guidato da battute pungenti e da pagine di struggente vulnerabilità.

Non ci viene raccontata soltanto una storia d’amore: si tratta anche un’esplorazione delle relazioni umane in tutte le loro sfumature. Jimenez affronta la fiducia tradita e riconquistata, la fragilità di due persone protette da difese costruite per sopravvivere e la potenza della generosità come motore di rinascita. Il ritmo lento, sorretto da una struttura senza sbalzi eccessivi, permette di assaporare ogni tappa di questo viaggio emotivo, rendendo la lettura piacevole e al contempo ricca di spunti di riflessione. Pagina dopo pagina, si scopre piacevolmente come l’amore possa crescere al di là delle premesse e delle aspettative, come la fiducia sia un atto quotidiano e come il gesto più estremo – donare una parte di sé – possa portare vita e possibilità. Si arriva al punto finale con un sorriso malinconico e un senso di speranza.

Abby Jimenez si conferma una voce inimitabile nel romance contemporaneo, capace di unire ironia e profondità, leggerezza e sostanza, in un’opera che rimane.

Abby Jimenez è una scrittrice di romanzi rosa contemporanei che vive in Minnesota. Nel 2007 ha fondato Nadia Cakes, una pasticceria di successo specializzata in cupcake. Da allora ha aperto diverse sedi in due Stati, ha vinto numerosi concorsi su Food Network e ha conquistato un vasto seguito internazionale. La Newton Compton ha pubblicato Restiamo solo amici, Perfetti innamorati. Life’s Too Short, Non voglio mica la luna, Sono parte del tuo mondo. Part of your World e Per sempre tuo. Yours Truly.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampaNewton Compton Editori.

:: Morte per un manoscritto di Luigi Guicciardi (Damster 2025) a cura di Patrizia Debicke

2 giugno 2025

Modena, primi di luglio: il commissario capo Giovanni Cataldo e il nuovo collega l’ispettore Franco Greco, pugliese, Rinaldi è appena andato in ferie,  chiamati da Don Zamboni salgono al primo piano dell’antico palazzo abbaziale di Nonantola.
Il prete infatti di primo mattino ha rinvenuto in una stanza il cadavere con la gola tagliata da una lama affilatissima di Don Rinaldi, studioso emerito. L’omicidio di un religioso  nell’edificio monastico   potrebbe essere solo un caso come tanti per il commissario capo Giovanni Cataldo, se non fosse per il particolare che la vittima  stava inventariando un misterioso  fondo archivistico da poco scoperto nella storica abbazia. Una scossa di terremoto all’inizio o meglio un assestamento tellurico  ha infatti  provocato il crollo  ai primi dell’anno  della parete di una cappella annessa all’edificio religioso dentro la quale  è stata ritrovata una specie di cassetta contenente delle carte molto antiche.  
Trattandosi di bene religioso assegnato alla cura del vescovo, questi aveva affidato di autorità  le relative ricerche e catalogazione a Don Rinaldi, un personaggio all’altezza per competenza, affinché svolgesse intanto un esame preliminare su quei preziosi  documenti.
Il filo conduttore, al di là del  modus operandi dell’assassino, si scoprirà presto essere  l’insistente  voce  in circolazione su un  presunto ritrovamento di alcuni canti originali della Commedia di Dante Alighieri, che nella cittadina  soggiornò durante l’esilio. Potremmo forse essere sulle tracce di un fantomatico manoscritto di Dante Alighieri, che sarebbe stato ben nascosto dal tredicesimo secolo nell’Abbazia di Nonantola?
Esisterà davvero oppure si tratta di una favola per gli sciocchi? Potrebbe essere detto manoscritto la causa degli ben altri  tre omicidi che  nel giro di pochi giorni, commessi con le stesse orribili modalità,verranno scoperti nella zona?  Una successiva terribile e sanguinaria sequenza infatti, che si  sommerà  alla già complicata e apparentemente incomprensibile inchiesta investigativa, quando nel giro di pochi giorni si scoprirà che sono stati ammazzati  sia  un vecchio mendicante di colore che frequentava l’abbazia, un professore di Lettere in pensione e una bella docente universitaria di paleografia.
Coadiuvato da due nuovi colleghi, il ruvido ispettore Greco e il volonteroso e aperto sovrintendente Vernole, appassionato di letteratura, Cataldo  dovrà dare il via a un’insolita indagine destreggiandosi  tra presente e passato, tra un computer scomparso, rubato ma poi ritrovati presso un ricettatore e alcuni documenti medievali, dai quali emergerebbe con prepotenza la figura di Dante Alighieri.  Sarebbe questo il motivo che unisce la morte del prete,  del barbone, del professore e della paleografa ?
A complicare tuttavia maggiormente le indagini, avverrà anche l’omicidio di un librario dentro la  sua libreria e poco dopo l’incomprensibile  suicidio del sovrintendente Vernole, anche lui  appassionato di Dante.
La faccenda, nonostante l’indefesso lavoro della scientifica a caccia di indizi, le testimonianze dei parenti e amici dei morti  pare arenarsi, complicandosi  sempre di più mentre suggerisce possibili nuove piste e nuove ipotesi. La sete di sangue dell’assassino pare non placarsi in alcune modo.  Che tipo di mostruosa frenesia bisogna avere per continuare a uccidere? La rabbia non basta perché sembra diventare unìincontrollabilw forma di follia. Avrà mai fine?
Mentre la stampa e i superiori di Cataldo paiono quasi addormentati dal caldo di luglio che  infuoca la pianura, il nostro commissario capo barcamenandosi tra filologia testuale e oscure tracce elettroniche, scoprirà finalmente, dopo altri delitti, con sbalordita amarezza, che si può spargere tanto sangue solo per una rivincita tesa  all’assurda ambizione di realizzare un sogno: un manoscritto autografo unico, fin qui ignoto al mondo, ma in grado di rivoluzionare i futuri  studi della letteratura italiana .
Ma i tutti i casi non sono mai risolti completamente  perché  talvolta il culmine della gelosia può  far commettere atti ed errori che poi non si sarà più in grado di riparare.

Luigi Guicciardi, modenese, insegnante di liceo e critico letterario, è il creatore del commissario Cataldo, poliziotto al centro di una serie di mystery: “La calda estate del commissario Cataldo”; “Filastrocca di sangue per il commissario Cataldo” – entrambi finalisti al Premio Scerbanenco – “Relazioni pericolose per il commissario Cataldo” (2001), “Un nido di vipere per il commissario Cataldo” (2003), “Cadaveri diversi” (2004, Piemme); “Occhi nel buio” (2006), “Dipinto nel sangue” (2007), “Errore di prospettiva” (2008), “Senza rimorso” (2008), “La belva” (2009), “La morte ha mille mani” (2010) per Hobby&Work; “Una tranquilla città di paura” (2013, LCF Edizioni); “Le stanze segrete” (2014), “Paesaggio con figure morte” (2015), “Giorni di dubbio” (2016), “Una tranquilla disperazione” (2017) per Cordero Editore, “Nessun posto per nascondersi” (2018), e “Sporchi delitti” (2019) per Fratelli Frilli Editore, “Un conto aperto con il passato” (2020), “Ai morti si dice arrivederci” (2021), “I dettagli del male” (2022), “Il ritorno del mostro di Modena” (2022), “Il commissario Cataldo e il caso Tiresia” (2023), “Morte di una ragazza speciale” (2023), “Donne che chiedono giustizia” (2024), “Nessuno si senta al sicuro” (2024), per Damster. Ha contribuito con alcuni racconti a varie antologie tra cui “Scosse. Scrittori per il terremoto”, Felici Editori (2012), “GialloModena” (2016), “Delitti al museo” Mondadori (2019). Il suo sito http://www.luigiguicciardi.it.

:: Polimeri di Roberto Saporito (Cose Note 2025) a cura di Giulietta Iannone

1 giugno 2025

[…] mi sembra di perdere tempo, mi sembra che non sia questa la vita vera, come recitare, mi sembra che la vita vera sia da un’altra parte […].

Roberto Saporito predilige la narrativa breve e con il suo nuovo romanzo Polimeri, edito da Cose Note Edizioni di Alba, ci da un nuovo saggio del suo poliedrico talento. In apparenza omaggio postmodernista, con venature noir, al cinema, in realtà in questo romanzo l’autore analizza e scandaglia il limite tra realtà e finzione e chi meglio dell’attore protagonista, rigorosamente senza nome, può incarnare questo duplice ruolo in cui la finzione sembra sempre più prepotentemente sovrapporsi alla realtà. Il protagonista, un attore italo-americano che ha superato la boa dei cinquat’anni, e sta sperimentando cosa significhi invecchiare nel mondo fittizio dell’industria dell’intrattenimento, è un figlio dell’Actors Studio, che ha fatto suo il metodo Stanislavskij, metodo che fa provare all’attore realmente le emozioni che è tenuto a portare sullo schermo o a teatro. Ha un ex moglie, una figlia, e una carriera in cui deve reinventarsi lasciando il ruolo dell’attor giovane, e belloccio, per quello dell’uomo di mezza età, che lo portano dal recitare in una serie televisiva americana importante ad accettare di girare uno spot pubblicitario per un tonno in Italia, umiliante ma ben redditizio, anzi dal compenso astronomico. Poi la fortuna gli arride di nuovo e si trova coinvolto in un progetto ambizioso quello del remake, di produzione americana, ma girato a New York al posto di Roma, del film La Grande Bellezza di Sorrentino. Tra Los Angeles, New York e Roma, il protagonista avrà anche a che fare con un misterioso personaggio che lo perseguita, si sa l’America è un posto pericoloso pieno di serial killer, può succedere di tutto andando anche solo al supermercato, dando venature noir alla storia e arricchendo anche di sfumature macabre un racconto, narrato in prima persona, denso di riflessioni intimistiche e di lezioni di vita. Qui niente è quello che sembra. Qui tutto è finto. Qui tutto è di plastica.

Roberto Saporito, prima di dedicarsi completamente alla scrittura, ha studiato giornalismo e diretto per trent’anni una galleria d’arte. È autore di numerosi romanzi e raccolte di racconti, tra cui Harley-Davidson (1996), Il rumore della terra che gira (2010), Generazione di perplessi (2011), Il caso editoriale dell’anno (2013), Come un film francese (2015), Respira (2017), Jazz, Rock, Venezia (2018), Come una barca sul cemento (2019), In nessun luogo (2022) e Figlio, fratello, marito, amico (2024). Suoi racconti sono apparsi in antologie e su autorevoli riviste letterarie. Ha tenuto una rubrica sul magazine Satisfiction.

:: Un’intervista con Tom Hofland, Il cannibale (Carbonio 2024, traduzione di Laura Pignatti) a cura di Giulietta Iannone

31 Maggio 2025

Benvenuto Tom su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Sei laureato in Scrittura per lo Spettacolo, sei uno scrittore e un podcaster. Parlaci di te, raccontati ai tuoi lettori italiani.

Certamente! Abito a Rotterdam con mia moglie e due bimbi piccoli. Il mio primo romanzo è stato pubblicato nel 2017 e ho scritto in totale tre romanzi, una raccolta di racconti e una novella. Il mio terzo romanzo, Il cannibale, è stato ora pubblicato in Italia. Fin ora sono molto soddisfatto dell’accoglienza italiana. Gli Italiani sono lettori molto attenti ed è molto piacevole dialogare con loro. Spero che prima o poi vengano pubblicati in Italia altri miei lavori.

Il cannibale, che hai presentato al Salone del Libro di Torino quest’anno, è il tuo terzo romanzo. Parlaci di questo libro, a che tipo di lettori lo consiglieresti?

Lettori che amano la weird fiction, l’umorismo nero e una punta di horror apprezzerebbero sicuramente questo libro. I lettori ai quali, per esempio, piacciono i film di Yorgos Lanthimos (The lobster) o le serie televisive come Fargo, troveranno sicuramente degli elementi comuni.

Parlaci del protagonista, Lute, si ispira a persone che hai realmente conosciuto?

Lute è un manager in una grande azienda farmaceutica. È molto gentile con i suoi colleghi e vuole instaurare relazioni personali con loro. Ma vuole anche fare in modo che il suo capo sia soddisfatto. In realtà è poco coraggioso, soprattutto perché non vuole ferire altre persone. Persino se le persone sono crudeli o approfittano di lui. In tali aspetti del suo carattere mi riconosco un po’. Ma il personaggio naturalmente è anche basato sulle persone, molto numerose, che seguono ciecamente i comandi, senza riflettere.

Raccontaci un po’ della trama.

Lute lavora come manager responsabile della qualità in una grossa azienda farmaceutica. L’azienda viene rilevata da un investitore svizzero, che dichiara che il dipartimento di Lute è superfluo. Una pillola amara per Lute: non solo deve fare in modo che decine di fedeli colleghi se ne vadano, ma riceve anche il compito di convincerli a dare le dimissioni (in modo tale che l’azienda risparmi sui costi del licenziamento). Quando Lombard, un cacciatore di teste freelance, offre a Lute i suoi servizi, questi li accetta di cuore. Lombard si prende cura di far sparire i dipendenti ad uno ad uno e Lute può lavarsene le mani e considerarsi innocente. Quando iniziano a esserci le prime morti, si rende conto di aver fatto entrare una volpe nel pollaio.

Cosa lega Lute a Lombard? Raccontaci come si dipanano le dinamiche aziendali.

Lute ha ricevuto il compito di liberarsi dei suoi dipendenti. È troppo buono per praticare il mobbing con loro per spingerli a dimettersi. Ma non possiede abbastanza coraggio per opporsi al suo capo e prendersi le sue responsabilità nei confronti dei suoi dipendenti. Trova una via d’uscita ingaggiando Lombard. Lombard rappresenta la personificazione del ‘capitalismo religioso’, del quale facciamo parte tutti noi. Il credo sacro del capitalismo predica che gli affari sono più importanti del resto. Lombard non ha alcuna coscienza e non capisce che cosa ciò implichi per le persone. Lute spera di preservare la sua innocenza rendendo Lombard responsabile. Ma non può sfuggire alle sue responsabilità.

La trama ha venature horror?

Certamente. Ma la storia contiene anche elementi umoristici in modo tale da non renderla troppo pesante o dark. Le venature horror sono spesso allo stesso tempo delle assurdità.

Il mondo del lavoro è un mondo competitivo e molto spesso disumanizzato. Hai voluto fare una satira di queste dinamiche?

Assolutamente. Sono convinto che abbiamo vissuto nel capitalismo talmente a lungo da non vedere più alternative. Pensiamo che questa sia la nostra natura umana, che dobbiamo lavorare molto e dobbiamo comportarci in modo brutale nel mondo degli affari. Crediamo che il ‘profit over people’ sia sacro. Ma è stato tutto ideato. Dobbiamo ritrovare la nostra umanità. Questo è il messaggio che voglio comunicare con il mio libro. Ma è più difficile del previsto se ci sei dentro. Anche io a volte vengo spinto da un desiderio di successo professionale e ricchezza. Questo perché anche io sono cresciuto, come tanti altri, nel sistema capitalistico. È molto difficile, allora, vederla in modo diverso.

Grazie della tua disponibilità e gentilezza. Come ultima domanda ti chiederei di dirci qualcosa sui tuoi progetti futuri.

Ti ringrazio molto! Spero di poter venire più spesso in Italia per poter parlare con i lettori, e che questi possano entrare in contatto con il mio lavoro. Il mio prossimo lavoro sarà un romanzo di fantascienza sulla perdita del corpo umano, e sulla corporeità che ci rende esseri umani.

Traduzione a cura di Simona Castagnoli, che ringraziamo assieme al marito Wil. 

:: Dimenticare Milano di Romano De Marco (Ubagu Press 2025) di Patrizia Debicke

28 Maggio 2025

L’inizio, originale ma  convincente, sviluppandosi in due diversi prologhi per riportare in scena  i due protagonisti, Marco Tanzi e Luca Betti, regala  subito alla narrazione un ritmo scatenato.
Nel primo Marco Tanzi ha lasciato Milano da più di due anni. É partito improvvisamente da un giorno all’altro senza salutare e senza dare spiegazioni. Sua figlia e il suo migliore amico hanno per giorni, poi per settimane inutilmente provato a rintracciarlo, prima di rassegnarsi.
Oggi Tanzi, ormai solo un ex tante cose: poliziotto, carcerato e infine investigatore privato, vive lontano e lavora in mare  alla testa della scorta di un gruppo scelto di contractors, mercenari pagati profumatamente per difendere le grandi navi mercantili in transito nel golfo di Guinea dagli assalti dei pirati. Ma sarà proprio dopo aver sventato un pericoloso attacco a cinquecento miglia al largo di Lagos, Nigeria, che il passato tornerà a picchiare imperiosamente alla sua porta. Una telefonata dalla società presso la quale opera lo informerà che qualcosa di terribile, un’aggressione quasi mortale, a un suo famigliare è avvenuta in Italia. Qualcosa che lo costringerà a rammentare la realtà del passato, per sua volontà segregato da oltre vent’anni nella sua coscienza. Ma i vincoli di sangue gli impongono di esserci nel momento del bisogno, perciò per Marco esiste un’unica  scelta: tornare subito a Milano e risolvere quella brutta faccenda che lo coinvolge in prima persona. Scelta che avrà come immediato risultato di infilarsi audacemente in una guerra contro una pericolosa organizzazione criminale in cui, per giorni, ogni nuova mossa da affrontare potrebbe diventare l’ultima.
Dopo poche pagine, alla fine di un  secondo prologo avventuroso  e drammatico, ritroveremo  anche Luca Betti,  vecchio caro amico di Marco, commissario di polizia in un’unità  di élite milanese che ,  per sua decisione coinvolto in un’ azzardata azione per salvare un bambino, ha messo a rischio  la sua vita e quella di due colleghi. Sospeso infatti dal servizio, si troverà in una situazione molto difficile, rischiando addirittura  di perdere il lavoro, che ormai per lui  è rimasto la sola cosa che conta e dà un significato alla vita dopo il fallimento del suo matrimonio. Per di più anche il suo  rapporto con Sara, l’unica figlia che ha interrotto gli studi ed è andata a vivere col compagno, non è il massimo.  Insomma la sente e la vede molto meno di quanto gli piacerebbe.  
Costretto malvolentieri a essere un nullafacente, almeno per un po’ “Sta sprofondando nelle sabbie mobili di chi ha ottenuto la libertà e non sa che farsene quando suona il campanello…”
Alla porta c’è il vecchio amico Marco Tanzi venuto a chiedere il suo aiuto.
Da quel momento per loro, in pochi giorni Milano si trasformerà in un campo di battaglia, una sanguinosa arena a un passo dal precipizio, che li costringerà  ad affrontare una drammatica e sanguinaria battaglia condotta sino all’ultimo respiro .
Romanzo complesso, molto intrigante e particolarmente ben costruito e in cui a contraltare dei due protagonisti risaltano le figure femminili, diverse tra loro ma indispensabili per umanizzare le loro vite, i pensieri e le reazioni.
A partire da Daniela Boschi, questore di Milano e diretto superiore di Luca Betti, che negli anni è sempre stata pronta a difenderlo, sia perché lo ritiene un ottimo investigatore ma anche forse perché   prova qualcosa nei suoi confronti. Per non parlare di Michela, cognata di Marco Tanzi, madre di Lorenzo, motivo del suo ritorno a Milano, forse la sola persona che riesce ancora a mantenere Marco attaccato alle persone che ama, benché lui spesso, con i suoi comportamenti, faccia di tutto per allontanarle.
“Quello che c’è stato fra me e te… è  stato uno sbaglio. Ma è servito a qualcosa, mi ha fatto capire  chi sono e cosa voglio. E soprattutto, da quell’errore è nato Lorenzo.” Eh già perché Lorenzo, riconosciuto e amato da Renato fratello maggiore di Marco e marito di Michela, in realtà è il frutto di un errore, una relazione tra i due cognati.
E ultime, ma non ultime nella scale dei valori, le due figlie dei protagonisti: Giulia, figlia di Marco  laureata ormai, molto ben inquadrata nella vita e avviata a fare un gran  buon matrimonio e Sara figlia di Luca, poco più che ventunenne , una ventata di freschezza, di gioventù, per l’ affetto che offre al padre  e quando può lo coccola.
Un romanzo che, come detto, prende maggior  forza e struttura proprio grazie allo spessore di tutti i personaggi, ognuno a suo modo importante  nel fare  la storia sempre interessante e completa.
Luca Betti e Marco Tanzi due uomini simili, tormentati ma anche diversi  e distanti  tra loro per reazione e personalità. Ciò nondimeno talvolta sembrano come due facce della stessa medaglia, con i loro alti e bassi emozionali ma coscienti, che comunque e sempre se qualcosa trascinerà verso il basso uno dei due l’altro sarà là, pronto a tendere una mano per rialzarsi. Negli anni hanno costruito insieme un’intesa fatta di perspicacia, costanza, coraggio e umanità. Quasi una fratellanza, un legame così forte  che spesso  li porta a non pensare alle conseguenze dalle loro azioni.
Un felice ritorno  per la serie Nero a Milano di Romano De Marco  con il suo quarto episodio Dimenticare Milano,  un romanzo convincente che ci narra  una storia di vendetta ma anche di grande amicizia e  riprende e dilata con disinvoltura le caratteristiche salienti dei suoi precedenti romanzi giallo/noir. Insomma un altro indovinato hard boiled in salsa milanese dove azione e adrenalina vengono innescati in una trama complessa e  articolata.  Caratteristiche che ci rimandano agli scatenati e avventurosi ritmi  alla Don Winslow, Michael Connelly, James Ellroy, Lee Child e Joe Nesbo. 

Romano De Marco, abruzzese, classe 1965, esordisce come autore nel 2009 con FERRO E FUOCO (Giallo Mondadori n. 2974 ripubblicato per le librerie, nel 2012 da Pendragon edizioni). Nel 2011 esce il suo MILANO A MANO ARMATA, (Foschi Editore, premio Lomellina in giallo 2012). Nel gennaio 2013 è la volta di A CASA DEL DIAVOLO (Time Crime, Fanucci – ripubblicato da Pickwick Mondadori nel 2020). Nel 2014 pubblica con Feltrinelli IO LA TROVERO’ (collana Fox Crime, 2014) cui fanno seguito CITTA’ DI POLVERE (Narrativa 2015) e MORTE DI LUNA (Zoom Filtri, 2015 e Pickwick Mondadori, 2020). Dal 2017 passa all’editore PIEMME col quale pubblica L’UOMO DI CASA (premio lettori al noir festival, premio Scerbanenco 2017) SE LA NOTTE TI CERCA (Premio Fedeli 2018) NERO A MILANO (premio lettori al noir festival, premio Scerbanenco 2019, Premio Nebbiagialla 2020 e Premio Giallo Ceresio 2020) IL CACCIATORE DI ANIME (2020). Nel 2021 escono UN PO’ MENO DI NIENTE (con lo pseudonimo Vanni Sbragia) e STORIE DEL BORGO SENZA TEMPO entrambi per l’editore FERNANDEL di Ravenna. Nel 2022 è la volta di LA CASA SUL PROMONTORIO per Salani editore e nel 2023 esce CODICE DI FERRO (Camena Editore) seguito diretto del suo primo romanzo uscito per il Giallo Mondadori e scritto 15 anni prima. Il suo nuovo romanzo, in uscita nel maggio 2025 è DIMENTICARE MILANO (della serie Nero a Milano) edito dalla nuova casa editrice UBAGU Press. E’ tradotto in spagna e Danimarca, ha pubblicato racconti e articoli su Linus, Il Corriere della sera, Micromega e sulle collane del Giallo Mondadori. Collabora con vari blog e i suoi racconti sono inseriti in oltre venti antologie. Dal 2019 è direttore artistico del festival GIALLODISERA a Ortona.

:: Delitto di benvenuto. Un’indagine di Scipione Macchiavelli di Cristina Cassar Scalia (Einaudi 2025) a cura di Valerio Calzolaio

25 Maggio 2025

Noto, 21 dicembre 1964. Sta arrivando al commissariato di Pubblica sicurezza di Noto, in treno da Roma, un nuovo commissario trentenne, Scipione Macchiavelli, elegante simpatico avvenente, trasferito in fretta e furia da Via Veneto per una storia delicata nella quale si era coinvolto, dopo quattro anni di sonnacchiosa direzione romana. Mentre il 28enne maresciallo vicedirigente Calogero Catalano, di statura media e smilzo, biondo di capelli e baffetti, è in procinto d’andare a prenderlo alla stazione di Siracusa, già stanco perché dorme poco con i due figli neonati che ancora scambiano la notte col giorno, improvvisamente si presenta la bellissima signora Maria Laura Vizzini, bruna dagli occhi verdi, accompagnata dalla zia Filomena. Il marito 42enne Gerardo Brancaforte, direttore alla potente locale Banca Trinacria, è scomparso, da due notti non è rincasato; la moglie scoppia a piangere, deve pensare a cinque picciriddi. Catalano le chiede di raccontare bene tutti i particolari all’alto brigadiere Mantuso e si avvia con l’auto di servizio, una Millecento. C’è folla all’arrivo dei treni, si tratta del periodo di ferie per le feste; si presenta al binario anche il giudice Giuseppe Santamaria, alto piacente elegante allegro, siciliano nell’animo con ascendenti romani da parte materna, trasferito a Siracusa da pochi mesi, carissimo amico di Macchiavelli; lo accolgono con calore, nonostante il freddo esterno. Il nuovo commissario deve presentarsi dal questore e sistemarsi fra i netini, intanto gli hanno preso una stanza in una casa a pensione, gestita da una coppia, i Verrazzo, Corrado e Corradina. Così capisce pure chi è il patrono della cittadina, una meraviglia di salite e chiese, palazzi nobili e sedi ufficiali (dal vescovado alla pretura e alle carceri). La nostalgia scompare presto, si butta nell’indagine; il giorno di Natale vien fuori il cadavere dell’uomo, maschio arrogante e furbo strozzino; cominciano presto a emergere indizi e possibili colpevoli, districarsi però non è facile.

La brava medica oftalmologa Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) continua a scrivere bei gialli, la notevole serie della vicequestora Vanina Guarrasi sta andando a gonfie vele, finora nove romanzi ambientati a Catania fra il 2015 e il 2017 (pubblicati fra il 2018 e il 2024). Avvia ora una nuova serie nella città natia, con un protagonista romano curioso ma inesperto di Sicilia e di delitti. Ottimo inizio, scrittura acuta matura raffinata. La narrazione come di consueto è in terza al passato, fissa (quasi) su Scipione, immediatamente alle prese con un inconsueto benvenuto (da cui il titolo). Pare che la provincia di Siracusa venga chiamata “babba”, ingenua, priva di malizia e forse di organizzazioni mafiose. Tramite il libro contabile di Brancaforte possono risalire a tanti insospettabili, malandrini e poveri cristi, indotti a indebitarsi anche per piccole necessità finanziarie. L’attenzione nazionale è rivolta alle elezioni presidenziali (Saragat viene eletto in corso d’opera, il 28 dicembre al ventunesimo scrutinio), quella locale inevitabilmente si concentra sull’omicidio. Macchiavelli fu impenitente (e penitente) donnaiolo nella capitale, madre fratelli sorelle lo chiamano spesso, l’amico avvocato Primo Valentini si offre di portargli l’auto, lui molto viene attratto dalla locale farmacista: Giulia Marineo, alta e castana, occhi chiari e allegri, cordiale sorriso misurato, risulta un capolavoro di donna nemmeno trentenne. Cominciano a darsi pure del tu, ma l’amico Beppe lo avvisa della fama di lei, “inconquistabile”. Cominciamo così ad affezionarci un po’ a tutti i personaggi, torneranno. Varie gazzose spesso di fianco agli alcolici, vino o vermouth, marsala o Punt e Mes. Fumando insieme e ascoltando Roberta, Scipione segnala a Giulia che ricorda benissimo quando Peppino di Capri e i suoi Rockers iniziarono la loro carriera nei night di via Veneto, non è certo ci faccia bella figura.

:: La mia più oscura preghiera di S.A. Cosby (Rizzoli 2025) di Patrizia Debicke

24 Maggio 2025

“La mia più oscura preghiera” tradotto da Giuseppe Manuel Brescia, è  il thriller d’esordio che ha fatto giudicare dalla critica  S.A. Cosby un potenziale  maestro del genere, lanciandolo subito sul mercato americano e  internazionale.
La storia è ambientata a Queen County,  Virginia, paese di origine di Cosby. Con questo romanzo , S.A. Cosby inserisce subito il lettore nel cuore oscuro del Sud degli Stati Uniti, in una storia feroce e serrata, piena di personaggi che si muovono  tra crimine, redenzione e violenza.
“Mi occupo dei cadaveri” è il biglietto di presentazione di Nathan Waymake. Risponde così infatti  quando gli chiedono quale sia la sua occupazione. Ma chi lo conosce meglio sa che è molto più che un becchino. Sì certo, sa come trattare con i cadaveri visto che, quando non fa a botte con la teppa locale, lavora a tempo pieno nell’impresa di pompe funebri di suo cugino.
Ex marine, ex vice sceriffo, figlio di una coppia mista, padre bianco e madre di colore, ha dato le dimissioni per comprensibili e tragici motivi personali, ciò nondimeno si è costruito nella cittadina  del Sud dove è cresciuto, la reputazione in essere una persona retta in grado di aiutare la gente quando le altre strade non sono percorribili. Non è certo una persona che va in cerca di guai, ma purtroppo sembra che invece quelli stiano sempre là acquattati dietro l’angolo pronti ad acciuffarlo.
E infatti quando un amatissimo pastore locale, il criticato Reverendo Esau Watkins, meglio noto come E-Money per la capacità di spillare denaro ai fedeli con la sua Chiesa Battista della Nuova Speranza, due degnissime parrocchiane le signore Parrish e Sheer, si rivolgono a lui per chiedergli  di svolgere un’indagine privata sulle vere cause di quella morte, visto che la polizia pare stia facendo ben poco, le starà a sentire. Loro non credono che il pastore si sia suicidato, e tutte le prove suggeriscono che probabilmente hanno ragione.  Anzi addirittura pare che gli inquirenti locali stiano  tentando di far passare un omicidio per suicidio. Insomma, secondo le due signore, Nat dovrebbe impedire che la morte del religioso venga insabbiata dalla polizia. Ma a Queen County, Virginia, la locale giustizia ha molte facce e quasi nessuna pulita.  
Restio e dubbioso all’inizio, Nat accetterà tuttavia di fare qualche domanda allo sceriffo.
Quella che sembrava poco più che una chiacchierata informativa, un lavoretto facile, facile si trasformerà invece in poco tempo  in un’intricata e caotica  spirale di orrori nei più sporchi meandri della provincia americana, tra gangster dilettanti, spietati signori del crimine, affascinanti porno star, poliziotti corrotti, orge sfrenate,  dark ladies  e uno straricco,  prestigioso ma temibile  predicatore.
Mentre gli intrighi  da sbrogliare si diramano sfociando  in mille rivoli  Nathan, convivendo con  i fantasmi del proprio passato, dovrà muoversi con destrezza  gestendo le invasive ombre della corruzione , per portare alla luce tutta il marciume che molti dei potenti di  Queen Country vorrebbero venisse  definitivamente sepolto al cimitero con il pastore Watkins.
Perché a Queen County tutto si paga, e il prezzo della verità sembra essere il più alto di tutti. Qualcuno di molto più pericoloso ha addirittura messo Nathan nel mirino e il costo da pagare per le  sue indagini potrebbe salire talmente tanto da rivelarsi fatale.
Narrato in prima persona dal suo punto di vista, ci consente di cogliere la vera essenza del personaggio, dell’uomo, sia nei suoi difetti che nei suoi pregi. Ha in sé qualcosa di speciale, qualcosa che risalta con prepotenza facendo sì che la gente nei suoi confronti provi contemporaneamente attrazione e timore.
Un romanzo “La mia più oscura preghiera” condotto in costante tensione o con la minacciosa  sensazione, continuamente interrotta sia da episodi di violenza che da essere  sotto tiro.
Una trama con un retroscena cupo, pieno di sesso e volgarità, ma adeguato sia all’ambientazione che alle circostanze.
S.A. Cosby usa la scrittura in modo brillante atto anche a ricreare la realtà dell’ambientazione, le larghe  divisioni in città tra chi ha e chi non ha. Quello stacco o meglio largo divario che esiste tra le linee di discriminazione razziale e la subdola corruzione esercitata dalle persone in  possesso sia del denaro che del potere.
Ma non tutto della storia è buio e negativo, ogni tanto nelle pagine traspare  persino un velo di humour e alcune scene mi hanno fatto addirittura sorridere. Mi piace la dinamica dei rapporti  tra Nathan e Skunk, un vero amico e fidato killer a pagamento. Mi piace come interagiscono, l’assoluta comprensione e la fiducia reciproca  tra loro e ho apprezzato l’approccio concreto e sobrio di Skunk a ogni situazione.
All’inizio pur non calando mai di ritmo, quando le motivazioni di Nathan erano solo fondate sul guadagno, si notava come  un certo distacco  tra  lui e l’indagine ma verso la fine, quando ci avviciniamo rapidamente alla drammatica conclusione, la tensione e il suo diretto  coinvolgimento emotivo decollano,  arrivando quasi alle stelle.   

S.A. Cosby è uno scrittore statunitense, originario della Virginia. È autore di quattro romanzi e diversi racconti pubblicati su importanti riviste e raccolti in antologie. Per il racconto The Grass Beneath My Feet ha vinto nel 2019 l’Anthony Award for Best Short Story. Prima di ottenere successo come scrittore ha fatto diversi lavori tra cui il buttafuori, l’operaio, il giardiniere, il montatore di palchi e l’addetto alle pompe funebri. È un appassionato escursionista e giocatore di scacchi. Per Deserto d’asfalto (Nutrimenti 2021) ha vinto il Los Angeles Times Book Prize 2020 nella categoria Mystery/thriller. Sia di Deserto d’asfalto che del suo successivo romanzo Razorblade Tears.

:: Un’intervista con Auke Hulst, autore de “I bambini della Terra selvaggia” a cura di Giulietta Iannone

23 Maggio 2025

Benvenuto Auke su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Scrittore, cantautore, critico letterario, presentati ai tuoi lettori italiani, parlaci di te della tua infanzia, dei tuoi studi, del tuo debutto come scrittore. Sei autore di I bambini della Terra selvaggia che hai presentato al Salone del Libro di Torino. Ce ne vuoi parlare? Da cosa è nato il progetto per scrivere questo libro?

Mi chiamo Auke Hulst e sono cresciuto nel nord dei Paesi Bassi, in un piccolo villaggio, o per la precisione un accorpamento di abitazioni senza chiesa, chiamato Denemarken, che nel dialetto locale significa “campi selvaggi”, cioè terra aspra. Mio padre è morto due giorni prima del mio ottavo compleanno e, da allora, la nostra famiglia – quattro figli, due maschi e due femmine – è rimasta in mano a nostra madre, la quale era spesso assente e piuttosto irresponsabile. Avevamo sempre debiti e altri problemi, perciò abbiamo avuto un’infanzia non facile. Da quell’infanzia nasce I bambini della Terra Selvaggia, in cui esploro che cosa significhi, per dei bambini, crescere in condizioni così insicure. Questo studio è stato il motivo principale per cui ho scritto il libro, ma volevo anche mettere per iscritto la storia della nostra famiglia: consideralo un monumento ai quattro bambini di allora.

Un racconto intimo e universale sull’infanzia, la famiglia, e il coraggio di credere nel futuro. È un romanzo anche per ragazzi, o è rivolto principalmente a un pubblico di lettori adulti?

È chiaramente un romanzo per adulti. Guardiamo il mondo attraverso gli occhi di Kai, il bambino che mi rappresenta, ma con la saggezza e la conoscenza dell’adulto che diventerà. Oltre ad essere un libro avventuroso e doloroso, è anche un libro filosofico e poetico. Per lo meno, lo spero.

Dove è ambientato il romanzo? In che anni?

La storia è ambientata tra il 1983, anno della morte di mio padre, e il 1998, quando mia madre si dileguò per andare a vivere da senzatetto in Francia. Ad eccezione dell’epilogo francese, quasi tutto il libro si svolge nella regione olandese di Groningen, un luogo peculiare: rurale e dalla situazione economica poco favorevole, ma anche la zona in cui lo Stato olandese e le grandi compagnie petrolifere hanno guadagnato enormi somme di denaro dall’estrazione di gas naturale.

Parlaci del legame che unisce i quattro fratelli? Ti sei basato su fatti autobiografici?

Noi quattro – mio fratello maggiore di un anno, mia sorella minore di un anno, la mia sorellina più piccola e io – siamo stati costretti dalle circostanze ad affidarci l’uno all’altro fin da piccoli. Dovevamo salvarci da soli e salvarci a vicenda; dico sempre che eravamo come un piccolo commando. Ma eravamo anche senza educazione, e si vedeva nella rudezza con cui talvolta ci trattavamo.

La perdita del padre è un grande dolore, come l’affrontano? Questo rinsalda il loro legame?

La cosa davvero strana è che solo molti anni dopo ho potuto riflettere davvero sulla perdita di nostro padre, perché il comportamento e le carenze di nostra madre su numerosi fronti creavano problemi più urgenti a cui pensare. So però che esisteva un legame tacito, rafforzato da quel lutto. Non solo fra noi quattro, ma anche, per esempio, con altri bambini: i miei due migliori amici d’infanzia non avevano un padre presente, e pur senza parlarne lo sentivamo.

Sei tra i più celebri autori olandesi contemporanei. Come hai gestito questo successo? Ci sono anche ombre legate alla grande notorietà?

I Paesi Bassi non sono particolarmente amanti della letteratura, quindi gli scrittori – perfino i più famosi, categoria alla quale non mi annovero – raramente sono celebrità. Mi accorgo però che i lettori, grazie alla franchezza del mio lavoro, si confidano facilmente durante le presentazioni o nelle lettere: è una cosa molto speciale. Non ho subito effetti negativi dalla mia modesta notorietà. Certo, fatico a confrontarmi con le recensioni, buone o cattive che siano: dopo l’uscita di un libro vorrei dormire un paio di mesi, per non doverle ricevere di volta in volta.

Grazie della tua disponibilità e gentilezza come ultima domanda ti chiederei i tuoi progetti per il futuro.

Accanto alla mia scrivania ho una cassettiera; su ogni cassetto c’è il titolo di un libro in preparazione. Al momento ho riempito cinque cassetti: materiale per un romanzo storico, per un libro di viaggi, un romanzo di fantascienza, un libro di memorie e un breve romanzo contemporaneo che, ebbene sì, è ambientato in Italia!

Traduzione a cura di Simona Castagnoli, che ringraziamo assieme al marito Wil.

:: “Straordinarie verità soprannaturali dalla mistica delle meraviglie” di Maria Lataste (Edizioni Segno) a cura di Daniela Distefano

18 Maggio 2025

Si frequentano giorni di cammino piano, dove il sole illumina il tracciato senza offuscare i contorni. Mi è capitato di bere chiarezza e lucidità con questo libro come un maratoneta assetato di Verità. 

Ma andiamo con ordine, chi era Maria o Marie Lataste? Promuovo intanto il mio metodo apodittico di riportare brani interi del suo scrivere per farmi un po’ da segnale stradale e indicare ciò che è caduto sotto i miei occhi, mente, visione mentre lo leggevo con delizia.

Marie Lataste nacque il 21 febbraio 1822 a Mimbaste, vicino a Dax, in Francia. Ultima figlia di contadini pii ed umili, visse un’infanzia molto povera. Quel poco che lei e le sue sorelle conoscevano – leggere, scrivere, cucire e filare – lo appresero dalla madre, che ebbe cura di insegnare loro anche la fede e le virtù cristiane. Il carattere irrequieto e orgoglioso di Marie diede fin dall’inizio non poche preoccupazioni alla madre che per questo non smetteva di raccomandarla al Signore nelle sue preghiere. Il momento di svolta nella sua vita arrivò quando aveva 12 anni. Era il giorno della prima Comunione, quando sperimentò un’intensa impressione della Divina Presenza. Circa un anno più tardi, durante la Messa al momento dell’Elevazione, le parve di vedere una luce brillante che sembrava accenderla di amore per il Signore Eucaristico. Nel 1839, quando aveva appena 17 anni, vide Cristo sull’altare. Da quel momento Gesù la istruirà quasi quotidianamente impartendole una vera e propria formazione spirituale e dottrinale. Gesù le spiegava con un linguaggio semplice le principali verità di Fede, servendosi talvolta anche di visioni simboliche e di parabole. Il 9 maggio 1847 si ammalò improvvisamente. In punto di morte, prima che le fosse impartita l’estrema unzione, ricevette l’autorizzazione a pronunciare i voti. Morì il giorno successivo, 10 maggio 1847, a Rennes all’età di appena 25 anni,  esattamente come le era stato preannunciato qualche tempo prima da Gesù.

Sin qui la vita e la morte di Santa.  Ma cosa ci ha lasciato questa santa fresca come un bocciolo non ancora aperto alle meraviglie del Creato?

La risposta è nella mole di scritti che ne fanno una serva prona al servizio del suo principale che l’ha resa degna della sua dettatura. Gli argomenti, sono quelli di oggi. Un oggi eterno.  

“Conoscere Dio, adorarlo, obbedirgli, tale era la religione dell’uomo sulla terra, nel suo paradiso, e questa religione, dal primo uomo fino a te, è sempre stata la stessa: cosa fai infatti oggi nella religione cattolica, se non conoscere Dio, adorarlo e obbedirlo? Tu lo conosci come lo conosceva Adamo, tu lo adori come faceva Adamo; solo l’obbedienza che dai a Dio è cambiata, come è cambiata per i patriarchi, come per il popolo che mi ero scelto, come quando sono giunto per rimuovere la legge del timore per sostituirla con la legge dell’amore. Ma non è l’obbedienza in sé stessa che è cambiata, è l’obbedienza in relazione alle azioni che Dio ti chiede. Dio stesso ha voluto modificare le prescrizioni che aveva dato ad Adamo, cambiare poi quelle che aveva dato ai patriarchi, cambiare infine quelle che aveva dato a Mosè. Ma è stato lui che le ha cambiate. L’uomo ha dovuto obbedire, e la religione è sempre la stessa, nonostante quei cambiamenti sull’obbedienza dovuta a Dio. Le persecuzioni  si sono abbattute contro di essa; ma da Adamo, il padre del genere umano, da Abele, fedele servitore di Dio, ai più recenti martiri, la persecuzione non ha mai distrutto la religione, lei gli ha solo dato sempre più forza e vigore. Sai perché, figlia mia? Perché è Dio stesso che ha stabilito la religione, che la conserva e la diffonde con i mezzi che ha scelto, e contro i quali le potenze del mondo e dell’inferno non possono nulla”.  

Nelle sue pagine, vibra l’atmosfera apocalittica della gloria e della salvezza eterne

 “Hai coraggio?” Mi chiese il Signore. Allora sfidando me stessa, gridai: “Signore, venite in mio aiuto, datemi la vostra forza e la vostra virtù!” E subito dopo risposi, con forza sovrumana: Sì, ho coraggio; non ho paura di niente.  La porta si aprì, e salii una lunga scalinata che mi portò in un appartamento al termine del quale c’era un’altra scala. Quando entrai in questo appartamento, un uomo, nascosto dietro la porta, mi colpì con un vigoroso colpo di bastone che mi levò quasi tutte le forze. Ho avuto grandi difficoltà nel salire la seconda scala. Ci sono comunque riuscita. Lì trovai un uomo che ebbe compassione per la mia debolezza, e mi offrì un bicchiere d’acqua. Quest’acqua mi rinfrescò e mi ridiede un po’ di vigore.Salii una nuova scala e vidi venire verso di me un uomo possente che mi diede due schiaffi che mi stordirono. Caddi a terra senza essere in grado di rialzarmi. Nella mia angoscia gridai: Signore, vieni in mio aiuto!  Allora la persona che era con me e un altro che era accorso, mi presero tra le loro braccia e mi portarono in cima ad un’altra scala dove trovai un grande crocifisso. Mi gettai in ginocchio, abbracciai i piedi del Salvatore; salii un’altra scala, e raggiunsi un appartamento il cui pavimento e il soffitto sembravano essere un solo specchio. Le pareti erano disseminate di specchi più piccoli, di varie dimensioni, che ricevevano il loro brillìo dagli specchi di sopra e di sotto; dissi a me stessa: questo pavimento e questo soffitto  raffigurano Gesù Cristo in cielo e in terra che riversa la sua luce sui santi, che la riflettono e se la rimandano reciprocamente e, passando da uno all’altro, essa torna al Salvatore Gesù.    Anch’io devo guardare la luce che egli mi manda dal suo trono celeste e dal trono del suo tabernacolo, e riflettere questa luce per illuminare le tenebre del mio prossimo e riportarlo a Gesù, per quanto Dio me lo concederà. Subito lo specchio superiore si aprì in forma di torre, si trasformò poi in forma di scala i cui gradini, lucidi e levigati, portavano ad un piccolo padiglione senza pareti, ma tutto in colonnine di una luminosità abbagliante, e Gesù era al suo centro. Mi chiamò; mi avvicinai a lui e, man mano che mi avvicinavo, sentivo il mio cuore più ardente d’amore per il mio Salvatore. Quando fui vicino a lui, egli tese la mano; io mi gettali ai suoi piedi e mi persi nella dolcezza della sua presenza, sperimentando una felicità al di sopra di tutte le felicità nel mondo, e potei solo esclamare: “Salvatore Gesù, quanto è amabile servirvi! Quanto si è felici nel vivere vicino a voi, con voi, in voi!”.

***

La chiamata del Signore è per i giusti e per i peccatori

Tutta la bontà e la misericordia di Dio si trovano nell’ostia dove ci sono tutte le perfezioni di Dio, tutte le virtù, tutte le grazie, poiché colui che vi abita è l’autore della grazia e il Dio delle virtù. E’ qui che a Dio piace fare misericordia, esistendovi per bontà e misericordia. Sarebbe degno di lode un amico che, per il suo amico, si spoglierebbe di tutti i suoi beni, si esilierebbe con lui. E io… sono morto per gli uomini, ho voluto abitare in mezzo ad essi nel loro esilio, per consolarli, fortificarli, consolarli e provvedere ai loro bisogni dando loro quello che loro necessita. Infatti, chi mai, venendo a chiedere a me con fede, speranza, sottomissione, costanza e perseveranza, non sarebbe esaudito? Ah! Figlia mia, in verità di dico, se gli uomini sono così deboli, così sprovvisti di virtù, è perché non ne chiedono mai abbastanza: la maggior parte di loro si riunisce nella mia casa, dice qualche preghiera, con un po’ di fervore, se vuoi, altri le dicono a fior di labbra, tra lo smarrimento e la superficialità del loro spirito. E  come volete che un Dio geloso possa accogliere ed esaudire queste preghiere? Chi è colui che, essendo afflitto, e venuto con sante disposizioni non è stato consolato? E’ proprio per quelli che sono schiacciati dal peso della legge che io sono presente nell’Eucarestia, poiché ho detto: venite a me, voi che siete oppressi, ed io vi solleverò. Non invito solo i giusti, ma anche i peccatori, purché vogliano rinunciare sinceramente ai loro peccati; infatti io sono su un trono di grazie e di misericordia per accogliere quelli che si presenteranno.

***

Voglio concludere questo resoconto con un riferimento alla Santa Vergine Maria.. E’ Gesù che parla della Sua Mamma a Marie Lataste. Un  tripudio di dolcezza, fermezza, umiltà. W Maria Santissima

La mia incarnazione era il capolavoro delle manifestazioni esteriori di Dio in cielo e sulla terra. Da tutta l’eternità Dio aveva preparato quest’opera. Quando giunse l’ora, nel mezzo dei tempi, mandò il suo angelo chiamato Gabriele nella stanzetta di Maria. Maria pregava, chiedendo la liberazione del mondo, sospirava ardentemente la venuta del Messia, e Dio viene a lei per mezzo del suo angelo; Dio viene a dirle che il tempo è compiuto, che il Messia nascerà da lei; l’angelo la saluta e si prostra davanti a lei. Dio voleva innalzare Maria e Maria pensava solo ad umiliare se stessa davanti a Dio; la sua umiltà le toglieva la parola, e lei era confusa nel suo nulla proprio quando Dio la esaltava con la sua divinità, che doveva unirsi così strettamente a lei. La sua umiltà divenne la sua forza.

:: Il fiore del male di Monica Campolo (Oakmond Publishing, 2025) a cura di Massimo Ricciuti

17 Maggio 2025

Viola Saggese è una giovane donna che vive a Torino, dove conduce un’esistenza ordinaria. Fidanzata con il ricco Cesare e prossima alle nozze, Viola lavora come grafica presso una casa editrice. Tutto scorre su un binario tranquillo, senza scossoni, con una monotonia di fondo che prevede alcune noiose cene con i suoceri e con coppie di amici. La giovane è consapevole di questa situazione, ma non riesce a tirarsene fuori. Un imprevisto sta, però, per cambiare ogni cosa: l’incontro con il musicista Christian è destinato a modificare in toto la sua esistenza, sconvolgendola sino a conseguenze estreme. Intanto dall’altra parte dell’oceano, precisamente in Virginia, Alessio Ungaro è detenuto nel braccio della morte del carcere di Sussex, condannato per il barbaro omicidio della fidanzata Elizabeth. Sottoposto a sevizie quotidiane da parte dei crudeli secondini, il ragazzo italiano può contare solo sul supporto di Gloria, suo avvocato. Due vite agli antipodi, non solo geograficamente, quelle di Viola e Alessio, eppure destinate a incrociarsi.

Dopo alcuni anni torna in libreria Monica Campolo con Il fiore del male. Un noir molto intenso la cui struttura narrativa è caratterizzata dall’alternanza di capitoli che raccontano le vicende dei due protagonisti: quelli dedicati a Viola sono scritti in prima persona, gli altri in terza. Il linguaggio, a volte crudo, usato dall’autrice rispecchia perfettamente l’andamento della storia e la cifra stilistica del romanzo. Le personalità delle varie figure sono scavate a fondo, con tutte le sfumature che nascondono o cercano di nascondere. A Viola basta poco per mandare in frantumi la propria esistenza borghese ed è facile comprendere come fosse proprio ciò che desiderava. Alessio, dal canto suo, compie un gesto estremo, consapevole che sia l’unico modo per uscire dall’incubo in cui è precipitato. Christian, invece, resta un punto interrogativo, spesso sfuggente e ambiguo nei confronti di una Viola che si è gettata a capofitto nella loro storia d’amore e sesso. Il tutto sullo sfondo di una Torino dalle mille sfaccettature, non ultima quella esoterica. Il finale del romanzo porta a una resa dei conti davvero sorprendente, ulteriore motivo per cui ne consiglio la lettura.

Monica Campolo, nata ad Alessandria nel 1963, vive in Versilia da quando era bambina.
Appassionata ed eclettica lettrice fin da ragazza, predilige il genere giallo-noir, perché ama il mistero, le sfide e l’analisi dei meandri della psiche umana.
Approdata alla scrittura in età adulta ha scelto di dedicarsi al suo genere preferito e ha pubblicato diversi romanzi e racconti.
Con la Oakmond ha già pubblicato il romanzo Amore d’inverno.

:: L’abisso di San Sebastiano di Mark Haber (Marcos y Marcos, 2025) a cura di Patrizia Debicke

11 Maggio 2025

«Non poteva esistere opera del conte Hugo Beckenbauer più grande dell’Abisso di San Sebastiano, insisteva Schmidt, e io ero d’accordo perché essere d’accordo con Schmidt era più facile che esser in disaccordo con Schmidt

Un romanzo sull’arte, sull’amicizia e sull’ossessione dal diabolico umorismo . L’arte è una cosa insidiosa. A differenza di altri campi – le scienze come  la medicina e il diritto,  ma anche  le discipline umanistiche –  nell’arte esiste la  soggettività fondamentale per valutare   ogni impresa artistica. Sembrano verità universali: questo dipinto è bello  questo libro buono ma definire quali siano i punti fermi  per una  qualsiasi forma d’arte è molto difficile. E a conti fatti questo principio vale sia per i critici d’arte come per chi recensisce il  libri.
Questo è l’ assurdo, spiritoso e presuntuoso dato dei fatti  che Mark Haber esplora e denuncia con grande abilità in ” L’abisso di San Sebastiano”.
Il libro basato su un concetto apparentemente semplice. Il narratore è una sorta di fenomeno nel mondo accademico-critico, essendo stato uno dei co-scopritori di un pittore rinascimentale olandese del XVI secolo, il “conte” Hugo Beckenbauer, e del suo capolavoro trascendente, l’ Abisso di San Sebastiano. Il “co” nella frase precedente costituisce il fulcro del romanzo: il nostro eroe, mentre era uno  disilluso studente universitario a Oxford, strinse amicizia con il volubile compagno di studi  austriaco, Schmidt, con il quale poi scoprì il piccolo dipinto dimenticato tra le pagine polverose di un libro di testo. Ripensandoci, tanto tempo dopo, tre o quattro decenni, a quanto pare sempre per bocca del narratore, del quale non sapremo mai il nome, apprendiamo  come in seguito  lui e Schmidt siano diventati quasi delle superstar nel mondo dei critici d’arte e degli autori del settore.  
I due infatti hanno pubblicato testi tenuto innumerevoli conferenze, scritto uno dopo l’altro  tutta una serie di libri sui dettagli del piccolo dipinto, ponderosi tomi che valutavano le ombre sfumate di un cielo apocalittico o lo sguardo pazientemente enigmatico dell’ “asino sacro” che compare in primo piano nell’opera.
Tuttavia negli anni , tra i due amici colleghi,  complici varie incomprensioni e  l’odio dell’austriaco  per le  due  mogli del narratore, c’è stato  un brutto  litigio provocato  da un suo  misterioso commento aborrito da Schmidt. Litigio che ha finito con trasformare la loro precedente fattiva  collaborazione, in una sciagurata guerra combattuta a suon di sferzanti commenti e la pubblicazione di  brucianti saggi.
Il nostro protagonista, tuttavia dopo anni dall’inizio delle ostilità tra loro, riceve una e-mail da Schmidt. Sembra che il suo vecchio amico sia in punto di morte a Berlino, e vuole che l’amico vada a trovarlo per l’ultima volta.
L’arrivo di questa mail “tutto sommato breve” di sole nove pagine, dopo tredici anni di glaciale rottura e il successivo viaggio transatlantico del narratore rappresenteranno  il  successivo ed esplicativo fil rouge della storia. L’abisso di San Sebastiano che parla soprattutto del passato , diventa un ironica  presa di giro  della critica d’arte ma anche dei tanti rischi legati all’ambizione. Scopriremo un mucchio di  dettagli sul dipinto e sull’autore, un certo  Beckenbauer, e  sulla sua  sordida vita di pittore nomade, sessuomane e sifilitico. E la cui opera, salvo quell’unico quadro speciale, pare fosse insignificante.
Scopriremo che Schmidt era solito dire che la pittura, apparentemente finita in pratica nel 1528 con la scomparsa di Matthias Grünewald, era stata in seguito salvata solo dalla pittura fiamminga, dal Manierismo olandese e dal Rinascimento. L’arte pittorica  a suo vedere tuttavia era morta una volta per tutte, diceva, nel 1906, ultimo rappresentante, Cézanne. Tutto ciò che era venuto dopo non era arte per lui:  solo della spazzatura .
Ma i tanti libri in materia scritti sul dipinto  dai due amici/rivali non erano in realtà capolavori di  approfondita ricerca  su un’opera ma piuttosto demagogiche pubblicazioni in una gara tra loro  perdurata decenni.
L’autore omette deliberatamente i dettagli del dipinto in sé: sappiamo solo che ci sono un asino, una parete rocciosa, raggi di luce e  degli apostoli, ma non è certo abbastanza per capire perché gli siano attribuite qualità tanto straordinarie.
Ma man mano che la storia procede si ha tuttavia la sensazione che il narratore scopra che tutta quell’erudizione dedicata  a L’abisso di San Sebastiano si sia  alla fine trasformata  in una specie di prigione che uccideva il piacere dell’arte invece di accrescerlo, tanto da chiedersi se ne fosse mai valsa davvero  la pena.
Una scrittura piena, accurata, che si avvale di sapiente maestria in  un romanzo particolare, diverso e intrigante sugli effetti sterili  e a ben vedere ridicoli  di un acceso combattimento intellettuale a basso rischio.

Mark Haber è un autore statunitense. Ha lavorato per undici anni presso Brazos Bookstore, leggendaria libreria indipendente di Houston,Texas, dopo aver inseguito i fantasmi di grandi scrittori del passato, da Cervantes a Conrad a Bolaño. Il suo romanzo d’esordio, Il giardino di Reinhardt (Keller, 2022) e` stato inserito nella longlist del PEN/Hemingway Award.
L’abisso di San Sebastiano (Marcos y Marcos, 2025), è stato nominato miglior libro di quell’anno dalla New York Public Library e da Literary Hub.