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:: L’estate dei Morti di Giuliano Pasini, (Piemme 2024) a cura di Patrizia Debicke

3 ottobre 2024

Estate dei Morti, fine ottobre primi di novembre e secondo romanzo di Giuliano Pasini con per scenario Case Rosse, piccolo borgo rurale dell’Appennino modenese e sede di un ridotto commissariato di polizia. Anche stavolta con come protagonisti il commissario Roberto Serra ormai vecchia conoscenza dei lettori Piemme e l’agente speciale Rubina Tonelli, intelligenti, capaci, fuori dagli schemi ed entrambi con un passato denso di sofferenza e benché costellato di risultati anche di sfregi professionali. Serra trasferito a Case Rosse, il borgo di mille anime arroccato sull’Appennino emiliano dove nel 1995 aveva trovato per la prima volta rifugio per fuggire da quelle indagini e da quegli omicidi che a Roma lo stavano distruggendo, ritornato là da quattro anni per sua scelta, convinto che gli potesse servire. L’ha fatto forse perché sperava di riuscire a chiudere lassù con i fantasmi che l’ossessionavano e magari farcela a controllare la sua sindrome e la sua vita? Cosa tutt’altro che semplice. Anche se a Case Rosse era finalmente riuscito a chiudere con l’alcol, pericolosa terapia per la Danza quel suo incontrollabile dono, ma condanna e maledizione E proprio ai suoi ordini, a Case Rosse, era finita anche Rubina Tonelli romagnola dai capelli rossi, giovane, stizzosa, viziata economicamente da un padre ricchissimo e spedita a scontare un periodo di punizione per aver avuto il grilletto tropo facile in un’operazione di polizia.
Una ragazzina con voce angosciata verso sera chiama da una cabina telefonica al commissariato di polizia di Case Rosse. Le risponderà l’agente scelto Rubina Tonelli. La sua interlocutrice, che dice di chiamarsi Sibilla Mari e di avere quattordici anni, la supplica di accorrere, a Montecuccoli. In un vecchio casale ci sono due morti. Li ha uccisi la Borda, il mostro che ammazza grandi e piccini. e ora lei deve scappare via, ha paura che torni …
Rubina Tonelli che è sola in commissariato prova a rintracciare Serr , anche se sa che essendo il suo giorno libero, il commissario è a Bologna a trovare la figlia. Si limita allora a lasciargli un messaggio poi, dopo aver miracolosamente appurato da Alver, all’Osteria del paese, che strada fare per raggiungere Montecuccoli , salta sulla sua Mustang e, seguendo le indicazioni, troverà la cabina telefonica dalla quale è partita la richiesta di aiuto della ragazzina con il telefono a penzoloni e poco oltre un parcheggio con due auto: una Ypsilon beige e una Lancia Delta Martini bianca . È buio ormai, e lei non ama l’ oscurità . Ciò nondimeno raggiunge il vecchio casale segnalato nella telefonata e all’interno scopre un uomo ucciso a coltellate e un altro legato e strangolato, con evidenti segni di pratiche erotiche Bondage. Un orrendo spettacolo, con il sangue delle due vittime che è schizzato dappertutto. E lei e Serra che, trovato sul telefono il suo messaggio ha chiesto rinforzi e l’ha raggiunta, entrando in quella casa inquineranno per forza in parte la scena del crimine.
Peccato che già all’arrivo di Serra la Ypsilon beige che Rubina è sicura di aver visto nel parcheggio sia sparita. E la ragazzina della telefonata, che ha dichiarato di chiamarsi Sibilla Mari, figuri per la polizia morta vent’anni prima. Insomma nell’autunno del 1994 annegata nel pozzone, lo stagno limaccioso poco lontano dal casale che sua madre, Caterina detta la Stria, la Strega aveva poi fatto interrare e spianare con una colata di cemento. E quando allora era stata ritrovata con lei c’era Luce, la sua migliore amica, che aveva sempre giurato e spergiurato di non essere entrata in acqua. Anche se quando l’avevano ritrovata fuori di sé sulla riva, era bagnata fradicia…
E oggi il casale in cui è avvenuta la strage è proprio quello dove abitava Luce, ormai trasferita da anni con la sua famiglia e poi sparita.
Spetterà al commissario Roberto Serra e all’agente scelto Rubina Tonelli affrontare questa brutta storia che dovrà anche riportare alla luce e chiarire gli allucinanti risvolti di quell’inquietante disgrazia mai dimenticata.
Per individuare l’assassino, dovranno accettare di penetrare nel più fitto del mistero, ripartendo dal più profondo, dove si può reperire di tutto, dalla leggenda della Borda alla Stria, simboliche figure che impersonano il male e la cattiva magia, ad altre creature, vere? di fantasia? E che sicuramente sanno come muoversi, fanno paura, conoscono e custodiscono tutti i peggiori segreti. Ma non basta perché per farcela davvero dovranno arrivare a decifrare i tanti insondabili perché e le inimmaginabili conseguenze dell’oscuro epilogo di una lontana tragedia.
E da soli, ma e soprattutto con l’ indispensabile aiuto del commissario Corazza della questura di Modena, e il benevolo appoggio e supporto tecnico scientifico del comandante del Ris, il celebre generale Minimo, dovranno riuscire a sbrogliare le fila di un caso che pare allungare esotericamente i suoi artigli fino a coinvolgere sia i vivi che i morti.
Un’altra storia di Pasini interpretata dai suoi due singolari protagonisti afflitti dalle tante problematiche della loro vita, familiari e non, che dovranno affrontare e a loro modo sconfiggere insieme o da soli molti dei propri demoni.
A cominciare da Serra che, perseguitato dalla “Danza”, è stato abbandonato dalla compagna, ha problemi con la figlia bambina e teme che anche lei possa in futuro soffrire come lui . Rubina Tonelli invece, angosciata dai suoi eccessi, infierisce su se stessa, si droga o fa eccessivo uso di tranquillanti, pur continuando a lottare per non lasciarsi andare. Due emarginati che nel reciproco aiuto, pian piano riusciranno forse a ritrovare se stessi?
Affondando a piene mani in alcune millenarie occulte tradizioni emiliane appenniniche e coinvolgendo nelle sue pagine forze apparentemente sovrannaturali, Giuliano Pasini si diverte di nuovo a costruire un diabolico e indovinato thriller psicologico. Un romanzo che tuttavia anche stavolta evidenzia come il vero e unico mostro che abita la Terra sia l’uomo.

Giuliano Pasini è nato a Zocca (Modena) nel 1974 e vive a Treviso. Ha esordito nel 2012 con il romanzo Venti corpi nella neve (TimeCRIME) che ha ottenuto un notevole successo di pubblico. “Nuova stella del thriller italiano” secondo Antonio D’Orrico del “Corriere della Sera”, ha pubblicato con Mondadori la seconda avventura di Serra Io sono lo straniero e partecipato all’antologia Alzando da terra il sole. I suoi romanzi, tradotti in Germania, Austria e Svizzera, si sono aggiudicati i premi Mariano Romiti, Massarosa, Provincia in giallo, Sapori del giallo, Lomellina in giallo.

:: L’estate dei morti di Giuliano Pasini (Piemme 2024) a cura di Massimo Ricciuti

8 giugno 2024

L’estate dei morti è il periodo dell’anno racchiuso tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. In quei giorni del 1984 una ragazza di nome Sibilla annega in uno stagno in circostanze misteriose. Esattamente due decenni dopo, l’agente scelto Rubina Tonelli, di stanza al commissariato di Case Rosse, sull’Appennino emiliano, riceve una telefonata che annuncia il brutale omicidio di due uomini in un casale della zona. A effettuare la chiamata è una ragazza che dice di chiamarsi proprio Sibilla: secondo lei, le vittime sarebbero state uccise dalla Borda. Quest’ultima, nella tradizione dell’Emilia-Romagna, è una creatura leggendaria rappresentata come una sorta di strega che vive nelle zone paludose e uccide i passanti, soprattutto i bambini. Rubina, come spesso le accade, decide di fare di testa propria e si reca al casale senza il suo superiore, il commissario Roberto Serra. Sul posto trova, in effetti, i cadaveri di due uomini orrendamente massacrati. Il locale sembra appartenere a Luce, amica della ragazza morta nel 1984 e presente anche lei allo stagno venti anni prima. Di Luce, però, si sono perse le tracce da lungo tempo e la telefonata non può essere stata fatta dalla Sibilla del 1984. Sono solo due dei tanti misteri che Roberto e Rubina si troveranno ad affrontare un’indagine destinata a segnarli per sempre.

L’estate dei morti è il quinto romanzo del bravissimo Giuliano Pasini. Al sempre presente commissario Serra, si è aggiunta, dall’avventura precedente, l’agente scelto Tonelli, mandata a Case Rosse per “punizione”. Sono due personaggi complicati, ognuno alle prese con le proprie debolezze e con il proprio, ingombrante passato. Le cicatrici fisiche e morali che si portano addosso faticano a guarire e tutto ciò va a pesare sul loro rapporto, fatto di cose dette e, soprattutto, taciute. In questa indagine saranno costretti a confrontarsi con eventi che di naturale paiono avere davvero poco: Roberto è più scettico al riguardo, mentre Rubina si lascia trascinare da subito. Le tradizioni popolari sono dure a morire e gli abitanti di Case Rosse non fanno eccezione. Serra si sta facendo pian piano accettare, anche se resta comunque uno ed fòra, cioè non del luogo. Il commissario è segnato da una tragedia che l’ha colpito da ragazzo: l’assassinio dei genitori, avvenuto in sua presenza. I responsabili non sono mai stati individuati e lui si è imposto di trovarli. Nel romanzo ritroviamo alcuni personaggi ormai familiari, quali Vito Corazza della Squadra Mobile di Modena e il generale Minimo, comandante del RIS di Parma. Fa capolino una nuova figura, l’invadente giornalista Germana Prilli, che intreccia un inquietante rapporto con Rubina. Proprio quest’ultima assume una maggiore rilevanza, che la porta a essere una vera e propria coprotagonista. Non mancano momenti riservati alla buona musica, al buon cibo e al buon vino. Il tutto nel romanzo sicuramente più “duro” e più cupo dell’autore, una storia davvero forte che, agli elementi del thriller, aggiunge venature noir e soprannaturali.

Giuliano Pasini, nato a Zocca, è un orgoglioso uomo d’Appennino che vive in pianura, a Treviso. Socio di Community, una delle più importanti società italiane che si occupano di reputazione, è presidente del Premio Letterario Massarosa e in giuria di altri concorsi italiani e internazionali. Il suo esordio, Venti corpi nella neve (ora Piemme), diventa subito un caso editoriale. Seguiranno Io sono lo straniero e Il fiume ti porta via (entrambi Mondadori), tutti con protagonista Roberto Serra, poliziotto anomalo e dotato di grande umanità, in perenne fuga da sé stesso e dal male che lo affligge. È così che si muore ne segna il ritorno a Case Rosse dieci anni dopo il primo romanzo.

:: Jack is back di Stefano Tura (Piemme 2021) a cura di Patrizia Debicke

2 Maggio 2023

Un gioco sottilmente crudele muove la trama del libro di Stefano Tura che, con un attuale e misterioso punto di vista affronta nel suo romanzo la disumana e feroce odissea del famoso serial killer londinese: Jack lo squartatore, Jack the ripper . Il nome dello sconosciuto (mai identificato fino ad oggi ) che operò tra l’estate e l’autunno del 1888, sgozzando e mutilando ferocemente cinque donne di povera estrazione sociale nel degradato quartiere londinese di Whitechapel, dell’East End di Londra, è tratto dalla firma posta in fondo a una lettera di una anonimo indirizzata alla Central News Agency. In cui lo sconosciuto mittente, asseriva di essere l’assassino.
Due delle vittime del killer erano prostitute. Le altre di misera estrazione sociale.
Tura interpreta la storia di quella famosisima sequenza di atroci crimini mai risolti – il mistero permane ancora dopo 130 anni – , dandogli nuova sanguinaria vita nella Londra di oggi.
Lo fa proponendo una motivazione, un confronto o peggio un alibi, offerto dalle problematiche sociali dell’epoca vittoriana paragonate a quella attuale e che gli consente di regalare una diversa e ipotetica prospettiva a uno dei disegni criminosi più efferati della storia.
Tutto inserito in un’ incontrollabile alternarsi di presente e passato che varca minacciosamente i confini di un mix tra spiritismo e paranormale, dominato dalle dottrine teosofiche.
Infatti, come ci suggerisce il titolo e come scopriremo presto leggendo, parrebbe quasi che Jack the ripper (la squartatore) sia riemerso dal passato per colpire ancora, terrorizzando i residenti dell’antico quartiere dell’East End.
E Derrick Brainblee, Ispettore capo della City Police di Londra affiancato dal suo duttile e coraggioso sergente Dustin Chandler, verrà coinvolto in una caccia all’assassino che sfiora l’inverosimile. E per farlo, volente o nolente, sarà costretto ad avvalersi dell’informativa a disposizione che riporta tutte le ricostruzioni storiche sull’antico caso. Pare quasi che un imitatore stia seguendo puntualmente le tracce del suo crudele predecessore ottocentesco.
Brainble, passato alla Polizia Metropolitana dopo dieci anni presso Scotland Yard, è considerato uno dei più esperti investigatori nel traffico illecito di esseri umani che da anni si sta facendo sempre più largo in Inghilterra. L’ispettore capo, sempre preciso, coscienzioso, pare abbia un intuito particolare. Il suo attuale lavoro poi, tenendolo più lontano dal diretto contatto con i cadaveri, ha permesso alle sue angoscianti allucinazioni , secondo i medici sindrome e segni premonitori di un possibile ictus e suo incubo da quando ha compiuto venticinque anni, di concedergli una parziale tregua. Fino a quando un giorno vede sul suo profilo Instagram un’immagine scioccante: il cadavere di una donna mutilata e smembrata con la gola squarciata. La foto è priva di testo ma accompagnata dall’hashtag # jib . Naturalmente chi l’ha spedita non è rintracciabile e pochi istanti dopo e, per fortuna il poliziotto ha avuto la prontezza di salvarla, quell’immagine verrà cancellata. Brainblee è certo di averla già vista, ma quella agghiacciante fotografia rappresenterà per lui solo il primo passo su una strada molto pericolosa … Perché il giorno stesso, dopo aver lasciato il suo sergente allo storico pub The Pride of Spitafield un tempo il The Romford Srms, divenuto famoso all’epoca di Jachk the ripper, un’improvvisa onda nera l’assale, tutto ruota, fino a quando finalmente intravede un portone… per lui sarà il buio assoluto. Una diversa e insondabile dimensione.
Al suo risveglio, quasi quaranta minuti dopo, seduto su una panchina di Brushfiels Street,
ha la camicia sporca sul davanti, le nocche della sua mano sinistra sono sbucciate e sanguinanti e prova forte dolore al braccio. Non ha nessun vero ricordo però di cosa abbia veramente fatto.
Ciò nondimeno nei giorni successivi le sue temute allucinazioni, veri e propri black out con perdita di conoscenza, si intensificano diventando sempre più frequenti, al punto di fagli temere di dover rinunciare al lavoro. Anche perché a ogni risveglio il suo corpo mostra segni di lotta e la sua mente è marchiata da orribili immagini di assassinii. E neppure il ricorso all’aiuto di uno psicopatologo, suggeritogli da una collega, potrà aiutarlo.
Le sue indagini si intessono estendendosi a un gran numero di personaggi, da una straordinaria detective apparentemente infallibile al suo compagno, un professore esperto di criminologia, da una giovane studentessa, entusiasmata dai delitti avvenuti in epoca vittoriana, a un inquietante e perverso giovane drogato, ricchissimo membro della più alta aristocrazia, quasi a ricordare il duca di Clarence figlio della Regina Vittoria mai indagato ma sospettato all’epoca di Jack lo Squartatore.
Tutti attori pronti a calcare la scena per rappresentare ogni atto di un mostruoso spettacolo che cela una terribile verità : un preordinato ritorno di Jack the ripper, un nuovo killer, coscientemente manovrato dal male che cammina per le strade di Londra. Ma se non ci fosse il pubblico seduto in sala, pronto assistere quale piacere potrebbe esserci nell’ uccidere.
Un tuffo di testa nell’horror che esibisce scene spaventose con complesse motivazioni che fanno rabbrividire.
Ma anche e soprattutto un romanzo intrigante che , con una straordinariamente minuziosa e palpabile ricostruzione storico ambientale, riesce a immergere il lettore facendolo immedesimare nella oscure e torpide ma tormentate atmosfere inglesi vittoriane, destinate a una incontenibile transizione epocale, e le pone a confronto con quelle crude dell’oggi, dolenti e insoddisfatte, afflitte dalle problematiche materiali ed economiche del post Brexit.


Stefano Tura, giornalista e scrittore, nato a Bologna, oggi responsabile della sede Rai Emilia Romagna ha vissuto per anni a Londra dove lavorava come corrispondente per la Rai. Ha iniziato la carriera come cronista di nera nel quotidiano Il Resto del Carlino. È stato poi inviato di guerra per la Rai in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Sudan. Come autore di gialli e noir, ha scritto Il killer delle ballerine, Non spegnere la luce, Arriveranno i fiori del sangue, e molti altri; finalista nei premi Fedeli e Scerbanenco, e Tu sei il prossimo, con il quale ha vinto i premi Romiti e Serantini.

Source: libro del recensore.

:: È così che si muore di Giuliano Pasini (Piemme 2023) a cura di Patrizia Debicke

7 febbraio 2023

Quando tutto il resto pare inaccettabile, l’unica salvezza potrebbe essere la certezza di un porto sicuro. Perché la solitudine è forse la vera condanna del principale protagonista dei romanzi di Pasini, il commissario Roberto Serra che crede di non aver più un posto dove ritrovare la sua pace. Aveva sperato perciò che, tornando dieci anni dopo a Case Rosse, paesino arroccato sull’Appennino dove la sua storia e la sua dannazione, erano ricominciate gli potesse servire. Proprio a Case Rosse, il borgo di mille anime arroccato sull’Appennino emiliano dove nel 1995 aveva trovato per la prima volta rifugio per fuggire da quelle indagini e da quegli omicidi che a Roma lo stavano distruggendo. Ma la notte di Capodanno , il 1 gennaio 1995, quando il suo pur fragile equilibrio pareva faticosamente riconquistato, aveva dovuto affrontare uno dei crimini più brutali della sua carriera. Uno spaventoso delitto commesso durante la notte in alto, al Prà grand, con due adulti e una bambina uccisi senza pietà. Un’ orribile rappresaglia che riconduceva alla sofferenza e all’orrore vissuti 50 anni prima in quel luogo, con il massacro commesso nel ‘45 dalle SS in ritirata e dai loro alleati repubblichini, decisi a far terra bruciata attorno a loro. L’inchiesta che l’aveva ghermito, l’aveva catapultato nell’inferno di un passato che pareva dimenticato e invece era ancora marchiato a fuoco nella memoria degli abitanti. E quell’ inferno era tornato a presentare il conto offendo spazio alla danza. Un dono o una maledizione?
Insomma aveva indelebilmente segnato anche lui. Il ritrovato rapporto con Alice, unico insicuro lumicino, appeso a nuove piccole sicurezze, pian piano si era fatto traballante. La sua vita, la sua non-malattia che era parte di lui, le sue fughe continue, che si accumulavano una sull’altra lasciando cicatrici, erano tutte intrecciate con il suo nome : Alice. Non era servito il suo trasferimento a Treviso come capo ufficio immigrazione e neppure il suo rifugiarsi a Termine , il paesino di vigne. Non gli avevano impedito di scontrarsi di nuovo e ferocemente con l’aberrazione del male. E neppure il ritorno a Bologna e la nascita di Silvia mentre era ancora sospeso dal servizio, l’avevano reso più sicuro.
Silvia era una bambina speciale, per certi aspetti, ma così forse come era speciale lui. E poco dopo il dottor Gardini, il medico che per tanti anni aveva tentato di trovare una spiegazione e curare la paurosa sindrome del commissario, era stato assassinato laggiù nella bassa, terra cara alla prosa di Guareschi, poco lontana dalle Reggia di Colorno. Anche senza l’appoggio della divisa si era sentito costretto ad andare. A far parte del ventaglio di detectives riuniti per uno strano e inesplicabile delitto: Massimo Minimo, comandante in capo del Ris, Mixielutzi capo della squadra mobile di Treviso in ferie e nume tutelare di Roberto Serra, commissario sospeso.
Poi però, tornato in servizio con encomio, la sua volontaria scelta di allontanarsi. Perchè? Inquietudine? Vigliaccheria?
Ha chiesto lui infatti tre anni prima di essere assegnato di nuovo a quel minuscolo commissariato di montagna. L’ha fatto perché forse lassù sperava di riuscire a chiudere con i fantasmi che l’ossessionavano e magari farcela a controllare in qualche modo la sua sindrome e la sua vita? Cosa tutt’altro che semplice. E fare il pieno di alcol di notte e poi correre come un pazzo chilometri su chilometri ogni mattina per sputare il veleno, non è la migliore scelta. Intanto il suo rapporto con Alice si sta avviando alla definitiva chiusura, lei ha ripreso la studio del padre, sta per sposarsi con un ricco coetaneo bolognese. Mentre lui annaspa inutilmente pare e la forzata e dolorosa separazione da Silvia, sua figlia, non aiuta.
Poi a maggio, in un giorno che sembra scorrere inutile , senza sorprese come tutti gli altri: la chiamata del vicesindaco con la richiesta di correre nella frazione di Ca’ di Sotto per un incendio che sta divorando una cascina. Una cascina dove abitano un uomo e la sua compagna.
Roberto Serra e l’agente scelta Rubina Tonelli, una romagnola dai capelli rossi giovane e stizzosa, mandata lassù, a Case Rosse, a scontare una punizione, devono raggiungere subito il posto sulla trentenne ma funzionante Campagnola del commissariato. I pompieri, chiamati per primi e già all’opera , stanno usando la schiuma per controllare il fuoco, ma la stalla con le bestie è già andata, solo una scrofa mezza arrostita è uscita ancora viva dalle fiamme. Tra i primi ad accorrere, per tentare di fare qualcosa, è stato Rigo Bagnaroli, il fratello maggiore di Burdigon, ex pugile , un omone di un metro e novanta che si è fatto medicare dai sanitari le ustioni per aver tentato invano di entrare.
Quando divorato dalle fiamme crollerà il tetto, il corpo di Eros Bagnaroli, detto il Burdigòn, lo scarafaggio, semi carbonizzato verrà estratto dai vigili del fuoco da quanto resta della casa, ma quando, su richiesta del dottor Cherubini medico condotto, il capo dei pompieri e uno dei suoi riusciranno a girarlo, apparirà lampante che la causa della morte non è stata l’incendio. Al Burdigon hanno tagliato la gola. Per fortuna il suo sarà l’unico cadavere ritrovato nella cascina perché la sua compagna, scesa poco prima con il motorino in paese, li ha raggiunti e sta piangendo disperata.
Il comandante dei vigili decreterà subito che secondo lui l’incendio è doloso e, per innescarlo , ritiene sia stata usata della miscela agricola.
Quando poi ormai sta per scendere la sera, ci sarà l’arrivo sulla scena del delitto, di una squadra di carabinieri del Ris e di una di poliziotti della questura di Modena, con al comando Vito Corazza, gigantesco e dimenticato amico d’infanzia di Roberto Serra e capo della squadra mobile. Arrivo quasi in contemporanea simile a una carica di cavalleria, provocato dalla telefonata del Commissario di Case Rosse a Massimo Minimo, generale comandante del Ris, erre moscia, quando parla, quasi sosia di Clint Estwood e ancora suo nume tutelare. Telefonata al di fuori dalle procedure che Serra ha fatto appena si è reso conto di trovarsi davanti a un omicidio.
Liquidati rapidamente dal collega di Modena, Roberto Serra e Rubina Tonelli credono di essere ormai tagliati fuori dal caso ma…
Il generale Minimo non la pensa così, ha passato la notte sul cadavere di Bagnaroli e decreta scannamento. Insomma qualcuno ha ammazzato il Burdigon come un maiale. Poi, visto che si è scomodato a fare tutto quel lavoro solo perché Serra gliel’ha chiesto, il giudice istruttore assegnerà l’inchiesta a lui e a Corazza.
Dopo dieci anni Serra ha un nuovo efferato delitto commesso a Case Rosse su cui deve indagare. Ma la gente del paese non collabora e lui si sente ingabbiato in un nuovo e insondabile muro di omertà, mentre la Danza, la sua complice e condanna, ricompare all’improvviso sempre pronta ad attaccare a tradimento… Con la falce della morte è già alzata per colpire ancora. Questa volta, però, Serra dovrà fare i conti anche sulla presenza della vivace, prepotente ma vulnerabile Rubina Tonelli, che, quanto lui, è costretta a confrontarsi con traumatici fantasmi. Un’improbabile aiutante ma forse per tutti e due arrivare a scoprire la verità potrebbe diventare il modo per darsi una meta, oppure farcela a superare le proprie dolorose ferite e in un certo qual senso persino pensare a sanarle. Chissà?
Un’indagine del commissario Roberto Serra e dell’agente scelto Rubina Tonelli, molto intensa e coinvolgente, con l’irrinunciabile scenario di un tempestoso Appennino primaverile. Un’ indagine poi che, lasciando alla fine una serie di interrogativi in sospeso, apre la strada a potenziali futuri sviluppi narrativi. Torneranno entrambi in scena? Leggeremo ancora di loro? Perché no?
Qualche commento: impossibile per me non citare il generale Minimo che definisce con malizia i poliziotti : figli illegittimi di Sherlock Holmes. E Ariston il ricchissimo, generoso ma forse inguaribile pasticcione padre di Rubina. Solo tenera e rassicurante invece la Nives coi suoi gatti, il suo sereno buon senso e le sue tagliatelle. E, a proposito di tagliatelle, per fortuna anche se ohimè molto più sfumato stavolta rispetto ai precedenti libri, con Serra e il suo creatore Pasini quando si mangia lo si fa e bene e Roberto Serra, quando trova la voglia di cucinare, resta sempre un mago ai fornelli.

Giuliano Pasini nato a Zocca, è un orgoglioso uomo d’Appennino che vive in pianura, a Treviso. Socio di Community, una delle più importanti società italiane che si occupano di reputazione, è presidente del Premio Letterario Massarosa e in giuria di altri concorsi italiani e internazionali. Il suo esordio, Venti corpi nella neve (ora Piemme), diventa subito un caso editoriale. Seguiranno Io sono lo straniero e Il fiume ti porta via (entrambi Mondadori), tutti con protagonista Roberto Serra, poliziotto anomalo e dotato di grande umanità, in perenne fuga da sé stesso e dal male che lo affligge. È così che si muore ne segna il ritorno a Case Rosse dieci anni dopo il primo romanzo.

Source: libro del recensore.

“La vendetta di Giobbe” di Roberta de Falco, Edizioni Piemme a cura di Valeria Gatti

13 giugno 2022

Erano saltati i riferimenti, la fiducia nel futuro si era disintegrata, il tessuto economico era stato sconvolto, la speranza in tutte le sue forme minata in maniera irrimediabile.”

Alzi la mano chi non prova un brivido di suggestione quando scrivo “Trieste”. Trieste è una città che pulsa di storia; è fine o principio; è una località dove il sole si specchia nelle onde del mare e dove il vento porta (o allontana) emozioni.

In questa affascinante località, Roberta de Falco (alias Roberta Mazzoni) ha ambientato il suo nuovo romanzo giallo dal titolo “La vendetta di Giobbe”. La città ha un ruolo ben definito, in quest’opera: è uno sfondo presente che si mostra in maniera sincera, reale. L’incipit non lascia dubbi, circa il posto che occupa Trieste durante la narrazione:

Non importa quante volte hai svoltato a quella curva, quante volte ti si è spalancato davanti quel golfo d’argento e luce, quante volte sei stato investito dal baluginare delle onde che si infrangono in lontananza contro le lunghe scie di boe dell’allevamento di cozze. Ogni volta è un colpo al cuore”.

L’idea di usare la seconda persona, in questa prima fase, è gradevole ed efficace: il lettore si sente gratificato, coinvolto.

Il resto della narrazione non è da meno. La scelta stilistica è quella che ormai va per la maggiore, nel genere: i capitoli si alternano tra passato (siamo intorno al 1995) e il presente (autunno 2020, seconda ondata della pandemia). La voce narrante segue l’andamento temporale: prima e terza persona, rispettivamente. Il tono di voce è a personale e intimo, nel primo caso, lineare e schematico nel secondo. Nel complesso, la voce narrativa è avvincente.

La trama si snoda attorno a un uomo, Tullio Gruden, che viene ritrovato cadavere. L’ispettore Davolio e il suo sarcasmo pungente e indisponente, l’agente Pitacco e la sua silenziosa pazienza, il Pubblico Ministero Valerio Gargiulo di ritorno da Napoli insieme al commissario Elettra Morin indagano sulla vita dell’uomo, sui suoi vizi, le sue attività professionali (e non). La voce narrativa punta su Elettra, come una luce che dall’alto illumina la via. L’autrice ci presenta un quadro completo in cui emozioni, carattere, professione, desideri, passato e presente si fondono per creare un personaggio che convince e che traina gli eventi.

La vendetta di Giobbe” rientra nel genere giallo con una forte propensione al sociale. Sono tanti gli aspetti della società che emergono, durante e fino al termine della lettura. Lo sfondo storico – la seconda ondata della pandemia Covid – è il contesto narrativo perfetto per affrontare le azioni illecite del passato, il crollo delle certezze, la criminalità, la discriminazione, l’omertà, i raggiri, lo sfruttamento, la paura del futuro e, per finire, le ombre sulla speranza. Un contesto ad affetto che, elaborato al punto giusto, ha saputo diventare un mezzo per parlare d’ amore, di fiducia, di solidarietà, di speranza, di legalità e ultimo, non per ordine di importanza, di rapporti familiari non perfetti ma di valore inestimabile.

Roberta de Falco è lo pseudonimo di Roberta Mazzoni, autrice e sceneggiatrice cinematografica. Ha pubblicato diversi thriller seguendo le indagini di Ettore Benussi, commissario della Mobile di Trieste: Nessuno è innocente, Bei tempi per gente cattiva, Il tempo non cancella, Non è colpa mia. Elettra Morin, allieva di Benussi, è la protagonista di questo nuovo romanzo.

Vito il gatto bionico di Claudia Fachinetti (Piemme, 2020) a cura di Elena Romanello

6 febbraio 2021

51umRT9Kn3L._SX334_BO1,204,203,200_I gatti sono tra gli animali più amati nel nostro Paese, e hanno trovato negli anni una vasta schiera di stimatori, di tutte le età. Le loro storie sono diventate quindi molto apprezzate ed è cresciuto in maniera esponenziale il loro numero, con vicende di pura fantasia ma anche basate su fatti reali.
Una di queste ultime è Vito il gatto bionico, di Claudia Fachinetti, grande amante degli animali d’affezione e non, e già autrice per Piemme di Ninna, il piccolo riccio dal grande cuore, un libro nato in collaborazione con l’illustratrice Linda Ronzoni e Silvia Gottardi, le due mamme umane del micio Vito.
Una storia vera, quindi,  quella su Vito, gatto dalle molte vite: è un gattino randagio in Sicilia, dove viene accolto da una coppia di trentini in vacanza, che lo portano con loro a casa. Poi, la morte della sua prima mamma umana lo porta a Milano, dove vive con Silvia e Linda, le sue due mamme umane, e diventa amico di Amelie, una piccola vicina, e del suo cagnolino Ragù. In parallelo, Vito spadroneggia nel quartiere con gli altri gatti, finché un grosso incidente lo immobilizza. Vito sembra spacciato, le sue zampe posteriori devono essere amputate e le sue possibilità di continuare a vivere sembrano nulle, perché è impossibile per un gatto vivere senza zampe posteriori. Per fortuna è circondato da persone che non si arrendono e trovano un veterinario che gli impianta due zampe bioniche, riportandolo man mano alla vita.
Una storia vera, toccante, rivolta negli intenti al pubblico più giovane ma in realtà per chiunque ami i gatti, impreziosita dai disegni di Linda Ronzoni e da un inserto con le vere foto di Vito durante le sue varie vite, micio rosso che ha potuto riprendere a vivere in mezzo a chi lo ama.
Chi vive con i gatti sa quanto sono speciali, e sa anche che tristemente purtroppo sono destinati a vivere meno di noi, e che quindi bisogna anche affrontare il lutto della loro scomparsa: per questo la storia di Vito è un inno alla speranza, a quello che si può fare oggi per allungare il tempo con cui i nostri adorati felini possono stare con noi, e un ribadire l’importanza che hanno nelle nostre vite sempre e comunque.
Il libro è completato inoltre da alcune schede con le storie di altri animali a cui sono stati impiantati arti bionici, un qualcosa che sembrava fantascienza ed invece oggi si può fare, per salvare Vito e non solo.
Vito il gatto bionico è un libro quindi per chiunque ami e divida la sua vita con i gatti, e merita di figurare in ogni biblioteca felinofila che si rispetti, magari con sopra o vicino un Vito casalingo che giri e annusi.

Claudia Fachinetti è giornalista e addetta stampa per l’editoria e per associazioni ed eventi animalisti. Il suo libro Ninna, il piccolo riccio con un grande cuore, scritto insieme a Massimo Vacchetta e pubblicato dal Battello a Vapore, ha riscosso un immediato successo.

Linda Ronzoni, dopo aver avviato la sua carriera di graphic designer lavorando per diverse importanti agenzie e aver fondato alcuni studi di grafica e comunicazione, ora è direttrice creativa della Fondazione Il Lazzaretto. Si è diplomata alla scuola Holden, fa viaggi in bici in giro per il mondo, è mamma di Vito.

Silvia Gottardo, cresciuta a Riva del Garda, ha vinto il campionato italiano e quello inglese di pallacanestro. Ora non gioca più, ma si occupa del progetto Pink Basket, fa la commentatrice Tv, la ciclista e la mamma di Vito. Insieme a Linda cura la pagina Facebook “Vituzzo Superstar“.

Provenienza: omaggio dell’autrice che ringraziamo.

:: Premio NebbiaGialla 2019: vincono Antonio Paolacci e Paola Ronco con Nuvole barocche (Piemme)

21 settembre 2019

Nuvole BaroccheSuzzara (MN), 21 settembre 2019 – Questo pomeriggio, presso il Centro culturale Piazzalunga, una giuria di cinquanta lettori ha assegnato, con la presenza del Direttore del festival NebbiaGialla Paolo Roversi, il Premio NebbiaGialla 2019 per la letteratura noir e poliziesca ad Antonio PaolacciPaola Ronco con Nuvole barocche (Piemme).

Ai vincitori è stata assegnata un’opera realizzata dall’artista Alessandra Sarritztu.

Nuvole barocche si è aggiudicato il premio con un totale di 19 voti.

A seguire:

Gino Vignali, La chiave di tutto (Solferino), 10 voti

Gian Mauro Costa, Stella o croce (Sellerio), 9 voti

Antonio Lanzetta, I figli del male (La Corte Editore), 8 voti

Durante la cerimonia di premiazione è stato inoltre assegnato il Premio NebbiaGialla per racconti inediti, realizzato in collaborazione con il Giallo Mondadori, a Filippo Semplici con La suggeritrice.

Si aggiudica invece il Premio NebbiaGialla per romanzi inediti, realizzato in collaborazione con la casa editrice Laurana – Calibro 9Ciro Pinto con Senza dolore.

I vincitori saranno pubblicati da Giallo Mondadori e Laurana – Calibro 9 entro febbraio 2020.

Il gatto di Donald W.Engels (Piemme, 2019) a cura di Elena Romanello

25 febbraio 2019

978885666875HIG_4b768c9b683e9f73ca4a44ea7846c5cf (1)Torna con una nuova veste grafica un long seller per tutti gli amanti dei gatti, già uscito come Storia del gatto vent’anni fa. Un libro imperdibile per chiunque ami l’aggraziato e irresistibile felino, capace di suscitare grandi passioni ma anche grandi odi, come raccontano le pagine del libro, concentrate in particolare sull’antichità.
Il primo, vasto capitolo, ovviamente è incentrato sull’antico Egitto e il suo rapporto con i gatti, divinità ma anche animali da compagnia da addomesticare con l’intento certo di sfruttare la loro capacità di cacciare i topi, ma non solo,visto che una dea fu ispirata a loro e i gatti furono al centro di un attaccamento ancora oggi preso ad esempio.
Il secondo capitolo porta invece in Grecia, Paese spesso trascurato quando si parla di felini, ma dove ci furono molti elementi interessati, alcuni presi dal contatto con l’Egitto: Esopo parlò dei gatti nelle sue fiabe e la dea Artemide, ispirata per molti aspetti all’egizia Bastet, aveva tra i suoi animali prediletti proprio il micio, come la nordica Freya, che il libro non tocca.
Al gatto a Roma è dedicato tutto il successivo capitolo, il terzo, che ricorda l’importanza che i culti egizi ebbero nell’Impero romano, ma anche la relativa simpatia che l’animale suscitò, visto che si intuì la sua importanza a combattere il topo. In Europa cominciarono anche i problemi dei gatti, visto che diventarono oggetto nelle terre celtiche di interesse per le loro presunte doti magiche, interesse che spesso degenerava nella loro uccisione.
Le cose peggiorarono nel Medio Evo, con le persecuzioni e il non riconoscere il ruolo fondamentale del gatto a combattere i ratti, il veicolo della Morte nera, la peste che a più riprese devastò la popolazione europea, anche se ci furono dei fari di luce in tanti buio, a Bisanzio, nel mondo islamico e nelle Isole britanniche.
Il libro chiude poi con un excursus veloce sugli ultimi secoli, ricordando come oggi per i gatti ci sia tutt’altro atteggiamento, per fortuna.
Il gatto è senz’altro un libro da avere per gli amanti dei felini domestici, ma anche un volume curioso, tra Storia e scienza, che racconta come le vicende degli animali più vicini agli esseri umani siano legate tra di loro, volenti e non, nel bene e nel male.

Provenienza: libro del recensore in un’altra edizione.

Donald W. Engels, nato nel 1946, è professore associato di storia all’Università dell’Arkansas. Il gatto. È tutta un’altra storia è un longseller, considerato un reference sulla storia del gatto nel continente europeo dalla preistoria all’età moderna.

:: Tua per sempre, Lara Jean di Jenny Han (Piemme 2018) a cura di Marcello Caccialanza

12 ottobre 2018

1Jenny Han scrive per la Piemme una deliziosa storia che si barcamena in modo sublime tra ragione e sentimento “Tua per sempre, Lara Jean”. Costo al pubblico euro 16,00.
La vita della protagonista, Lara Jean, una capace studentessa all’ultimo anno del liceo, sembra dannatamente e fastidiosamente perfetta all’occhio altrui: lei ha un filarino con un ragazzo che ama e con il quale la stessa è in procinto di partire per New York, ha un padre con cui va assai d’accordo, nonostante lo stesso sia sul punto di risposarsi. Ha perfino già scelto l’università da frequentare, una volta ottenuto il diploma.
Insomma una vita linda per una ragazza precisa e puntuale!
Ma come ci insegna molto presto la stessa vita, da qui ad un istante si può passare dalle stelle alle stalle! Da qui a un istante si può ricevere dei sonori cazzotti che ti fanno trattenere a lungo il fiato! E tu stupida pedina di una scacchiera imprevedibile devi abbassare la testa o altrimenti soccombere!
E anche per Lara Jean la vita no fa sconti! Bastarda più che mai le metterà dunque i bastoni tra le ruote, spezzando ogni sua certezza, sconvolgendo i suoi stessi piani!
Al punto che la ragazza dovrà scegliere se seguire il cuore o la ragione.

Jenny Han vive a Brooklyn, New York, dove ha frequentato la New School ottenendo un Master in Scrittura Creativa.
Adora la serie Buffy l’ammazzavampiri, la torta di mirtilli e le calze al ginocchio.

Source: libro del recensore.

:: Nuno di niente di Roberto Morgese (Piemme 2018) a cura di Marcello Caccialanza

31 luglio 2018

Nuno di nienteL’ultimo libro di Roberto Morgese: “Nuno di niente”, edito dalla casa editrice Piemme, costo al pubblico euro 15, è una deliziosa favoletta moderna adatta, non solo ad un pubblico più giovane, ma anche a lettori più navigati e smaliziati.
Si può definire una sorta di parabola ecologista che strizza anche l’occhio alla onerosa tematica della povertà più conclamata in un Brasile multi facce!
Nuno è un ragazzino, già provato dalla cattiveria della vita, cresce in una discarica alle porte di Rio De Janeiro, dove per sopravvivere cerca tra i rifiuti stessi la sua sussistenza: dal cibo, agli oggetti per arredare la casa e alle cose da rivendere.
Ma un giorno, come in una specie di miracolo, trova uno strano pacco che lo incuriosisce non poco, cosa ancora più strana che insieme a quel pacco vi è pure un biglietto, il messaggio di Marianna, una ragazzina dei quartieri benestanti. Così per gioco Nuno le scrive una lettera e da quel momento tra i due nascerà una meravigliosa amicizia per corrispondenza.
Un piccolo romanzo ben scritto e costruito, mai banale o mieloso, piace perché nella sua disarmante semplicità regala forti emozioni che sanno traghettare lo stesso lettore in una serie di riflessioni che anche al solleone dovrebbero essere fatte! L’autore usa in modo pregevole carta e penna, perché in una tematica così di grande attualità, facile sarebbe scivolare nella più bieca piangeria o nella più falsa ipocrisia di modo!
Ma Roberto Morgese con grande classe e savoir faire riesce brillantemente ad uscire da questo émpasse offrendo alla stessa opinione pubblica un libro che merita di essere letto e riletto!

Roberto Morgese è nato a Milano, ed è insegnante di scuola elementare e formatore per il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Milano-Bicocca. Scrive da anni per bambini e ragazzi, e questo è il suo primo romanzo per Il Battello a Vapore, con cui ha vinto l’omonimo premio nel 2017.

Source: libro del recensore.

:: The stone di Guido Sgardoli (Piemme 2017) a cura di Elena Romanello

16 Maggio 2018

THE STONE DI GUIDO SGARDOLIL’isola di Levermoir, piccolo lembo di terra al largo delle coste irlandesi, è lontana dai circuiti turistici dell’Isola di Smeraldo, tutti si conoscono, girano ogni tanto storie di antiche leggende, ma per il resto si vive in maniera abbastanza monotona, forse troppo.
Liam, adolescente, si trova a dover fare i conti con la morte incidentale della madre, docente universitaria e antropologa, e con il padre sempre più assente, ha poca voglia di andare a scuola e comincia a tagliare le lezioni e a girare per l’isola: il misterioso suicidio del vecchio farista, scoperto proprio da Liam, dà il via ad una serie di eventi, soprattutto quando il maggiore O’Hara, il poliziotto che indaga sul fatto, rivela al ragazzo che molto probabilmente si tratta di un omicidio, cosa che tra l’altro Liam aveva già intuito.
Liam trova sotto il faro una pietra con strane incisioni, simile ad una che sua madre aveva nascosto nella serra, dove è avvenuto l’incidente che ha causato la sua morte, che forse non è stato un incidente. Le due pietre, acostate, diventano una cosa sola, e Liam, con i due amici Midrius e Dotty, comicia ad indagare mentre Levermoir inizia a diventare teatro di fatti orrendi e inspiegabili, morti, incendi, sparizioni, incidenti, e l’ombra di un’antica maledizione che torna diventa man mano più evidente, come era già successo periodicamente nel corso della Storia di quell’area.
L’Irlanda è da decenni un luogo icona per il fantastico, e la scelta di ambientare questa vicenda in un lembo immaginario ma molto realistico di quella terra è senz’altro azzeccata. Il modello di The Stone è senz’altro It di Stephen King, in un contesto che si richiama alle tradizioni del mondo celtico, ma ci sono echi anche di altri libri del Re di Bangor, Stand by me in testa, oltre che di film di culto come I Goonies e di molta narrativa e immaginario di avventure fantastiche vissute da giovanissimi, tra mondo anglosassone e Estremo Oriente.
The Stone si rivolge sulla carta ad un pubblico di ragazzi di oggi, ma è in realtà godibilissimo e appassionante per i ragazzi di tutte le età, l’avventura fantastica che in tanti avremmo voluto vivere, una narrazione incalzante, avventurosa, ma che non trascura l’aspetto psicologico, le difficoltà di crescere, di trovare il proprio posto nel mondo, di fare i conti con il lutto, di capire che in qualche modo si è tutti prescelti a fare qualcosa. Una storia autoconclusiva con personaggi a cui ci si affeziona, ragazzi coinvolti in un’avventura più grande di loro, tra orrori e enigmi, e che sarebbe meglio ritrovare.
Il genere fantastico è amato dal pubblico di ogni età, ma alla gran offerta di titoli non sempre fa da contraltare la qualità: non è questo il caso di The Stone, avventura iniziatica per tutte le età, per salvare il mondo e se stessi e trovare il modo di crescere.

Guido Sgardoli è laureato in Medicina Veterinaria, insieme agli studi ha coltivato la passione per il disegno, l’animazione e la scrittura. Dopo l’esordio nel 2004, ha pubblicato numerosi romanzi di narrativa per ragazzi con i più importanti editori italiani. Tra i molti riconoscimenti ottenuti, nel 2009 il Premio Andersen.
Tra i suoi libri ricordiamo anche La mano di Thuluhc sempre per Piemme e Dragon Boy per Pickwick.

Source: acquisto personale del recensore.

:: La ragazza che hai sposato di Alafair Burke (Piemme 2018) a cura di Marcello Caccialanza

28 aprile 2018

La ragazza che hai sposato

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Libro assai intrigante ed avvincente è il romanzo scritto da Alafair Burke dal titolo “La ragazza che hai sposato” edito dalla Casa Editrice Piemme.
L’ autrice de “La ragazza che hai sposato”, statunitense di nascita, vanta nel suo ipotetico palmares best seller internazionali, quali “La ragazza nel parco” e “Una perfetta sconosciuta”.
In questa sua nuova fatica, la Burke pone al centro dell’intera questione un quesito che molto spesso noi creature fragili ci poniamo giorno dopo giorno:“quanto ci fa paura la verità?” Una domanda fondamentalmente angosciosa che ci pone davanti allo specchio spietato della nostra anima. E anche Angela, eroina di questo romanzo, è logorata dentro…non si sente né colpevole, né innocente…né vittima, né carnefice. Angela non è altro che umana, perfettamente attendibile e credibile!
Angela ha avuto una vita piena di dolori e di sfide sfiancanti e a causa del suo passato oscuro sogna una vita futura rassicurante, di certo non emozionante, ma votata alla più anonima routine.
Del resto non si è mai aspettata niente dalla vita neppure nel momento in cui è convolata a nozze con Jason Powell, un brillante docente di economia impiegato alla New York University. Eppure qualcosa era cambiata in lei quando ha dato alla luce il figlioletto, l’adorato Spencer…è come se un barlume di improvvisa felicità avesse colpito all’improvviso il suo arido e timido cuore di donna complicata.
Ma Angela, eroina moderna de “La ragazza che hai sposato”, non può di certo permettersi l’oneroso lusso di essere finalmente felice.
Infatti nella parte centrale di questa avvincente narrazione il marito viene accusato di essere esecutore materiale di una orribile e scellerata vicenda: lo stupro di una studentessa. E proprio a questo punto va da sé che qualunque equilibrio, di per sé già precario, è destinato inesorabilmente ad implodere.
Angela, a torto o a ragione, indossa l’abito stretto della vittima di un osceno tradimento che sicuramente va minando la sicurezza della sua stessa famiglia. Ma Angela capisce bene che proprio lei è l’ultima persona che può permettersi di giudicare gli altri. Dal momento che proprio lei, moglie tranquilla e perfetta…fino a risultare nauseante, nasconde dentro di sé un indicibile segreto che, con maestria e falsità, è riuscita a celare a quanti la circondavano creando così anni e anni di finta armonia conviviale.
Le costanti menzogne che la medesima protagonista ha ben confezionato per nascondere ai benpensanti la verità ultima vengono lentamente a galla accompagnando il lettore morbosamente curioso in un labirinto scandaloso. Un mondo parallelo fatto di sorprese amare! Sorprese inaudite come quelle relative alle molestie sessuali di Jason e quelle inerenti al lato oscuro di un’anima che era sempre apparsa fallacemente candida…
Perché leggere questo romanzo della Burke? Perché con un lavoro certosino la stessa autrice riesce a costruire intorno alla sua eronia un mondo a parte che ha la capacità di dimostrare quanto l’uomo sia ben lontano dal conoscere, ma anche dal solo immaginare, il vero.
Non deve perciò stupire come il collega Michael Connelly il famoso re del giallo sia grande estimatore della Burke, autrice che continua a sorprendere pubblico e critica con le sue vicende assai ricche di colpi di scena e di grande umanità.

Alafair Burke, autrice de La ragazza nel parco, bestseller pubblicato in Italia da Piemme, è un avvocato penalista, con una grande esperienza di processi. I suoi romanzi, sia crime che thriller psicologici, sono bestseller del New York Times, elogiati da autori come Michael Connelly e Dennis Lehane.

Source: libro del recensore.

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