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:: Un’intervista con Lorenzo Mazzoni, autore di 81280JL, a cura di Giulietta Iannone

16 ottobre 2025

Benvenuto Lorenzo, e grazie di averci concesso questa nuova intervista. Il tuo nuovo libro, edito da Edizioni Spartaco è un romanzo impegnativo, forse il tuo più complesso: l’affresco, seppure alternativo, di un’epoca, una controstoria underground, sotto acido si può dire. Ma non solo, un ritratto corale, con tanti e tanti personaggi, i più disparati. È difficile definire il tuo nuovo romanzo, o imbrigliarlo in una categoria o in un genere, soprattutto guardando alla letteratura italiana, pochi osano tanto. Da dove nasce l’idea? C’è stato un momento preciso che ha fatto scattare la scintilla?

Grazie a voi per l’ospitalità. Dunque, credo che la scintilla sia stato l’ascolto di A day in the life dei Beatles in un pomeriggio di parecchi anni fa, a Ferrara. Ho iniziato a chiedermi: se Mark Chapman non avesse sparato a John Lennon ci sarebbe stata la possibilità di rivedere insieme i Beatles? E se sì, avrebbero realizzato altri capolavori? Da queste domande ho iniziato a cazzeggiare con la mia testa. Cosa realmente mi abbia portato, passo dopo passo, a inserire nella storia così tanti personaggi e così tante situazioni è difficile da spiegare. Un amico scrittore durante una presentazione, anni fa, mi disse che avrebbe tanto voluto conoscere il mio pusher. Non so, se tra le righe, questo possa dipanare la matassa di come funziona il mio cervello. Scherzi a parte: sì, credo che la scintilla sia stata A day in the life… I saw a film today, oh boy/The English Army had just won the war/A crowd of people turned away/But I just had to look/Having read the book/I’d love to turn you on… e via discorrendo.

Partirei dal titolo, un po’ criptico, ma sveliamo subito il mistero: una data, 8 dicembre del 1980. Cosa successe?

Mark David Chapman, “Il più coglione dei coglioni”, come lo ha definito Paul McCartney, si è recato a New York, davanti al Dakota Building, e ha ammazzato John Lennon. Ispirato dalla lettura compulsiva de Il giovane Holden e da omini verdi dentro la sua testa che lo incitavano a compiere l’atto criminoso chiamandolo “signor Presidente”. Personalmente, credo che l’8 dicembre del 1980 sia uno dei giorni più tragici del Novecento.

Hai immaginato una controstoria degli anni ’80: quanto c’è di documentazione storica e quanto di invenzione narrativa in questa ricostruzione alternativa? Il romanzo si muove tra cospirazioni, geopolitica, CIA, droga, controllo mentale, telepatia… Quanto di quello che racconti credi sia vicino alla verità storica?

La documentazione storica è stata importante, fondamentale. È servita per ricamarci sopra la narrazione. La guerra civile libanese, le ingerenze israeliane in Libano, la compravendita di ebrei tra Romania e Israele, i campi di addestramento a Aden, gli ospiti del Chelsea Hotel, l’invasione sovietica dell’Afghanistan, il South Bronx messo a ferro e fuoco: è tutto vero. Ma anche fatti minori, che apparentemente potrebbero risultare di finzione, sono reali. Per esempio, la scena che vede Asher il Depresso fuggire dall’Afghanistan a dorso di un mulo o l’idea di mettersi dentro una cassa per andarsene dall’Asia, sono tratti da un reportage d’annata sulla Via della droga. La CIA ha realmente compiuto esperimenti telepatici e non è un segreto il fatto che i servizi segreti, non solo americani, abbiano usato (e usino) Paesi in via di sviluppo come base per il commercio di droga in Occidente. Insomma, c’è molta realtà storica, seppur i personaggi siano, in parte, inventati.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere il romanzo? È stato un percorso lineare o caotico?

Ci ho impiegato circa sette anni. Ho iniziato ad accumulare materiale, a leggere testi inerenti al periodo storico, mi sono fatto lunghe sedute di Beatles e Lennon, ho guardato documentari e film, ho abbozzato diverse scalette. Nel mentre, ho lavorato anche ad altre storie. Diciamo che il percorso è stato inizialmente lineare, poi è diventato caotico nello sviluppo centrale e poi è tornato lineare nell’ultimo anno, quando mi sono concentrato a chiudere tutti i sentieri narrativi che avevo aperto.

Perché hai scelto John Lennon come figura centrale e simbolica di questo romanzo? Che cosa rappresenta per te? E, per il romanzo?

Perché la sua morte ha significato la fine di una speranza: rivedere insieme i Beatles. I Beatles, più che il solo Lennon, rappresentano una parte importante della mia vita. Non sono soltanto la colonna sonora di uno dei periodi storici per me più interessanti, ma sono stati, e sono, la mia colonna sonora. Non mi stancherò mai di ascoltarli perché mi danno continue suggestioni, mi forniscono risposte. Lennon non poteva non essere centrale e simbolico in un romanzo ambientato nel 1980, culminato appunto con il suo assassinio. Tutto ruota intorno a lui e ai Beatles e a quello che rappresentano anche per alcuni protagonisti del libro.

C’è un autore o un’opera in particolare che ti ha ispirato durante la scrittura di questo romanzo? A me viene in mente Burroughs, per esempio e le sue contaminazioni con la fantascienza.

I libri di Robert Fisk sulla guerra civile libanese e sul Medioriente in generale. Magnifici. Bellissimi. Coraggiosi. Le impalcature letterarie di Paco Ignacio Taibo II. I dialoghi taglienti di Elmore Leonard. Il giovane Holden, naturalmente. E poi Robert Stone, Barry Gifford, James Ellroy, John le Carré, Graham Greene, Tom Robbins, Jabbour Douaihy.

Cosa è rimasto secondo te dello spirito degli anni ’60-’70, e cosa invece si è perso per sempre?

Si è perso tutto perché la Storia non permette repliche, o se le permette le toglie di ogni sostanza, è solo apparenza. Oggi stanno tornando di moda i pantaloni a zampa e si vedono in giro giovani con t-shirt dei Pink Floyd e dei Grateful Dead. Forse uno su cento di quei giovani sa chi fossero. Gli piace la maglietta. Gli piace la camicetta hippie. Finisce lì. La mia generazione ha gravi colpe nel non aver lasciato nulla di quello spirito. Noi, da figli di chi ha vissuto gli anni ’60 e ’70 abbiamo beneficiato dei ricordi diretti dei nostri genitori e fratelli maggiori e abbiamo custodito con stupido orgoglio quello spirito per lasciare i nostri figli solo con l’apparenza. La creatività sta morendo, e un mondo senza creatività è un mondo vuoto. Insulso. E la colpa è solo nostra.

Come hai lavorato con Edizioni Spartaco? Il libro ha richiesto un editing lungo? A chi è stato affidato?

Con Edizioni Spartaco si lavora sempre bene. Sono stati molto onesti. Nella versione consegnata in redazione c’era qualcosa che non andava. La storia gli piaceva, ma era lunga se non il doppio, quasi. C’erano troppi riempitivi, il linguaggio, soprattutto gli slang, era estremo, c’erano fili che andavano recisi. L’editing è stato affidato a Tiziana Di Monaco che ha fatto un lavoro da perderci la testa. A tratti ho pensato che stesse facendo qualcosa che andava oltre la razionalità umana. Sarebbe bello mostrare cosa io le ho dato e come lei lo abbia migliorato senza snaturare il perché della mia storia e il mio stile. È stato un editing eccezionale, impegnativo, strepitoso. Gli sono molto grato. E sono molto grato a Edizioni Spartaco perché 81280JL è stato un investimento immane per un editore indipendente, e realizzandolo hanno dimostrato, concretamente, di credere, ancora una volta, in un mio romanzo.

Hai già in mente un prossimo progetto, o hai bisogno di una “disintossicazione” da questo universo?

Un solo progetto è riduttivo. Sto lavorando a una storia di italiani emigrati in America durante la Guerra civile, a una storia che inizia nel 1945 e finisce nel 1969 alla ricerca di un diamante blu, e a diversi inediti di Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico. Ma sto facendo tutto con molta calma. Già pronti, usciranno l’anno prossimo, una sorta di metaromanzo che verrà pubblicato da Cafféorchidea, e un testo molto particolare dedicato alle figure dei più celebri dittatori contemporanei che verrà pubblicato dai tipi di Prospero Editore.

:: 81280JL Lennon, l’Iik e i topi salterini di Lorenzo Mazzoni (Edizioni Spartaco, 2025) a cura di Giulietta Iannone

14 ottobre 2025

Instant Karma’s gonna get you/ Gonna knock you right on the head/ You better get yourself together/ Pretty soon you’re gonna be dead.

John Lennon

81280JL Lennon, l’Iik e i topi salterini di Lorenzo Mazzoni, pubblicato da Edizioni Spartaco, è un romanzo che non passerà inosservato, e non certo per le 456 pagine, o perché l’autore ci ha abituato ad opere provocatorie, surreali, buffe, satiriche e nello stesso tempo tragiche come sono i nostri tempi. Forse con questo romanzo l’autore ha spostato un altro po’ l’asticella consegnandoci un romanzo visionario, provocatorio e incapace di lasciare indifferenti.

Al netto delle provocazioni e dell’eccesso – che non è mai fine a sè stesso -, un ritratto generazionale post Woodstock lisergico e contemplativo, pazzo e visionario, tenero e nostalgico. Un romanzo che davvero ci porta a fare un viaggio, in un mondo imperfetto, tragico, ma tuttavia meraviglioso, e lo fa con una forza immaginifica che si nutre tanto della storia quanto dell’utopia, tanto della cultura pop quanto del pensiero politico radicale.

Non aspettatevi una lettura facile, i personaggi sono tanti, complessi con diramazioni e legami tra loro, le strade narrative impervie, la ricostruzione storica degli anni ’80 alternativa, ma ne vale la pena. Vale la pena immergersi in questa ricostruzione lisergica dove la droga, più del petrolio, finanzia guerre, destabilizza i giovani, propaga il caos. La teoria è affascinante e nello stesso tempo agghiacciante e ci conduce a Mark Chapman: inventore dell’Iik, una cannabis geneticamente modificata (che tanto richiama al Fentanyl), prigioniero a Teheran, omicida di Lennon.

Cospirazioni, operazioni coperte, agenti della CIA, rivoluzionari, militanti, guru, teppisti, malavitosi, telepati, l’affresco è composito, la fantasia a Mazzoni non manca, ma pure con l’inquietudine che quello che dice non sono fesserie, le sue ricostruzioni, sebbene romanzate, hanno un fondo di verità, sono ricostruzioni sensate, anche coerenti per quanto pazzesche, estreme, incredibili.

E questa inquietudine alimenta la nostra curiosità di lettori, e ci sgomenta, pur facendoci anche sorridere, piangere o allarmare. E qui torniamo al titolo, quell’8 dicembre del 1980, in cui davanti al Dakota Building Lennon fu ucciso. Non da un pazzo, non un gesto isolato di un esagitato, ma qualcosa di ancora più inquietante, e oscuro, che Mazzoni costruisce ribaltando responsabilità, e non dico altro per non togliervi il piacere della lettura, ma davvero quello fu un punto di svolta, e Lennon era una spina nel fianco per troppe persone, il suo pacifismo, la sua anarchia, il suo talento visionario che entrava nel cuore di tanti giovani.

Mazzoni scrive un romanzo che è insieme un’inchiesta paranoica, un manifesto underground, un viaggio psicotropo nella psiche collettiva. Ogni pagina vibra di riferimenti pop: dischi, fanzine, canzoni, visioni, deliri, complotti, sogni infranti. La narrativa si fonde con il delirio percettivo: il ritmo accelera come un vinile graffiato, la realtà si scompone in frames da videoclip post-moderno.

E allora si torna lì, al cuore della questione: dopo Woodstock, la rivoluzione non è fallita. È stata neutralizzata, assorbita, corrotta. Gli ideali di pace e amore si sono dissolti in una polvere bianca, e gli anni Ottanta – con la loro estetica sgargiante e la loro oscurità sistemica – sono diventati il teatro perfetto per questa deriva.

Un romanzo necessario, scomodo, che farà discutere, ripeto. Ma soprattutto un romanzo vivo, come lo sono le idee che prova a raccontare. Per chi ha amato Lennon, per chi ha creduto in qualcosa di diverso, per chi ancora oggi si chiede: e se fosse andata diversamente?    

Illustrazione di copertina di Giancarlo Covino

Lorenzo Mazzoni, nato a Ferrara nel 1974, ha abitato a Londra, Istanbul, Parigi, Sana’a e Hurghada. Scrittore e reporter, ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui per Edizioni Spartaco, Quando le chitarre facevano l’amore(2015), con cui ha vinto il Liberi di Scrivere Award, Il muggito di Sarajevo (2017) e 81280JL. Lennon, l’Iik e i topi salterini (2025). È docente di scrittura creativa di Corsi Corsari e consulente per diverse case editrici. Collabora con Il Fatto Quotidiano.

Consiglio di acquisto: https://amzn.to/3KlYPei se comprerai il libro a questo link guadagnerò una piccola commissione. Grazie!

:: 81280JL. Lennon, l’Iik e i topi salterini di Lorenzo Mazzoni dal 10 ottobre in libreria

30 settembre 2025

E poi c’era quella storia del milione di dollari, dell’hashish che profumava di caramello e dei topi che schizzavano verso il cielo quando leccavano la canapa proveniente dall’Afghanistan. No, non sarebbe stata una buona idea sparare al giornalista. Ancora non sapeva che farsene di quelle informazioni, ma intuiva che per trovare il bandolo della matassa prima o poi ci sarebbe stato bisogno di lui.

Asher Lehman è un assaggiatore di sostanze stupefacenti per conto della Cia nell’Afghanistan occupato dai sovietici. Mark Chapman è un agronomo e agente segreto catturato a Teheran durante l’occupazione dell’ambasciata americana. Carlo Oliva, poi, è un ambiguo corrispondente nella Beirut sconvolta dalla guerra civile. Jason Burdon, eminenza grigia delle spie, intende portare sul mercato statunitense una droga dagli effetti devastanti per far esplodere il caos. Rafael King, ottuagenario ospite del Chelsea Hotel, a New York, è un esperto di telepatia. Norman Parker, poeta e veterano di guerra, ha un fratello, Rib, capo di una gang del South Bronx. E ancora Walter e Babette sono killer spietati ma anche anime gemelle e idealisti della rivoluzione. Sono tanti, originali, magistralmente tratteggiati, i personaggi che popolano il nuovo romanzo di Lorenzo Mazzoni. Cambi e colpi di scena sono intessuti in una trama irresistibile che porta il lettore da un angolo all’altro del pianeta. Seguendo un tracciato cronologico che attraversa gli eventi del 1980 e i tentativi di esportare l’Iik, una cannabis geneticamente modificata, le storie convergono tutte su una domanda: perché l’8 dicembre 1980 John Lennon fu ucciso? La soluzione proposta in questo libro lascerà i lettori a bocca aperta.

Lorenzo Mazzoni, nato a Ferrara nel 1974, ha abitato a Londra, Istanbul, Parigi, Sana’a e Hurghada. Scrittore e reporter, ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui per Edizioni Spartaco, Quando le chitarre facevano l’amore(2015), con cui ha vinto il Liberi di Scrivere Award, Il muggito di Sarajevo (2017) e 81280JL. Lennon, l’Iik e i topi salterini (2025). È docente di scrittura creativa di Corsi Corsari e consulente per diverse case editrici. Collabora con Il Fatto Quotidiano.

Consiglio di acquisto: https://amzn.to/3KlYPei se comprerai il libro a questo link guadagnerò una piccola commissione. Grazie!

:: Un’intervista con Lorenzo Mazzoni a cura di Giulietta Iannone

29 luglio 2020

Ciao Lorenzo, ben tornato sulle pagine di Liberi di scrivere. È appena uscito Nero ferrarese (Pessime idee), nuovo episodio della serie Malatesta, ce ne vuoi parlare? Come si inserisce questo episodio nell’epopea malatestiana?

Ben trovati. In realtà Nero ferrarese si colloca come primo episodio di un Malatesta totalmente nuovo, e per questo devo ringraziare Loris Dall’Acqua e Sara Del Sordo di Pessime idee che hanno creduto nel progetto, incitandomi e affiancandomi nello sviluppo di un Malatesta più strutturato. Con Pessime idee si apre una strada inedita per lo “sbirro anarchico”. Tutto riparte da dove era nata la suggestione, tanti anni fa: l’omicidio di Federico Aldrovandi. Il romanzo si colloca lì, anche se la trama non passa necessariamente su quel grave e doloroso fatto di cronaca e di “mala-giustizia”, ma ne prende linfa per spiegare chi è Pietro Malatesta e che tipo di mondo vorrebbe.

Malatesta e Ferrara sono due punti fermi della tua narrativa. Raccontaci come sono legati.

Malatesta vede in Ferrara un posto nella mente. È la sua città, sente l’appartenenza. La vive nel bene e nel male, trasuda ferraresità ogni volta che apre bocca. In questo ci assomigliamo molto. Le suggestioni della Ferrara borderline di Malatesta sono anche le mie: stessi bar, stessa curva, stessi percorsi in bicicletta.

È cambiata Ferrara dall’inizio della tua serie?

Per certi aspetti, no. In certe cose Ferrara è immutabile. Il lamento, caratteristica essenziale per essere definito ferrarese, persiste. Però la S.P.A.L., elemento importante per Malatesta, rispetto ai tempi raccontati in Nero ferrarese (il 2005-2006 circa), vive tempi migliori. In compenso la politica è peggiorata, ed era molto difficile fare peggio di chi governava prima di questo contemporaneo carrozzone di improvvisati. Buffo perché in Malatesta molte cose che stanno accadendo sono state scimmiottate in un processo di verosimiglianza letteraria. Forse porto sfortuna alla parte intelligente della città.

Surreale, anarchico, imprevedibile, rivoluzionario Malatesta è un personaggio molto peculiare che si discosta molto dai vari investigatori del noir italiano. Per il tipo di scrittura funambolica che utilizzi c’è forse una piccola fratellanza con il noir francese alla Dard per intenderci. Hai dei modelli, o Malatesta è nato dalla tua penna in modo autonomo?

Non avevo mai pensato a Dard, ma ti ringrazio per il parallelo. Un unico modello: Héctor Belascoarán Shayne, il detective privato di Città del Messico creato da Paco Ignacio Taibo II. I romanzi della serie sono costruiti da capitoli veloci e Belascoarán è anarchicheggiante, sfigato, fuori dagli schemi, un po’ come Malatesta. PIT II rimane per me un punto di riferimento.

Parlaci della trama di Nero Ferrarese, come l’hai sviluppata?

All’epoca stavo a Sana’a, nello Yemen. Con me avevo Qualche nuvola, di Paco Ignacio Taibo II. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto scrivere un noir con la stessa struttura. Ho sostituito la corruzione dilagante della società messicana con un gruppo eversivo che si rifà ai NAR. Siamo a Ferrara. Un ragazzino appartenente a un gruppo dell’estrema destra viene freddato da due uomini vestiti di nero mentre sta amoreggiando con la sua fidanzata in macchina. L’omicidio viene firmato dai sedicenti Spontaneisti Armati Combattenti. Da qui parte l’indagine. Chi sono gli Spontaneisti? Perché iniziano a creare il caos a Ferrara?

Ti senti apprezzato dalla critica letteraria italiana? Ho letto una recensione molto positiva di Nicola Vacca, critico e poeta, su Gli Amanti dei Libri. Ti definisce addirittura “uno dei più brillanti e originali scrittori del noir italiano”.

Nicola Vacca mi ha fatto un grande regalo: è uno dei più attenti e preparati critici letterari che abbiamo in Italia, le sue parole mi hanno fatto molto piacere. Devo ringraziare anche Enrico Pandiani e Enrico Remmert che nella cover del libro hanno speso parole di elogio nei miei confronti. Non saprei che dire su un apprezzamento generale. Di solito piaccio agli indipendenti, e questo mi sta bene. Non sono nato per seguire il giudizio commerciale, non mi interessa.

Io seguo la tua serie malatestiana praticamente dall’inizio, ho letto anche altri tuoi libri originali, bizzarri, psichedelici, se vogliamo. In che misura la tua scrittura si inserisce nel panorama letterario italiano? C’è qualche altro nuovo scrittore che si inserisce nella tua diciamo “corrente”?

Io cerco di scrivere ciò che vorrei trovare in libreria, se poi non è commerciale, pazienza. Se deve diventare un obbligo scrivere su argomenti che vanno per la maggiore, tanto vale spararsi. So di amare argomenti spesso marginali, underground. La mia scrittura è stata definita “realismo psichedelico”, già questo mi distingue da molti. Non so chi possa annoverare nella mia “corrente”, ci sono nomi di autori che sento molto vicini emotivamente e culturalmente, Enrico Pandiani, Alessandro Zannoni, Enrico Remmert, Carlo Bertocchi, ma scrivono storie molto diverse dalle mie.

E all’estero? Ci sono progetti di traduzione in Europa e nel resto del mondo della serie malatestiana?

Malatesta ancora no. È in via di traduzione per il mercato sudamericano Un tango per Victor (Edicola).

Anche per lavoro leggi molto. Cosa stai leggendo al momento? E quali sono i libri più interessanti che hai letto in questo periodo pandemico?

Ho appena terminato Odiando Olivia, di Mark Safranko. Per quello che riguarda il periodo pandemico, ho trovato molto interessanti: Ingegneri di anime, di Frank Westerman, La civetta cieca, di Ṣādiq Hidāyat, Da qui all’eternità, di James Jones e Odissea americana, di A. G. Lombardo.

Progetti per il futuro, non solo letterari.

Conto di sposarmi prima della prossima pandemia, di trascorrere la luna di miele in qualche bloc della periferia di Sofia, magari a Vardar (se si potesse opteremmo per l’Abcasia). Riguardo alla scrittura, ci sto dando dentro con un lavoro molto complesso e onesto, un tributo d’amore, che sarà, con ogni probabilità, l’ennesimo mio libro underground. Ma io sono questo. E voglio continuare a essere così.

:: Free Book #Giveaway: Le Bestie – Kinshasa Serenade di Lorenzo Mazzoni

24 luglio 2018

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Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo.
Mentre il paese sta per precipitare nella guerra civile, un medico inglese, la sua giovane e avvenente compagna, un losco individuo dei Servizi segreti sudafricani e un giornalista freelance disilluso e allucinato, portano avanti la loro esistenza rinchiusi a Gombe, il quartiere dei ricchi.
Fra feste, echi di una guerra sempre più vicina, tradimenti, traffici di diamanti e di organi umani, le giornate di questi personaggi vanno avanti, intrecciandosi e scontrandosi, fino all’inquietante e drammatico finale, quando la guerra “arriva ovunque”.
Un romanzo di forte denuncia, con sfumature da spy-story classica.

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974. Ha pubblicato numerosi romanzi, fra cui Il requiem di Valle Secca (Tracce, 2006), Ost, il banchetto degli scarafaggi (Edizioni Melquìades, 2007), Le bestie/Kinshasa Serenade (Momentum Edizioni, 2011), Porno Bloc. Rotocalco morboso dalla Romania post post-comunista (fotografie di Marco Belli; edizione bilingue italiano/romeno; Lite Editions, 2012). E’ il creatore dell’ispettore Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Momentum Edizioni) Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico (2011; Premio Liberi di Scrivere Award) e Malatesta. La Tremarella (2012). Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi su “Il manifesto”, “Il Reportage”, “East Journal”, “Il reporter” e “Torno Giovedì”. Cura la collana internazionale Atlantis per la casa editrice Lite Editions.
Collabora a “Il Fatto Quotidiano”.

Ecco il libro scelto per il giveaway estivo: una copia cartacea di Le Bestie di Lorenzo Mazzoni messa gentilmente a disposizione dall’ autore che ringraziamo.

Come si partecipa?

E’ semplice: commentando questo post e scrivendo cosa vi viene in mente sentendo parlare di Africa. Tra tutti i partecipanti verrà estratta copia del libro più alcuni adesivi di Liberi.

Alcune regole:

  • Possono partecipare a questo giveaway tutti i lettori di Liberi (maggiorenni) residenti in Italia (non effettuerò spedizioni all’estero).
  • Si partecipa commentando questo post e rispondendo alla domanda secondo le modalità sopra riportate.
  • Nessun acquisto è necessario. Ogni persona può partecipare con un solo commento.
  • Il libro è messo a disposizione dall’ autore nell’edizione (ormai rara) 1° Edizione gennaio 2011 momentum, io mi occuperò della spedizione.
  • Il vincitore non è obbligato a recensire il libro. Ma se poi vuole lasciare un commento, sempre a questo post sarà molto gradito, come una foto che dimostra che l’ ha ricevuto. Se lo recensite sul vostro blog, segnalate che l’avete ricevuto gratuitamente tramite il blog Liberi di scrivere.
  • Il giveaway apre oggi martedì 24 luglio e termina martedì 31 luglio. Il vincitore sarà avvertito per email mercoledì 1 agosto e dovrà fornire un indirizzo valido per la spedizione.
  • C’è una soglia minima di partecipanti: devono partecipare almeno 10 lettori altrimenti il giveaway sarà annullato (e io mi tengo il libro 🙂 )
  • Gradita, ma non obbligatoria, una foto che testimoni il ricevimento del libro.

Ecco è tutto! Partecipate numerosi!

 

:: Workshop di scrittura noir a Milano – docente: Lorenzo Mazzoni

6 aprile 2018

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Se siete interessati ai generi Noir Giallo, Poliziesco, Thriller, Horror, Pulp ed Hard Boiled, vi segnalo che il 21 e il 22 aprile a Milano si terrà un workshop dedicato. Docente, Lorenzo Mazzoni, scrittore e giornalista che da tempo si occupa anche di formazione, e di portare gli scrittori dove le storie nascono, in giro per il mondo.

Dalla letteratura classica a quella contemporanea, analisi del genere, la scuola tradizionale, l’avanguardia, l’attualità, i grandi maestri, i detective celebri, i casi classici, le strategie già applicate, quelle più abusate, quelle più attuali, le esigenze del mercato, i gusti del pubblico e i consigli dei maestri.

Da segnalare che gli elaborati giudicati migliori verranno proposti, da Lorenzo Mazzoni, al service editoriale ThinkABook per un’eventuale pubblicazione o per essere inseriti in un contest letterario.

Un’ occasione insomma per avvicinarsi al mondo editoriale della grande letteratura, dedicato a chi mi chiedeva come si fa a diventare scrittori. Ma ne riparleremo in seguito con una piccola iniziativa di Liberi.

Noi nel frattempo abbiamo fatto alcune domande al docente:

Come è nata l’idea, il progetto per questo corso? Hai ricevuto una significativa domanda di interesse proprio rivolta a questo genere, il noir?

L’idea è nata dalla mia passione come lettore, prima ancora che come scrittore, per il genere noir. Si tratta di un genere con mille sfaccettature, attraverso il quale si può scrivere di molte cose, dalle tragedie planetarie alla scoperta di se stessi e della propria condizione umana. Ho notato che durante i workshop e i corse di scrittura narrativa i corsisti sono sempre molto interessati al noir e che i lavori che mi vengono consegnati virano verso quei lidi.

Come strutturerai le lezioni? Sono solo due incontri, giusto, più teoria o pratica?

Le lezioni saranno intensive, due giorni, sì, ma le ore totali sono quelle dei corsi base di scrittura narrativa settimanali. Cercherò di dare degli spunti: una foto, dei nomi, degli oggetti (indizi insomma) e proverò a far partecipare i corsisti attraverso una pratica artigianale e non ispirativa: l’ispirazione è nemica della scrittura. Della buona scrittura.

Che libri consigli di leggere in occasione di questi incontri ai lettori scrittori che vi parteciperanno?

Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico“, per esempio… scherzo. Simenon, Greene, Khadra, Scerbanenco, Leonard (sia Elmore che Monk), Paco Ignacio Taibo II… ma credo che chi parteciperà avrà già una sua libreria di base. Sarà interessante confrontare gusti e stile dei partecipanti.

Dove: Scuola di Lingue di Corsi Corsari in Corso Buenos Aires, 52, Milano
Calendario: sabato 21 e domenica 22 aprile 2018 Orari: dalle ore 10.30 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 16.30
Ore totali: 10 h
Costo totale: 125,00 € comprensivo di tessera associativa (2018) all’Associazione Corsara; 120,00 € per i già tesserati
Prenotazioni: info@corsicorsari.it / 02/70108702

Se volete iscrivervi, (si può fare direttamente online) o chiedere maggiori informazioni, potete farlo a questo link: qui.

:: Un’intervista con Lorenzo Mazzoni, a cura di Giulietta Iannone

21 febbraio 2018

Lorenzo Mazzoni 2

Enrico Pandiani e Lorenzo Mazzoni

Ciao Lorenzo, grazie per aver accettato questa nuova intervista. È appena uscito La corale del petrolchimico (Koi Press), nono episodio della serie Malatesta, e sono contenta che la tua serie goda di tanta longevità. È molto apprezzata dai tuoi lettori, e ne acquista sempre di nuovi, magari incuriositi dal tuo protagonista, un poliziotto poco convenzionale e inquadrato negli schemi. Come è cresciuto il tuo personaggio durante tutti questi anni?

Grazie a voi per l’ospitalità. L’ispettore Malatesta sta crescendo con me, è sempre più vecchio. Non mi piacciono molto quei personaggi seriali che hanno sempre la stessa età romanzo dopo romanzo, mi sanno molto di trucchetti da mercante. Malatesta nel primo romanzo, Nero ferrarese, aveva tredici anni di meno e le sue problematiche erano quelle di un uomo più giovane. Ora ha cinquant’anni, è più pacificato, forse, meno arrabbiato. Almeno all’apparenza.

Parlaci della trama del tuo nuovo romanzo. Come ti è venuto in mente di mettere a un tavolo un regista di film a luci rosse, il suo guardia spalla, il figlio nullafacente di Malatesta e un gruppo di imprenditori cinesi molto italiani?

Ho iniziato a lavorare al romanzo durante il terremoto in Emilia del 2012. Era un modo per non farmi angosciare troppo dalle crepe sul soffitto di casa. Volevo trasmettere il disagio del post-sisma attraverso il punto di vista di un personaggio minore, Reinalter appunto, il figlio di Malatesta. L’ispettore ama la cucina cinese, poteva essere un buon collante, un contrasto con Reinalter che quella cucina la odia. Poi gli altri elementi sono venuti sa sé. Leggo e leggevo molto Elmore Leonard, credo che la sua influenza si possa notare soprattutto nei personaggi di Mariano, il regista hard, e del suo factotum, Robertino Di Nauta. La trama è semplice: in zona GAD, un’area a ridosso della stazione ferroviaria di Ferrara, compare Adolf Hitler, un nigeriano che prende il comando del mercato della droga costringendo Malatesta a mettersi in gioco. Da lì entrano in scena malavitosi serbi, spacciatori africani, naziskin nostrani e diversi personaggi borderline.

La mafia nigeriana sembra una delle mafie emergenti più aggressive. Come ti sei documentato su questo argomento?

Ho letto diversi articoli di giornale. Molto importante per la veridicità della situazione è stato un testo di Andrea Sparaciari: Il vero volto della mafia nigeriana, che ha in pugno la prostituzione in Italia. Ci tengo a dire che c’è un altro testo, che con la mafia non ha nulla a che fare, che è stato utile per scrivere il romanzo, si tratta de Fuori da Gaza (Il Sirente), di Selma Dabbagh (n.d.r. abbiamo intervistato l’autrice qui), magistralmente tradotto da Barbara Benini. Diverse parti dei capitoli centrali de La corale del petrolchimico provengono da quel libro, le ho trascritte, manipolandole liberamente, e cambiando il contesto geografico e gli attori coinvolti. Ne approfitto per ringraziare l’autrice, la traduttrice e l’editore.

Parlaci della tua Ferrara, multietnica e variopinta. Come sta cambiando la provincia italiana? Pensi ci sia più integrazione o razzismo?

Sui social più razzismo, nella realtà dei fatti magari non più integrazione ma una tollerabile convivenza. Il problema di un certo disagio interculturale in zona GAD a Ferrara io l’ho denunciato già in Nero ferrarese, e sono passati oltre dieci anni. Da allora la situazione è la stessa. Non è una brutta zona, ma le persone che vivono solo di sensazionalismo e Facebook hanno bisogno del mostro, degli ebrei che avvelenano i pozzi, come nel Medioevo, dell’Uomo Nero che rapisce i bambini. Bisognerebbe viverla, la vita, non farsela raccontare da un social network. L’unico modo per trasformare le cosiddette zone di disagio delle province è quello di investire sul territorio, non con processi di gentrificazione per ricchi, ma con biblioteche, librerie, eventi pubblici, concerti, mostre d’arte. Il mondo è pieno di esempi positivi.

Hai voluto nel tuo romanzo, pur con il tuo stile surreale, fare un’ analisi sociale e sociologica della realtà? In che misura è presente anche un punto di vista critico? Pensi che la recrudescenza dei vari fascismi, (più d’uno non ce lo dimentichiamo) sia connaturata alla crisi e povertà sociale culturale in atto?

Senza dubbio c’è una profonda crisi culturale, basta vedere su chi puntano i grossi editori. La letteratura dei morti viventi non aiuta a preservare questo Paese dal fascismo dei piccoli fans, ma concordo con le parole dello scrittore brasiliano J. P. Cuenca: “La letteratura muore un poco ogni volta che qualcuno alza la voce per difenderla su uno di quei palchi costruiti perché si creda ancora alla sua esistenza. Lasciarla morire mi sembra un’ottima idea per salvarla da se stessa”. Parlo naturalmente di una certa letteratura, che non arriva quasi mai dal basso, purtroppo.

Non faccio mai domande marcatamente politiche agli scrittori, ma data la situazione e le elezioni alle porte, pensi che cambierà davvero qualcosa, o troveranno il modo, chiunque vinca, tra accordi e accordicchi di mantenere il solito status quo? Cosa ti auguri che succeda?

Che ci invada il Liechtenstein, obbligandoci a giurare fedeltà eterna al principe Giovanni Adamo II. Purtroppo non succederà: il Liechtenstein dispone di tre soli carri armati e un manipolo di soldati vassalli. Dopo le elezioni ci sveglieremo e sarà tutto come prima. Chiunque vinca perseguirà politiche mediocri, dannose per il popolo, stupide, ignoranti. Non puoi pretendere che le mele cadano troppo lontano dall’albero.

La tua finestra privilegiata sul Fatto Quotidiano, come giornalista culturale, dà una visibilità a i tuoi scritti critici molto eterogenea. Ti leggono insomma non solo gli addetti ai lavori del mondo editoriale, ma chi è in attesa dell’autobus, chi fa colazione al mattino al bar, la casalinga tra la spesa e la preparazione del pranzo. La cultura non dovrebbe essere così, accessibile a tutti, non chiusa in nicchie e circoli d’elite? Perché hai scelto di tenere un blog su Il Fatto Quotidiano?

Perché me lo hanno proposto loro. Quando iniziai, grazie a Emiliano Liuzzi, seguivo gli Esteri: la Primavera Araba, i Balcani e per lungo tempo la Turchia, dove abitavo. Quando sono stato espulso da Istanbul come persona non gradita mi sono stabilito a Milano e ho iniziato a occuparmi di libri, soprattutto di editori indipendenti. La cosa ha funzionato, mi piace, e sono contento di essere una finestra per chi ha voglia di letture un po’ diverse da quelle sciorinate dalle classifiche da Hit Parade.

Il tuo rapporto con la critica letteraria è un rapporto conflittuale o pacifico? Pensi che la critica professionale, perlomeno quella istituzionale che scrive sui giornali, sugli inserti culturali, nelle riviste di settore, dia abbastanza visibilità ai tuoi romanzi? Se così non è, quali pensi ne siamo i motivi?

No, assolutamente non ho molta visibilità, ma io pubblico con gli indipendenti. La serie di Malatesta fino a oggi ha superato le centomila copie vendute grazie al passaparola e l’affetto dei lettori: hai mai visto articoli sulle principali testate nazionali a riguardo? Centomila copie sono un’esagerazione in Italia, anche per i volti noti, ma questi scrivono spesso storielle facili, sorridono alle telecamere, sanno quando postare massime emotivamente coinvolgenti per accaparrarsi le signorine da marito. A me non mi frega nulla di tutto questo. Scrivo romanzi corali, cerco di buttare giù quello che io vorrei leggere come lettore, e sono un lettore molto esigente e compulsivo, non mi freghi con commissari bellocci e due-tre slang dialettali, perciò non mi butto in quella direzione come autore e la critica professionale non mi fila di striscio.

Ci sono errori che hai commesso nella tua carriera che adesso grazie all’esperienza non rifaresti più? Ti sei mai sentito emarginato, o hai notato di essere stato in qualche modo penalizzato dal tuo credo politico?

Non così gravi da sbatterci la testa contro il muro. Forse avrei dovuto credere di più al progetto Linea BN: avevamo la possibilità di diventare il primo vero editore indipendente di Ferrara. Eravamo partiti molto bene con testi come Porno Bloc e Dal comunismo al consumismo e stavamo avendo un certo risalto nazionale. Ma eravamo giovani e incoerenti e la casa editrice è naufragata in poco tempo. Riguardo al mio credo politico: è una scelta quella di non seguire il flusso, questo porta, a volte, all’emarginazione. Preferisco però stare bene con me stesso che svendermi. Credo molto nel mio lavoro. Non avrebbe senso fare quello che vogliono gli altri, spesso succede già nella vita di tutti i giorni. Se devo cercare compromessi anche nella letteratura tanto vale lasciar perdere.

Cosa stai leggendo al momento?

Il martirio di una nazione, di Robert Fisk.

Che consiglio daresti ai giovani scrittori che si muovono per la prima volta in cerca della propria strada?

Di leggere tanto prima di scrivere, e di leggere tanto mentre scrivono. E di essere costanti e non seguire mai l’ispirazione ma l’intuizione, farla diventare metodo, strutturare la storia. Studiare, fare ricerca, non mandare il testo a nessuno finché non si è sicuri che la “casa letteraria” regga.

Un libro che ti piacerebbe scrivere a quattro mani, con chi?

Diversi compadres: Enrico Remmert, Enrico Pandiani, Darien Levani e naturalmente Paco Ignacio Taibo II. Una storia di spionaggio, inseguimenti e vendette nel mondo frizzante di fine anni Settanta.

Progetti per il futuro, non solo letterari.

Vado avanti con i miei corsi di scrittura di Corsi Corsari a Milano e Ferrara e con i workshop di scrittura e fotografia all’estero con Mille Battute. Prossimamente andrò a Bucarest, poi a Lisbona e infine in Uzbekistan. Riguardo ai libri, mi è stato chiesto un contributo per un’antologia contro la violenza sulle donne e sto lavorando a un progetto molto ambizioso che richiama un po’ Quando le chitarre facevano l’amore e Il muggito di Sarajevo.

:: Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico (Vol. 9) – La corale del petrolchimico di Lorenzo Mazzoni (Koi Press 2018)

10 febbraio 2018

petrolchimicoL’involtino primavera sapeva di cavolo avariato ed era stato fritto, con buone probabilità, nell’olio per motori. Il pollo era poco cotto, praticamente crudo. I gamberetti erano stati scottati con la fiamma ossidrica. Reinalter, seduto all’angolo destro del tavolo, continuava a masticare in silenzio, triturava mandorle dure come sassi e verdura putrefatta, tenendo le orecchie aperte sulla conversazione in corso. Mariano Balboni parlava a vanvera con la bocca piena di grosse tagliatelle udon. Di fianco a lui era acquattata la sua onnipresente guardia del corpo e factotum, Robertino Di Nauta, che, taciturno, guardava in cagnesco tutti, anche se stesso riflesso allo specchio. Di fronte a loro i due cinesi arrivati da Prato si ingozzavano di spaghetti al pomodoro utilizzando forchette. Il più anziano, un quarantenne azzimato dalla pelle giallastra, aveva le sembianze del ragioniere: capelli corredati di forfora pettinati con il riporto sul lato destro, occhiali da vista, camicia bianca, una Bic infilata nel taschino. Il suo compare, uno scheletrico tardo adolescente, aveva il viso scavato e le occhiaie violacee che facevano pendant con la maglietta della Fiorentina taglia extralarge che indossava.

Così inizia il nuovo romanzo di Lorenzo Mazzoni, La corale del petrolchimico, 9° episodio della serie Malatesta- Indagini di uno sbirro anarchico, edito da Koi Press, illustrazioni di Andrea Amaducci.
Ferrara fa da sfondo e scenario a una nuova storia che vede lo skyline inquinante del polo petrolchimico, con le sue alte torri tossiche e gli stabilimenti cancerogeni al centro della scena.
L’ispettore Malatesta torna dalle ferie dal lavoro sbirresco ancora un po’ scombussolato per i successi calcistici della sua squadra del cuore (La Spal in serie A dopo 49 anni) e subito si trova alle prese con l’Operazione Martellamento, a seguito delle proteste degli abitanti del quartiere GAD, stanchi del dilagante mercato della prostituzione e dello spaccio nei dintorni del Grattacielo e della stazione ferroviaria.
Nel loro giro di ronda Malatesta e Appuntato sentono per la prima volta il nome del nigeriano a capo dei traffici di droga del quartiere, un inquietante Adolf Hitler.
E da qua prende l’avvio una rocambolesca serie di eventi tesi alla cattura di questo sinistro e sfuggente personaggio (ma esisterà davvero? Si chiede Malatesta), eventi dal tono surreale, come è nello stile dell’autore, e drammatico, dalle cariche della polizia, fino alle uccisioni di un improvvisato giustiziere.
L’ironia non manca, anch’essa come da abitudine, in tutta la serie Malatesta è presente a piene mani, soprattutto nei dialoghi e nelle situazioni di per sé paradossali ed esilaranti, come nella scena iniziale in cui il povero Reinalter scambiato per un conoscitore della lingua cinese si trova a fare da interprete (per uno sgangherato produttore di film a luci rosse) a un tavolo di ristornate, dove i cinesi presenti parlano solo italiano con cadenza toscana, e più che usare esotiche bacchette usano italianissime forchette per mangiare spaghetti al pomodoro.
La descrizione del variegato gruppo umano che popola la stazione, specchio di una integrazione ormai cementata, che non distingue più stranieri o autoctoni, accomunati da povertà e disagio, è ben rappresentata da queste poche righe, prive di connotazioni razziste, ma unicamente immagine riflessa di una società che cambia e in cui la multietnicità è un dato di fatto.

Il barbone dormiva ancora aggrappato alla colonna del portacenere pubblico, due prostitute scheletriche chiedevano soldi ai passanti, ragazzini fuori forma e senza idee cercavano biciclette da rubare, giovani arabi con vestiti da due soldi bevevano birra davanti al sudicio kebabbaro, gruppi di perdigiorno africani bighellonavano sotto i portici, tra il Bar Fiorella, leggendario ritrovo della mala locale dalla notte dei tempi, il passaggio coperto che immetteva su piazzale Castellina e la pista ciclabile per il centro della città.

Le bande della criminalità nigeriana in conflitto tra loro, (la Aye Confraternite, gli Eiye e i temibili Black Axe), le loro strutture, le loro forme di cooptazione, spirale di violenza infinita, tutto viene descritto alternando parti più analitiche (e se vogliamo giornalistiche) a parti più leggere, se non umoristiche.
Lorenzo Mazzoni alterna i torni e i registri, per parlarci della società di oggi in cui vasti strati di criminalità da quella serba, a quella nigeriana, per non tacere delle frange neonaziste o degli imprenditori senza scrupoli cinesi si sovrappongono in un tessuto sociale sempre più disgregato.
Prostituzione, droga, truffe informatiche, lavoratori schiavizzati e in nero sono i nuovi traffici disponibili per chi fa sempre più fatica a mettere d’accordo il pranzo con la cena, e in questo nuovo mondo il nostro anarchico ispettore, (preoccupato per il figlio in rotta con la fidanzata) persegue a modo suo il suo dovere, portando a termine il lavoro più che per lo Stato che lo paga, per seguire il suo personale codice etico e morale.
Ma alla fine la Spal è in serie A, e anche il Nostro può in qualche modo festeggiare. Sebbene un filo di amarezza persista.

Malatesta alzò la sciarpa insieme a centinaia di altri tifosi cantando a squarciagola.
Davanti a lui il saluto della Spal al proprio pubblico venne oscurato, per qualche secondo, dall’enorme bandiera sventolante che riportava il volto di un ragazzo come tanti.

Dedicato alla memoria di Federico Aldrovandi.        

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974. Scrittore, saggista e reporter ha pubblicato oltre venti romanzi e numerosi racconti. È il creatore dell’ispettore Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico. La Trilogia (2011), La tremarella (2012), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014), Il giorno in cui la Spal vinceva a Renate (2015), Riti propiziatori di un uomo perbene (2017). È docente di scrittura creativa di Corsi Corsari e responsabile del service editoriale ThinkABook. Nel 2015 è entrato a far parte di Mille Battute, un contenitore culturale di esperienze umane che promuove workshop di scrittura, reportage e fotografia in giro per il mondo. Collabora con il Fatto Quotidiano. I suoi libri sono tradotti in spagnolo, romeno e inglese.

Source: pdf inviato dall’autore.

:: Malatesta – Indagini di uno sbirro anarchico (Vol.8): Riti propiziatori di un uomo perbene – Lorenzo Mazzoni, (Koi Press, 2017)

25 aprile 2017

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Latitante Numero Uno. Sterminatore di poliziotti. Bisbigli nei caffè e nei giardinetti pubblici davanti al castello Estense. Autopattuglie in processione per le strade del centro.
Sguardi vigili e attenti dietro i finestrini. Delinquenti di poco conto e potenziali delinquenti a ridosso dei muri, assenti giustificati da ogni momento della vita sociale cittadina: l’ora dell’aperitivo non era mai stata cosi triste. Chi era il killer in bicicletta? Una domanda da un milione di euro. L’assassino neorealista, capace di far piombare il medioevo su Ferrara.

Torna Malatesta, lo sbirro anarchico, goloso di noodles Lucky Me! e tifoso della Spal, creatura di carta figlia della penna di Lorenzo Mazzoni e lo fa nel silenzio quasi generale della critica e finanche dei blog. Ho cercato recensioni online, anche solo qualche commento ed è strano notare come sia quasi completamente ignorato. Male, dico io, perché la scrittura di Mazzoni merita, unisce tocchi di ironia a una struttura tipicamente noir, con virate surrealiste che divertono e nello stesso tempo spingono alla riflessione.
La mosca, in pelliccia e sciarpa di lana, che ronza, molto chandlerianamente, non può che strappare un sorriso in un angusto ufficio di polizia, mentre a Ferrara si indaga sulla morte di quattro poliziotti. Un misterioso individuo a bordo di una bici li ha uccisi davanti a un pub. A Malatesta il compito di scoprire l’identità del killer e le sue oscure motivazioni.
La storia è concentrata in una novantina di pagine, forse più una novella che un romanzo, ma dense di sulfureo umorismo e non troppa velata critica sociale. La globalizzazione, il razzismo, (La DIGOS era impegnata a interrogare extracomunitari con qualche precedente penale, totalmente estranei ai fatti di quell’ultimo mese), l’anarchia si innestano in una struttura narrativa efficiente e funzionale a cosa l’autore vuole trasmettere, pur non cedendo alle regole dell’ intrattenimento.
Leggere Riti propiziatori di un uomo perbene insomma è un’ esperienza piacevole oltre che istruttiva. Il gioco metaletterario che unisce il killer a Stephen King, per esempio è uno degli inside joke, di cui Mazzoni si serve per i suoi funambolici paradossi, che lasciano nel lettore sempre un retrogusto amaro. Il gioco riesce proprio per l’analfabetismo, diciamo funzionale, della proprietaria dell’ Hotel Belvedere, nel quale non si vede un libro in giro.

― Esistono ancora gli scrittori? ― aveva chiesto lei, quando Stefano le aveva rivelato la sua professione.
― Ho venduto milioni di copie con il mio nome d’arte: Stephen King, lo avrà sentito nominare.
― E un nome straniero.
― Inglese, si. Ma io i libri li scrivo in italiano, quando compare la dicitura “traduzione di”, e una bugia. Il mio editore e un tipo in gamba: sa che non voglio essere scocciato e per tenere nascosta la mia vera identità fa stampare nei quarti di copertina la foto di questo tizio con gli occhiali. ― Stefano aveva prontamente tirato fuori dalla valigia una copia di It e l’aveva mostrata alla donna. ― E un brav’uomo, che si presta al gioco. E un bidello di una scuola primaria di Longobucco.

Ecco per dare un esempio del tipo ironia di cui parlavo prima che rende veloce la lettura e affatto pesante o noiosa. Dopo sprazzi sulla vita del killer, Mazzoni si concentra sull’ indagine di Malatesta, impegnato a far luce sul passato dei quattro poliziotti per vedere se c’è un elemento comune che li possa collegare alla ragione della loro esecuzione.
Capannoni industriali, cieli tersi, le vie di Ferrara, anche lo scenario urbano, si inserisce nella costruzione della trama, tesa come abbiamo visto allo svolgimento dell’indagine e a scoprire la vera natura del killer, tanto oscura a Malatesta, quanto al lettore.

Intorno a Ferrara tutti i campi erano luminosi, quasi fluorescenti. Migliaia di piante di girasole abbagliavano, con i loro fiori gialli, ogni spazio coltivato. Tra i capannoni di Salvi Frutta, dietro al Mercatone Uno, a fianco della strada che costeggiava la nuova caserma dei Vigili del Fuoco, si incuneavano in ogni spazio libero, fin sotto il cavalcavia e a ridosso del cantiere della metropolitana di superficie. Sullo sfondo i palazzoni a piu piani della prima periferia di via Ippolito Nievo e viale Krasnodar. La distesa infinita di giallo diventava ancora piu fluorescente e luminescente a contatto con le tinte pastello del cielo: un grigio spesso, quasi di piombo, strappato da qualche quadro iperrealista, un muro di fabbrica inglese della rivoluzione industriale stampato sull’etereo.

Finché sbuca una testimone a cui sembra di aver visto Brad Pitt. Lascio a voi scoprire come Malatesta arriverà al killer e che conclusione l’autore ha scelto per la storia. Buona lettura.

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974. Ha abitato a Londra, Istanbul, Parigi, Sana’a, Hurghada e ha soggiornato per lunghi periodi in Marocco, Romania, Bulgaria, Vietnam e Laos. Scrittore, saggista e reporter ha pubblicato numerosi romanzi, fra cui Apologia di uomini inutili (Edizioni La Gru, 2013), Quando le chitarre facevano l’amore (Edizioni Spartaco, 2015; Premio Liberi di Scrivere Award), Un tango per Victor (Edicola Ediciones, 2016). È il creatore dell’ispettore Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Indagini di uno sbirro anarchico (2011), La Tremarella (2012), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014), Il giorno in cui la Spal vinceva a Renate (2015). Il suo ultimo romanzo, Il muggito di Sarajevo (2016), è stato pubblicato da Edizioni Spartaco. È docente di scrittura creativa, reportage e fotografia, in Italia e all’estero, per Corsi Corsari e Mille Battute, e curatore del service editoriale ThinkABook. Collabora con Il Fatto Quotidiano. I suoi libri sono tradotti in spagnolo, romeno e inglese.

Source: pdf inviato dall’Editore. Ringraziamo l’Ufficio Stampa “Koi Press”.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Gruppo di lettura – Il muggito di Sarajevo, Lorenzo Mazzoni

25 febbraio 2017

mug«La luna era alta e rischiarava il container, protetto da sacchi di sabbia, che bloccava l’ingresso occidentale del sobborgo di Butmir. Da qualche parte, lì intorno, c’era sicuramente più di un balija dannato pronto a staccargli la testa con una raffica di Mg42. Milan Kosanović, nonostante la scorpacciata di funghi allucinogeni, riusciva ancora a ragionare e, con estrema chiarezza, era consapevole di essersi perso. Luci abbaglianti attraversarono il cielo. Proiettili marziani che si infransero lontano, contro una casa, una moschea, un ospedale. Era la fine del mondo».

Nata per essere assediata. È così che si sente Amira, diciotto anni e un grande sogno da realizzare nella città di Sarajevo del ’93, lacerata dalle rappresaglie tra serbi e bosniaci. Il cuore della suonatrice di cigar box guitar batte all’unisono con i colpi di mortaio e le raffiche di mitra, ma Amira canta la sopravvivenza, la speranza. Della band Senza Strumenti fanno parte anche il colonnello Mustafa Setka, mago del basso, e il gigantesco ballerino di kolo, Masne, alle percussioni. I due, per tutto il giorno, seguono Jack, meglio conosciuto come Mozambik l’irlandese, fidanzato di Amira, spacciatore. All’occorrenza, Jack si offre come guida agli inviati di guerra che affollano l’Holiday Inn semidistrutto. Così conosce Carlo e Oscar, due fotoreporter italiani che inseguono uno scoop davvero straordinario: tra macerie e bombe, intendono trovare una vacca indiana che si dice abbia poteri da chiromante. Sarà per caso la Zebù gir che il vecchio Ivan nasconde nella corte interna del suo negozio di tabacchi, adattato a fumeria d’oppio dopo l’inizio del conflitto? Del resto, non è la sola ospite che il commerciante  cela a sguardi e orecchie indiscrete. In uno sgabuzzino è segregato, infatti, un serbo fuori di testa che, dopo una scorpacciata di funghi allucinogeni, si è ritrovato al di là delle linee nemiche. Lo scopo di Ivan è rispedirlo al mittente in cambio di un riscatto, da chiedere a un oscuro cecchino dei servizi segreti serbi, che trova la concentrazione solo canticchiando le hit di Barbra Streisand. Niente a che vedere con i Nirvana di Kurt Cobain, che Amira ha scoperto grazie a un lontano cugino olandese, di origine bosniaca, diviso tra rock e fede religiosa da quando ha abbracciato l’Islam in prigione.

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974 e ha abitato a Parigi, Hurghada, Londra, Sana’a. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Il requiem di Valle secca (Tracce, 2006),  Le bestie/Kinshasa Serenade (Momentum Edizioni, 2011), Apologia di uomini inutili (Edizioni La Gru, 2013, Premio Liberi di scrivere Award). È il creatore dell’ispettore ferrarese Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Malatesta, indagini di uno sbirro anarchico, La Trilogia (2011, Premio Liberi di Scrivere Award), La Tremarella (2012, il cui ricavato è andato interamente alle vittime del terremoto in Emilia), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014). Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi sui giornali Il Manifesto, Il Reportage, East Journal, Il reporter e Torno Giovedì- Collabora con Il Fatto Quotidiano. Vive tra Milano e Istanbul.

Soundtrack

Space Cow in The Brasilian Land – The Love’s White Rabbits

Blood Sugar Sex Magic-Red Hot Chili Peppers

Nirvana – Smells Like Teen Spirit

Booktrailer: ‘Il muggito di Sarajevo’

Appuntamento oggi, sabato 25 febbraio, dalle ore 18,00 alle 19,00 per discutere del libro qui nei commenti al post. Partecipate numerosi.

:: Il muggito di Sarajevo, Lorenzo Mazzoni (Edizioni Spartaco, 2016) a cura di Giulietta Iannone

1 dicembre 2016

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Coloratissimo, come tutti i Balcani, pieno di musica, surreale, sulfurealmente divertente, anarchico, tragico è uscito il nuovo romanzo di Lorenzo Mazzoni, Il muggito di Sarajevo, per Edizioni Spartaco. Un romanzo che ci porta di peso nella Sarajevo della guerra e dell’assedio, il più lungo assedio nella storia bellica contemporanea, che si protrasse per 4 lunghissimi anni, dall’aprile del 1992 al febbraio del 1996. Una guerra sporca, terribile, come tutte le guerre, una guerra di cecchini combattuta nel cuore dell’Europa, che vide contrapposti da un lato il governo bosniaco, e dall’altra l’Armata Popolare Jugoslava e le forze serbo-bosniache. Televisori, radio, giornali ci portavano quotidianamente notizie da questa città martoriata, divenuta in breve simbolo delle nostre mille contraddizioni e di quanto sia precaria e transitoria l’illusione di pace e sicurezza che viviamo in Europa. Minacciata in continuazione da forze che non vediamo, non percepiamo. Ma ci sono, rosicano i nostri diritti, la nostra parvenza di libertà, il nostro benessere, forse anche ingiusto se pensiamo alle condizioni di tanti altri paesi del mondo. Lorenzo Mazzoni non fa un discorso essenzialmente politico nel suo romanzo, ma questa insicurezza si fa forte e chiara, pure grazie al tono surreale e onirico che utilizza, e un grande senso di speranza e ottimismo che straborda dalle pagine. Immaginatevi un film con Emir Kusturica alla regia e la colonna musicale affidata ai Gogol Bordello, che sto ascoltando in sottofondo proprio mentre scrivo queste righe. Violini, fisarmoniche, musica gispy, denti d’oro, droga e fiumi di vodka, insomma questo è lo scenario che ci vedo io, ed è giusto che ogni lettore si crei il suo immaginario personale. Dopo tutto leggere è una delle attività più creative (e sovversive) che esistano. Dunque vediamo, immaginatevi una mucca veggente, dei funghi allucinogeni, un serbo prigioniero a Sarajevo tenuto sotto custodia da un vecchio pazzo, panetti di oppio, due giornalisti italiani in cerca di uno scoop, Amira leader di una band Senza strumenti, che trova in Sarajevo il centro della sua creatività, nani, giganti, soldati ONU, prostitute (contro la loro volontà), Mozambik, un irlandese che fa da guida ai giornalisti e compra generi di prima necessità da rivendere a chi non potrebbe procurarseli, un cecchino fanatico delle canzoni di Barbra Streisand. E la guerra, le privazioni, la mancanza di cibo, la paura, l’odore di morte, le pile di cadaveri, le torture fatte ai prigionieri, insomma l’irrazionale e l’orrore, contrapposti, affiancati. Mazzoni sceglie uno stile narrativo sincopato, fatto di brevi capitoli, quasi una carrellata di racconti che si possono leggere anche slegati, sebbene un filo conduttore, una trama esistano. E tanta musica da Kurt Cobain ai Red Hot Chili Peppers, alla divina per eccellenza Barbra Streisand. Per chi ama Graham Greene la sua lezione non è andata perduta. Dunque che dire d’altro: muuu!

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974 e ha abitato a Parigi, Hurghada, Londra, Sana’a. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Il requiem di Valle secca (Tracce, 2006),  Le bestie/Kinshasa Serenade (Momentum Edizioni, 2011), Apologia di uomini inutili (Edizioni La Gru, 2013, Premio Liberi di scrivere Award). È il creatore dell’ispettore ferrarese Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Malatesta, indagini di uno sbirro anarchico, La Trilogia (2011, Premio Liberi di Scrivere Award), La Tremarella (2012, il cui ricavato è andato interamente alle vittime del terremoto in Emilia), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014). Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi sui giornali Il Manifesto, Il Reportage, East Journal, Il reporter e Torno Giovedì- Collabora con Il Fatto Quotidiano. Vive tra Milano e Istanbul.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ Ufficio Stampa Spartaco e l’autore.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Un tango per Victor, Lorenzo Mazzoni, (Edicola Ediciones, 2016) a cura di Massimo Ricciuti

23 Maggio 2016

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Denil è un ragazzo di origini italo-cilene che vive ad Amsterdam. Le sue giornate sono tutte uguali, divise fra il lavoro presso un coffee shop e le serate da DJ. La sua conoscenza della storia cilena è affidata ai racconti dello zio Victor, sottrattosi appena in tempo alla dittatura di Pinochet. La monotona esistenza di Denil è destinata a cambiare quando vede una ragazza improvvisare passi di tango per le vie della città. Incantato dalla sua bellezza e dalla sua grazia, il giovane cerca di rintracciarla, finché sarà proprio lei, Julia, a entrare nel locale in cui Denil fa il DJ.

Pubblicato una prima volta nel 2008, questo romanzo rivede la luce grazie alla volontà e al lavoro degli editori di Edicola Ediciones. Intriso d’ironia e di poesia al tempo stesso, il libro dà comunque ampio spazio alla drammatica storia cilena e rende omaggio al grande cantante Victor Jara, assassinato dagli aguzzini di Pinochet. La musica è centrale nel racconto, tantissimi sono i brani citati. Ed è fondamentale per l’incontro fra Denil e Julia, accompagnando anche la loro breve storia d’amore. Un tango per Victor è un gioiellino da (ri)scoprire, impreziosito dalla splendida illustrazione di copertina, opera di Francisca Yáñez

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974. Ha vissuto a Londra, Istanbul, Parigi, Sana’a, Hurghada e ha soggiornato per lunghi periodi in Marocco, Vietnam e Laos. Scrittore, saggista e reporter ha pubblicato numerosi romanzi, fra cui Il requiem di Valle Secca (Tracce, 2006; finalista al Premio Rhegium Julii), Le bestie/Kinshasa serenade (Momentum Edizioni, 2011), Apologia di uomini inutili (Edizioni La Gru, 2013). È il creatore dell’ispettore Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico. La trilogia (2011), La Tremarella (2012), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014), Il giorno in cui la Spal vinceva a Renate (2015). Il suo ultimo romanzo, Quando le chitarre facevano l’amore (2015; Premio Liberi di Scrivere Award), è stato pubblicato da Edizioni Spartaco. Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi su il manifesto, Il Reportage, East Journal, Scoprire Istanbul, Reporter e Torno Giovedì. Collabora con il Fatto Quotidiano. È docente di scrittura narrativa di Corsi Corsari. Nel 2015, insieme al fotografo Tommy Graziani, ha fondato IbnBattuta.viaggi, un contenitore culturale di esperienze umane che promuove workshop di scrittura, reportage e fotografia in giro per il mondo.

Source: acquisto del recensore.

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