«La luna era alta e rischiarava il container, protetto da sacchi di sabbia, che bloccava l’ingresso occidentale del sobborgo di Butmir. Da qualche parte, lì intorno, c’era sicuramente più di un balija dannato pronto a staccargli la testa con una raffica di Mg42. Milan Kosanović, nonostante la scorpacciata di funghi allucinogeni, riusciva ancora a ragionare e, con estrema chiarezza, era consapevole di essersi perso. Luci abbaglianti attraversarono il cielo. Proiettili marziani che si infransero lontano, contro una casa, una moschea, un ospedale. Era la fine del mondo».
Nata per essere assediata. È così che si sente Amira, diciotto anni e un grande sogno da realizzare nella città di Sarajevo del ’93, lacerata dalle rappresaglie tra serbi e bosniaci. Il cuore della suonatrice di cigar box guitar batte all’unisono con i colpi di mortaio e le raffiche di mitra, ma Amira canta la sopravvivenza, la speranza. Della band Senza Strumenti fanno parte anche il colonnello Mustafa Setka, mago del basso, e il gigantesco ballerino di kolo, Masne, alle percussioni. I due, per tutto il giorno, seguono Jack, meglio conosciuto come Mozambik l’irlandese, fidanzato di Amira, spacciatore. All’occorrenza, Jack si offre come guida agli inviati di guerra che affollano l’Holiday Inn semidistrutto. Così conosce Carlo e Oscar, due fotoreporter italiani che inseguono uno scoop davvero straordinario: tra macerie e bombe, intendono trovare una vacca indiana che si dice abbia poteri da chiromante. Sarà per caso la Zebù gir che il vecchio Ivan nasconde nella corte interna del suo negozio di tabacchi, adattato a fumeria d’oppio dopo l’inizio del conflitto? Del resto, non è la sola ospite che il commerciante cela a sguardi e orecchie indiscrete. In uno sgabuzzino è segregato, infatti, un serbo fuori di testa che, dopo una scorpacciata di funghi allucinogeni, si è ritrovato al di là delle linee nemiche. Lo scopo di Ivan è rispedirlo al mittente in cambio di un riscatto, da chiedere a un oscuro cecchino dei servizi segreti serbi, che trova la concentrazione solo canticchiando le hit di Barbra Streisand. Niente a che vedere con i Nirvana di Kurt Cobain, che Amira ha scoperto grazie a un lontano cugino olandese, di origine bosniaca, diviso tra rock e fede religiosa da quando ha abbracciato l’Islam in prigione.
Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974 e ha abitato a Parigi, Hurghada, Londra, Sana’a. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Il requiem di Valle secca (Tracce, 2006), Le bestie/Kinshasa Serenade (Momentum Edizioni, 2011), Apologia di uomini inutili (Edizioni La Gru, 2013, Premio Liberi di scrivere Award). È il creatore dell’ispettore ferrarese Pietro Malatesta, protagonista dei noir (illustrati da Andrea Amaducci ed editi da Koi Press) Malatesta, indagini di uno sbirro anarchico, La Trilogia (2011, Premio Liberi di Scrivere Award), La Tremarella (2012, il cui ricavato è andato interamente alle vittime del terremoto in Emilia), Termodistruzione di un koala (2013), Italiani brutta gente (2014). Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi sui giornali Il Manifesto, Il Reportage, East Journal, Il reporter e Torno Giovedì- Collabora con Il Fatto Quotidiano. Vive tra Milano e Istanbul.
Soundtrack
Space Cow in The Brasilian Land – The Love’s White Rabbits
Blood Sugar Sex Magic-Red Hot Chili Peppers
Nirvana – Smells Like Teen Spirit
Booktrailer: ‘Il muggito di Sarajevo’
Appuntamento oggi, sabato 25 febbraio, dalle ore 18,00 alle 19,00 per discutere del libro qui nei commenti al post. Partecipate numerosi.
Tag: Edizioni Spartaco, Il muggito di Sarajevo, Lorenzo Mazzoni
25 febbraio 2017 alle 17:00 |
Qui è tutto pronto, i salatini, le patatine, i dolci, la birra è un po’ calda ma ce la faremo bastare, il sottofondo musicale c’è in loop, (quanto sono bravi i The Love’s White Rabbits), possiamo iniziare.
25 febbraio 2017 alle 17:01 |
Presente all’appello
25 febbraio 2017 alle 17:02 |
Evvai!!!
25 febbraio 2017 alle 17:02 |
Un muggito lontano. Un sottofondo inquietante.
«La mucca… la senti, la mucca?» chiese Milan.
«Io non sento nulla. Tutto tace. Ma so che l’azione non si ferma mai in questa città. Anche quando c’è silenzio, quando pensi che quelli lassù, sulle montagne, si stiano finalmente riposando, da qualche parte, al buio, c’è qualche tizio pronto a fracassarti il cranio con un proiettile. Bisogna sempre muoversi, correre, nascondersi. Non ci si può fermare. Qui va male per tutti. Nessuno può andarsene, da nessuna parte.
25 febbraio 2017 alle 17:03 |
Allora che esperienza di lettura è stata?
25 febbraio 2017 alle 17:08 |
Molto piacevole, interessante per ambientazione e periodo (mai letto nulla che ne avesse di simili), forse un tantino impegnativa la lettura dei nomi, ma per mie scarse conoscenze dei luoghi.
25 febbraio 2017 alle 17:13 |
Sì, sicuramente è ben raro che un autore italiano affronti questi temi, e anche con una notevole documentazione.
25 febbraio 2017 alle 17:04 |
Ciao, ci sono anche io, anche se (Giulia sa quanto io sia poco affidabile) purtroppo interverrò “a intermittenza”, causa scadenze di bilancio
25 febbraio 2017 alle 17:05 |
Come riesci, sei più che benvenuto!
25 febbraio 2017 alle 17:05 |
Salve a tutti!
Per iniziare mi sembrava che potesse essere un’idea carina fare un cenno al modo di presentare i personaggi che c’è nel romanzo. Ovvero, io sono rimasta molto colpita dalla capacità dell’autore di legare insieme, capitolo dopo capitolo, tutti, ma proprio tutti.
Alla fine ogni singolo personaggio si lega ad almeno un altro, e così via fino a formare la “trama”.
25 febbraio 2017 alle 17:07 |
Esatto l’ho notato anche io, credo sia la peculiarità dell’autore, e cosa tra l’altro affatto facile. Volendo i racconti si possono leggere anche slegati, anche se uniti formano il romanzo.
25 febbraio 2017 alle 17:06 |
Molto coinvolgente fin dall’inizio, grazie al ritmo serrato (anche i capitoli brevi, per gestire i diversi piani narrativi: secondo me, Mazzoni è stato bravo a non perdere il filo delle diverse vicende e dei diversi personaggi), e ovviamente grazie alla trama
25 febbraio 2017 alle 17:09 |
Esatto, tutto ha un senso, tutto è collegato, anche i dettagli minimi.
25 febbraio 2017 alle 17:07 |
Sì, infatti a mio parere la presentazione dei personaggi è l’unica cosa veramente bella del romanzo, che purtroppo (almeno per me) ha uno stile troppo lento e monotono pur avendo alla base una storia strepitosa
25 febbraio 2017 alle 17:07 |
Bene, vedo che ci siamo sovrapposti per dire più o meno lo stesso 🙂
25 febbraio 2017 alle 17:07 |
Più o meno lo stesso con Giulia, mentre io e Micol dissentiamo sul ritmo
25 febbraio 2017 alle 17:13 |
Anche a me il ritmo è sembrato “serrato”, sarà stata la brevità dei capitoli, che mi portava ad andare veloce, perché a rifletterci bene in effetti gli avvenimenti sono pochi
25 febbraio 2017 alle 17:16 |
Pochi avvenimenti e descritti molto a rallentatore, come se l’autore volesse mantenere il lettore come spettatore esterno. Mi sono sentita come se fossi stata seduta su una poltroncina al cinema a guardare la storia invece che dentro alla storia, vicina alla protagonista.
25 febbraio 2017 alle 17:11 |
A diciotto anni aveva già un’espressione grave. La faccia sottile, spigolosa, resa volgare da un trucco eccessivo e da labbra carnose rimarcate da un rossetto fosforescente. Il taglio lievemente allungato all’insù dei suoi occhi azzurri donava allo sguardo l’idea di irrequietezza e curiosità. Aveva i capelli neri legati in una treccia tenuta ferma da un nastro rosso. Si era confezionata un giubbotto antiproiettile di cartone con la scritta «Armija of Love». Sotto indossava una t-shirt azzurra, un paio di jeans chiari e delle scarpe da tennis sfasciate.
25 febbraio 2017 alle 17:12 |
Come dicevo, la parte relativa ai personaggi e alle descrizioni è veramente fenomenale, minuziosa e anche poetica…
25 febbraio 2017 alle 17:11 |
Cosa ne pensate della protagonista?
25 febbraio 2017 alle 17:18 |
Per me le rubava la scena Mozambik, non l’avevo neanche classificata come la protagonista, al massimo “elemento chiave”
25 febbraio 2017 alle 17:18 |
🙂
25 febbraio 2017 alle 17:16 |
Quando cercò di vietarle di suonare la cigar box guitar e di requisirle il walkman e tutte le sue musicassette, Amira decise che era giunto il momento di fare il grande salto. Lasciò scritto un biglietto alla madre, dicendole che non doveva preoccuparsi per lei e che sarebbe andata a Sarajevo a cercare fortuna, si mise uno zaino in spalla e partì verso sud. A Kiseljak trovò il passaggio con i puffi danesi. L’oscurità dentro il blindato, qualcuno che le palpava le tette, il rumore infernale dei cingoli, l’odore, fortissimo, del gasolio. Al check point Sierra One il poliziotto serbo era troppo sbronzo per accorgersi che lei non era un militare scandinavo. Sarajevo l’aveva accolta nella luce abbagliante di una giornata quotidiana d’assedio.
25 febbraio 2017 alle 17:18 |
Amira a me è piaciuta molto: così come Mozambek, ma con maggiore positività, mi sembra che Mazzoni abbia voluto farne un esempio di come, pur nella consapevolezza di vivere una guerra crudele (di cui non ci viene risparmiato nulla), si possano vivere le proprie passioni (l’amore, la musica), addirittura (i giri in città a cercare ispirazioni per le canzoni) tentando di sfruttare il meglio delle circostanze negative che si è costretti ad affrontare
25 febbraio 2017 alle 17:20 |
Sì, ho notato anche io questa caratteristica e senz’altro Amira è il mio personaggio preferito del romanzo.
25 febbraio 2017 alle 17:20 |
Non so, Mazzoni si dilunga molto su come Mozambik è diventato Mozambik, su tutto il suo complicatissimo passato, ma poi a me sembra proprio che la protagonista sia Amira
25 febbraio 2017 alle 17:21 |
A Jack nella vita avevano affibbiato molti soprannomi, lo Slavo, Jackie il fuggiasco, il Rosso, ma a Sarajevo era conosciuto da tutti come Mozambik l’irlandese.
Era comparso un giorno, all’inizio dell’assedio, dicendo che veniva a difendere la città dal male. Essendo suo padre serbo c’era, probabilmente, qualcosa di edipico nella sua scelta. Non che il signor Miloš Raduljica, impiegato al ministero degli Esteri in pensione, avesse mai messo piede sui monti intorno a Sarajevo per sparare qualche colpo sui civili.
25 febbraio 2017 alle 17:22 |
E la mucca, dai parliamo del suo significato, a cosa l’avete collegata? Ha per voi un significato simbolico?
25 febbraio 2017 alle 17:33 |
Si può vedere la mucca come un simbolo di pace (anche la musica ne è un veicolo) sacrà per gli indù, quasi filosofa.
25 febbraio 2017 alle 17:25 |
In realtà, forse non è necessario che individuiamo un personaggio principale: anzi, forse il carattere principale del romanzo è che ce ne sono tanti, quasi tutti ben descritti e “sfruttati” da Mazzoni per la sua storia.
Forse, è un po’ sacrificato il primissimo che incontriamo, il soldato disperso in preda alle allucinazioni da funghi che poi viene fatto prigioniero da Ivan: e, sicuramente, nonostante sembrasse promettere qualche sviluppo, è stato abbandonato a se stesso il personaggio dell’autista che porta Abdel alle porte di Sarajevo, e l’indecifrabile Invisibile, che indica l’ultima strada per entrare
25 febbraio 2017 alle 17:28 |
Sì, è un romanzo corale, poi ogni lettore ha il suo preferito, ma non credo sia quello l’importante. Anche Sarajevo è un personaggio, forse davvero il principale.
25 febbraio 2017 alle 17:30 |
Io al soldato dell’inizio mi ero anche affezionata, soprattutto quando si rende conto di quanto poco lungimirante fosse stata l’idea di arruolarsi… Però sono decisamente d’accordo sul fatto che sia un racconto corale
25 febbraio 2017 alle 17:29 |
Vedo la mucca di Ivan come un’altra prova della resistenza di una parvenza di vita ordinaria (“strana”, ma assolutamente ordinaria se confrontata con la guerra) in una Sarajevo sconvolta e in balia dei cecchini, così come lo sono i locali in cui Amira e i suoi suonano, così come è un esempio di resistenza l’amore tra Amira e Mozambik, e pure l’inchiesta di Carlo e Oscar, e forse anche l’amicizia tra Mozambik e i suoi due strani sodali che poi diventano strumentisti per Amira.
25 febbraio 2017 alle 17:35 |
Però la mucca di Ivan, anzi Ivan che crede che sappia predirgli il futuro, aggiunge un tocco “magico” alla trama, così come – molto più centrata, visto che poi si rivelerà precisissima – la profezia della zingara di Marko.
Marko addirittura, proprio a causa della profezia e della paura che gli ispira, tenta persino di riscattarsi in parte dalla propria abiezione, mostrando clemenza prima verso Ivan poi soprattutto verso Amira: anche se non basta.
Quello che rimane negativissimo, forse il solo in tutto il libro, è il personaggio di Zoran: forse proprio perché, al contrario di Amira, non ha passioni né interessi ma solo esempi negativi (gli ultras sangunari della Stella Rossa), agisce, e poco dopo pensa, solo in negativo, senza speranza di redenzione, e viene punito prima di potere terminare l’ennesimo delitto
25 febbraio 2017 alle 17:35 |
Comunque noto dai vostri commenti che il romanzo è piaciuto, sono temi appunto molto trascurati, che invece suscitano riflessioni, a parte la bravura di Mazzoni come autore. Leggendolo pensavo all’Ucraina, per esempio.
25 febbraio 2017 alle 17:38 |
Sicuramente i temi trattati sono molto trascurati dalla letteratura, ma purtroppo sempre troppo odierni per quanto riguarda la vita reale. Fanno sicuramente pensare perché si riesce a vedere una situazione difficile da un punto di vista totalmente diverso da quello che televisione e giornali ci hanno sempre fatto vedere.
25 febbraio 2017 alle 17:41 |
Sì, è senz’altro il ruolo primario della letteratura e il suo fascino.
25 febbraio 2017 alle 17:39 |
Perché all’Ucraina?
25 febbraio 2017 alle 17:40 |
Una guerra, al centro dell’ Europa.
25 febbraio 2017 alle 17:42 |
Hai ragione, Giulia. Nemmeno io l’avevo vista così o.o
25 febbraio 2017 alle 17:38 |
Sarajevo, un’intuizione da tubo catodico: gli sembrava un luogo troppo bello per essere distrutto, l’aveva già visto accadere a Beirut. Decise da che parte stare per merito di quella fievole intuizione. Aveva bisogno di trovare uno scopo.
25 febbraio 2017 alle 17:44 |
Scusatemi, ma – come avevo anticipato a Giulia – devo lasciarvi:
La prossima volta spero di fare meglio: intanto, grazie, per le riflessioni di oggi e per avermi fatto leggere un romanzo interessante, oltre che – almeno per me – piacevole
Buona serata, alla prossima (poi comunque leggo il resto)
25 febbraio 2017 alle 17:45 |
Buona serata
25 febbraio 2017 alle 17:45 |
Grazie Michele di aver partecipato, con commenti molto belli, tra l’altro.
25 febbraio 2017 alle 17:50 |
E’ un libro con una colonna musicale, anche voi l’avete letto con sottofondo musicale?
25 febbraio 2017 alle 17:51 |
Io no, ma per il motivo che leggendo quasi esclusivamente di notte tendo a farlo nel silenzio
25 febbraio 2017 alle 17:59 |
Comunque è un romanzo molto greeniano, il contrabbando, il ruolo dei giornalisti, anche se è Mazzoni ha un soffio anarchico e fantastico, quasi magico.
25 febbraio 2017 alle 18:01 |
L’ora è passata, ringrazio tutti dell’incontro, e di aver letto il libro per discuterlo assieme. Siamo solo stati in 4 speriamo per i prossimi incontri di essere un po’ di più. Alla prossima.
25 febbraio 2017 alle 18:02 |
Vedrai che piano piano aumenteremo 🙂
Grazie a tutti voi, e scusate se sono intervenuta poco, ma purtroppo non essendomi piaciuto moltissimo non ho trovato molti spunti.
1 Maggio 2019 alle 13:19 |
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.