Posts Tagged ‘Georges Simenon’

:: L’orologiaio di Everton di Georges Simenon (GEDI 2020) a cura di Giulietta Iannone

24 novembre 2022

Georges Simenon risiedette una decina d’anni negli Stati Uniti, pressapoco tra il 1945 e il 1955, e questo periodo americano fu particolarmente prolifico, come tutti i periodi della sua carriera. Qui scrisse una trentina di Maigret e 26 romas durs, tra cui nel 1954 L’Horologer d’Everton, romanzo di introspezione psicologica più che noir, scritto ispirandosi a episodi di cronaca nera prettamente americana sulle orme di storie tragiche e violente alla Bonnie e Clyde. Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause) diretto da Nicholas Ray, con prodagonista James Dean, uscirà solo l’anno dopo, nel 1955, pressapoco toccando gli stessi temi, con al centro appunto quel grumo di rabbia e ribellione che le giovani generazioni provavano per la famiglia e la società.
Protagonisti de L’orologiaio di Everton sono un padre e un figlio, Dave Galloway e Ben, e il loro complicato e torrmentato rapporto. Dave Galloway, di professione orologiaio, ha una bottega di cui è proprietario, e un appartamento sopra la bottega. Ha praticamente allevato il figlio da solo, poichè la moglie Ruth, donna piena di relazioni occasionali, l’ha lasciato con il figlio in fasce, per poi chiedere i divorzio tre anni dopo. Per Dave Galloway Ben è il centro del suo mondo, la sua unica ragione di vita, si può comprendere perciò lo sbalordimento quando scopre che è fuggito, con una ragazzina pressapoco sua coetanea, ed è inseguto dalla polizzia di cinque stati per alcuni fatti criminosi di cui si prenderà sempre la responsabilità fino alle estreme conseguenze.
Questi fatti drammatici che interrompono la placida e incolore routine tra bottega e i sabati a giocare a jacquet con l’amico Musak aprono per Dave una frattura che si propagherà in una serie di domande senza risposta: sono stato un buon padre? come ho fatto a convivere con un assassino senza scorgere in lui la minima avvisaglia? amo davvero mio figlio? e ora cosa posso fare per aiutarlo?
Dave Galloway, come suo padre, è un uomo mite, abituato ad abbassare la testa e subire le vicessitudini che ci riserva l’esistenza. Suo padre l’unico atto di ribellione lo compì passando una settimana fuori casa con una donna, lui sposando Ruth, una donna ben diversa dalla classica massaia americana di quegli anni. Ben facendo quello ha fatto.
Dave Galloway arriva a stabilire che nella vita ci sono due tipi di uomini: quelli che non superano mai il limite, integrati, vincenti, capaci nelle loro professioni come il nuovo marito di sua madre o l’avvocato di Ben e poi gli uomini come i Galloway che di padre in figlio si passano il gene della ribellione e della rabbia a lungo repressa. Ecco il segreto degli uomini che Dave è ben felice di poter tramandare al nipotino che sta per nascere. Un altro Galloway. Così si chiude un romanzo solido e ben strutturato, di ambientazione americana per alcuni dettagli (come la descrizione delle varie fasi di un processo) ma europeo se non spiccatamente francese nello spirito. Tavernier ne fece un film con il titolo L’orologiaio di Saint Paul, con Philippe Noiret e Jean Rochefort.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: acquisto del recensore.

:: Dal libro al cinema: La Marie del porto di Georges Simenon a cura di Giulietta Iannone

29 ottobre 2022

“Acqua cheta scardina i ponti” è un detto popolare che ben definisce il personaggio enigmatico e sfuggente di Marie, protagonista del romanzo La Marie del porto di Georges Simenon, romanzo del 1938, che nel 1950 Marcel Carnè trasformò in un’opera cinematografica con al centro una star di prima grandezza come Jean Gabin (bisognerà aspettare il 1958 per vederlo nella sua prima interpretazione di Maigret ne “Maigret tend un piege” di Jean Dellanoy) e una giovanissima (e forse troppo bella) Nicol Courcel, forse al primo impegno importante, nel ruolo di Marie. Del cast facevano anche parte Blanchette Brunoy, Claude Romain, Louis Seigner, René Blancard, Charles Mahieu, Robert Vattier, Louise Fouquet, e Olivier Hussenot più comparse assortite che animavano il piccolo villaggio portuale (Port-en-Bessin) dove vive Marie e la cittadina più grande a pochi chilometri di Cherbourg. Avendo da poco letto il libro e visto in francese su Youtube il film (libero da diritti) ho colto l’occasione per parlarne nella mia rubrica Dal libro al cinema. Premesso che il mio francese non è così buono, e che dunque qualcosa forse ho perso dei dialoghi, tuttavia le immagini sono così espressive, che mi hanno concesso di fare le mie valutazioni. Innanzitutto è un film in bianco e nero, uscito in Italia con il titolo La vergine scaltra, Gabin ruba la scena e prima che ve lo chiediate aveva superato il visto della censura, Marie ha 18 anni, è maggiorenne, (sebbene ne dimostri meno) e sebbene il lui della storia, almeno nel film, (nel libro ha poco più che trent’anni), sia di mezza età e quindi la differenza di età alla sensibilità moderna possa fare un po’ storcere il naso, è una storia che può rientrare nei canoni del lecito.

Insomma Marie non è una bambina, e non ne ha la psicologia, è una giovane donna piuttosto scaltra se vogliamo, consapevole delle sue scelte, emancipata, e tipicamente francese oltre che proveniente da una classe sociale (è la figlia di un pescatore della zona) che sebbene goda di una certa agiatezza (ha una casa, una barca di proprietà etc…) conosce il significato della fatica, e del lavoro. Rimasta orfana ha due strade: finire sul marciapiede, o trovarsi un lavoro, sceglie di farsi assumere come cameriera nell’unico Caffè del porto. Nè Simenon né Carnè si fanno illusioni, questa è la realtà, la vita è un gioco duro sia nella Francia del 1938 che in quella del 1950 (la prostituta “sfortunata” seduta al tavolo del locale di Chatelard a cui offre dei soldi è un buon memento). Premesso che bisognerebbe scrivere un saggio per questo film comparato al libro e questo breve mio testo non ha nessuna pretesa di essere esaustivo, devo dire che anche se diverso per alcune sfumature (Marie si reca nel film a Cherbourg, nella tana di Henri Chatelard, perchè preoccupata per Marcel e non per la trappola, come nel libro, un po’ “vigliaccamente” ordita da Chatelard, con la complicità di Odile) anche il film è un piccolo capolavoro della svolta naturalista di Carnè. Il tono del film è più leggero che nel libro, Marie è più bella della ragazzina smunta e pallida descritta da Simenon, Odile nel film ha il bellissimo sorriso e l’eleganza di Blanchette Brunoy, ed è meno “oca” dell’ Odile simenoniana, insomma a volerci vedere differenze ce ne sono, e sostanziali, anche se lo spirito del libro è stato rispettato. L’uomo di affari (a Cherbourg ha un’elegante brasserie, e un cinema che gli rendono sicuramente bene) un po’ sbruffone e la povera cameriera di un caffè del porto insomma non potrebbero essere più diversi.

Nulla li lega, lui conosce le regole del mondo e le adatta ai suoi comodi, ha un’amante, sorride a ogni donna che si trova sulla sua strada, ha un’attività legale ma insomma permette alle prostitute di adescare clienti nel suo locale, insomma il clima di corruzione e disonestà poteva essere reso più sordidamente ma un po’ sfumato c’è. Chatelard per quanto simpatico non è uno stinco di santo, almeno per la morale dell’epoca, ma ha un cuore, come quando investe Marcel e lo porta da lui e lo fa visitare da un medico o dà i soldi alla prostituta che non riesce ad adescare nessuno, o già nella scena iniziale accompagna anche solo Odile al funerale del padre, o porta a Odile la colazione a letto (molto joyciana come scena) e soprattutto non usa la violenza per costringere Marie a subire le sue avance (nella scena clou del romanzo, come del film) e a sottomettersi al suo capriccio, capriccio che per lui non è, se ne accorge quando credendola in pericolo corre dietro alla corriera. Lei è modesta, povera, una cameriera senza futuro, fidanzata a Marcel, un giovane garzone di un barbiere che indubbiamente non ama, tutta la parte del tribunale per l’emancipazione è stata saltata, e dell’importanza data ai fratellini non se ne fa cenno, vanno via coi parenti senza drammi, ma nonostante questo è indipendente, si mantiene da sé, porta una piccola croce al collo, è una ragazza seria, di una purezza antica, che non è tentata di seguire le orme della sorella sognando Parigi, sorride poco, e solo quando pensa o vede Chatelard. Più che fare la sostenuta per calcolo mantiene la sua individualità senza compromessi. E la sua scaltrezza sta, pur anche nella sua giovane età, nel capire il fondo di bontà che c’è in Chatelard, molto migliore da come appare. Marie è un bel personaggio, forse il migliore personaggio femminile di Simenon, che Carnè valorizza in un film decisamente solare e luminoso ricco di pathos, e dolcezza. Ai dialoghi partecipò (non accreditato) Jacques Prévert.

:: La Marie del porto di Georges Simenon (Adelphi 2019) a cura di Giulietta Iannone

27 ottobre 2022

Un grappolo di case strette attorno a un piccolo porto di pescatori normanni, un molo sul quale si affaccia il Caffè della Marina, centro focale dell’intreccio, la modesta casa sulla scogliera dove abita Marie, la protagonista, e, sullo sfondo, la città di Cherbourg: sono i luoghi, quanto mai simenoniani, dove si svolge la vicenda di questo romanzo del 1938, a cui Simenon teneva particolarmente, come rivela la sua corrispondenza con Gide, al quale scrisse, a proposito della Marie: «È una buona cosa provare a se stessi che è possibile dare una personalità alle comparse incaricate di venire a dire: “La Signora è servita”». E aggiunse anche: «È il solo romanzo che sia riuscito a scrivere con un tono completamente oggettivo». La Marie del porto è una figura che non si dimentica nella vasta galleria delle donne di Simenon: una ragazzina poco appariscente, una vera «acqua cheta», che riesce a impaniare un uomo sbrigativo e spavaldo, avvezzo a vincere e comandare. Questo personaggio, Chatelard, scorge da lontano la smilza figuretta di Marie che segue compunta il feretro del padre, e se ne innamora. Per starle vicino, compra un peschereccio, che gli fornirà la scusa per tornare in paese e frequentare il Caffè della Marina dove la ragazza è stata assunta come cameriera. Chatelard crede di avere in pugno il proprio destino e quello della Marie, ma in realtà è quest’ultima a tessere con abilità consumata e ironica determinazione una sottile trama di eventi nella quale l’uomo si lascerà avvolgere.

Può un romanzo costituire una svolta nella carriera letteraria di un autore, fargli vedere, anzi intravedere, un luccichio di verità autentica, completamente oggettiva, dopo del quale nulla sarà più lo stesso? Per Simenon questo romanzo fu La Marie del porto, piccolo capolavoro, senza pretese, scritto nell’ottobre dell’1937 all’Hôtel de l’Europe, Port-en-Bessin-Huppain (nel Calvados, dipartimento francese della regione della Normandia). Un romanzo straordinario nella sua compiutezza, confermando il parere di Gide e dello stesso Simenon che se voleva essere giudicato lo voleva per questo singolo libro, o tutt’al più per due o tre altri romanzi scritti quell’anno. Ma cosa ha di così straordinario questo romanzo, nella seppur già straordinaria produzione di un autore precoce (ha iniziato a pubblicare romanzi a sedici anni) e prolifico, oltre che unico nel panorama della letteratura mondiale? Rispondere a questa domanda non è così semplice, perchè come aveva intuito l’autore stesso non è la dimostrazione platele di un qualcosa a essere importante, è all’opposto un barlume, un lampo, una sensazione a trasparire, un luccichio appunto della verità vera che trascende la realtà, e che non può essere trasmessa a parole che cercando di definire qualcosa di evanescente e imperscrutabile, delicatissimo, creativo e lieve come l’amore. In questa libro viene espressa l’essenza stessa dell’amore. Tutti noi (lettori) sappiamo che Marie e Chatelard si amano, prima di loro, prima della stessa Marie che tesse le fila di tutta la storia con il suo sorriso enigmatico di “acqua cheta”. Ma i sentimenti non sono così facili da esprimere tra fragilità e ritrosie, caparbietà e ostinazioni. Marie non ha niente di speciale, è una modesta ragazzetta senza futuro in una cittadina di pescatori sulla costa della Normadia. Ha 18 anni ma ne dimostra 15, è pallida, quasi smunta, vestita in abiti neri poco appariscenti, a differenza della sorella Odile che fa la vita a Cherbourg (ovvero è l’amante di Chatelard e questo fa di lei una donna perduta, che grande scandalo si trucca pure). E nonostante questo Chatelard, che potrebbe avere tutte le donne della zona, si innamora di lei vedendola neanche troppo nitidamente durante la processione di un funarele. Tutto infatti inizia con il funerale, appunto, di Jules Le Flem, rispettivamente padre sia di Odile che di Marie e di alcuni altri bimbetti. Marie, come i pescatori della zona gettano le reti per pescare i pesci e procurarsi il loro sostentamento, lei getta la sua rete per ottenere l’amore di un uomo di per sè molto diverso da lei, sia per condizione sociale, che per carattere. Nulla li lega, ma il sottilissimo filo invisibile del sentimento li avviluppa e e li avvolge senza che quasi se ne accorgano. Marie non è una scaltra arrampicatrice sociale, o venale opportunista, è una giovane donna che sa che nel suo mondo tutto quello vuole ottenere se lo deve conquistare duramente, con il lavoro, con il coraggio, la determinazione, e l’amore e la generosità per i fratelli prima e poi per lo stesso Chatelard, che non sarà una vittima dei suoi giochi sentimentali, ma un uomo che davvero ama, (riamata). Aveva scelta la giovane Marie nell’agire così? Nessuna, come combatte per la sua emancipazione, per avere la custodia dei fratelli, sottraendoli a un destino gramo di orfani nelle mani di parenti poco amorevoli, così combatte per Chatelard, recandosi senza difese nella trappola che lui gli tesse con la complicità inconsapevole di Odile (quando è naturalmente lei che regge le fila di tutto). Ma una giovane donna senza risorse, senza mezzi, senza istruzione, senza più i genitori che la difendano dal mondo, con solo il lavoro delle sue mani a separarla dalla vita, (strada che la più sciocca Odile ha intrapreso) può davvero permettersi il lusso di seguire i suoi sogni. Marie ha questo coraggio e dato che il destino premia gli audaci, potrà vedere coronati i suoi sforzi. Romanzo corale, di atmosfera, naturalista nella descrizione di paesaggi e ambienti, impressionista per quanto riguarda emozioni, senzazioni, palpiti del cuore.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: acquisto del recensore.

:: Pena la morte e altri racconti di Georges Simenon (Adelphi, 2022) a cura di Nicola Vacca

21 settembre 2022

Suspense e tragicomico, sono questi i registri che Georges Simenon usa nei racconti raccolti in volume con il titolo Pena la morte (traduzione di Marina Di Leo), pubblicati recentemente da Adelphi.

Anche nell’arte del racconto il grande scrittore belga eccelle.

Nel libro troviamo cinque storie e non manca mai nella narrazione l’elemento sorpresa e la scrittura è sempre un intrigo degno del migliore Simenon.

Da Il peschereccio di Émile a Pena la morte Simenon inventa storie che pescano nel torbido della creatura umana con tutte le sue fragilità e le sue pochezze, tiene conto nel caratterizzare i personaggi della loro componente miserabile e meschina.

Truffatori, avventurieri, uomini senza qualità, sono questi i protagonisti di queste cinque storie nelle quali il lettore si avventura, lasciandosi catturare dalle trame di Simenon che non concede mai un momento di tregua al suo raccontare che si conficca nella pagina per tracimare con tutta la sua grande letteratura.

Davvero unici i personaggi di questi racconti, stretti nella loro insoddisfazioni, cupi nel loro vesti nero che si portano dentro, un po’ grotteschi e un po’ malandrini, sempre in cerca di una via di scampo all’assurdo inquietante che travolge le loro esistenze.

Sono proprio i personaggi a scrivere le storie che Simenon racconta. Intorno a loro tutto il nero di esistenze infelici e l’assenza di un riscatto e di una fuga.

In Pena la morte, come nei romanzi duri, lo scrittore scende negli abissi della condizione umana e attraverso i suoi personaggi regola i conti con i suoi demoni.

Simenon ha scritto centosettantotto racconti, la maggior parte di quelli presenti in questo libro sono stati scritti in America.

Per lo scrittore il soggiorno americano coincise con un periodo proficuo per la sua attività.

I racconti di Pena la morte ne sono la prova concreta.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: libro inviato da ufficio stampa.

:: La morte di Belle di Georges Simenon (Adephi 2020) a cura di Nicola Vacca

12 ottobre 2020

Una sera nella tranquilla provincia americana in casa qualunque si svolgono scene di una vita familiare ordinaria.
Il professor Ashby lavora al tornio, la moglie è uscita. I due coniugi ospitano Belle, una ragazza diciottenne.
La mattina dopo viene trovata morta nella sua stanza. Questo episodio grave sconvolge la vita della piccola città e l’unico sospettato è il padrone di casa che al momento del crimine era solo in casa.
Con La morte di Belle Georges Simenon entra come sempre nel lato nero dei suoi personaggi e scava fino all’ossa nella loro psicologia inquieta e sinistra.
Il romanzo era apparso in francese nel 1952, viene tradotto in inglese. Gli abitanti di Lakeville, in Connecticut, dove Simenon si è trasferito da quattro anni, non la prendono bene.
Benché l’autore abbia spostato l’azione nello stato di New York, non possono non riconoscersi nella piccola comunità puritana che Simenon descrive con tutte le sue ipocrisie nel romanzo.
Tra gli interrogatori dell’autoritaria giudiziaria e gli appostamenti l’indagine con il suo ritmo incalzante si fa sentire sui nervi dell’unico indiziato che subisce la pressione.
Ashby non vive bene questa situazione e questo clima di sospetto fa riaffiorare nei suoi ricordi gli incubi della sua giovinezza. Viene assalito da un turbamento feroce, entra in una spirale che lo avvolge e gli fa perdere la lucidità.
Simenon ci porta come sempre in fondo al racconto con la sua scrittura avvincente e non ci lascia tregua fino a quando non arriviamo all’ultima pagina.
Chi ha ucciso Belle Sherman? Alla fine di questo straordinario romanzo dell’ossessione tutto sarà più chiaro, o forse no. Questo è uno dei romanzi più riusciti di Simenon. Un viaggio senza ritorno nei recessi oscuri della mente dove si può sempre incontrare una persona normale che è capace di diventare un feroce assassino.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: Libro inviato al recensore dall’Editore, ringraziamo Benedetta Senin dell’Ufficio Stampa “Adelphi”.

:: I superstiti del Télémaque di Georges Simenon (Adelphi 2020) a cura di Nicola Vacca

10 luglio 2020

gsimenonGeorges Simenon è un genio che aveva in testa la grande letteratura, solo la sua mente poteva partorire il ciclo infinito dei romanzi duri.
Tra questi, I superstiti del Télémaque occupa un posto di rilievo.
Adesso Adelphi lo rimanda in libreria (traduzione di Simona Mambrini) e come sempre accade, noi tutti appassionati di Simenon, ci deliziamo con grande ammirazione.
Siamo nella provincia normanna. Pescatori, città nebbiose, caffè dove si consuma la vita.
Il capitano Pierre Canut viene accusato di un delitto, la vittima è Février, un marinaio che viene trovato sgozzato nella sua abitazione in cima a una scogliera a Fécamp.
Charles, il fratello gemello, sa che Pierre è innocente e farà di tutto per scagionare la carne della sua carne.
I Canut sono vittime del tragico passato. La loro disgrazia è legata al naufragio del Télémaque, dove il vecchio Canut perse la vita. Una nave inglese trovo il relitto con a bordo alcuni superstiti, tra questi c’era Février.
La vedova accuserà Février, che era uno dei sopravvissuti. La donna non si darà mai pace, fino alla pazzia. Accuserà Février , ritenendolo responsabile della morte del marito.
Simenon con la sua abilità conduce il lettore nel labirinto intrigato di una storia che si tinge di giallo dove i misteri da svelare sono davvero numerosi e ogni personaggio porta con sé un piccolo frammento di verità.
Un dramma psicologico con altissime tensioni narrative in cui troviamo tutta la volontà di potenza del grande scrittore che ancora una volta con un ritmo incalzante ci porta senza un attimo di respiro nella storia che fino alla fine nasconde i suoi misteri.
Les Rescapés du Télémaque venne scritto in uno chalet a Igls (Tirolo, Austria), nel dicembre 1936, apparve a puntate su “Le Petit Parisien”, dal 25 giugno al 24 luglio 1937 e in volume nel 1938.
In Italia lo pubblicherà Mondadori nel 1948 con il titolo I superstiti del Telemaco.

«Mi è bastato chiudere le persiane e, seduto accanto a una grossa stufa di maiolica, scrivere I superstiti di Télémaque. Subito mi hanno raggiunto in Tirolo l’odore delle aringhe, gli equipaggi di marinai normanni e quella città, placida o animata a seconda delle maree, costantemente annerita dalla pioggia».

Così scrive Simenon nel prologo.
Due ragazzi infelici, segnati dalla morte del padre, una madre che perde la testa dal dolore, un omicidio che dilania le coscienze di un posto tranquillo.
Simenon è duro, molto duro in uno dei suoi tanti romanzi duri, il più riuscito, nel delineare la natura umana con tutte le sue atroci contraddizioni.
Un romanzo che ha una potenza fenomenale. Una storia partorita dalla mente lucida di quel grande genio della letteratura che si chiama Georges Simenon. Un narratore immenso che non finirà mai di stupirci.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: Libro inviato al recensore dall’Editore, ringraziamo Benedetta Senin dell’Ufficio Stampa “Adelphi”.

:: La verità su Bébé Donge di Georges Simenon (Gedi 2019) a cura di Giulietta Iannone

24 ottobre 2019

SimenonIl nostro piccolo mondo di provincia.

La verità su Bébé Donge (La Vérité sur Bébé Donge, 1941) è un breve romanzo scritto da Simenon negli anni ’40. Edito per la prima volta in Italia negli anni ’50 e ripubblicato da Adelphi nel 2001, tradotto da Marco Bevilacqua, è un romanzo senza Maigret, per intenderci.
Se vogliamo un dramma psicologico più che un autentico giallo investigativo, anche se l’investigazione c’è ma è fatta dalla vittima di un tentato omicidio, che tenta in tutti i modi di capire le ragioni che hanno spinto la moglie, la bella, elegante e diafana Bébé Donge, a mettere l’arsenico nel caffè che gli serve un mattino nel giardino della loro bella casa di campagna.
Forse non uno dei libri più famosi di Simenon, ma sicuramente uno dei più autobiografici e profondi nello scavo psicologico delle ragioni dell’infedeltà, del tradimento e della solitudine profonda che ne deriva.
François Donge, il protagonista è un solido uomo d’affari, di successo, ben piantato, ama la vita, le donne, e le piccole comodità, sposa Bébé, perché lo fa sentire a suo agio, parole sue, da sempre convinto che lei abbia sposato lui per sistemarsi, per non restare con la madre, e non essere da meno della sorella Jeanne, che sposa il fratello di François, Felix.
Sulle prime François è disorientato, non si spiega perché l’equilibrio raggiunto in dieci anni di matrimonio, con un figlio e un accordo che permetteva a lui di avere le sue frequenti storie con altre donna senza scenate, sia sfociato in tragedia. François è anzi convinto di dare tutto il necessario alla moglie, soldi, benessere, vestiti eleganti, rispettabilità, tutto insomma quello che una donna desidera dal matrimonio, e invece Bébé è infelice, anzi disperata.
Il fatto che Bébé lo ami davvero giunge sul finale del libro come una folgorazione capace di fargli comprendere quanto il suo egoismo e la sua meschinità l’abbiano reso cieco e sordo alle esigenze della moglie, prima una ragazza poi una giovane donna di cui ignora molto, se non quasi tutto. Bébé Donge è un mistero, e proprio scoprire chi è davvero diventa la ragione prima del romanzo, come anche candidamente afferma il titolo del libro.
Il carattere di Bébé Donge viene disvelato pagina dopo pagina, e più François fa chiarezza e prende coscienza di sé e di lei, e più si accorge che ormai è tutto perduto, e solo allora si accorge di esserne finalmente innamorato e che è pronto ad aspettarla fin dopo che avrà scontato la condanna di cinque anni di lavori forzati, pur conscio di non sapere chi troverà allora.
Anatomia di un matrimonio, dramma intimo e privato, La verità su Bébé Donge è un ennesimo ritratto del piccolo e claustrofobico mondo di provincia che costituisce il fulcro della poetica simenoniana. La scrittura è come sempre molto rapida, essenziale, impressionista. Con pochi tratti, con cambi di luce, crea universi capaci di far vivere personaggi che acquistano consistenza e spessore.
Sembra di vederla Bébé Donge nei suoi vaporosi completi di alta sartoria sul verde pallido, muoversi come un’ombra svagata e nello stesso tempo molto nitida. Simenon si sofferma in ogni dettaglio, quasi arrivando a focalizzare i suoi pori come in un ritratto iperrealista, ed è quasi spietato nello scavare nell’intimo di questo dramma borghese, apparentemente quasi banale, superfluo.
Una donna tradita, un uomo grossolano, ma non cattivo, diventano i protagonisti di questo intreccio di vite denso di infelicità, solitudine e incomunicabilità, e Simenon ce lo racconta con la solita capacità di non dare giudizi, ma anzi di avere somma comprensione e compassione per i colpevoli, di qualsiasi crimine si siano macchiati.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: libro del recensore, acquistato come supplemento de La Stampa.

:: Maigret vs Poirot

13 ottobre 2019

Buona domenica cari lettori, in questa giornata d’autunno, tra brume e foglie cadute, mi è venuta la bizzarra idea di mettere a confronto (molto bonariamente) due mostri sacri della letteratura poliziesca: Maigret vs Poirot, chi preferite? A chi va la vostra preferenza? In tutta sincerità io non saprei proprio scegliere, forse se proprio dovessi… un nome ce l’avrei, sono curiosa di sapere se è anche il vostro.

Avanti votate qui nei commenti, al vincitore saranno dati degni tributi con nientepopodimeno che un’intervista impossibile (ma molto divertente).

Ora tocca a voi!

Vince, rispettando i pronostici, il commissario Jules Maigret. Appuntamento quindi a breve su queste pagine, per la serie “Interviste impossibili”, ad averlo come ospite.

:: 25 romanzi di Simenon da non perdere, con La Stampa

29 settembre 2019

Simenon

Per celebrare il trentennale della morte di Georges Simenon (Liegi, 13 febbraio 1903 – Losanna, 4 settembre 1989) il quotidiano torinese “La Stampa” fa qualcosa di molto gradito a chi vi scrive, pubblica ogni venerdì, fino a primavera, una scelta dei migliori romanzi senza Maigret dell’autore belga, segnatevi i titoli e se qualcuno vi manca non perdete l’occasione di recuperarli, il prezzo è contenuto e il gioco vale la candela come si suol dire. Buona lettura!

Il piano dell’opera

1 – Il testamento Donadieu, 27 settembre

2 – Lettera al mio giudice, 4 ottobre

3La verità su Bébé Donge, 11 ottobre

4 – La camera azzurra, 18 ottobre 2019

5 – La vedova Couderc, 25 ottobre 2019

6 – Corte d’Assise, 1° novembre

7 – Betty, 8 novembre

8 – Le finestre di fronte, 15 novembre 2019

9 – Tre camere a Manhattan, 22 novembre

10 – Il viaggiatore del giorno dei Morti, 29 novembre

11 – I Pitard, 6 dicembre

12 – Il clan dei Mahé, 13 dicembre 2019

13 – Senza via di scampo, 20 dicembre 2019

14 – La finestra dei Rouet, 27 dicembre 2019

15 – La fuga del signor Monde, 3 gennaio 2020

16 – Le signorine di Concarneau, 10 gennaio 2020

17 – Il grande male, 17 gennaio

18 – Il passeggero del Polarlys, 24 gennaio

19 – I fantasmi del cappellaio, 31 gennaio 2020

20 – Il primogenito dei Ferchaux, 7 febbraio 2020

21 – Pioggia nera, 14 febbraio

22 – Il fidanzamento del signor Hire, 21 febbraio

23 – L’orologiaio di Everton, 28 febbraio

24 – Il gatto, 6 marzo

25 – I clienti di Avrenos, 13 marzo

:: Il Mediterraneo in barca di Georges Simenon (Adelphi 2019) a cura di Nicola Vacca

18 luglio 2019

csL’altra faccia di Simenon romanziere è il raccontatore di storie. Così si definisce nei suoi pezzi giornalistici e nei suoi reportage.
Dal 1931 al 1946 lo scrittore è stato un reporter singolare e tutto da scoprire.
Da Adelphi è appena uscito Il Mediterraneo in barca (nella traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Maria Laura Vanorio).
Il volume raccoglie una serie di articoli in cui il grande scrittore racconta storie, persone e fatti durante un viaggio a bordo di una goletta nel bacino del Mediterraneo.
Simenon, spinto da una curiosità morbosa, si avventura in mare e sa che il Mediterraneo è tante di quelle cose, lui con la sua penna in questi articoli si è permesso di filosofeggiare con la consapevolezza di raccontare le storie che accadono sul mare che ha dato al mondo il suo alfabeto.
Con l’inventore di Maigret viaggiamo da Genova, Nizza, passando per Tunisi e Hammamet. Simenon veste i panni del lupo di mare in cerca di storie da raccontare e di immagini da immortalare. (Nel testo sono presenti alcuni scatti che lo stesso Simenon ha fatto forse per dare un volto o una sensazione alle parole che andava scrivendo e che raccontavano la vita di bordo attraverso le persone).
Lo scrittore non è mai scontato nell’inventare le storie o nel raccontare semplicemente quello che accade durante il viaggio.
Anche nella sua attività giornalistica il grande scrittore mostra un volto convincente: quello di chi ha un desiderio di raccontare storie vere e inventate, tutte cullate dal Mediterraneo e dal suo mito.

«Resto così, con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà, come quando da bambino, in piedi davanti alla lavagna, spostavo il peso da una gamba all’altra e intanto cercavo con la coda dell’occhio un compagno compassionevole.
Il Mediterraneo è …».

Simenon vorrebbe tanto dare una definizione di Mediterraneo, ma durante questo viaggio sulla goletta subisce tutto il fascino del suo mistero. Lui è uno scrittore.
Non gli resta altro da fare che navigare il mare, affrontarlo e contenerlo nelle parole delle sue storie, raccontarlo senza riserve, mostrargli il suo grande amore, come hanno fatto Stevenson e Conrad.
Il Mediterraneo in barca è il resoconto di un viaggio. Il grande romanziere su mare scopre la sua vocazione di «raccontatore di storie».
Ci piace molto quello che scrive, ma soprattutto ci affascina quello che racconta del Mediterraneo. Ce lo immaginiamo a bordo della sua goletta mentre osserva l’equipaggio e i suoi pensieri ondeggiano sulle onde. Simenon in queste pagine ha raccontato principalmente il Mediterraneo cha vissuto e attraversato e con la sua grande penna ce lo ha raccontato, seguendo i venti e le correnti e soprattutto la direzione che la sua barca di volta in volta ha preso inseguendo rotte tutte da esplorare.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: Libro inviato al recensore dall’Editore, ringraziamo Benedetta Senin dell’Ufficio Stampa “Adelphi”.

:: I Maigret 6 di Georges Simenon (Adelphi, 1999-2002) a cura di Daniela Distefano

3 luglio 2019

I MAIGRET 6(1)Se quel piccolo commissario dalla testa grossa avesse conosciuto meglio Maigret, si sarebbe accorto del cambiamento che si era prodotto nel celebre collega durante gli ultimi minuti. Fino a qualche momento prima era un omone tarchiato, dall’aria un po’ svagata, che fumava senza convinzione la pipa guardandosi intorno con espressione annoiata. Ora appariva più concentrato. Perfino il passo era più pesante, e i gesti più lenti. Lucas, per esempio, che conosceva il suo capo meglio di chiunque altro, si sarebbe subito rallegrato del cambiamento” – “Le vacanze di Maigret”

Composti tra il 1947 ed il 1949, i racconti “La furia di Maigret”, “Maigret a New York”, “Le vacanze di Maigret”, “Il morto di Maigret”, “La prima inchiesta di Maigret”, formano un ascensore di sensazioni, come se Georges Simenon si sia proprio divertito a seguire le vicende – a volte irriverenti- del suo personaggio che tra un’indagine a rilento e un caso da rompicapo sgattaiola dal plot per allietarci nelle ore di canicola di questi giorni.
Ma andiamo con ordine, la prima storia rivela “La furia di Maigret” e vede un Maigret insolito, nelle vesti di neo-pensionato (l’ultimo racconto invece ci parla della prima inchiesta del celebre Commissario, quasi a costituire un cerchio che racchiude vicende, fatti, paure, intrighi e poi la flemma catartica consueta di Simenon). Da poco andato in pensione e ritiratosi a Meung-sur-Loire, dunque, Maigret riceve la visita di Bernadette Amorelle, una ricca signora ottuagenaria che lo convince a indagare sull’improvviso suicidio per annegamento di sua nipote Monita. L’inchiesta, seppur non ufficiale, si svolge a Orsenne, paese di invenzione di Simenon, dove vivono gli Amorelle, una ricca famiglia di imprenditori. Qui, oltre all’anziana signora, vivono le due figlie, una delle quali è sposata con Ernest, un vecchio compagno di scuola di Maigret.
Nel secondo racconto siamo con “Maigret a New York”, in un concitato marasma americano che lascerà indelebile nella nostra memoria situazioni al limite del grottesco (da rileggere il passo con l’incontro tra Maigret ed una veggente nonché cartomante ed ex funambola) e della sottocutanea, amara, ironia dello scrittore. Ecco il plot: Durante il suo primo anno di pensionamento a Meung-sur-Loire, l’ex-commissario Maigret riceve la visita del giovane Jean Maura, figlio di un ricco uomo d’affari, John Maura, di New York. Il giovane, con l’aiuto del suo avvocato, convince Maigret a partire in nave con lui alla volta di New York, dove egli crede che suo padre sia in pericolo. Al momento dell’arrivo però, Jean scompare. Maigret incontra un suo vecchio amico dell’FBI, l’ispettore Michael O’Brien, che aveva conosciuto a Parigi durante un’inchiesta, il quale gli dice che Maura, da giovane immigrato proveniente da Bayonne, aveva vissuto nel quartiere povero del Bronx con un amico violinista, Joseph Daumal. Il commissario non esita ad andarci in taxi per capire meglio il vissuto di questi strani individui.
Nel terzo racconto, “Le vacanze di Maigret” ci regalano un noir dai toni più oscuri e sofferti. Maigret e la moglie sono in vacanza a Les Sables-d’Olonne, ma un attacco di appendicite costringe la signora Maigret a sottoporsi ad un intervento chirurgico urgente. Una sera, rientrando in albergo dopo aver fatto visita alla moglie in ospedale, Maigret si accorge di avere nella tasca della giacca un messaggio anonimo che lo prega di andare a visitare la paziente della stanza numero 15. La paziente muore il giorno successivo, dopo essere stata in coma per giorni a seguito, stando alle testimonianze raccolte, di un incidente d’auto. Maigret non può indagare formalmente, essendo in vacanza fuori dalla sua giurisdizione, tuttavia non può fare a meno di investigare sul caso e seguire le tracce che partono dal messaggio anonimo che gli è stato infilato in tasca a sua insaputa.
Il quarto racconto ha un titolo assai esplicativo: “Il morto di Maigret”. Un uomo chiama al Quai e chiede di poter parlare con il commissario Maigret. Sta telefonando da un bistrot e dice di essere seguito da qualcuno che vuole ucciderlo. L’uomo afferma che Maigret conosce sua moglie Nine, ma prima di finire la comunicazione riaggancia per poi richiamare da un altro bar. Richiama da diversi café, fino a quando, tardi, le chiamate cessano. Quella stessa notte il suo cadavere viene ritrovato in place de la Concorde, con il volto tumefatto e irriconoscibile, accoltellato a morte. Qualcuno l’ha spinto fuori da un’auto. Viene pubblicata la sua foto sui giornali ma –perlomeno all’inizio – non vi è alcun indizio, né alcuna informazione sull’identità della vittima.
A concludere i Maigret 6, “La prima inchiesta di Maigret”. Nella notte tra il 15 al 16 aprile 1913, Justin Minard, un giovane flautista, entra nel commissariato di quartiere di Saint-Georges nel IX arrondissement. Dice di avere udito un grido di donna e poi uno sparo provenire dall’interno di una villa in rue Chaptal. Maigret accompagna Minard alla villa per effettuare lui stesso un sopralluogo. Parte così il volo di Maigret nell’attività che lo ha reso il Commissario più famoso al mondo. Un tragitto pieno di buche e tante felici intuizioni.
Queste cinque narrazioni confermano – ove ce ne fosse il bisogno – la ricercatezza nel dettaglio, la raffinatezza dello stile, non per forza ricercato, il profumo delle invenzioni di Simenon, la cui corda creatrice non ha conosciuto da vivo e da morto l’usura del tempo. Poco importa se ad essere osannato in tutto il pianeta è un protagonista affatto seducente, grande e grosso come un orso, semi-alcolizzato, che tratta la moglie come un robot che sorride sempre e non si ribella mai. Maigret è Maigret, è lo scrigno ideativo di Simenon che ha fatto il “Miracolo di Cana”: il suo è un vino che si è conservato buono fino alla fine, la sua ispirazione è eternamente attuale.

Georges Simenon – Scrittore belga di lingua francese (Liegi 1903 – Losanna 1989). Tra i più celebri e più letti esponenti non anglosassoni del genere poliziesco, la sua produzione letteraria, soprattutto romanzi gialli, è monumentale: essa conta poco meno di duecento romanzi, fra cui emergono − per popolarità in tutto il mondo e per salda invenzione − quelli della serie di Maigret, quasi tutti tradotti in italiano. Dopo il suo primo romanzo, scritto a 17 anni (Au pont des arches, 1921), si trasferì a Parigi dove pubblicò sotto svariati pseudonimi opere di narrativa popolare. Nel 1931 con Pietr le Letton, che uscì sotto il suo nome, inaugurò la fortunatissima serie dei romanzi (circa 102) incentrati sul commissario Maigret, che rinnovarono profondamente il genere poliziesco. Negli USA dal 1944 al 1955, tornò poi in Europa, stabilendosi in Svizzera; nel 1972 smise di scrivere, limitandosi a dettare al magnetofono, e tornò alla scrittura solo per redigere i Mémoires intimes (1981). Autore straordinariamente prolifico, con stile semplice e sobrio ha narrato nei suoi romanzi, caratterizzati da suggestive analisi di ambienti, la solitudine, il disagio esistenziale, il vuoto interiore, l’ossessione, il delitto (La fenêtre des Rouet, 1946; Trois chambres à Manhattan, 1946; La neige était sale, 1948, trad. it. 1952; L’horloger d’Everton, 1954; Le fils, 1957). Gran parte di questa abbondante produzione, che ha ispirato molti film ed è stata tradotta in 55 lingue, è stata riunita nelle Oeuvres complètes (72 voll., 1967-73) e in Tout Simenon (27 voll., 1988-93). Ricordiamo inoltre i racconti e le prose autobiografiche (Je me souviens, 1945; Pedigree, 1948, trad. it. 1987; Quand j’étais vieux, 1970; Lettre à ma mère, 1974, trad. it. 1985; la serie Mes dictées, 21 voll., 1975-85), e le raccolte di articoli À la recherche de l’homme nu (1976), À la decouverte de la France (1976), À la rencontre des autres (1989). Nel 2009, in occasione del ventennale della morte, è stato pubblicato in Francia a cura di P. Assouline il monumentale Autodictionnaire Simenon, lungo le cui voci (in gran parte tratte da interviste, carteggi e appunti dello stesso S.) si snoda un’originalissima e dettagliata biografia dello scrittore.

Source: Libro inviato al recensore dall’Editore, ringraziamo Benedetta Senin dell’Ufficio Stampa “Adelphi”.

:: La Marie del porto di Georges Simenon (Adelphi, 2019) a cura di Daniela Distefano

20 marzo 2019

LA MARIE DEL PORTO - Simenon

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Era come se non fossero esistiti né il mattino, né il mezzogiorno, né la sera, perché tutto era di un medesimo grigio di pietra da taglio, tranne le pecorelle sul mare, che erano bianche, e i tetti di ardesia neri e duri, come disegnati con l’inchiostro su un foglio di carta glacé. Anche la gente era nera, erano tutti neri, gli uomini, le donne e i bambini. Neri e rigidi, a disagio nei loro vestiti buoni, come la domenica”.

In un piccolo porto di pescatori, un molo sul quale si affaccia il Caffè della Marina, sfondo monocromo dell’intreccio, si erge la modesta casa di Marie, nella città di Port-en-Bessin: sono i luoghi, quanto mai simenoniani, dove si svolge la vicenda di questo romanzo a cui Georges Simenon teneva particolarmente, come rivela la sua corrispondenza con Gide, al quale scrisse:

È il solo romanzo che sia riuscito a scrivere con un tono completamente oggettivo”.

Marie è un’eroina al rovescio: una ragazzina poco appariscente, una vera “acqua cheta”, che riesce a intrappolare nella sua rete un uomo dispotico e avvezzo a vincere e comandare. Questo personaggio, Chatelard, scorge da lontano la smilza figuretta di Marie che segue compunta il feretro del padre, e se ne innamora. Per starle vicino, compra un peschereccio, che gli fornirà la scusa per tornare in paese e frequentare il Caffè della Marina dove la ragazza è stata assunta come cameriera. Chatelard crede di avere in pugno il proprio destino e quello di Marie, ma in realtà è quest’ultima a manovrare con inconscio divertimento i fili del suo burattino innamorato. La Marie del porto è un romanzo dello scrittore di origine belga creato nell’ottobre 1937 a Port-en-Bessin-Huppain (nel Calvados) e pubblicato in volume da Gallimard nel 1938. In contemporanea è uscito dal 15 gennaio al 6 febbraio 1938 in 23 puntate sul quotidiano “Le Jour“. L’edizione italiana è stata pubblicata da Mondadori nel 1949 nella traduzione dal francese di Giorgio Monicelli e poi nel 1992 da Adelphi nella traduzione di Gabriella Luzzani. Il romanzo fu ideato pensando a una possibile realizzazione cinematografica. Nel 1949 ne fu tratto il film La vergine scaltra, regia di Marcel Carné, scritto dal regista con la collaborazione di Louis Chavance e i dialoghi di Georges Ribemont-Dessaignes e Jacques Prévert, con protagonisti Jean Gabin, Nicole Courcel e Blanchette Brunoy. Il plot si discosta dai toni consuetamente gialli di Simenon, anche se qua e là non mancano tensioni, iperbolici comportamenti, meccanismi di suspense e contorcimento, ansiosa attesa. Come se da una pagina all’altra si passasse di mano una bomba che però non espolde mai. Grazie all’avvedutezza di un’adolescente che con la sua freschezza ammalia il mondo per tramortire le sue piaghe. Finirà tutto come dentro ad un acquaio che ripulisce le incrostazioni della vita senza senso, ma la protagonista possiede il dono di sapere già quel che bisogna volere, e lo otterrà con lo stesso risultato dell’onda che scontrandosi con il muto sasso lo trasforma in strumento musicale del paesaggio umano. Traduzione di Gabriella Luzzani.

Georges Joseph Christian Simenon (Liegi, 13 febbraio 1903 – Losanna, 4 settembre 1989) è stato uno scrittore belga di lingua francese, autore di numerosi romanzi, noto al grande pubblico soprattutto per avere inventato il personaggio di Jules Maigret, commissario di polizia francese.

Source: libro inviato dall’Editore. Ringraziamo Benedetta Senin dell’Ufficio Stampa “Adelphi”.

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