Archive for the ‘Uncategorized’ Category

:: Indagine su Cézanne, Charles-Ferdinand Ramuz (Oligo editore 2025) A cura di Viviana Filippini

15 dicembre 2025

Charles-Ferdinand Ramuz poeta e scrittore svizzero, è stato tra i più significativi intellettuali svizzeri della prima metà del Novecento. Qui lo conosciamo attraverso le sue parole nel libro “Indagine su Cézanne edito”, da Oligo editore. Il testo, a cura di Marino Magliani e tradotto da Sandro Ricaldone e Marino Magliani, comprende due brevi saggi editi per la prima volta in Italia: “L’esempio di Cezanne”, risalente al 1914 e comparso sulla rivista “Cahiers vaudois” da Ramuz fondata,  e l’altro “Cézanne il precursore”, frutto di una conferenza del 1915/16, ma uscito postumo nel 1948. Al centro degli scritti l’interesse da parte dell’autore  per l’arte e per la figura del pittore francese Paul Cézanne. Ricordiamo che Ramuz ebbe modo di conoscere la società e la cultura francesi, perché visse a Parigi tra il 1902 e il 1914. Il libro è composto da due saggi, ma leggendoli si ha come la netta sensazione di essere al fianco dello scrittore nato in Svizzera e di muoversi con lui sulle tracce del pittore francese. Quello che emerge è una profonda attenzione e cura rivolta al paesaggio il quale non solo viene presentato come luoghi dove muoversi, ma viene preposto in ogni suo elemento che va dalle forme, ai colori, alle geometrie che si nascondono sotto la superficie, per arrivare anche ad immaginare i profumi e gli odori. I due testi sono un vero e proprio pellegrinaggio sulle orme del pittore Post-impressionista nato ad Aix-en-Provence. Certo è che Ramuz porta chi legge dentro al mondo di Cézanne, a quel suo lavorare solitario che gli ha permesso di cogliere con il colore e la sua pittura l’essenza e le forme pure che stanno alla base di ogni cosa della quotidianità. Un percezione frutto di una ricerca artistica personale che comunque, se si riflette bene, ha rivoluzionato in modo completo la percezione  umana e dell’arte del Novecento. Il testo comprende anche delle tavole con opere a pastello, acquerello e disegni di Cézanne.

Charles-Ferdinand Ramuz (Losana 1878 – Pully 1947) è stato uno scrittore svizzero di lingua francese. Figlio di un modesto commerciante, si laureò in lettere classiche a Losanna e nel 1902 si trasferì a Parigi, dove rimase fino al 1914. Esordì con i versi d’ispirazione simbolista del “Piccolo villaggio” (Petit village, 1903) e con il romanzo realista “Aline” (1904). Rientrato in Svizzera all’inizio della guerra, insieme con altri fondò i «Cahiers Vaudois». Amico di Stravinskij compose il libretto “Storia del soldato” (Histoire du soldat, 1918). (Biografia fonte web).

Source: inviato da ufficio stampa 1A comunicazione.

:: Profumi di Daniela Barone

14 dicembre 2025

Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l’aria che respiriamo penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente. Non c’è modo di opporvisi.’

Patrick Süskind

Il primo ricordo olfattivo è quello dei salumi e delle grosse provole di una botteghina di San Giovanni Rotondo vicino al Santuario di Padre Pio. Non avevo ancora compiuto tre anni ma l’urgenza del lungo viaggio fu dettata dalla malattia della mamma che vedeva nel frate la soluzione ai suoi problemi. In realtà le  fobie di mia madre avrebbero necessitato piuttosto di uno psichiatra ma papà aveva voluto accontentarla.  Quel viaggio si rivelò un fiasco: il fraticello con le stigmate fu duro con lei al punto di cacciarla dal confessionale, apprendendo che lei non partecipava mai alla messa domenicale per la sua salute cagionevole.

   Un altro odore vivido nella mia memoria è legato ai detersivi usati dalla mamma per pulire i pavimenti, in particolare quello penetrante dell’ammoniaca. A nulla servivano le mie rimostranze: per lei era un’azione imprescindibile usare quei detergenti che mi costringevano a trovare riparo nella mia stanzetta.

   Che dire però del profumo inebriante dei petali di rosa a maggio, quando lei comprava da una contadina quei fiori per farne uno sciroppo denso e soave? La casa era pervasa da quell’odore dolciastro ma soprattutto dalle sue chiacchiere allegre: non era facile rendere contenta la mamma, sempre assorta in chissà quali pensieri, talvolta addirittura incupita. Anche papà era coinvolto nelle operazioni di selezione dei petali e di bollitura del liquido rosa che gorgogliava nelle pentole: una vera festa per le orecchie e le narici.

   Della mia infanzia ricordo anche l’odore del sapone di Marsiglia che la bisnonna Giuditta adoperava per lavare montagne di bucato a casa nostra. Veniva da noi per dare  una mano alla mamma, perennemente e misteriosamente ammalata. Per tenermi occupata era sufficiente darmi una pezza o un fazzolettino che io insaponavo con energia nel tentativo d’imitarla, in piedi sopra uno sgabellino traballante che mi permetteva di arrivare al grande lavello di marmo.

   Il profumo che più mi ricorda mia madre  resta però quello del ragù domenicale. Ancora nel dormiveglia percepivo il buon odore del sugo che preparava diligentemente in pentole rigorosamente di terracotta. Non si staccava mai dai fornelli e disapprovava le vicine che, casalinghe come lei, si distraevano talvolta con altre faccende facendo attaccare i pezzetti di carne  al fondo delle pignatte.

   Quando ero ammalata, la mamma mi preparava un delizioso purè di patate che emanava l’odore del burro mescolato in abbondanza al composto. Ancora oggi, quando sono indisposta o malinconica, amo prepararmi questo cibo perché mi fa sentire  coccolata.

   A volte mi domando quali profumi evocherò ai miei figli e ai nipotini quando non sarò più con loro. Sicuramente  si ricorderanno del buon odore del mio pesto ma non riuscirò mai a competere con mia madre, maestra di ragù, frittelle di fiori di zucca e polpettoni.

   Pur trascurando la sua persona, forse per un voto, la mamma non sapeva però resistere alle eau de parfum: qualunque fragranza la conquistava, purché fresca e leggera; se ne metteva in gran quantità, incurante dei rimbrotti di papà. A me piaceva vederla contenta come una bambina, tanto rari erano i momenti gioiosi nella sua vita.

  Rimane poi impresso nella mia memoria l’odore penetrante del detergente che usavo per lavare Francesco, il mio primogenito. Che gioia è tuttora legata al ricordo dei primi bagnetti impacciati nel lavabo del bagno a poche settimane dalla sua nascita!

Le estati trascorse nella casa di montagna con i tre figli piccoli mi fanno tornare alla mente il profumo dell’erba appena tagliata, l’odore del letame delle mucche condotte ogni mattina al pascolo e quello dell’acqua un po’ stagnante delle vasche delle trote pescate con gran divertimento. A volte un pastore passava da casa nostra con un cestello di latte appena munto che facevo bollire per i miei bambini. Quest’odore  mi ricorda il latte che bevevo a colazione alle elementari e i dolori alla pancia che inevitabilmente mi affliggevano. Inutile far notare alla mamma che non digerivo questa bevanda: per lei era l’unico alimento che si poteva dare ad una figlia per colazione, punto e basta. 

   Nuove esperienze olfattive segnarono gli anni della maturità e il secondo matrimonio con Dave.  Lui era curiosamente uno chef, o almeno lo era stato quando viveva in Canada, e se ne faceva un gran vanto. Di lui i miei figli ricordano ogni tanto il profumo dei panzerotti domenicali ma null’altro: quasi nessun cibo potè allietare i nostri pasti, appesanti dai suoi grevi silenzi, o peggio ancora, dalle sue sfuriate.

   Dopo la morte della mamma papà venne a vivere da me. Malandato nei suoi novant’anni, invase la mia tranquilla vita di donna oramai sola con i miasmi dei suoi pannoloni. Non bastavano deodoranti, né finestre spalancate anche in pieno inverno, a dissipare quel fetore. Povero papà. Oggi in me prevale però il ricordo del profumo del suo dopobarba, quando negli suoi ultimi giorni lo radevo e cospargevo il suo viso emaciato di quella lozione odorosa e lenitiva.

   Mi piace infine ricordare l’ondata di profumi di spezie mai conosciute che mi accolse al mio arrivo in India lo scorso anno. La guida locale mi cinse di una corona aulente di fiori gialli, rossi e arancioni; percepii poi l’odore di cardamomo, cannella, vaniglia, e di chissà quali altri aromi indecifrabili. Fu un’esperienza intensa anche sentire gli effluvi vagamente sgradevoli emanati da elefanti e scimmiette onnipresenti e forse, da centinaia di indiani nel brulicare del traffico caotico di Delhi. Davanti al Taj Mahal odorai tanti fiori rigogliosi e immaginai l’imperatore Shah Jahan mentre deponeva delicati boccioli sulla tomba dell’amatissima sposa. I fiori sono soprattutto consolazione per noi viventi che amiamo portarli al cimitero dai nostri cari. Io metto spesso tulipani gialli sul loculo della  mamma, sapendo quanto amasse quel colore. Saranno gialli anche i pochi fiori che vorrò al mio funerale: gialli come la stanzetta di Van Gogh, come il mio piccolo sofà, come il sole sghembo che disegnavo nei quaderni di prima elementare.

:: Mistero al profumo di cannella, i segreti di Cinnamon Falls di R.L. Killmore (Newton Compton, 2025) a cura di Patrizia Debicke

11 ottobre 2025

Tra le colline avvolte dal profumo di cannella e foglie dorate, Cinnamon Falls si presenta come un  rifugio ideale per chi fugge dal dolore, ma anche come il luogo dove i segreti, come la nebbia del mattino, non si diradano mai del tutto. Dopo una rottura umiliante, un grande amore costruito solo su una menzogna, Nia torna nella sua cittadina natale con il cuore in frantumi e l’intenzione di ritrovare un po’ di pace tra i sorrisi familiari e la gelateria di famiglia, frequentatissima e cuore pulsante della comunità. Ma la tranquillità autunnale che spera di trovare si incrina presto: un atroce delitto sconvolge la quiete della Festa d’Autunno e costringe la protagonista a fare i conti non solo con il presente, ma anche con un passato che credeva di avere sepolto.
L’autrice costruisce un’ambientazione calda e accogliente, quasi cinematografica, che ricorda le atmosfere delle serie britanniche di gialli “leggeri” o le cittadine perfette dei film Hallmark. Ogni dettaglio, il fumo che sale dalle tazze di sidro caldo, le zucche intagliate, i vicoli profumati di burro e spezie,  restituisce una sensazione di intimità domestica, di quella provincia americana dove tutti si conoscono, ma nessuno sa davvero tutto di nessuno. È proprio in questo microcosmo, apparentemente sereno, che si insinua l’ombra del mistero: un corpo ritrovato nella tavola calda di Rosie, la madre della migliore amica di Nia, morta anni prima in circostanze tragiche, e un messaggio inquietante che lascia presagire nuovi delitti.
Nia, fragile e impulsiva, ma guidata da una forza interiore che la spinge a non voltarsi dall’altra parte, si ritrova suo malgrado coinvolta nelle indagini. Non è un’investigatrice nata, e la sua curiosità troppo spesso sconfina nell’imprudenza: si muove in bilico tra coraggio e incoscienza, tra il desiderio di capire e la necessità di espiare sensi di colpa antichi. Al suo fianco ritroviamo Jesse, ex fidanzato del liceo e ora poliziotto escluso personalmente dall’inchiesta sul caso perché vecchio amico della vittima. Alto, tenebroso, segnato da un passato irrisolto, Jesse incarna la classica figura del “buono ferito”, diviso tra dovere e sentimento. Il loro rapporto è una danza di esitazioni e ricordi, fatta di battute non dette e di sguardi che parlano più delle parole: un legame sospeso tra nostalgia e un futuro forse ancora possibile.
Accanto a loro si muove una vasta galleria di personaggi secondari che contribuisce a rendere Cinnamon Falls viva e pulsante: l’amica eccentrica dai capelli viola, presenza ironica e leale; i vicini curiosi e affettuosi; i clienti abituali della gelateria, testimoni involontari di un dramma che si insinua nella quotidianità. Persino Midnight, il viziato gatto nero della famiglia di  Nia, sembra parte integrante del racconto, quasi un simbolo silenzioso della curiosità e della capacità di sopravvivere all’inquietudine.
Il ritmo narrativo alterna momenti di tensione a pause di dolcezza domestica: mentre l’indagine procede tra false piste e colpi di scena, l’autrice dosa con equilibrio mistero e romanticismo, evitando di far prevalere l’uno sull’altro. Il giallo, pur con qualche prevedibilità di troppo, mantiene viva l’attenzione con piccoli dettagli ben disseminati e un’atmosfera coerente che unisce brivido e conforto. L’elemento romantico, aggiunge calore e umanità a una vicenda che parla, in fondo, di nuove possibilità non solo in amore, ma nella vita.
La colorata Festa d’Autunno, con  la sua allegria di superficie, diventa il perfetto contrappunto simbolico al dolore e al mistero che serpeggiano sotto un’apparente calma con  la celebrazione della rinascita, della fine che prelude a un nuovo inizio. E in questo senso Nia rappresenta la città stessa, ferita, ma capace di riscoprire la propria forza.
Un mistero autunnale dal sapore di spezie e malinconia, dove il delitto serve da pretesto per esplorare i legami, le ferite e le nostalgie che uniscono una piccola comunità. Un romanzo che si legge con piacere, magari con una coperta sulle ginocchia e una tazza fumante accanto, lasciandosi avvolgere da un’atmosfera in cui ogni pagina profuma di cannella, amicizia e seconde occasioni.

Tradotto da Laura Mastroddi.

R.L. Killmore è lo pseudonimo dell’autrice statunitense Necole Ryse. Necole scrive da quando aveva quattro anni, quando incise trionfalmente l’alfabeto sul cofano della nuova Volvo della nonna. Quando non batte furiosamente i tasti del suo PC riempiendo fogli Word, piange su una pila di manoscritti incompiuti, abbandona serrati regimi di esercizio fisico autoimposti, rimprovera bambini innocenti nelle biblioteche o ascolta le conversazioni degli altri. Mistero al profumo di cannella. I segreti di Cinnamon Falls è il primo romanzo pubblicato dalla Newton Compton.

:: In principio fu lo sguardo. Taccuino vagabondo di un cronista di cultura,Nino Dolfo (Oligo Editore, 2025) A cura di Viviana Filippini

30 settembre 2025

“In principio fu lo sguardo. Taccuino vagabondo di un cronista di cultura” è l’ultimo libro di Nino Dolfo, giornalista nativo del Friuli, ma bresciano d’adozione. Il volume edito da Oligo editore è una raccolta di memorie che l’autore fa raggruppando le persone incontrate (tante), i luoghi visitati e vissuti, uniti ad un’ampia gamma di citazioni letterarie, e non solo, che rendono il libro un vero e proprio viaggio nel passato. Il formato del libro è agile, comodo e tascabile, e si pone come una vera e propria passeggiata dentro alla vita di Dolfo e agli incontri fatti grazie al suo lavoro. La cosa interessante è che però non c’è solo l’attività giornalistica, perché in questo taccuino emerge anche la dimensione umana delle persone incontrare – alcune anche più volte- nel corso degli anni. Dolfo, giornalista pubblicistica, scrive dagli anni Settanta come critico cinematografico e cronista di cultura e in questo libro inserisce i ricordi del passato che costituiscono una compagnia di varie di personalità che  ha incontrato e conosciuto. Tra le pagine si trovano infatti gli sceneggiatori Vincenzo Cerami e Age, il filosofo – anche lui bresciano- Emanuele Severino, i registi Massimo Castri, Franco Piavoli, Silvano Agosti, Alberto Sironi, Gianni Serra. Non mancano i fotografi Gian Butturini e Ugo Mulas, gli attori Paolo Villaggio, Alain Cuny e Dominique Sanda. E ancora Clint Eastwood, come Renato Borsoni grande uomo di teatro, gli scrittori Lawrence Ferlinghetti, Franz Kafka, Francesco Permunian e non mancano anche riferimenti alla letteratura. Ognuno con il proprio spazio che li ha portati ad incastonarsi nelle vita dell’autore. In realtà, quello che emerge dal libro, non è solo il Dolfo giornalista, critico cinematografico o penna di cultura, perché da queste pagine esce anche il Dolfo spettatore appassionato di cinema e, come i libri, sono tanti i film citati nel testo a dimostrazione della grande passione e interesse dell’autore verso una delle arti a disposizione del genere umano per narrare storie. “In principio fu lo sguardo. Taccuino vagabondo di un cronista di cultura” di Nino Dolfo è un libro che ripercorre il passato, il vissuto personale e lavorativo, ma l’autore non lo fa con nostalgia. Anzi, Dolfo ci racconta con entusiasmo quello che è stato il suo lavoro, quelli che sono i suoi interessi e le sue passioni, per invitare noi lettori a comprendere e capire quanto è importante fare memoria del passato, per mantenerlo vivo nel presente, perché senza i ricordi tutto si cancella e va perduto.

Nino Dolfo (1944), di origini friulane ma bresciano d’adozione, dopo la laurea in Lettere classiche con una tesi di storia del cinema, è stato insegnante, animatore di cineclub, critico cinematografico e poi teatrale, oltre che giornalista culturale per testate come “Bresciaoggi” e “Il Corriere delle Sera”. Ha curato volumi dedicati a fotografi, uno speciale della rivista “Atlante bresciano” sul cinema a Brescia e participato alla stesura del libro-memoir Ritratti di città per Grafo editore. Due suoi testi (su Raymond Chandler e Simenon) hanno raggiunto la visibilità sul palcoscenico. (fonte biografia Oligo editore)

Source: Ufficio stampa A1 comunicazione.

:: Un’intervista con Mariachiara Lobefaro, autrice di Broken Moonlight, a cura di Giulietta Iannone

12 agosto 2025

Benvenuta Mariachiara su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Ho appena letto il tuo ultimo libro in uscita per Gallucci e mi è piaciuto moltissimo, per cui iniziamo. Parlaci di te, presentati ai nostri lettori.

Ciao! Sono molto contenta che tu abbia apprezzato Broken Moonlight. Descriversi fa sempre un effetto bizzarro e incongruo, ma ci provo: insegno italiano alle superiori, e da sempre amo leggere, scrivere e viaggiare. Queste mie passioni non sono certo particolarmente originali, però le vivo visceralmente e spero di continuare a coltivarle sempre meglio.

Broken Moonlight è il tuo secondo romanzo, un young adult ambientato a Hong Kong che unisce il romance al fantasy. Ce ne vuoi parlare?

In realtà si tratta del terzo che pubblico, ma è il mio primo romantasy, quindi ha segnato un’incursione in un terreno parzialmente nuovo. È uno young adult, genere che amo perché secondo me trasversale, e ha come temi portanti l’incontro tra Oriente e Occidente, l’amore e la magia. In filigrana c’è un background storico che, da insegnante, mi è venuto spontaneo integrare.

La sedicenne Vicky Middleton si è appena trasferita nella frenetica metropoli di Hong Kong e chi incontra?

Vicky è un personaggio tormentato che si trasferisce a Hong Kong dopo aver vissuto un grave lutto. L’incontro con Sean Lau sembra quasi provvidenziale, perché lui incarna tutte le caratteristiche che potrebbero contribuire a distrarla: fascino, bellezza, mistero, dolcezza. Porta su di sé il peso di una maledizione antica, il che accentua la sindrome di crocerossina di Vicky. Il punto è che Sean è, almeno in apparenza, il ragazzo perfetto, uscito dritto dritto dai sogni della protagonista. Sembra quasi plasmato con la forza della sua fantasia, ma la realtà e i rapporti umani si riveleranno più complicati del previsto.

Un amore interetnico, tra una ragazza inglese e un ragazzo cinese, come hai costruito quest’amore adolescenziale, inserito in un fantasy.

In realtà mi è venuto quasi spontaneo, considerando il trascorso coloniale di Hong Kong e i suoi rapporti con l’Inghilterra. Vicky viene da una famiglia di professori innamorati dell’Oriente e Sean è bilingue, come molti a Hong Kong. Per il resto sì, senz’altro è un amore tra adolescenti, contaminato dall’idealizzazione e da un processo di scoperta reciproca.

Come ti sei documentata per quanto riguarda le credenze, le tradizioni, le leggende cinesi?

Alcune cose le ho apprese spontaneamente viaggiando, per altre ancora ho chiesto ai miei contatti, oppure ho utilizzato siti e libri. È stato un processo naturale e quasi fluido.

Sei stata davvero a Hong Kong o l’hai costruita solo con gli occhi della fantasia? Il tempio di Man Mo esiste davvero, l’hai visitato?

Amo moltissimo Hong Kong, e se non ci avessi vagabondato di persona questo romanzo non sarebbe mai nato. Avevo messo in conto di tornarci questa estate, ma non ne ho avuto il tempo. Comunque sì, l’ispirazione principale per il libro nasce proprio dalla visita al tempio di Man Mo. È un luogo straordinario, e visitandolo ho percepito che quelle atmosfere, quei manufatti e quei colori mi stessero trasmettendo qualcosa.

Per salvarsi il protagonista deve trovare un manufatto legato a uno dei beni più autenticamente cinesi come il tè. Ti piace questa bevanda, ricordiamolo ci sono infusi rari e tè più dozzinali?

Non sono una grande esperta o amante del tè, piuttosto negli anni ho sviluppato una dipendenza da caffeina! Durante il covid, complice il molto tempo libero, ho comprato un set per preparare il matcha…Il risultato non è stato dei più esaltanti. Quello che mi affascina, piuttosto, è il concetto di casa del tè – a Hong Kong ce n’è una piuttosto famosa che amo molto.

Le villain beater esistono davvero? Fanno parte del folclore di Hong Kong, come le chiromanti o i negromanti?

Sì, esistono realmente e operano alla luce del sole. Io mi ci sono imbattuta, ed è stata una grandissima sorpresa. Per noi occidentali è una nota di colore, per Hong Kong l’ordinario modo di coniugare le credenze alla quotidianità. È proprio questa disinvoltura che trovo affascinante.

Grazie, come ultima domanda mi piacerebbe conoscere i tuoi progetti futuri?

Ne ho diversi, almeno nella mia testa, ma preferisco non parlarne per scaramanzia… Forse la superstizione hongkonghese ha contaminato anche me. In futuro mi piacerebbe misurarmi con altri generi, come fantascienza e romanzo storico. Di sicuro le idee non mancano e spero di trovare le strade giuste per veicolarle al meglio.

    :: Ospiti inattesi di Triona Walsh (Newton Comton 2025) di Patrizia Debicke

    26 luglio 2025

    Alice e Finn sognano un weekend romantico nella casa del guardiano del faro, affacciata sulle scogliere battute dal vento di Donegal. Una fuga segreta, solo loro, resa necessaria dal fatto che Finn è il capo di Alice, e il loro amore non può ancora essere rivelato.
    Ma forse soprattutto, nessuno deve sapere il vero motivo per cui Alice ha voluto quel viaggio.
    Tutta la sua vita ,fino a quel momento,  è come se fosse da tempo appesa a un filo. E ora ha un piano.
    Poi, qualcuno busserà alla porta.
    Una coppia, fradicia di pioggia che sostiene di aver prenotato la stessa casa per lo stesso weekend. C’è stato un disguido parrebbe. Con il  cattivo tempo che ha interrotto le comunicazioni,  pur evidentemente irritato, Finn permetterà  loro di entrare e fermarsi.
    Insomma ci sono due camere da letto,  si arrangeranno  almeno fino alla mattina dopo.  
    Alice si innervosisce. Il suo piano rischia di andare in fumo.
    Ma, a quanto sembra, anche gli ospiti inattesi ne hanno uno. Tanto che il cottage finirà con il  trasformarsi in una specie di trappola.
    Ben presto infatti, la tensione tra loro crescerà, mentre  le maschere cadono.
    Qualcuno mente. Chi? Oppure tutti. E a ben vedere nessuno è davvero chi dice di essere.
    Tríona Walsh costruisce un thriller psicologico che cattura fin dalla prima pagina e gioca diabolicamente con le certezze del lettore, smontandole una a una.
    “L’altra coppia”  infatti. pagina dopo pagina, regge con un perfetto equilibrio tra suspense e introspezione, dove nulla è come sembra e ogni dettaglio conta, ha il suo peso .
    La trama si muove su due binari paralleli: da un lato, il mistero dell’identità e delle vere intenzioni dei personaggi; dall’altro, la lenta e sofferta rivelazione di segreti sepolti, legami nascosti e vendette coltivate  nel silenzio.
    Alice è una protagonista ambigua, intrigante, sicuramente non  affidabile come narratrice. All’inizio sembra fragile, quasi ingenua, e invece  è  diversa e molto di più.
    Anche Vivienne, apparentemente dura e scostante, nasconde dentro dii sé  più di quanto voglia lasciare intendere. Il loro diretto confronto si rivelerà il fulcro palpitante del romanzo.
    Il ritmo alterna momenti di crescente tensione a riflessioni interiori dei diversi personaggi che amplificano continuamente il senso di claustrofobia.
    La scrittura della Walsh essenziale ma tagliente, riesce a  costruire atmosfere cariche di inquietudine e tenendo  il lettore col fiato sospeso, lo sorprende  con continui  colpi di scena  ben dosati e  mai gratuiti, mentre  ogni particolare e ogni  svolta intrapresa  segue  una logica che si svela solo alla fine.

    Ambientato in un paesaggio selvaggio e molto suggestivo, dove la natura diventa complice del mistero, il romanzo si inserisce perfettamente nel solco del domestic noir, ma con un respiro più ampio, quasi gotico, la casa ricavata nel faro si trasformerà in un’immagine di isolamento, che può condurre fino alla resa dei conti.
    Un cottage ricavato da un faro sulla costa irlandese. Due coppie che s’incontrano e non per caso . E un fine settimana che nessuno potrà mai  dimenticare …
    “Ospiti inattesi”  è molto più di un semplice thriller. Forse sarebbe  più corretto definirlo  un’esplorazione delle zone d’ombra della psiche umana e  dei sottili confini che corrono tra vittima e carnefice, tra amore e ossessione.
    A conti fatti un puzzle psicologico affilato come un coltello, dove amore, menzogna, vendetta e identità si intrecciano in un crescendo di tensione fino all’esplosiva rivelazione finale.

    Tríona Walsh è una scrittrice irlandese, autrice di thriller e gialli ricchi di atmosfera e colpi di scena. Artista e graphic designer, si occupa anche dell’ideazione e realizzazione di copertine per diverse case editrici. Vive a Dublino con la sua famiglia. La Newton Compton ha pubblicato Notte di neve e sangue e Ospiti inattesi. Per saperne di più: http://www.trionawalsh.com

    :: Nella Russia di Putin – La costruzione di un’identità postsovietica di Andrea Bonelli (Carocci editore, 2023) a cura di Giulietta Iannone

    13 luglio 2025

    Il breve saggio, Nella Russia di Putin, edito da Carocci editore ormai nel 2023, del professor Bonelli, esperto di questioni inerenti la Russia sovietica e post sovietica, di cui vi parlerò oggi, è un interessante compendio di molte tematiche inerenti il passto, il presente e il futuro della Russia partendo dal suo passato zarista, per passare all’eredità sovietica, per poi giungere al putinismo odierno, un misto di ideologia e valori tradizionali ben radicati nella coscienza russa, che sì può essere visto come un regime illiberale, e quasi stalinista, non segreta l’ammirazione che Putin prova per Stalin rivendicando un orgoglio nazionale mai sopito e rifiutandosi di demonizzare un periodo storico vissuto da generazioni di russi, ma con peculiarità sue proprie che è interessante studiare per capire la Russia moderna e soprattutto l’eredità che lascerà una volta che Putin, per raggiunti limiti d’età, lascerà volente o nolente il potere. La vocazione imperiale della Russia odierna ha radici profonde, che precedono l’epoca sovietica, e traggono le basi dallo zarismo stesso, che se vogliamo ha forgiato molte delle caratteristiche peculiari dell’animo russo, spirito passato indenne durante lo stalinismo sovietico e giunto fino a noi, in cui la fede, non solo quella ortodossa (strano come questa fede sia sopravvissuta in un regime come quello sovietico che si professava ateo), e i valori tradizionali hanno cementato una coscienza comune che Putin ha raccolto e fatta propria, acquisendo un consenso non solo imposto con misure coercitive e autoritarie. E’ importante capire questo per comprendere fino a che punto il putinismo ha cambiato la storia non solo russa ma mondiale. Ma chi è Putin? Come è stato possibile che un incolore burocrate, passato dalle maglie dei Servizi, abbia raggiunto le più alte cariche dello Stato e abbia conservato il potere per tutti questi anni attorniato da una classe politica dirigenziale fedele e imbevuta di ideali pattriottici e nazionalisti molto forti? A queste domande forse risponderanno gli storici futuri, ma già oggi possiamo capire quanto l’abilità di Putin risieda nella sua capacità di essersi fatto percepire come uno del popolo, anche raccontando nella sua biografia ufficiale fatti strettamente personali come la perdita del fratello in guerra o il ritorno del padre ferito dal fronte appena in tempo per salvare la madre che se no sarebbe morta di stenti. Tutte vicende che hanno inciso profondamente nell’immaginario che lo circonda. Come il battesimo ricevuto segretamente, quando le leggi sovietiche lo proibivano. Il militarismo patriottico, l’esaltazione della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, l’importanza geopolitica del paese e il suo ruolo a livello mondiale, sono tutti temi radicati nello spirito russo, di cui Putin si è appropriato per consolidare un potere che sarebbe stato difficile altersì ottenere, nè tanto mantenere per più di vent’anni. Intanto è importante focalizzare l’attenzione sulla convinzione radicata nel Cremlino dell’importanza del ruolo stabilizzante della Russia, senza il quale l’Europa e gli Stati Uniti sarebbero incapaci di gestire un ordine mondiale post Guerra fredda, ordine che ancora non è stato raggiunto. E all’orizzonte lo spettro dell’inverno nucleare, augurandoci che almeno questa profezia apocalittica non si avveri.

    Andrea Bonelli è ricercatore in Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa. Ha svolto ricerche in archivi russi ed europei e ha insegnato in diverse università italiane. Autore di saggi scientifici, ha pubblicato Gorbačëv e la riunificazione della Germania. L’impatto della perestrojka sul comunismo (1985-1990) (Roma 2021).

    :: Pier Francesco Latte VERSO IL MONDO nero_latte edizioni

    5 marzo 2025

    Entrando in questo libro, il lettore varcherà la soglia di una casa – e più d’una- ne sentirà l’energia, le memorie intrise nelle stanze, sedimentate nelle cose di uso comune che nelle poesie di Pier Francesco Latte, declinate in una lingua chiara e assai comunicativa, divengono testimoni silenziose, ma non mute, di ogni avvenimento felice o doloroso, sempre accrescitivo. Nei suoi versi il poeta trasfigura il vissuto in una metafora continua, lui e le cose, lui e i sentimenti provati vanno e vengono, travasano tra animato e inanimato, come vi fosse un flusso ininterrotto tra materiale e immateriale, tra organico e materico, una vera testimonianza di quello che la fisica quantistica definisce con l’espressione entanglement […]  Dalla prefazione di Rossella 

    Tempesta 

    I tessuti cominciano a consumarsi, 

    la pelle del viso invecchia, 

    i solchi diventano più visibili. 

    Le ferite prendono forma: 

    il tempo le cancella. 

    Corpo: unica sede possibile. 

    Pier Francesco Latte (Napoli, 1993). Diplomato al liceo classico a Napoli, ha studiato percussioni presso il Conservatorio di Avellino. Si è laureato in Psicologia presso l’Università di Parma. Attualmente vive a Parigi dove lavora come psicoanalista e psicoterapeuta Gestalt.

    Aggiornamento

    15 febbraio 2025

    :: Pallottole sull’Orient Express di Shanmei – in prenotazione

    29 gennaio 2025

    Torna Jack Burton in una storia che se vogliamo precede “Pallottole su Shanghai” in una storia ambientata sull’Orient Express che da Parigi parte per Costantinopoli. Il nostro eroe avrà a che fare con un temibile ladro di gioielli internazionale che nasconde una gemma di inestimabile valore, dal nome “il diamante del Maraja”. Missione di Jack e trovare la pietra a impossessarsene prima che il treno arrivi a Costantinopoli. Non sa chi sia, non sa dove la nasconda, sa solo che è a bordo. Ed è molto pericoloso. Una storia di avventura dunque ambientata negli anni ’20, a bordo di uno dei più eleganti treni della storia, tutti fregi dorati, mogano scuro, e cristalli di Lalique. La copertina molto old stile e Art Nouveau e di Luca Morandi. Bene voi non dovete fare altro che salire a bordo!

    In uscita il 28 febbraio 2025

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    Pallottole sull’Orient Express

    7 dicembre 2024

    :: Forbici di Cristina Pasqua e Alessandro Pera (Lorusso Editore 2024) a cura di Giulietta Iannone

    8 ottobre 2024

    Quattro casi diversi, con quattro assassini diversi, che non hanno nessun legame tra loro, tranne di essere in qualche modo collegati a Montesacro. E poi c’è il tempo che, insieme allo spazio, forma le nostre categorie trascendentali, dove iscriviamo la realtà. Sì, ha ragione Kant, il tempo è importante, molto importante, è una forma a priori della nostra sensibilità, e qui ne passa troppo.

    Roma, quartiere Montesacro, due gocce di pioggia e la città si blocca, come se ci fosse colla sull’asfalto. Il commissario Marcello De Falchi viene chiamato a indagare sulla morte di Flavio Zani, noto commercialista, con il vizio del gioco, indebitato fino agli occhi, inizia così Forbici, romanzo a quattro mani scritto da Cristina Pasqua e Alessandro Pera, edito da Lorusso Editore. Schegge di storie che si compongono in un puzzle variegato, che nelle intenzioni vorrebbero essere un affresco di una città, vitale, pulsante, fatta di vite complicate e interconnesse, in cui molte vicende si svolgono in un quartiere, simbolo di Roma, la città eterna, labirintica, famelica, gorgone che mangia se stessa. Scorrono le pagine e ci chiediamo quale è il filo conduttore della vicenda, cosa collega la morte di Zani ad altre morti e avvenimenti sepolti nel passato. C’è uno schema? Ci sono legami o tutto è in balia del caso, e il tempo assorbe le vite di vittime e assassini. Ma Marcello De Falchi è un commissario è il suo lavoro seguire piste, intrecciare indizi, interrogare testimoni, cercare di capire, anche carpendo suggerimenti investigativi dai colleghi. Quando il caso Zani sembra a un punto morto ecco una connessione con un vecchio caso, di una decina di anni prima, una donna venne uccisa durante una rapina e Zani era il commercialista di un piccolo impero di famiglia, cinque supermercati tra Roma, Aprilia, Casalotti. E poi un nuovo delitto in entrambi i casi, né pistole o armi da taglio, solo il ricorso alla forza fisica: a mani nude strangolano Zani, la potenza di un bastone per sferrare il colpo e sfasciare il cranio a Collina. C’è qualcosa che stona… E seguiamo le indagini, le coincidenze, gli indizi, i depistaggi in questo labirintico poliziesco denso e pieno di suspense come nella migliore scuola del giallo, con Roma sullo sfondo, le vie, i locali, i bistrot, il cielo che grava su un’umanità dolente con i propri problemi, i propri amori, la propria vita. Scrittura compatta, scorrevole, pur nella complessità della trama, suspense ben dosata per spingerti a chiederti che succede, c’è un unica mente sotto queste morti, un piano, dei complici tutto sotto gli occhi delle telecamere di sorveglianza, dei casamenti di uffici di una livida Roma postindustriale. Da leggere.

    Cristina Pasqua ha pubblicato Diciassette (Odradek Edizioni, 2001), Fughe (pièdimosca, 2023) e forasacchi (pièdimosca, 2024). È presente nelle antologie multiperso (pièdimosca edizioni, glossa, 2022) e L’ordine sostituito (déclic edizioni, 2024). cinque è primo classificato nella sezione romanzi inediti del Premio Zeno 2022. Editor freelance, vive e lavora a Roma.

    Alessandro Pera ha pubblicato Afa (Odradek Edizioni, 1999), finalista al premio Strega 2000, e In tempo di guerra e altri racconti (Lorusso, 2014). I suoi racconti sono presenti nelle antologie In ordine pubblico (Fahrenheit 451, 2005), Fragole e sangue e La rossa primavera (Edizioni Clandestine, 2007), Per sempre ragazzo (Marco Tropea editore, 2011) e Fuoco! (Red Star Press, 2018). Operatore socioculturale in percorsi educativi rivolti ai minori delle periferie romane.