
“Spaghetti pollo insalatina e una tazzina di caffè…” così cantava Fred Bongusto e nel libro “Spaghetti. Le rockstar a tavola: dagli AC/DC a Zucchero” di Luca Fassina, edito da Oligo editore, cibo e musica vanno a spasso assieme. Lo scrittore ci porta in un viaggio tra musica e cibo, facendoci scoprire cosa i grandi musicisti del rock amano cucinare (quando ne sono capaci) e mangiare. Un piccolo saggio che ci permette di addentrarci nell’amore per l’arte culinaria, in particolare quella italiana, da parte di molti artisti. Questo perché nel saggio di Fassina si scopre il fatto che c’è una forte attrazione verso il cibo italiano, questo perché parecchi dei cantanti e musicisti presenti hanno origini italiane e arrivano da famiglie dove ci sono ricette della tradizione che vengono tramandate di generazione in generazione, e un po’ perché molti dei protagonisti presenti nel testo hanno assaggiato il vero cibo italiano, quello non rivisitato e ne sono rimasti conquistati dalla bontà e qualità del prodotto. Interessante è anche il fatto che, tra una pagina e l’altra, ci siano le ricette predilette degli artisti protagonisti con gli ingredienti e questo permette al lettore di sporcarsi le mani preparando il piatto della propria star preferita! Si va dalla storia degli spaghetti della copertina dell’album dei Guns N’ Roses, quel “The spaghetti incident?” uscito nel novembre del 1993, dove la pasta che ci ha reso così noti nel mondo, ma che ha origini nel VI secolo a.C. in Pakistan, e non ha a che vedere solo con la pasta al sugo; per passare alla passione per il burro d’arachidi di Elvis Presley e al Chocabeck di Zucchero, che già ha il dolce nel nome. E poi, che dire del pollo speziato che faceva impazzire Freddie Mercury, dei biscotti con gocce di cioccolato di Joy Romone e del latte e peperoni freddi di David Bowey, cibo principale durante la registrazione di un album o del risotto che ha conquistato i Måneskin? A voi indovinare e scovare quale. “Spaghetti. Le rockstar a tavola: dagli AC/DC a Zucchero” di Luca Fassina è un perfetto mix tra musica, note e cibo, anche odiato magari ma, soprattutto AMATO dagli artisti, che è vero, loro stessi lo ammettono, a volte non sanno cucinare, ma quando assaggiano i piatti amati o nuovi, preparati da mani sapienti, il cuore, il palato e la mente ne traggono beneficio.
Luca Fassina lavora con la parola scritta da oltre trent’anni: giornalista, scrittore, traduttore e storyteller, è stato corrispondente musicale da Londra e manager dell’entertainment a Parigi. Oggi scrive per Classic Rock e Sergio Bonelli Editore; ha collaborato, tra gli altri, con RollingStone.it, ha tenuto seminari per il CPM di Milano e per la Arizona State University. Per la “Piccola Biblioteca” di Oligo Editore ha pubblicato “Cucina. Stephen King: ricetta per un disastro” (2022).
Source: richiesto dal recensore. Grazie all’uffcio stampa 1A.
Edizioni NPE mette insieme due suoi long-seller di sempre, con La grande storia del rock e del metal a fumetti, di Enzo Rizzi, in versione riveduta, corretta e aggiornata.
“Decamerock. Ribellioni, amori, eccessi dal lato oscuro della musica” edito da Marsilio è il nuovo libro di Massimo Cotto. Nel titolo, oltre al rock, riecheggia il “Decamerone” di Boccaccio (citato all’inizio di ogni nottata), e questo ci fa capire che il lettore farà un viaggio in una sorta di metaforica peste (vita di eccessi estremi) la quale, nel corso del tempo, ha colpito il mondo del rock. Vero, qui non ci sono un gruppo di ragazzi che si ritira in un luogo protetto per salvarsi dall’epidemia, ma ci sono storie su storie, grazie alle quali Cotto ci intrattiene. Lo speaker ci accompagna un viaggio nelle vite dissolute e sregolate di molti artisti della musica rock, organizzando i contenuti del libro in Dieci nottate, più un momento intitolato “Prima dell’alba”, alternati a frammenti narrativi nei quali lui racconta la sua infanzia e adolescenza a Genova. “Decamerock” ti porta nelle vite vissute all’estremo, che sono sì un po’ maledette, ma che hanno anche tante fragilità e un fascino travolgente e appassionante. Per esempio c’è il Club del 27 dove si trovano quei cantanti che morirono, per una strana coincidenza, tutti a 27 anni. Qualche nome? Brian Jones, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Amy Winehouse e tanti altri con alle spalle una vita breve, fatta di eccessi, dove la musica era però il cuore che li animava. Tanti nomi, tanti cantanti e musicisti che sono passati alla storia per ciò che suonavano o per la band dove militavano, ma anche per dei retroscena non sempre noti. Un esempio? Avete mai sentito la musica di Moondog? Lui, all’anagrafe Louis Thomas Hardin, era un compositore e musicista americano, non vedente, e nonostante questo compose musiche eccellenti, scrisse poesie e inventò pure strumenti musicali. Lo si notava subitoperché, oltre a vivere come un homeless, girava sempre con un lungo mantello e un cappello in stile vichingo. Che dire poi di John Bonham, che non sapeva suonare strumenti musicali e che diventò il batterista ufficiale dei Led Zeppelin di Jimmy Page e Robert Plant. Bonham suonò in ben nove album della band, prima di morire a soli 32 anni, dopo aver bevuto litri su litri di alcolici e super alcolici. La cosa interessante del libro di Massimo Cotto è che l’autore non si limita a narrarci le vite del mondo del rock e del jazz, perché lo scrittore ad un certo punto tra i lunghi viaggi, le stanze di albergo, le bottiglie di alcool , ci infila la musica classica con Mozart e Paganini. Mozart con la sua morte ammantata da un’atmosfera misteriosa e con quel “Requiem” che compose poco prima della sua scomparsa e prima di finire in una fossa comune. Accanto a lui, la figura istrionica di Paganini, che conquistò tutti per la sua bravura così fuori dalla norma, tanto che i suoi coevi pensavano avesse fatto un patto col diavolo per suonare in quel modo. “Decamerock” di Massimo Cotto è una lettura davvero piacevole, perché se da un lato, ti fa conoscere la dimensione umana e nascosta degli eccessi esistenziali di molte icone della musica, dall’altro, ad ogni storia letta, si sente l’irrefrenabile bisogno di andare ad ascoltare quella musica del passato che ti conquista anche nel presente.























