
Cara Bianca, ci sei tanto mancata.
Bianca Pitzorno è tornata in libreria con il suo ultimo titolo edito da Bompiani, Il sogno della macchina da cucire, ambientato nella piccola città di L. tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.
La protagonista del libro è una sartina della quale il lettore non conosce il nome e che narra tutte le vicende in prima persona. Nelle pagine iniziali racconta la sua infanzia in compagnia della sola nonna, in quanto il resto della famiglia è rimasto ucciso durante l’epidemia di colera. La nonna di mestiere fa la sartina, è una donna forte, risoluta e indipendente. Consapevole della differenza sociale che separa i ricchi dai poveri, desidera per sua nipote il meglio che la sua condizione possa garantirle nonostante la povertà. Per questo da quando la piccola ha sette anni le insegna a cucire: stoffe, ricami, asole e merletti le avrebbero garantito un’indipendenza che altri lavori, come quello di domestica, non le avrebbero concesso. La nipote sarebbe rimasta padrona di sé stessa. Le famiglie più importanti della città commissionano alla nonna lavori semplici, soprattutto di biancheria.
Di solito in quelle case ricche ed eleganti c’era come ho detto una stanza apposta per il cucito, ben illuminata, con un grande tavolo da stiro dove stendere la stoffa da tagliare, e spesso c’era anche, meraviglia delle meraviglie, una macchina da cucire. Mia nonna sapeva usarla, non so dove l’avesse imparato, e io la guardavo affascinata mentre faceva andare su e giù il pedale con ritmo costante e la stoffa avanzava velocissima sotto l’ago. “Se potessimo averne una in casa”, sospirava lei “quanto lavoro in più potrei accettare!” Ma sapevamo entrambe che non ce la saremmo mai potuta permettere, e oltretutto non c’era posto dove sistemarla.
Quando anche la nonna muore, la protagonista rimane davvero sola al mondo ma è forte di tutti gli insegnamenti ricevuti dall’anziana parente, non solo perché è padrona di un mestiere ma anche perché dalla nonna ha assimilato valori importanti, quali l’onestà, la generosità e il rispetto. La giovane sartina prende il posto della nonna nelle stanze da cucito delle famiglie altolocate ed entra in contatto con la strana vita dei ricchi e con i loro segreti più nascosti, ricordandosi sempre di restare al suo posto.
Gli episodi narrati dalla sartina offrono uno spaccato di vita del tempo e descrivono tante personalità, la maggior parte femminili. Fuori dagli schemi della società ci sono la signorina Ester e Miss Lily Rose. Ester, figlia del ricco signor Artonesi rimasto vedovo dopo il colera, ha tre anni più della protagonista e viene accontentata dal padre in quelli che le compaesane chiamano “capricci”, ovvero nel suo desiderio di studiare le lingue straniere e le lingue morte, le scienze, la chimica, la geografia, di andare a cavallo e di suonare il pianoforte, disinteressandosi di ogni “dovere di femmina” concernente il governo della casa. Ester è ribelle e indipendente, vuole sinceramente bene alla giovane protagonista e le due diventano amiche, nonostante il divario sociale. La miss americana, Lily Rose Briscoe è giornalista, pittrice e critica d’arte, una personalità molto generosa ed eclettica che si tira dietro tutte le maldicenze di L. solo perché non è sposata, è ricca e osa andare in bicicletta. In questo romanzo altre donne sono forti e determinate e, pur rimanendo entro le regole imposte dalla società, le combattono dall’interno: la signorina Gemma, cugina lontana dell’avarissimo avvocato Provera, abilissima sarta e dall’animo imprenditoriale, non si sottomette davvero alla tirannia del suo parente; Zita, la stiratrice, poverissima e malata che anche in fin di vita non smette mai di lavorare con dignità e di sacrificarsi per sua figlia Assuntina, una bambina magrissima con un bel caratterino e quella forza d’animo che solo i bambini sanno avere nelle situazioni in cui la vita si dimostra crudele; la centenaria Donna Licinia Delsorbo, che fiera del suo status sociale farebbe di tutto pur di preservarlo dallo scandalo; la ex maestra che, dopo essere stata illusa dal direttore della sua scuola, sceglie di prostituirsi per mantenere suo figlio. Sono tutte donne che tengono alla propria autonomia e che, nonostante le fragilità, le umiliazioni, il dolore e le delusioni, continuano a lottare ogni giorno per sé stesse e per coloro a cui vogliono bene.
Ovviamente una di queste donne è sicuramente la giovane sartina protagonista che, nutrita degli insegnamenti di sua nonna, rimane sempre fedele ai suoi valori, onesta, generosa e laboriosa, senza mai cedere a facili maldicenze. La sartina è diversa dalle altre ragazze del suo rango non solo perché ha in mano un mestiere che non la rende di proprietà dei ricchi ma anche perché sa leggere. Da ragazzina, infatti, dimostra subito sete di conoscenza.
Quando a casa aprii il pacco e ne sparsi il contenuto sul letto, mi mancò il respiro. Non avevo mai visto niente di così bello in vita mia. Alcuni disegni erano colorati, altri in bianco e nero, ma tutti mi affascinavano. Cosa avrei dato per potere anche leggere quello che c’era scritto sotto! La notte, col lenzuolo tirato sulla testa, piansi un poco, cercando di non farmi sentire dalla nonna. Ma lei mi sentì.
La nonna analfabeta sente sua nipote piangere e si mette d’accordo con una maestra perché possa imparare a leggere dalle basi. La giovane sartina continua da autodidatta leggendo i libretti dell’Opera e poi romanzi su romanzi e altri libri delle materie più disparate. La cultura, che rende più indipendenti e più liberi, rappresenta un punto di forza anche delle altre donne intraprendenti e moderne del libro, come Ester e Miss Lily Rose.
Nei romanzi la sartina conosce un amore idilliaco che non combacia con le vicende di cuore delle donne che frequenta e con i loro mariti ubriaconi o interessati solo ad avere un erede. Finché non incontra lei stessa l’amore nelle “guance di rosa e negli occhi di gazzella” di Guido, la sartina rimane scettica e si concentra solo sul suo lavoro. L’amore ha tante facce e in questo libro vengono mostrate quasi tutte: tra nonna e nipote, tra uomo e donna, tra padre e figlia, tra madre e figlia, tra sorelle e tra amiche; per ognuna di esse vale la pena sacrificarsi.
Il sogno della macchina da cucire racconta la vita e il punti di vista di una sartina ma fa molto di più, spingendo il lettore ad uscire dagli stereotipi, dalle categorie pre-costruite, dalle regole sociali scritte da altri. È un inno alla libertà e all’unicità di ogni persona perché ognuno possa cucire per sé un abito su misura, fatto della stoffa che preferisce, lungo quanto vuole e del colore che più gli piace, un abito che gli appartenga e che gli calzi a pennello, invece di indossare vestiti taglia unica, fatti per tutti e quindi per nessuno.
Per i tanti adulti cresciuti con i libri di Bianca Pitzorno, leggere questo romanzo sarà come tornare indietro nel tempo perché lo stile è sempre lo stesso, cambiano solo le vicende narrate. Rimane la stessa anche l’insoddisfazione del lettore perché il libro è già finito, è troppo corto, doveva raccontarci di più e ancora altro.
Cara Bianca, ci sei tanto mancata e ci mancherai di nuovo fino al tuo prossimo romanzo.
Bianca Pitzorno è nata a Sassari nel 1942. Ha pubblicato dal 1970 a oggi circa cinquanta tra saggi e romanzi, per bambini e per adulti, che in Italia hanno superato i due milioni di copie vendute e sono stati tradotti in moltissimi Paesi.
Source: libro comprato dal recensore.