Posts Tagged ‘Frédéric Dard’

:: La moglie del becchino di Frédéric Dard (Rizzoli 2024) a cura di Giulietta Iannone

29 agosto 2024

Celebre forse più per le inchieste umoristiche del commissario Sanantonio, Frédéric Dard è anche autore di una serie più che considerevole di romanzi noir che Rizzoli sta meritoriamente pubblicando in italiano tradotti da Elena Cappellini, tra cui l’ultimo La moglie del becchino (Le Pain Des Fossoyeurs, 1956). Protagonista di questo breve romanzo dove trionfa l’amour fou, è Blaise Delange, un parigino senza né arte né parte che si reca in provincia per rispondere a un’inserzione di lavoro da parte di una ditta di caucciù. Arriva tardi, il posto è già stato preso ma all’ufficio postale incontra una donna bellissima e melanconica e se ne innamora. La donna perde il portafogli e l’uomo in un rigurgito di coscienza e onestà, o forse solo per rivedere la donna, decide di non tenersi gli ottomila franchi che contiene, di cui avrebbe disperatamente bisogno, e di riconsegnare il portafogli. Così fa la conoscenza di Germaine Castain, infelice moglie di Achille Castain, il becchino del paese. Colpito da tanta onestà Castain decide di offrirgli un lavoro e così Blaise accetta rimanendo inevitabilmente invischiato nei segreti di quell’improbabile coppia. Dard ha un debole per le belle donne capaci di portare alla rovina uomini sentimentali e inevitabilmente ingenui seppure fondamentalmente poco onesti e anche in questa storia vediamo ripresentato questo schema seppure l’ironia e l’amarezza con cui Dard delinea caratteri e ambienti rende la lettura piacevole e scorrevole. I romanzi di Dard si leggono in fretta e questo non fa differenza. Abbiamo la provincia inquietante e sonnolenta, una coppia mal assortita, e l’ingenuo Blaise Delange come terzo incomodo, innamorato e poi amante di Germaine, la dark lady della storia, una ragazza giovane, bellissima, malinconica forse non raffinata ed elegante ma basta poco arrivata a Parigi per trasformarla in una vera bellezza. A ritroso poi ci si chiede se la bella Germaine ha davvero perso inavvertitamente il portafogli o è stato solo un ingegnoso e diabolico piano per catturare un ingenuo nella sua trappola. I noir non prevedono lieto fine, e anche questo non l’avrà ma è singolare vedere come Dard riesca a far sembrare tutto inevitabile, seppure l’ingiustizia del finale gridi vendetta. Particolare. Da segnalare soprattutto la scena nella tomba quando Blaise tenta di recuperare un cadavere, macabra e nello stesso tempo divertente.

Frédéric Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi alla fine degli anni Quaranta e i 175 volumi della serie del commissario San-Antonio sono stati uno dei più grandi successi editoriali francesi della seconda metà del Novecento. Parallelamente, Dard ha scritto numerosi altri romanzi e racconti. Amico di Georges Simenon, come lui autore di una vastissima opera, Dard è considerato tra i più importanti esponenti del noir francese. Per Rizzoli sono usciti: Il montacarichi (2019), I bastardi vanno all’inferno (2021), Gli scellerati (2022), Prato all’inglese (2022) e Negli occhi di Marianne (2023).

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Giulia dell’Ufficio Stampa Rizzoli.

:: La moglie del becchino di Frédéric Dard (Rizzoli 2024)

24 agosto 2024

Se fosse stata di Parigi, avrebbe avuto quel che le mancava di più, ovvero un certo senso dell’eleganza.


Non sarebbe mai dovuto restare in quella mortifera cittadina della provincia francese, una volta saputo che il posto di lavoro per cui era giunto fin lì era stato assegnato a qualcun altro; ma fra Blaise Delange e il treno che poteva riportarlo a Parigi ci si mette un portafoglio smarrito, e tanto basta a innescare la torbida macchinazione del caso. Delange nel portafoglio trova dei soldi, la carta d’identità di una donna di nome Germaine Castain, la foto di un uomo. E scopre, dopo avere deciso di restituirlo, che l’irresistibile Germaine, occhi azzurri malinconici un po’ troppo grandi, aria sottomessa, fascino esplosivo, è la moglie del becchino del paese, il bilioso e manesco Achille Castain. Accolto nella tetra casa della coppia, dopo avere incassato i ringraziamenti di rito Delange si lascia convincere a lavorare nell’impresa di pompe funebri, scoprendosi con sorpresa molto adatto allo stravagante ruolo, nonché a quello di focoso, soggiogato amante di Germaine. Uno strano triangolo va formandosi, tra quelle quattro mura “rivestite di carta da parati giallastra, del colore di una malattia incurabile”, cui presto si aggiunge un quarto incomodo. E allora in quest’atmosfera plumbea accesa di ossessioni, in un nervoso crescendo di tensione, le gelosie incrociate e l’amour fou non lasceranno scampo.

Frédéric Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi alla fine degli anni Quaranta e i 175 volumi della serie del commissario San-Antonio sono stati uno dei più grandi successi editoriali francesi della seconda metà del Novecento. Parallelamente, Dard ha scritto numerosi altri romanzi e racconti.

Amico di Georges Simenon, come lui autore di una vastissima opera, Dard è considerato tra i più importanti esponenti del noir francese. Per Rizzoli sono usciti: Il montacarichi (2019), I bastardi vanno all’inferno (2021), Gli scellerati (2022), Prato all’inglese (2022) e Negli occhi di Marianne (2023).

:: I romanzi della notte di Frédéric Dard (Rizzoli 2024)

16 agosto 2024

Sono soli i protagonisti di quelli che lo stesso Frédéric Dard ha battezzato i suoi Romans de la nuit, uomini e donne che si muovono ai bordi della notte, colti in un punto di svolta della loro vita. Che sia ritrovarsi nell’androne di un palazzo con un ex galeotto, evadere da una minuscola cella o cercare un futuro diverso da quello dei sobborghi parigini, i personaggi di Dard diventano lo strumento con cui scandagliare la caleidoscopica natura umana, trascinati in indagini impietose dall’amore o dalla compassione. Considerato da molti l’erede di George Simenon, Frédéric Dard, autore della fortunata serie del commissario San-Antonio, non è solo capace di regalare storie stravaganti e avventurose ma sa scavare nelle atmosfere noir come i più grandi maestri del genere. Questa antologia, omaggio alla sua carriera, riunisce I bastardi vanno all’inferno, Gli scellerati e Il montacarichi.

Frédéric Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi alla fine degli anni Quaranta e i 175 volumi della serie del commissario San-Antonio sono stati uno dei più grandi successi editoriali francesi della seconda metà del Novecento. Parallelamente, Dard ha scritto numerosi altri romanzi e racconti. Amico di Georges Simenon, come lui autore di una vastissima opera, Dard è considerato tra i più importanti esponenti del noir francese. Per Rizzoli sono usciti: Il montacarichi (2019), I bastardi vanno all’inferno (2021), Gli scellerati (2022), Prato all’inglese (2022) e Negli occhi di Marianne (2023).

:: Negli occhi di Marianne di Frédéric Dard (Rizzoli, 2023) a cura di Giulietta Iannone

1 giugno 2023

Daniel Mermet, pittore parigino in vacanza in Spagna, una notte investe con l’auto una donna. Spaventato, non sapendo cosa fare, la porta nell’albergo dove risiede e scopre nell’ordine che è bellissima, bionda, parla francese e non ricorda più nulla del suo passato. Il giorno seguente affascinato dalla sua bellezza e dal suo mistero decide di portarla sulla spiaggia e farle un ritratto. Ma una luce sinistra nel suo sguardo lo turba. Cosa nasconde Marianne, questo si scoprirà dopo è il nome della donna, cosa nasconde il suo sguardo? Negli occhi di Marianne, tradotto da Elena Cappellini, si va ad aggiungere ai piccoli capolavori noir di Frederic Dard che Nero Rizzoli ospita nella collana dove già sono presenti Gli scellerati, Il montacarichi, I bastardi vanno all’inferno e Prato all’inglese. Letto in treno, nel breve viaggio tra Torino e Milano, Negli occhi di Marianne racchiude un mistero, un mistero terribile, che il protagonista svelerà a poco a poco lasciandosi coinvolgere in un amore pericoloso e oscuro come tutti gli amori. Conosciamo davvero chi crediamo di amare? Questa domanda ci accompagnerà per tutto lo svolgersi degli eventi fino al tragico finale. Fulminante, ipnotico, essenziale, come tutti i noir di Dard ci porta in terre sconosciute che forse non vorremo esplorare. Il mistero dell’animo umano è ciò che affascina e respinge e in un susseguirsi di eventi e colpi di scena il lettore attraversa una vasta gamma di sensazioni dalla curiosità, alla sopresa, all’orrore, perchè è in realtà una piccola storia di orrore come se ne vivono in provincia, a voi la scelta se leggerlo o meno, ma se amate Dard direi che è il caso che non ve lo lasciate sfuggire. Alla prossima.

Frederic Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi negli anni Quaranta. Il grande successo sarebbe arrivato però più tardi, con lo pseudonimo San-Antonio. È in atto una riscoperta internazionale della sua opera, vastissima, inaugurata in Italia da Rizzoli con Gli scellerati (2018), Il montacarichi (20219), I bastardi vanno all’inferno (2021) e Prato all’inglese (2022).

Elena Cappellini, dopo la laurea in Lettere moderne presso l’Università di Bologna, ha studiato a Siena, dove ha conseguito il dottorato in Letteratura comparata e Traduzione del testo letterario. Ha partecipato a convegni e pubblicato saggi su Michel Tournier, sul fantastico, sull’immaginario radiofonico, fotografico e radiologico. Dal 2002, a Cremona, è stata curatrice del festival Pensare la differenza, percorsi, incontri e spettacoli sulla cultura di genere.

Source: libro inviato al recensore dall’ editore. Ringraziamo Giulia e Chiara dell’ Ufficio stampa Rizzoli.

:: Prato all’inglese di Frédéric Dard (Rizzoli, 2022) a cura di Giulietta Iannone

23 ottobre 2022

Jean-Marie Valaise, giovane e romantico agente di commercio parigino, e Marjorie Faulks, inglesina dalla bellezza discreta, tutta efelidi, imprigionata in un matrimonio infelice, sono i protagonisti di questo noir scritto da Frédéric Dard agli inizi degli anni ’60, dal titolo Prato all’inglese (La Pelouse, 1962). Rizzoli prosegue nella meritoria riscoperta di Dard (dai più conosciuto come il padre del commissario Sanantonio), dopo aver pubblicato Gli scellerati, Il montacarichi, I bastardi vanno all’inferno. Jean-Marie e Marjorie in vacanza a Juan-les-Pins senza i rispettivi compagni, (Denise la compagna di lui arriverà in Costa Azzurra solo dopo quasi a sorpresa, mentre il marito di lei è restato in Inghilterra), si incontrano abbastanza fortuitamente e si innamorano. Perlomeno lui si innamora mentre lei apparentemente gravata da una grande infelicità gli dà corda e inizia un complicato gioco del gatto col topo che farà sì che Jean-Marie pianti in asso la compagna (a cui è legato da una relazione tira e molla) e raggiunga Marjorie in Scozia. Dal sole, la leggerezza e la spensieratezza della Costa Azzurra passiamo alle brumose e fredde atmosfere di Edimburgo e anche la storia cambia di tono e registro, e dalla spensierata avventura sentimentale passiamo al dramma più cupo. Sarebbe un peccato spiegarvi altro della trama, ma vi basti sapere che verte tutto sui meccanismi del delitto perfetto, che naturalmente non esiste, e a volte viene sventato, se non dagli errori dell’assassino, dal caso e dall’intuito dei buoni investigatori. Storia forse in tono minore, si regge essenzialmente sui dialoghi e sulla caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti. Dard è un maestro indiscusso nell’arte di depistare il lettore, e affascinarlo e intrigarlo in storie solo apparentemente semplici e lineari. Le dark lady di Dard appaiono tutt’altro che tali, e riescono a far “innamorare” davvero le loro vittime, portandole all’estreme conseguenze. Jean-Marie Valaise come vittima poi è piuttosto consenziente, e tra pollo tra i polli capisce quasi subito (perlomeno dal suo arrivo a Edimburgo) di essere finito in un grosso guaio ma continua il suo gioco (e con lui il lettore) per capire dove si andrà a parare. Marjorie Faulks ha il fascino discreto delle ragazze tranquille non eccessivamente appariscenti, ma dotate di quel magnetismo capace di far abbassare la guardia e non far riflettere troppo sui suoi strani comportamenti, innescando in Jean-Marie la sindrome del crocerossino che vuole salvarla a tutti i costi. Una provvidenziale lettera spariglierà le carte, ma ora ho davvero detto troppo, buona lettura… Traduzione di Elena Cappellini.

Frederic Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi negli anni Quaranta. Il grande successo sarebbe arrivato però più tardi, con lo pseudonimo San-Antonio. È in atto una riscoperta internazionale della sua opera, vastissima, inaugurata in Italia da Rizzoli con Gli scellerati (2018), Il montacarichi (20219), I bastardi vanno all’inferno (2021) e Prato all’inglese (2022).

Elena Cappellini, dopo la laurea in Lettere moderne presso l’Università di Bologna, ha studiato a Siena, dove ha conseguito il dottorato in Letteratura comparata e Traduzione del testo letterario. Ha partecipato a convegni e pubblicato saggi su Michel Tournier, sul fantastico, sull’immaginario radiofonico, fotografico e radiologico. Dal 2002, a Cremona, è stata curatrice del festival Pensare la differenza, percorsi, incontri e spettacoli sulla cultura di genere.

Source: libro inviato al recensore dall’ editore. Ringraziamo Giulia e Chiara dell’ Ufficio stampa Rizzoli.

:: I 100 anni di Frédéric Dard

29 giugno 2021

Il 29 luglio del 1921 nasceva a Bourgoin-Jallieu (Isère) Frédéric Dard, per i più il padre di Sanantonio, con cui firmava una delle serie di poliziesco umoristico (altamente politicamente scorrette) più amate in Francia, ma non solo. E Dard non scrisse solo Santantonio ma innumerevoli romanzi, dal noir alla spystory, che lo fecero gareggiare per prolificità forse solo con Simenon, tra l’altro suo grande amico. In questi anni c’è una vivace riscoperta delle opere di Dard (soprattutto quelle slegate al ciclo sanatoniano) e il suo centesimo anniversario dalla nascita cade proprio in questo clima di revival. Anche in Italia Rizzoli ha ripreso da qualche anno a pubblicare i suoi romanzi (fino adesso Gli scellerati, Il Montacarichi, I bastardi vanno all’inferno, tutti recensiti su questo blog) e in Francia in questi giorni ci sono grandi celebrazioni. Per quanto accostato a Simenon, Dard resta un autore originale e particolare con stile e tematiche sue proprie. È difficile stabilire il numero esatto dei romanzi che ha scritto, perché dispersi in tanti pseudonimi diversi di cui forse anche lui si era dimenticato l’esistenza, non è avventato pensare che nei prossimi anni si possano riscoprire anche sue opere perdute. Dard scriveva narrativa popolare, ma questo non l’ha mai fermato dallo sperimentare e dall’inventarsi una lingua (come fece brillantemente con Sanantonio). Insomma piaceva sia al lettore colto e sofisticato che al lettore con meno pretese, perché sapeva stupire, divertire e incantare con la sua bravura. Resta un autore interessante e capace di attraversare le generazioni senza perdere né in smalto né in modernità. Buon compleanno Dard!

:: I bastardi vanno all’inferno di Frédéric Dard (Rizzoli 2021) a cura di Giulietta Iannone

10 giugno 2021

Teso e violento Les salauds vont en enfer è un dramma poliziesco criminale di Frederic Dard, in parte di ambiente carcerario, nato come piece teatrale e poi passato sul grande schermo, grazie a Robert Hossein come regista, nel 1955. Solo dopo Dard decise di pubblicare con lo stesso titolo anche il romanzo, percorso anomalo sicuramente determinato dal grande successo sia teatrale (fu portato in scena a Parigi e all’estero per più di 500 volte) che dopo cinematografico. Nella sua meritoria impresa di portare in Italia le opere di Dard, Rizzoli nella collana Nero Rizzoli, ce lo presenta nell’edizione tradotta da Elena Cappellini. Dopo Gli Scellerati e Il Montacarichi, ecco dunque I bastardi vanno all’inferno (Les salauds vont en enfer, 1956). Una storia nerissima che ha per protagonista una coppia anomala di personaggi: una spia e un poliziotto sotto copertura, e per tutto il romanzo non sapremo chi dei due tra Hal e Frank sia l’uno o l’altro, lo sapremo solo alla fine, prima del tragico, inevitabile, finale. Tutto è giocato sul filo dell’ambiguità, davvero è impossibile distinguere il poliziotto dal criminale, e questa in fin dei conti è la morale del libro, non esistono i bastardi, ma tutti si trovano a recitare un ruolo restando fondamentalmente uomini con pregi e difetti. Il linguaggio è secco, tagliente, lo scambio di battute tra i protagonisti è ambiguo e realistico, insomma è una storia scritta e ambientata negli anni ’50 ma conserva un’impronta di vita vera, e vissuta. E cosa sorprendente non è la violenza o l’atto criminoso in sé la cifra distintiva del romanzo ma l’amicizia che inaspettatamente nasce tra i due personaggi, e che Dard approfondisce con grande acume psicologico e spessore morale. Dunque siamo nel Midi de la France, negli anni ‘50, in un carcere in cui le condizioni di vita dei prigionieri non sono tanto diverse da quelle del secolo precedente: guardie carcerarie sadiche e violente, periodi di isolamento in segrete infestate dai topi, esecuzioni tramite la ghigliottina, negli anni ‘50 in Francia la pena di morte veniva somministrata con queste modalità. Hal e Frank si trovano reclusi nella stessa cella, assieme ad un altro prigioniero sordomuto che ha ucciso la moglie. Sin dall’inizio il rapporto tra i due e di diffidenza e di paura. Giungono persino alle mani, tanto da finire in isolamento. Poi una strana solidarietà e complicità si instaura tra i due personaggi tanto che decidono di evadere e fuggire insieme aiutandosi l’un l’altro. Il romanzo è breve non anticipo altro della trama, ma da questo momento in poi l’azione si fa convulsa e frenetica e entrerà in scena anche un altro personaggio, Dora, una donna bellissima dagli occhi viola che causerà una rottura degli equilibri e se vogliamo porterà la storia verso l’inevitabile epilogo. Dunque un noir, forse tra i più famosi di Dard che se vogliamo analizza e approfondisce le dinamiche dell’animo umano di personaggi che non hanno nulla da perdere e lottano per la propria sopravvivenza pur conservando un barlume di umanità che li rende essere umani prima che poliziotti o criminali. Il personaggio di Dora, poi la classica dark lady, creerà quella tensione sessuale priva di sentimentalismo capace di accrescere le ombre di una storia già tragica e violenta di suo. Per chi ama Dard e i noir anni ’50.

Frederic Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi negli anni Quaranta. Il grande successo sarebbe arrivato però più tardi, con lo pseudonimo San-Antonio. È in atto una riscoperta internazionale della sua opera, vastissima, inaugurata in Italia da Rizzoli con Gli scellerati (2018), Il montacarichi (20219) e I bastardi vanno all’inferno (2021).

Elena Cappellini, dopo la laurea in Lettere moderne presso l’Università di Bologna, ha studiato a Siena, dove ha conseguito il dottorato in Letteratura comparata e Traduzione del testo letterario. Ha partecipato a convegni e pubblicato saggi su Michel Tournier, sul fantastico, sull’immaginario radiofonico, fotografico e radiologico. Dal 2002, a Cremona, è stata curatrice del festival Pensare la differenza, percorsi, incontri e spettacoli sulla cultura di genere.

Source: libro inviato al recensore dall’ editore. Ringraziamo Giulia e Claudia dell’ Ufficio stampa Rizzoli.

:: Il Montacarichi di Frederic Dard (Rizzoli, 2019) a cura di Giulietta Iannone

13 giugno 2019

Il Montacarichi

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Parigi, inizio anni’60, vigilia di Natale.
Albert Herbin, scontati gli anni di carcere per aver ucciso la sua amante, moglie del suo principale, torna nel suo vecchio quartiere, a Levellois, al confine con il XVII arrondissement di Parigi, nella casa di sua madre, nel frattempo morta (di dispiacere?)
I ricordi dell’infanzia lo assalgono, assieme alla solitudine e al rimpianto per tutto quello che non è stato. Non sopportando più quel claustrofobico e ristretto ambiente, esce per le strade addobbate di lucine e festoni e piena di gente che si affolla per i preparativi del pranzo della vigilia.
Vaga senza meta nel tentativo di sfuggire all’angoscia. Compra in una piccola cartoleria – libreria- emporio una gabbietta di cartone argentato spolverata di quarzo con all’interno un uccellino esotico di velluto blu e giallo che si dondolava sul trespolo dorato (che ritornerà nel romanzo, tenetevelo a mente).

Sembrava di essere in una grotta fatata piena di tesori inestimabili. Le decorazioni per l’albero di Natale riempivano gli scaffali: uccellini di vetro, Babbi Natale di carta, cestini di frutta di ovatta colorata e tutte quelle palline fragili come bolle di sapone che trasformano un semplice abete in una favola.

Entra in un bar tabacchi per bere un aperitivo. Cammina sotto la pioggia vischiosa. Poi il suo destino si compie: le terribili coincidenze del fato, che lo imprigionano più delle sbarre della prigione, si materializzano sul suo cammino. Entra verso le 8 in un grande ristorante del centro:

Era una trattoria tradizionale, con specchi, perlinato, portatovaglioli, lunghe panche sormontate da piante rampicanti, buffet e camerieri in pantaloni neri e giacca bianca. I vetri erano muniti di tendine, e d’estate le piante verdi venivano spostate sul marciapiedi. Era il tipico ristorante rinomato di provincia. E rinomato doveva esserlo. Quando da bambino storcevo il naso davanti ai suoi piatti, mia madre sospirava: «Vai a mangiare da Chiclet!»

Un miraggio di felicità borghese, in cui anche sua madre fantasticava di entrare ma avevano solo e sempre visto da fuori.
Ed è lì che la vede in compagnia di una bambina: lei, a cui basta un sorriso, uno sguardo per farlo innamorare. Lei così simile ad Anna, la donna che ha ucciso tanti anni prima. La donna di cui scoprirà il nome solo all’ultima pagina.

Era strano vedere una madre e una figlia al ristorante la vigilia di Natale. Quell’immagine mi strinse il cuore. In fondo, la loro solitudine a due era più tragica della mia, che tutto sommato era una solitudine vera, gestibile.

E mentre lui si innamora, lei tesse la sua tela, come una temibile vedova nera, di seduzione e ritrosia. Escono dal ristornate, si rincontrano davanti a un cinema, e il caso, sempre lui che gioca un ruolo temibile in questa storia, li fa sedere vicini. Da lì attrazione, complicità, mani sfiorate ed è fatta. Potrebbe essere l’incontro di due solitudini ma è ben altro. Albert le accompagna a case, sale sul montacarichi, che funge d’ascensore, (sarà il montacarichi perno di tutta la storia e del diabolico piano intessuto dalla donna) e a questo punto il destino di Albert è segnato. Come quello di tutti i personaggi.
Ingegnoso, malinconico, crudele, bizzarro, tipicamente francese, Il Montacarichi (Le montecharge, Trad. Elena Cappellini) è un breve romanzo noir pubblicato in Francia nel 1961 da quel genio eclettico che fu Frederic Dard, di cui Rizzoli sta riscoprendo la principale produzione che esula dalle inchieste del commissario Sanantonio (San-Antonio nell’originale francese), serie umoristico-poliziesca che ne decretò il successo ben oltre i confini d’oltralpe.
Come già ebbi a dire recensendo Gli scellerati, Il Montacarichi, ventitreesimo romanzo pubblicato da Dard con Fleuve Noir, fa parte dei cosiddetti romans de la nuit dell’autore, una sorta di catalogazione comparabile ai romans durs di Simenon ma questo parallelismo di ferma ai termini di catalogazione, perché Dard senza volerlo contrapporre al genio di Simenon in sterili diritti di precedenza, ha caratteristiche sue proprie se non antitetiche, perlomeno discordanti.
Insomma Dard non è la brutta copia di Simenon, è altro. È un autore in cui l’ironia e il paradosso sono capaci di emergere nelle pieghe più amare della vita, dalla solitudine, al rimpianto, dall’amore impossibile, alla beffa più amara e tragica.
Questo breve romanzo, come molti dei romanzi di Dard, fu adattato per il cinema, questo  da Marcel Bluwal,  il padre del televisivo Vidocq, nel 1962, con Léa Massari nel ruolo di Marthe Dravet, Robert Hossein in quello di Albert Herbin, Maurice Biraud in quello di Ferrie, e Robert Dalban in quello dell’ispettore.
Antieroi di questo piccolo capolavoro del noir dunque sono due assassini che si incontrano e subito non si riconoscono. E questo fraintendimento condanna entrambi a commettere errori, a giocare male le loro carte, anche se l’ago della bilancia propenderà verso uno dei due. Albert Herbin paga per il suo delitto, con anni di carcere a Marsiglia, Marthe non lo sapremo mai.
Folgorante l’attimo in cui Albert scorge due gocce di sangue sulla manica della signora Dravet, basta quello per rivelare tutto al lettore, anche se non c’è ancora un corpo, non c’è ancora un movente, non c’è ancora un crimine manifesto.
Ma esiste il delitto perfetto? No, sembra dirci l’autore, anche il piano più perfetto, più machiavellicamente congegnato ha le sue crepe, le sue discordanze, e Marthe Dravet, femme fatale che se vogliamo cade sempre in piedi, difficilmente avrà quel rigurgito di coscienza che Albert vorrebbe, ma noi lasciamoglielo sperare. Lasciamogli questa ultima illusione.

Frédéric Dard (1921-2000) ha iniziato a pubblicare romanzi negli anni Quaranta. Il grande successo sarebbe arrivato però più tardi, con la creazione dello pseudonimo di San Antonio. È in atto una riscoperta internazionale della sua opera, che conta quattrocento titoli. Nel 2018 è uscito per Rizzoli Gli scellerati.

Source: libro inviato dall’ editore. Ringraziamo Giulia e Claudia dell’ Ufficio stampa Rizzoli.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Gli scellerati di Frédéric Dard (Rizzoli, 2018) a cura di Giulietta Iannone

10 settembre 2018

DardLouise Lacroix è la voce narrante di Gli scellerati (Les Scélérats, 1959) piccolo gioiellino noir scovato da Rizzoli dal vastissimo repertorio di Frédéric Dard (1921-2000) e tradotto dal francese, senza sbavature, da Elena Cappellini.
Ancora inedito in Italia, da noi fino a ieri per molti Frédéric Dard sembrava essere unicamente l’autore delle inchieste del commissario Sanantonio, serie poliziesco-umoristica di indiscutibile successo certo, ma Frédéric Dard insomma scrisse anche altro e di notevole valore. Sia con il suo nome, sia usando svariati pseudonimi. Di qui la difficoltà di catalogare la sua intera produzione che si aggira sulle 400 opere.
Gli scellerati uscì nel 1959 per Fleuve noir con il suo vero nome, e fa parte dei cosiddetti romans de la nuit dell’autore, una sorta di catalogazione comparabile ai romans durs di Simenon di cui fu amico e confidente, oltre al fatto che vi fu spesso accostato per tematiche e prolificità.
Gli scellerati in Francia ebbe una buona accoglienza e fu portato anche sullo schermo nel 1960 da Robert Hossein, con il quale Dard aveva iniziato una proficua collaborazione teatrale. Star della pellicola oltre a Robert Hossein, che era sia regista che protagonista principale, troviamo anche l’allora quarantenne Michèle Morgan, bionda e algida, una Thelma un po’ troppo eterea e cerebrale, se vogliamo, rispetto al personaggio del libro. Molte licenze furono prese infatti ma insomma la storia si riduce a un nucleo narrativo molto semplice, quasi prosaico, che sarebbe bastato un attimo per fare cadere nella pochezza più trita: un banale ménage à trois tra una ricca coppia borghese di americani espatriati in Francia e la loro giovanissima e proletaria cameriera francese.
Dard non calca tanto sulle differenze sociali, seppure le annota, ma fa qualcos’altro, trasforma la storia in una lunga opera di seduzione esercitata da Louise verso il lettore, facendo di tutto per trascinarlo dalla sua parte, per poi finirlo con il colpo di grazia conclusivo delle ultime tre righe del romanzo.
Louise Lacroix infatti racconta la sua storia dal principio, la sua squallida vita di operaia imprigionata in una squallida e moralmente corrotta famiglia e in un’ ancora più squallida periferia parigina, tra ciminiere di fabbriche che impestano l’aria con i loro gas venefici e le coltivazioni di cavolo che sembrano il simbolo stesso della povertà, della degradazione, della miseria.
Ma la pena che Louise vuole farci rientra nel suo gioco, che conduce su piani paralleli sia col lettore che con la coppia di (ingenui?) americani, Jess e Thelma Rooland. Se sua madre è un’ avida disperata, (il suo unico lusso è concedersi un caffè di qualità) la figlia è troppo intelligente per svelare subito le sue carte e quando lo farà, il lettore ormai sarà troppo invischiato nella sua tela di ragno per non perdonarla. Opera di disvelamenti dunque, in cui la voce narrante non è quella di un narratore del tutto affidabile, anzi tutto il contrario.
Ma andiamo con ordine.
Louise Lacroix ha diciassette anni, è mora, carina e vive a Leopoldville (della cui amenità vi ho già accennato), sobborgo industriale di Parigi in un punto imprecisato degli anni Cinquanta.
Abita in una villetta in affitto scalcinata e tetra, in cui si respira odore di chiuso come Dard annota nella dedica a inizio libro, con la madre sfregiata dal labbro leporino e il patrigno Arthur, comunista (a dire il vero il suo unico rigurgito di coscienza sociale è leggere l’ Humanité, definire con disprezzo gli americani yankees e distribuire volantini), infelice, alcolizzato, sempre incollato alla tv, violento (perlomeno a parole), ridicolo, un altro tassello nello squallore dello sfondo.
Lavora come operaia in una fabbrica di sedili per automobili, disdegna gli approcci rozzi e grossolani dei suoi coetanei e sogna una via di fuga da quel mondo che non ama e non accetta.
Quando devia la strada per tornare a casa dalla fabbrica e passando per il centro sempre grigio ma ricco di Leopoldville scopre la villetta dei Rooland, un’isola di luce e meraviglia sul grigiore della sua vita, scatta nella sua mente un piano, ma è troppo scaltra per esporlo apertamente al lettore, anzi giocando come il gatto col topo inizierà a parlare di sogni, aspettative, felicità, amore, quando pur lasciandolo sullo sfondo evidenzia che ciò che l’ ha colpita è la casa di pietra a due piani, l’auto di lusso sul vialetto, i vestiti eleganti dei proprietari, i dischi di jazz o Elvis Presley, il loro modo di vivere così poco francese, e la prospettiva di andare in America, sorta di mitica terra promessa, lontano dalla povertà e dal degrado in cui è nata e vissuta.
Louise è una manipolatrice, ma terribilmente ingenua tuttavia, una vipera, come grida in un momento di rivelazione Jess verso la fine, forse l’unica vera scellerata della storia. E nonostante questo noi parteggiamo per lei, e per il suo sogno di riscatto sociale e perchè no d’amore. E quando tutto le si sgretola tra le dita, perché alla fine Leopoldville è più forte, e non ha nessuna intenzione di allentare i suoi artigli su di lei, prendiamo coscienza con tristezza del suo penoso destino, e della condanna che dovrà scontare.
E allora sì, forse è la follia la sua vera condanna e sentire il fantasma di Jess e Thelma ridere di lei dondolandosi pigramente sul dondolo con i cuscini blu in giardino. Che siano loro due i veri scellerati (dopo tutto Dard usa il plurale nel titolo) della storia, e Louise, solo la loro vittima?
Ai lettori il difficile rompicapo.

Frédéric Dard (1921-2000) ha iniziato prestissimo a pubblicare i suoi libri, negli anni Quaranta. Il grande successo sarebbe arrivato però più tardi, con la creazione dello pseudonimo di San Antonio. La sua bibliografia conta quattrocento titoli.

Elena Cappellini, dopo la laurea in Lettere moderne presso l’Università di Bologna, ha studiato a Siena, dove ha conseguito il dottorato in Letteratura comparata e Traduzione del testo letterario. Ha partecipato a convegni e pubblicato saggi su Michel Tournier, sul fantastico, sull’immaginario radiofonico, fotografico e radiologico. Dal 2002, a Cremona, è stata curatrice del festival Pensare la differenza, percorsi, incontri e spettacoli sulla cultura di genere.

Source: libro inviato dall’ editore. Ringraziamo Giulia e Claudia dell’ Ufficio stampa Rizzoli.