Posts Tagged ‘Frassinelli’

:: Il principe della città sommersa di Denis Thériault (Frassinelli 2018) a cura di Marcello Caccialanza

5 aprile 2018
Il principe della città sommersa

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Denis Thériault è il fortunato autore del romanzo Il principe della città sommersa, edito dalla Casa Editrice Frassinelli.
La toccante vicenda ha il suo naturale snodo nelle fredde ed inospitali terre del Golfo di San Lorenzo in Canada.
Protagonisti indiscussi di questa tenera storia sono due ragazzi messi a dura prova dagli eventi stessi di una vita crudele e perfida matrigna.
L’uno è rimasto orfano di entrambi i genitori; mentre l’altro ha vissuto praticamente da emarginato, perennemente in fuga dalla crudeltà e dalle brutture subite in casa e perfino nell’ambiente scolastico.
Ma un inaspettato raggio di sole tocca in modo assai benefico queste due anime smarrite che per volere di un caso a loro finalmente favorevole si incontreranno lungo la strada, creando in questo modo una sorta di amicizia salvifica per entrambi. Assieme troveranno la forza di vivere!

Denis Thériault è nato in Canada (Québec), dove vive ancora oggi, nel 1959.
Storia di un postino solitario è il suo secondo romanzo, e il primo pubblicato in Italia. Nel 2018 ha pubblicato in Italia Il principe della città sommersa.

Source: libro del recensore.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Grace Kelly – La principessa americana di Robert Lacey (Frassinelli 2014) a cura di Marcello Caccialanza

17 novembre 2017

Grace Kelly LaceyUna biografia illuminata di un personaggio molto amato ed imitato, scritta con grande onestà intellettuale e dovizia di particolari, dallo scrittore Robert Lacey, autore di best-seller biografici di grande impatto, tra quali ricordiamo quelli dedicati alla famiglia Ford e alla Casa reale Inglese.
Un libro, questo, che ha il grande merito di sfatare una volta per tutte la melensa favola di una Grace serena e felice nelle sue mansioni di madre, di moglie e di regnante. Insomma il ritratto sbiadito di una donna falsamente in pace con sé stessa e con il mondo circostante!
Grace Kelly in una sua intervista – come puntualizza lo stesso Lacey – aveva candidamente ammesso di quanto le piacesse fingere nella vita. Partendo da questo presupposto si avvince di come lo scrittore abbia deciso di presentarci una figura dalla malinconica complessità, non un’entità; ma un garbato camaleonte in grado di indossare mille maschere e più, a seconda del momento e dell’opportunità.
Chi era dunque Grace? La figlia sottomessa di Jack Kelly, l’eroe sportivo e vanesio di Filadelfia; oppure l’attrice giovane e bella che si era imposta più per il suo temperamento che per il suo talento? Era l’incarnazione rassicurante della bellezza americana anni 50; o la cacciatrice di uomini?
Robert Lacey tenta quindi, dopo due anni di intense ricerche e di numerose interviste ad amici e colleghi della diva, di presentare all’opinione pubblica un’immagine della Kelly il più possibile rispondente alla verità.
La sua sapiente penna tratteggia dunque una donna che aveva avuto il coraggio di assecondare i suoi sogni; o per lo meno di fingere di averli realizzati, nel momento in cui questi avevano così lasciato il posto alla più cruda realtà.
Dietro il sorriso della bionda Grace, che aveva fatto girare la testa seducendo generazioni intere di fan in delirio, si nascondevano insospettabili ombre, ferite e vite segrete.
Vite segrete che la facevano dolcemente scivolare in quelle centinaia di ruoli sfatti, che lentamente la vedevano sempre più precipitare in una pericolosa incomunicabilità con se stessa.
Fu madre affettuosa che troppo aveva concesso ai propri figli; ma anche moglie prigioniera di un matrimonio infelice. Incarnò la diva dal fascino glaciale, capace, grazie ai suoi capricci, di tenere in ostaggio i più grandi produttori di Hollywood. Si vestì anche con la pelle dell’eterna bambina incapace di difendere i propri amori (come Clarke Gable o William Holden) d’innanzi ai fastidiosi veti degli ingombranti genitori.
L’unica persona, che aveva saputo veramente leggere dietro le innumerevoli maschere di Grace, fu il suo amato mentore, nonché maestro, l’onnipresente Alfred Hitchcock che in più di un’occasione l’aveva definita “ vulcano dalla cima innevata.”
Vale la pena di leggere questa biografia di Lacey, perché nell’ultima parte l’autore inserisce anche un’assai minuziosa ricostruzione dell’incidente automobilistico che, negli anni ottanta, aveva fatto in modo di chiudere per sempre il sipario sulla Ragazza di Filadelfia.

Robert Lacey, inglese di origine ma residente in Florida, ha studiato al Selwyn College di Cambridge prima di diventare uno storico specialista in best seller biografici. Si è dedicato, fra l’altro, alla vita del magnate dell’industria automobilistica Henry Ford e alla storia della famiglia reale britannica.

Source:  libro del recensore.

:: L’irrisolvibile incompiutezza dei tempi moderni nel romanzo Non respirare di Elisabetta Pastore (Frassinelli 2016) a cura di Floriana Ciccaglioni

26 ottobre 2017

Pastore_Non-respirareNel romanzo d’esordio Non respirare, edito da Frassinelli nel 2016, segnalato dal Premio Calvino nel 2014, Elisabetta Pastore cela dietro la triste vicenda di Veronica, una trentenne spezzata a metà tra la vita diurna -durante la quale veste i panni di avvocato in un notissimo studio legale della Capitale- e quella notturna -durante la quale si spoglia per vestire i panni di Jasmine, centralinista in un call-center a luci rosse- la narrazione della tristezza del quotidiano, così tragico nella sua banalità, così vuoto nella pienezza dei suoi ritmi, così intenso nell’assenza dei sentimenti. Un quotidiano che si impone come assoluto protagonista della scena, limitando i personaggi a divenire mezzi attraverso i quali esso si manifesta. La protagonista, unica voce narrante, si adagia a vivere un susseguirsi di giorni privi di alcuna evoluzione, uno immagine dell’altro. L’autrice rifiuta uno sviluppo nel racconto, lo rigetta parola dopo parola, così come fa la sua protagonista con il cibo. Ogni qual volta che potrebbe liberarsi di una situazione scomoda e umiliante, Veronica vomita per reimmergersi nell’istante dopo all’interno dell’incompiutezza dell’azione stessa. Finanche nel finale, quando sembra che la donna abbia deciso di lasciare la tragicità degli eventi alle proprie spalle insieme a tutti quegli uomini che l’hanno stuprata nel corpo e nella mente, proprio quando potrebbe vendicarsi di loro sferrando l’ultimo colpo punitore, lei rinuncia, abbandonando ogni cosa sospesa nella routine giornaliera, fuggendo da una Roma squallida e indifferente in cui si è trasferita per tornare nel profondo Sud d’Italia nel quale l’attendono le braccia della madre. Pastore si serve di un linguaggio tanto più violento quanto più piegato a descrivere situazioni di stallo, destinate a non mutare mai, a restare appiattite tra lo scorrere delle ore. La resa stilistica altro non è che la resa della banalità del quotidiano, sebbene carico di violenza, concretamente portata sulla pagina da una scrittura semplice e colloquiale, ricca di espressioni gergali. È forse questo il messaggio che l’autrice vuole lasciare, l’irrisolvibile incompiutezza dei tempi moderni.

Elisabetta Pastore, pugliese, è nata nel 1980. Fa l’avvocato. Non respirare è il suo primo romanzo, segnalato dal Premio Calvino nel 2014.

Source: acquisto personale del recensore.

:: I venerdì da Enrico’s, Don Carpenter (Frassinelli, 2015) a cura di Giulietta Iannone

16 dicembre 2015
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Don Carpenter non ebbe in vita il successo che si sarebbe meritato, questo è un dato di fatto. Triste. Sì, molto triste se pensiamo che ancor oggi lo si cita  sempre partendo dalle cause della sua morte, cosa che non farò, perchè per me era e resta un autore starordinario che merita di essere ricordato più per i suoi romanzi, per i suoi racconti, per le sue sceneggiature (il suo incontro con Hollywood gli ha permesso di scrivere pagine  memorabili e inconsuete  sulla vita di scrittori, agenti, editori della Mecca del cinema, che già da sole meritano il prezzo del viaggio) che per il resto. Lasciò incompiuto un romanzo, Fridays at Enrico’s e solo grazie a Jonathan Lethem, che l’ha editato (sfoltendo qualche ripetizioni e giusto aggiungendo qualche pagina) e finito, è stato pubblicato nel 2014 da Counterpoint Press.  In italia è arrivato grazie a Frassinelli, nella traduzione lucida e asciutta di Stefano Bertolussi.  Mai una parola banale, mai un periodo privo di ripercussioni sul resto del testo e sull’animo del lettore, e molto è sicuramente merito di Lethem. Aveva un diamante ed è riuscito a tagliarlo alla perfezione. Quindi se di Carpenter non potremo leggere più nulla, di Lethem siamo ancora in tempo, e forse è questo il vero  splendido regalo postumo, che ci ha fatto generosamente Carpenter, oltre al suo libro. I venerdì da Enrico’s parla di scrittori, di libri, di carriere, di matrimoni, della scintillante stagione del Beat Generation vissuta a San Francisco ma non dalle star del movimento: Kerouac, Ginsberg, Corso, Ferlinghetti, Mailer.  No, i nostri eroi sono altri, scrittori che vedono il loro maggior momento di gloria vendendo un racconto a Playboy, scrittori che ci mettono anni a scrivere il Romanzo capace di vedere cambiare le sorti della letteratura, per poi non pubblicarlo mai, venendo in extremis rincorsi da Hollywood per progetti che mai si realizzeranno, scrittori dotati di talento non ostante si mantengano facendo i ladri d’appartamento, e la cui tappa obbligata sia il carcere, scrittori che riescono ad amare i propri cari solo scrivendone su libri che scalano le classifiche.  Scrittori che Carpenter ha conosciuto, o che gli permettono di parlare di sè. Di quanto scrivere a volte sia più una maledizione che un dono, perchè uno scrittore ha bisogno di spazio, di silenzio, di estraniarsi e non essere interrotto, e questo quasi mai si concilia con le dinamiche familiari. Non ostante le ombre però la comunità degli scrittori sembra davvero un mondo a parte e Carpenter ce lo fa sentire così vicino e luminoso, un mondo di persone eccezionali pur nelle loro debolezze e fragilità.  I venerdì da Enrico’s  è questo e molto altro: è la neve che cade in Oregon, è girare il mondo in barca a vela, è un’adolescente alta e bellissima che guarda i suoi genitori non più insieme, è un bar dove bere un Lemon Hart, è un appartamento arredato in modo monacale, è una piscina in cui nuotare e prendere il sole nudi sotto il sole di Hollywood.  E’ difficile non innamorarsi di Charlie e Jaime, non parteggiare Stan Winger, quando impara a memoria il suo primo romanzo nella sua cella di isolamento, non rattristarsi per Dick Dubonet quando il padre naturale viene a riprendersi il figlio e Linda McNeill lo abbandona.  Che dire I venerdì da Enrico’s è un libro scintillante come i festoni a Natale, che si rilegge anche volentieri quando già si sa che finirà da Enrico’s a bere e sbronzarsi in solitudine. Perchè si è soli, sembra dire Carpenter, nonostante i figli, le storie d’amore che sembrano mai finire anche quando sono finite, i personaggi immaginari dei propri libri. E nonostante  questa nota di tristezza non si riesce a non sorridere e a complimentarsi con il destino che ti ha fatto incontrare un libro simile.

Don Carpenter nacque a Berkeley, California, nel 1931. Durante la Guerra di Corea si arruolò in aviazione. Al ritorno in patria si stabilì a San Francisco. Autore di dieci romanzi e numerosi racconti, fu molto apprezzato dalla critica e dai colleghi scrittori ma non ottenne mai successo di pubblico. Tra gli anni Sessanta e Ottanta si guadagnò da vivere scrivendo per Hollywood. Segnato da gravi problemi di salute, morì suicida nel 1995. I venerdì da Enrico’s è il suo ultimo romanzo, incompiuto e inedito fino al 2014, quando Jonathan Lethem ha deciso di portarlo a termine e pubblicarlo. La critica lo definisce già un classico moderno. Come Stoner di John Edwards Williams.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Lucia dell’ Ufficio Stampa Frassinelli.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.