È possibile contribuire agli interventi di Caritas Italiana per l’emergenza, utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line, o bonifico bancario specificando nella causale “Emergenza Myanmar” tramite:
Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 24 C 05018 03200 00001 3331 111
Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT 66 W 03069 09606 100000012474
Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT 91 P 07601 03200 000000347013
UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063 119
“Caritas Italiana”, assicura don Marco Pagniello, “è in contatto con Caritas Internationalis e segue con attenzione gli sviluppi e l’evolvere dell’emergenza. Esprimiamo tutta la nostra vicinanza alla popolazione del Myanmar e alla Chiesa locale, così duramente colpite da questa nuova tragedia”.
In alternativa si può scegliere di aiutare durante questa emergenza anche con bonifico bancario, intestato a Associazione della Croce Rossa Italiana – ODV, IBAN: IT12T0623003204000030737371 usando la causale “Emergenza Terremoto Myanmar“.
Immagini flash con una valenza quasi cinematografica per questo romanzo diario di Alice Bellucci, benestante impiegata quarantacinquenne single, non per sua colpa viene coinvolta in un gravissimo incidente automobilistico. In una pausa emotiva dedicata a introspettivi pensieri non gioiosi, mentre oppressa dal caldo di fine giugno sta tornando dall’ufficio diretta a casa con la sua macchina, resta incollata per pigrizia dietro la maleodorante scia di un camioncino. Ma la puzza di gasolio le attanaglia la gola. Basta decide e via con il sorpasso. Ma sarà una mossa sbagliata, una decisione quasi fatale addirittura perché un attimo dopo sprofonderà nel caos. Un bolide a cento all’ora infatti, con al volante un pirata della strada, la scaraventerà in aria mandandola a spiaccicarsi contro la fiancata del camioncino puzzolente prima di dileguarsi nel nulla. E niente e nessuno, sia le meticolose ricerche battendo a tappeto tutti i carrozzieri della zona che le approfondite indagini condotte dalla polizia, approderanno mai a qualcosa. Chi l’ha quasi ammazzata e la sua macchinona sono spariti per sempre . Quello spaventoso incidente costringerà Alice a mesi di ospedale, per frattura a cranio, costole, gamba e a una lunga successiva riabilitazione, accompagnata dal fattivo aiuto degli psicoterapeuti. Regalandole poi però, quasi come una ciliegina sulla torta, anche un licenziamento concordato. Tutto da quel momento sarà diverso per lei: abitudini, mentalità e obbligate scelte di vita. Una vita che in qualche modo dovrà rimodellare completamente. Non riesce a ricordare nulla degli attimi prima e dopo il suo incidente. Niente, buio totale. Il coma indotto dai medici per favorire il recupero a una paziente con un grave trauma cerebrale e i successivi giorni su giorni di sfibrante dolore solo alleviato dai farmaci, la relegheranno in una specie di nuvola. Unica rassicurante certezza, la costante presenza di sorella e cognato al suo fianco sempre pronti ad accudirla e sostenerla anche economicamente e con munifica generosità. Ma non saranno solo loro perché potrà contare anche su Matias il nipote quasi diciottenne che sceglierà volentieri di istallarsi a casa della zia, per poter studiare più comodamente in città e frequentare gli amici. Tutta una famiglia quindi vicina, talvolta forse un tantino troppo avvolgente ma che, a conti fatti, diventerà per lei un essenziale punto di riferimento. Pilastro portante: Betty sua sorella che, pur non approvando spesso le sue scelte, l’ha sempre sostenuta anche in passato, persino cercando di farle trovare un compagno giusto, magari tra i single amici e colleghi del marito. La vita affettiva di Alice infatti è sempre stata costellata da relazioni spesso egoisticamente sbagliate, da scelte impulsive, da errori anche banali come intestardirsi a fare un lavoro poco esaltante. Senza mai riuscire a scegliere davvero qualcosa di diverso di quanto le capitava. Forse oggi l’essere diventata quasi una sopravvissuta la spingerà a cambiare?. E allora forza, via, si torna a casa, lasciando dietro di sé in quella camera di clinica persino il meraviglioso mazzo di rose mandato da una generosa mano anonima. Primi mesi di adattamento per Alice in cui proverà a ricostruire la sua vita. L’avvocato del cognato ha negoziato per lei una discreta liquidazione, ora deve solo riassestarsi e ripartire. Ma come e per dove? Intanto si sforza a riprendere le vecchie abitudini, leggere, rivedere le poche vecchie amiche e magari camminare un po’ per favorire il ricupero della gamba rattoppata. Un fortuito incontro al parco le farà conoscere Carlo, uomo affascinante e sfuggente, che entra nella sua vita e risveglia in lei strane emozioni e con il quale intraprenderà un’amicizia idealistica destinata tuttavia esaurirsi in fretta e a chiudersi , mentre, a casa di sorella e cognato, conoscerà Paride, perversamente imprigionato in una inquieta relazione con una donna sposata e forse in cerca di cambiamenti. Con lui, pur senza mirare un legame coinvolgente davvero, nascerà un rapporto sentimentale e di più forse ma poi qualcosa si romperà maldestramente tra loro … Ma come prevedere il futuro del destino? Insomma quali sorprese si preparano per Alice? L’autrice conduce la narrazione della trama, altalenandola con quella misteriosa di Carlo, cartina di tornasole di una personalità complessa, e stuzzica le attese del lettore con indicazioni che sollecitano dei dubbi. Paride, invece pare per Alice, una vera e preziosa amicizia, un personaggio, positivo che stimola maggiore ottimismo, regalandole il sogno di una possibilità anche nei momenti peggiori. Oltre la porta socchiusa è un romanzo che evidenzia la capacità di Lucia Guida di saper accompagnare chi legge la sua storia tutta da interpretare e scoprire, rivelandone i suoi segreti pian piano attraverso i diversi punti di vista e i caratteri dei suoi personaggi.. Un romanzo soprattutto sulla vita e sulla difficile ricerca della felicità, un viaggio che diventa quasi un risveglio introspettivo per Alice, una donna costretta a rimettere il suo vissuto di tanti anni in discussione. Arrivando a una rinascita intrigante e non scontata che le consentirà di scegliere liberandosi orgogliosamente da una quasi auto-prigione intellettuale.
Lucia Guida abita e lavora a Pescara come docente di lingua inglese. Ha partecipato ad antologie di prosa di AAVV per varie case editrici pubblicando per Nulla Die “Succo di melagrana, Storie e racconti di vita quotidiana al femminile” (2012), e nel 2013 il romanzo di narrativa “La casa dal pergolato di glicine”. Ha dato alle stampe per Amarganta “Romanzo Popolare” (2016), e la silloge di poesie “Interlinee” (2018). “Come gigli di mare tra la sabbia”, (2021) di Alcheringa Edizioni, è stato segnalato in premi nazionali e internazionali e vincitore del Marchio Microeditoria di Qualità 2023. “Oltre la porta socchiusa” per i tipi di Arkadia è il suo quarto romanzo e la sua sesta pubblicazione.
Amir Moghaddam, giovane afghano che svolge attività di volontariato presso un prestigioso asilo di Vienna, viene ucciso durante la festa di compleanno di un bambino. Sebbene il suo corpo sia stato rinvenuto sul roof garden della struttura, nessuno ha idea di come la vittima sia arrivata lì. Trattandosi di un “semplice” volontario, per di più straniero, i responsabili dell’asilo decidono di mandare via i bambini, prima di chiamare la polizia. Sul posto giunge la squadra guidata dall’ispettore capo Giorgos Hansmann, cui viene immediatamente spiegato che quello è un asilo parentale, gestito direttamente dai genitori. La struttura si trova all’interno dell’altolocato quartiere di Josefstadt. L’ispettore incontra un po’ alla volta i genitori, ognuno dei quali si occupa di qualcosa all’interno dell’asilo. Emergono da subito i contrasti, le incomprensioni e le meschinità che caratterizzano un luogo tutt’altro che perfetto. Nel frattempo, una foto del cadavere viene caricata su Facebook. Chi è stato e con quale scopo? Sono solo due dei tanti interrogativi che dovrà risolvere la squadra guidata da Hansmann.
L’intruso è un romanzo particolare, a cominciare dalla sua struttura narrativa. I capitoli, infatti, sono costituiti da paragrafi, più o meno lunghi, che raccontano gli avvenimenti dalla prospettiva dei vari personaggi. Non mancano i flashback e i post presi direttamente da Facebook e Instagram, a sottolineare la grande importanza che da anni rivestono i social network. Siamo di fronte a un giallo di natura “sociale” in cui la ricerca del colpevole passa quasi in secondo piano. Emergono varie tematiche, soprattutto l’accoglienza riservata agli stranieri. Si avverte, infatti, un razzismo, neppure troppo latente, da parte di alcuni genitori che esprimono il proprio dissenso nei confronti di Amir e dei rifugiati in genere. La patina di perbenismo che circonda l’asilo è destinata a sgretolarsi ben presto e le indagini s’indirizzano verso gli ambienti dell’estrema destra austriaca. Per quanto riguarda un giudizio globale sul romanzo, all’inizio il lettore potrebbe trovarsi spiazzato di fronte alla particolare struttura narrativa. Una volta entrati in sintonia con l’autrice e il suo modo di esporre gli avvenimenti, la lettura procede spedita verso un finale sorprendente che non può lasciare indifferenti.
Astrid Sodomka è nata nel 1982 a Vienna, dove tuttora vive. Ha studiato Arti Applicate e dal 2009 lavora come artista freelance: ha esposto le sue opere in più di trenta mostre. Inoltre tiene workshop di introduzione alle arti visive per bambini e insegna in un ginnasio viennese. Nel 2021 pubblica il suo primo romanzo, Josefstadt, di cui sta curando la trasposizione televisiva.
Seguito de “Gli ingranaggi dei ricordi”, nelle pagine di La bella virtù tornano i giovani Felice e Maria Ausilia e li conosceremo ancora meglio attraverso il periodo di guerra a Sanluri e quello subito successivo del loro lungo fidanzamento e infine del loro matrimonio a Sassari. Carla poi, forse la vera protagonista e sicuramente il pilastro di questo romanzo, la terzogenita di Felice Dubois e Maria Ausilia Zedda. Lei che vive a Pisa ed è l’unica persona rimasta vicina ai genitori ormai anziani rievoca con composta mestizia i particolari della penosa malattia paterna, un tumore aggressivo e la sua morte. Gaia, la sorella, sei anni più di lei, la secondogenita vive da tempo con marito e figli in Canada. Il fratello maggiore Piero, invece, amatissimo e viziato dalla madre, e spesso in rapporto conflittuale con il padre che lo considerava moco motivato e un debole, è scomparso giovanissimo in un incidente stradale quando frequentava ancora l’università. Attraverso lo sguardo affettuosamente obiettivo di Carla e la voce degli stessi genitori, nei capitoli in cui parlano in prima persona , chi legge avrà modo di conoscere più a fondo Felice e Maria Ausilia, due personalità forti e contrastanti, unite da un legame saldo e sincero nato negli anni dell’adolescenza, mentre l’Italia era in guerra. Un legame segnato con il tempo dalle differenze tra loro, pur uniti e vincolati in un matrimonio indissolubile. A suo modo un matrimonio buono e sereno, in cui per fortuna, pur con tempi e regole strettamente provinciali di quegli anni del dopo guerra, ha consentito a Maria Ausilia, per la sua determinata volontà di indipendenza, la piccola libertà concessale dall’insegnamento. Ma un matrimonio il loro sicuramente appesantito dalla austera severità morale di Felice. Uomo intelligente ma diventato quasi l’emblema della rigidezza, caratteristica costruita su un’infanzia sregolata e infelice, la morte della madre ha pesato molto su di lui, seguita da un’adolescenza caratterizzata da un eccessivo rigore e religiosità che ai nostri occhi appare apparentato al bigottismo. Un insieme di fattori che tuttavia indirizzandolo sulla strada dello studio allo spasimo per raggiungere l’obbiettivo prefissato dell’insegnamento, l’ha successivamente condotto a lasciare la natia Sardegna e a trasferirsi con tutta la famiglia nel continente ed accettare una, per lui, prestigiosa cattedra universitaria a Pisa. In La bella virtù esploriamo al loro fianco, da interessati testimoni, la nuova e articolata trama di ricordi costruita dalla Salabelle. Una trama in cui il passato si fa largo con prepotenza riuscendo spesso a trasformarsi nel vero palcoscenico della storia. Un romanzo collegato al precedente e come quello costruito su diversi piani temporali in cui il legame e filo conduttore con il presente saranno altre lunghe e articolate ricerche mirate alla tesi di laurea di Kevin il nipote , figlio di Carla l’ultima nata della famiglia negli anni 2019/20, avvolti e accompagnati dalla cupa atmosfera del Lockdown italiano per il Covid. Ricerche con le quali, Kevin riuscirà, tramite i social, a ricreare e ripescare lontani legami, complicate parentele e andare a frugare e trovare in carte e documenti che attraverso i meandri infiniti e le profondità dell’web si sovrappongono confusamente, ricordi e vite passate e presenti di famiglie a loro collegate. Con anche i Dubois, schiatta di mercanti e grandi viaggiatori dell’Alvernia, che offriranno sorprendenti verità. Kevin, figlio di Carla, studente universitario, dedicherà però soprattutto la propria tesi magistrale alle vicende della famiglia del nonno materno, ricostruendo i lontani e poi successivi intrecci tra casate più o meno nobili del sassarese, del napoletano e dell’avellinese e indagando sul legame di parentela tra il nonno Felice e il santo Giuseppe Moscati. In questa nuova puntata, affascinante e densa di profondità di una complessa saga famigliare, che si srotola velocemente come una proiezione cinematografica avanti e indietro nel tempo e si dipana nel periodo tra il dopoguerra e l’oggi, attraverso plurime voci narranti, conosceremo sempre più a fondo i personaggi della storia creata da Marisa Salabelle . La bella virtù spazia soprattutto dagli anni Cinquanta e Sessanta ma si dilata fino alla pandemia di Coronavirus, dando potente voce a quattro personaggi, colti nelle vita di tutti i giorni. Li enumeriamo di nuovo : Felice, un tempo giovane risoluto e poco espansivo oggi forse con il pensiero rivolto anche agli altri figli, uno morto e l’altra lontana, forse troppo lontana, Maria Ausilia, sua moglie, una ragazza e una donna sicura, che rispecchia il cambiamento di ruolo della donna nella società italiana negli anni, ragion per cui intellettualmente onesta è intimamente e talvolta apertamente critica nei confronti del marito, per il quale tuttavia prova una tenerezza quasi condiscendete. Mentre Carla l’ultimogenita , da sempre legatissima al padre, con il quale condivide il piacere della lettura e delle discussioni sui libri ne scusa e tollera gli ostinati difetti e i limiti. E ultimo ma non ultimo Kevin, figlio di Carla, nipote di Felice e Maria Ausilia, studente a Bologna, imprigionato dal Covid e, benché all’inizio restio, catapultato in una complessa ricerca genealogica sulla parentela del nonno con San Giuseppe Moscati, popolare medico napoletano, canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987. Una ricerca , che mischiata ai ricordi dei nonni e alle considerazioni di Carla, regala qualcosa in più al romanzo , facendolo diventare persino una specie di giallo/thriller familiare. Un ritratto intimo, ma al tempo stesso multiforme di una famiglia che si è aperta e continua ad aprirsi al mondo con generosità, messa a confronto con le eredità intellettuali del suo passato e con le tante sfide di un imprevedibile presente.
Marisa Salabelle è nata nel 1955 a Cagliari e ora vive a Pistoia, dove insegna in un Istituto Tecnico. Nel 2015 pubblica presso Piemme il suo romanzo d’esordio, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu. A cui fanno seguito L’ultimo dei Santi e Gli ingranaggi dei ricordi.
“Cara Margherita, permettimi, ti prego, di darti del tu. Non riuscirei a cominciare, altrimenti. Sono passati tanti anni prima che avessi il coraggio di parlarne. Dimenticare, certo, sarebbe stato più facile. Fingere che fosse mio dalla nascita. E basta. Bastava non riflettersi mai completamente. Bastava tenere alto lo sguardo e non toccarsi il solco sul petto: il suo nome scritto in quarantuno punti precisi. Se mi avessero dato i suoi occhi, avrei potuto scordarmene otto o nove ore a notte, sognando. Forse, con i suoi occhi, avrei trovato subito una ragione, una spinta esteriore per andare verso la bellezza: sapere di aver ricevuto un dono grande, ma non totale […]”.
Di carne e parole è una raccolta di racconti brevi che si intrufolano nelle parole delle donne e nelle pieghe più private di molteplici vite. Dall’aborto, alla donazione degli organi. Dalla sordità, al sentimento di impermanenza racchiuso in certi viaggi. Dal radicamento in una casa straniera, al non riconoscersi nei canoni di bellezza imposti dalla società dei consumi. Dall’affrontare il confronto con un figlio deviato, al restare senza fissa dimora, fino al sentimento di alienazione dell’incomunicabilità. Le eroine di questi racconti sono donne qualunque che esistono attraverso quello che dicono (o non dicono), quello che viene detto al posto loro, quello che viene supposto. Ma soprattutto: quello che vorrebbero davvero dire, mentre si portano dietro – giorno dopo giorno – il peso dei sensi, come zaini saldati ai corpi. Corpi normali, unici e sensibili, alla ricerca del loro equilibrio per stare al mondo.
Roberta Russo Vizzino è attrice, modella d’arte e scrittrice. Dopo un’esperienza di vita in Lettonia durata due anni, si è trasferita a Roma dove abita tuttora. Frequenta la facoltà di Discipline, arti e scienze dello spettacolo presso l’Università “La Sapienza”.
Nel 2023 ha pubblicato la sua prima raccolta “Io sono onda di mare”. Nel 2024, il suo racconto “Le chiavi di casa”viene pubblicato nell’antologia “Lingua Madre Duemilaventiquattro, storie di donne non più straniere in Italia” con la casa editrice SEB27. Nel 2025, con la casa editrice Dialoghi, pubblica “Di carne e parole”. Collabora con la rivista online Vitamine vaganti.
Questo volume occupa un posto notevole nella classifica dei libri dell’anno da leggere, meditare, riprendere a distanza di tempo; consultandolo a caso si trovano miniere di scoperte conoscitive: su noi stessi, sulle nostre anime, sulla vita che faremo quando non ci saremo più.
E’ composto di varie voci sante. Brani tratti dalle opere di Santi e Sante che hanno vissuto in Terra le pene del Purgatorio, in espiazione dei peccati loro e altrui. Riportiamo pagine ricche di nozioni per chi é digiuno in materia.
Suor Maria Della Croce (1840-1917) nel suo Manoscritto del Purgatorio (1874-1890) parla di vari gradi del Purgatorio: nel secondo si trovano le anime di coloro che muoiono colpevoli di peccati veniali non espiati prima della morte, ovvero di peccati mortali rimessi, ma di cui non hanno pienamente soddisfatto la giustizia divina. Vi sono anche in detto Purgatorio diversi gradi secondo i meriti delle persone. Così il Purgatorio delle persone consacrate o che hanno ricevuto più grazie è più lungo e penoso di quello della più comune delle anime. Infine il Purgatorio di desiderio, che viene chiamato Vestibolo. Ben poche persone lo evitano; per evitarlo bisogna aver desiderato ardentemente il Cielo e la visione del buon Dio, e questo è raro, più raro che non si creda, poiché molte persone, anche se pie, hanno paura del buon Dio e non desiderano con abbastanza ardore il Cielo. Detto Purgatorio ha il suo martirio ben doloroso al par degli altri; essere privi della visione del buon Gesù, quale sofferenza!
Dove si trova il Purgatorio? Si trova nel centro della Terra vicino all’inferno. Le anime vi stanno come in un luogo ristretto, la maggior parte vi rimane da 30 a 40 anni, altre molto più a lungo, ed altre meno.
Anticipo del Purgatorio
Quando il buon Dio vuole un’anima tutta sua , comincia con lo stritolarla, press’a poco come i pomi sotto le macine d’uno strettoio per spremerne il succo, nelle sue passioni, nella ricerca di se stessa, in una parola, in tutti i suoi difetti; di poi, quando tale anima è stata così stritolata, Egli le dà la forma che vuole.
E’ difficile trovare in S. Veronica uno sviluppo dei suoi insegnamenti vissuti sul Purgatorio, ma piuttosto un crescendo continuo, come di motivo musicale, delle sue sofferenze offerte per amore di Gesù crocifisso e delle anime dei purganti. Nelle sue opere (specialmente nel diario) troviamo una miniera di pensieri e di esperienze vissute relative al Purgatorio.
I difetti alla luce del Purgatorio, dice santa Veronica Giuliani:
“So bene che, se mente umana potesse comprendere cosa è il Purgatorio, si starebbe molto attenti a non commettere difetti”.
Maria Valtorta (1897-1961)
Visione della mamma nel Purgatorio
4 ottobre 1949, ore 15:30
“Dopo tanto vedo mia mamma. E’ fra le fiamme del purgatorio. Non l’ho mai vista nelle fiamme. Grido. Non riesco a reprimere il grido che poi giustifico a Marta con una scusa, per non impressionarla. La mia mamma non è più così fumosa, grigiastra, dall’espressione dura, ostile al Tutto e a tutti, come la vedevo nei primi tre anni dopo la morte quando, benché la supplicassi, non voleva volgersi a Dio… né è annebbiata e mesta, quasi spaventata, come la vidi per gli anni successivi. E’ bella, ringiovanita, serena. Sembra una sposa nella sua veste non grigia ma bianca, candidissima. Emerge dalle fiamme dall’inguine in su.
Le parlo. Le dico:”Sei ancora lì mamma? Eppure ho tanto pregato per abbreviarti la pena e ho fatto pregare. Stamane per il sesto anniversario ti ho fatto la S. Comunione. E sei ancora lì!”. Ilare, festosa, mi risponde:”Sono qui, ma per poco ancora. So che hai pregato e fatto pregare. Questa mattina ho fatto un gran passo verso la pace. Ringrazio te e la suora che ha pregato per me. Ricompenserò poi.. Presto. Fra poco ho finito di purgarmi. Ho già purgato le colpe della mente…la mia testa orgogliosa… poi quelle del cuore… i miei egoismi… Erano le più gravi. Ora espio quelle della parte inferiore. Ma sono un’inezia rispetto alle prime”. “Ma quando ti vedevo così fumosa e ostile…non volevi volgerti al Cielo…”. “Eh! Ero ancora superba …Umiliarmi? Non volevo. Poi è caduto l’orgoglio”. “E quando eri così triste?”.
“Ero attaccata agli affetti terreni”. “Non ci pensare più, mamma. Ora è passato”. “Sì, è passato. E se sono così ti ringrazio. E’ per te che sono così. Il tuo sacrificio… Mi ha ottenuto il Purgatorio e fra poco la pace”.
“E papà? Dov’è papà?”.
“In Purgatorio”.
“Ancora? Eppure era buono: Morì da cristiano con rassegnazione”. Più di me. Ma è qui. Dio giudica diverso da noi. Un modo tutto suo”.
Ho voluto segnare questo. Contiene insegnamenti. Dio punisce prima le colpe della mente, poi del cuore, ultime le debolezze della carne. Bisogna pregare, come fossero nostri parenti, per i purganti abbandonati; il giudizio di Dio è ben diverso dal nostro; i purganti capiscono ciò che non capivano in vita perché pieni di se stessi. A parte il dispiacere per papà…sono contenta di averla vista così serena, lieta anzi, povera mamma!”.
Santa Margherita Maria Alacocque (1647-1690)
“Intendo parlare della nostra povera suora J.F.. (…) Questa buona sorella mi fece vedere il pietoso stato in cui si trovava dicendomi: “Oh! Mia povera sorella, quanto atroci tormenti soffro! E, benché io soffra per diverse ragioni, ce ne sono tre che mi fanno soffrire più di tutto il resto. La prima è il voto di ubbidienza che ho osservato molto male, poiché ubbidivo solo quando mi piaceva; e tali ubbidienze sono una condanna davanti a Dio. La seconda è il voto di povertà, volendo che nulla mi mancasse, dando al mio corpo molti conforti superflui. La terza cosa, è la mancanza di carità, e per aver causato disunione e non essere andata d’accordo con le altre. Per ciò, le preghiere che qui si fanno non mi sono applicate, e il sacro Cuore di Gesù Cristo mi vede soffrire senza compassione, perché io non ne avevo per chi vedevo soffrire”.
Concludo questo mio articolo con Santa Teresa che diceva: “meglio soffrire e non morire”. Meglio purificarci da vivi che desiderare Dio e non poterlo vedere da morti.
Buongiorno professore, lei è stato docente di Storia delle Relazioni internazionali alla Sapienza di Roma e da diversi anni cura la pubblicazione dell’Atlante geopolitico del Mediterraneo, giunto all’edizione 2024. “Il Mediterraneo ha sempre occupato un ruolo centrale nelle dinamiche geopolitiche globali, un crogiolo di civiltà che ha plasmato la storia, la cultura e le economie di ben tre continenti. Questa regione assume oggi una rilevanza ancora maggiore, rappresentando il cuore di cruciali questioni geopolitiche, economiche e ambientali che influenzano direttamente e indirettamente il futuro di molte nazioni al di là delle sue coste” cito Paolo de Nardis nella prefazione dell’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2024. Il Mediterraneo mai come in questi anni si può dire sia un sorvegliato speciale. Perlomeno gli stati che si affacciano sulle sue sponde. Sebbene le previsioni sembrino voler far ritenere lo spostamento del baricentro geostrategico globale verso l’indopacifico, il Mediterraneo riveste ancora il suo ruolo di ponte per una composizione pacifica delle frizioni e criticità di questi anni?
R: Il Mar Mediterraneo si conferma un’area di cruciale importanza nelle dinamiche geopolitiche ed economiche internazionali, e tale centralità è destinata a perdurare nei prossimi anni. Pur rappresentando soltanto l’1% della superficie marina globale, il Mediterraneo riveste un ruolo di primo piano nel commercio marittimo mondiale. Secondo il Rapporto Italian Maritime Economy 2022 del Centro Studi SRM, attraverso questo bacino transita circa il 20% del traffico marittimo globale. Inoltre, il Mediterraneo è attraversato da circa il 27% delle rotte commerciali containerizzate e gestisce il 30% dei flussi di petrolio e gas, inclusi quelli trasportati tramite oleodotti, lungo le principali direttrici nord-sud ed est-ovest. Tuttavia, negli ultimi quindici anni, la regione mediterranea è stata teatro di numerose crisi che ne hanno compromesso la stabilità, tra cui il conflitto libico, la guerra in Siria e, più recentemente, l’inasprimento delle tensioni nel contesto israelo-palestinese. Questi eventi non solo hanno avuto ripercussioni socio-economiche significative sui paesi della sponda sud, ma hanno altresì inciso profondamente sugli interessi strategici dell’Europa, esponendone le vulnerabilità in termini di sicurezza e approvvigionamento energetico. In questo contesto, si rende necessaria un’azione più incisiva da parte dell’Unione Europea, al fine di riaffermare il proprio ruolo storico nella regione e contrastare l’influenza crescente di attori esterni con rilevanti interessi economici e strategici, in primis Cina e Russia. Un rinnovato protagonismo dell’UE nel Mediterraneo appare essenziale non solo per la stabilità dell’area, ma anche per la tutela degli equilibri geopolitici globali.
Alcuni analisti addirittura azzardano di rifondare l’Unione Europea in favore di un’unione dei paesi del Mediterraneo. Come valuta questa ipotesi?
R: L’ipotesi in questione appare altamente improbabile. Le recenti dinamiche della politica internazionale evidenziano in maniera inequivocabile come l’Unione Europea necessiti di un significativo rafforzamento della propria capacità di azione politica. Tuttavia, tale evoluzione risulta spesso ostacolata dalla diversità degli interessi nazionali dei suoi Stati membri, che ne limitano la coesione e l’efficacia decisionale. In questo contesto, l’idea di un’unione tra i paesi del Mediterraneo, o addirittura di un’integrazione tra l’UE e gli Stati della regione, si configura come un’ipotesi ancor meno realistica in termini di concreta fattibilità politica. Ciò che appare invece imprescindibile è la necessità per l’Europa di ricostruire un dialogo strutturato con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, ridefinendo le basi su cui si fondano le relazioni tra le due rive del bacino. Risulta evidente, infatti, che l’Unione Europea non rappresenta più l’unico interlocutore possibile per i paesi della regione, i quali hanno progressivamente diversificato le proprie partnership economiche e strategiche, in particolare con la Cina, per quanto concerne gli investimenti e il sostegno finanziario, e con la Russia, in termini di cooperazione in materia di sicurezza. Alla luce di tale scenario, appare imprescindibile adottare un approccio innovativo nei rapporti tra l’Europa e i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, basato sulla creazione di progetti di sviluppo condivisi e sulla convergenza di interessi strategici, tenendo conto delle specificità e delle priorità di ciascun attore regionale. Solo attraverso una politica fondata su cooperazione paritaria e obiettivi comuni, l’UE potrà ambire a esercitare un ruolo realmente incisivo nel contesto mediterraneo, contrastando al contempo l’influenza crescente di attori esterni alla regione.
La recente guerra in Ucraina ha destabilizzato l’Europa e l’Occidente tutto, rendendo necessaria la riorganizzazione di strutture politiche e militari come la NATO e l’Unione Europea, che mai come in questi frangenti stanno testando i limiti della loro tenuta. C’è speranza di riprendere una strada di cooperazione e sviluppo, della cui necessità hanno capito l’importanza, per esempio, i paesi aderenti ai BRICS, o ci avviamo verso una crescente militarizzazione penalizzando welfare, e benessere dei cittadini comunitari?
R: Il piano recentemente proposto dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, volto a rafforzare la difesa comune europea, avrà inevitabili ripercussioni sulla spesa pubblica, incidendo in particolare sulle risorse destinate al welfare nei paesi che decideranno di aderirvi. Tuttavia, l’attuale scenario geopolitico internazionale e la recente postura assunta dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, impongono all’Unione Europea un incremento significativo delle proprie spese per la sicurezza e la difesa. In un contesto globale caratterizzato dall’emergere e dal rafforzarsi di nuove potenze internazionali, l’UE non può più permettersi di delegare la propria sicurezza a soggetti esterni, come è avvenuto negli ultimi ottant’anni. Gli Stati Uniti, del resto, sollecitano da tempo l’Europa affinché aumenti il proprio impegno finanziario in materia di difesa, una richiesta motivata anche dalla necessità di concentrare le proprie risorse sulla crescente competizione strategica con la Cina nella regione del Pacifico. Tali pressioni non sono un fenomeno recente, ma risalgono almeno alla presidenza di Barack Obama, segnalando un cambiamento strutturale nella politica di sicurezza statunitense. L’Unione Europea, pertanto, non può ambire a essere un attore globale credibile né a tutelare efficacemente i propri interessi senza dimostrare una reale capacità di gestire in autonomia la propria sicurezza e difesa. L’attuale fase storica, segnata da profondi mutamenti negli equilibri internazionali, impone una rivalutazione delle priorità politiche e finanziarie dell’Europa, con un necessario bilanciamento tra esigenze di sicurezza e sostenibilità economica.
Sarà il Mar Nero il possibile casus belli di un ipotetico, e si spera remoto, scontro diretto tra Europa e Russia, che alcuni analisti russi addirittura fissano per il 2027 se non si perviene a una risoluzione diplomatica? È in previsione di questa eventualità che l’Europa sta serrando i suoi ranghi chiedendo agli stati membri, anche a costo di un pesante indebitamento, di investire maggiormente nella difesa? Studiando l’area approfonditamente in questi anni con il suo Centro di ricerca quali sono le criticità che ha evidenziato? E c’è ancora margine di trattativa per evitare uno scontro armato tra Europa e Russia, tenendo anche conto del disimpegno statunitense?
R: Le potenziali aree di tensione tra l’Unione Europea e la Federazione Russa si configurano come nodi strategici in un contesto internazionale complesso e in continua evoluzione. Un esempio emblematico è rappresentato dalla regione della Transnistria (Repubblica Moldava di Pridniestrov, PMR), un territorio separatista situato nella parte orientale della Moldavia, lungo il confine con l’Ucraina. La Transnistria si autoproclamò indipendente nel 1990, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, ma non ha mai ottenuto riconoscimento ufficiale da parte della comunità internazionale, rimanendo, di fatto, annessa alla Moldavia ai sensi del diritto internazionale. Nonostante ciò, la presenza di truppe russe e il sostegno economico e politico offerto dalla Federazione Russa consolidano il ruolo di questo territorio come possibile fonte di instabilità regionale, fungendo da potenziale punto di contesa nelle relazioni tra l’UE e la Russia. Parallelamente, un’altra area di particolare interesse e criticità è costituita dalle Repubbliche Baltiche, dove la presenza di una significativa comunità russofona ha alimentato, nel corso degli anni, dibattiti interni ed esterni in merito all’identità nazionale e alla sicurezza regionale. Le dinamiche in queste aree sono ulteriormente complicate dall’evoluzione del contesto geopolitico, in cui la recente aggressione russa nei confronti dell’Ucraina ha acuito le preoccupazioni dei paesi confinanti. In risposta a tale scenario, paesi come la Svezia e la Finlandia hanno intrapreso percorsi di integrazione nell’alleanza atlantica, sottolineando l’urgenza di un rafforzamento dei meccanismi difensivi e della cooperazione militare all’interno dell’UE. La questione della sicurezza e della difesa europea, pertanto, assume una rilevanza strategica non solo dal punto di vista militare, ma anche in termini diplomatici. Una capacità difensiva insufficiente incide direttamente sulla credibilità dell’Europa come attore globale, limitando le possibilità di negoziazione e di equilibrio nei confronti di una superpotenza come la Russia. In tale prospettiva, il rafforzamento delle capacità militari e la costruzione di un assetto difensivo più robusto appaiono indispensabili per consentire all’UE di esercitare una politica estera autonoma e credibile, capace di tutelare efficacemente i propri interessi e quelli dei paesi membri. In conclusione, il rischio di conflitti armati e di escalation delle tensioni nel bacino eurasiatico impone alla comunità europea di investire nella costruzione di un sistema di sicurezza integrato e multilaterale, che sappia coniugare gli interessi economici, politici e strategici. Solo attraverso un rafforzamento sia militare che diplomatico l’Europa potrà ambire a stabilire un equilibrio di potere che riduca le possibilità di crisi e garantisca la stabilità nell’area, in un’epoca in cui l’emergere di nuove potenze e il riposizionamento degli attori internazionali rendono il panorama globale sempre più incerto e competitivo.
State lavorando all’Atlante del 2025, può anticiparci qualche linea guida del prossimo testo e quando si prevede la pubblicazione?
R: Speriamo di vedere l’Atlante 2025 nelle librerie già nel mese di aprile. Stiamo concludendo il lavoro che, come ogni anno, è reso complesso dalla rapida evoluzione degli eventi nella regione. In questa edizione analizzeremo, come sempre, gli undici paesi della sponda sud del Mediterraneo, e proporremmo un’analisi delle politiche di Cina e Stati Uniti nel bacino. Non mancherà poi un approfondimento sulla caduta del regime di Assad e sugli effetti che ciò ha prodotto su alcuni paesi molto coinvolti nel dossier siriano.
Fin dall’antichità, le storie di creature terrificanti hanno aiutato l’uomo a dare una forma alle proprie paure, trasformandole in figure mitologiche potenti e suggestive. La mitologia greco-romana è ricca di mostri e incantatrici, esseri straordinari che hanno plasmato l’immaginario occidentale: dal Minotauro intrappolato nel labirinto di Cnosso al ciclope Polifemo, dalla letale chioma di serpenti di Medusa, all’Idra dalle teste che ricrescono, fino alle enigmatiche figure di Circe e Medea, celebri per il loro dominio sulla magia e per le loro azioni crudeli.
Nel suo libro Mostri e streghe della mitologia classica, edito da Newton Compton, Alessandra Pagano accompagna il lettore alla scoperta di queste figure leggendarie, proponendo una rassegna esaustiva delle creature più inquietanti dell’antichità. Con un approccio chiaro e coinvolgente, l’autrice esplora le origini, le caratteristiche e i significati di queste entità mitologiche, attingendo alle principali fonti classiche per ricostruire le diverse versioni dei racconti che le vedono protagoniste.
Ogni capitolo è dedicato a una figura specifica, arricchito da una prosa semplice, scorrevole, ma accurata e minuziosa ricca di approfondimenti, ricostruzione delle genealogie, caratteristiche e vicende narrate nei testi antichi. La narrazione permette di seguire l’evoluzione dei miti attraverso il tempo, grazie a un’attenta analisi delle interpretazioni fornite dagli autori classici. Il risultato è un libro accessibile anche a chi si avvicina per la prima volta alla mitologia, ma al contempo dettagliato e ricco di informazioni per chi ha già familiarità con l’argomento.
Sfogliando le pagine, si incontrano figure emblematiche come Argo, il gigante dai cento occhi, la ninfa Scilla, i selvaggi Centauri, il serpente Pitone e la “madre di mostri” Echidna, oltre ai già citati Polifemo e Minotauro. Un ruolo significativo è riservato anche alle donne della mitologia dotate di poteri straordinari e non mancano riferimenti a creature meno conosciute, esplorate in un’appendice dedicata ai miti meno noti, che permette di scoprire figure spesso dimenticate.
L’autrice offre un quadro completo, evitando di spettacolarizzare le leggende, ma al contempo mantenendone intatta la forza evocativa con uno stile fluido e mai eccessivamente accademico, rendendo la lettura piacevole senza sacrificare l’accuratezza storica. Ogni racconto è supportato da riferimenti letterari e citazioni tratte direttamente dalle opere di autori antichi, come Omero, Eschilo e Diodoro Siculo, per dare maggiore profondità al discorso e permettere ai lettori di entrare in contatto diretto con le fonti.
Più che una semplice raccolta di storie, questo magnifico saggio invita a riflettere sul significato simbolico delle figure mitologiche: i mostri rappresentano il caos e l’ignoto, la minaccia all’ordine imposto dagli dèi e dagli uomini, mentre le streghe incarnano il timore dell’arcano e della trasgressione delle leggi naturali. Questi racconti non solo affascinavano gli antichi, ma servivano anche a trasmettere insegnamenti morali, ammonendo, ad esempio, contro l’arroganza, la sete di potere e l’eccesso di fiducia nelle proprie capacità.
Un’opera generosa di spunti di riflessione che si rivolge sia a chi desidera avvicinarsi per la prima volta a questo universo narrativo, sia a chi è già appassionato di miti antichi e vuole approfondire la conoscenza di figure straordinarie. Perfetto per chi ama le storie senza tempo e il fascino dell’immaginario mitologico.
Alessandra Pagano è nata a Cosenza nel 1982 e si è laureata in Conservazione dei beni culturali presso l’Università della Calabria. Insegnante nei licei, è anche giornalista pubblicista dal 2011. Collabora, tra gli altri, con «Storica National Geographic». Si interessa di storia dell’arte, ricerca genealogica e storia della Chiesa. La Newton Compton ha pubblicato 1001 quiz sulla storia dell’arte, La storia d’Italia in 100 opere d’arte e Mostri e streghe della mitologia classica.
Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampa Newton Compton Editori.
Tra boschi incantati e pietre intrise di leggenda, nel cuore dell’Inghilterra medievale, Paolo Gulisano ci conduce nel regno di Camelot con il suo saggio Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda, edito da Newton Compton. Nel seguire le gesta di Re Artù e dei suoi fedeli cavalieri, il lettore viene coinvolto da una sapiente ed emozionante narrazione. C’è la meraviglia pura di fronte alle imprese eroiche di Lancillotto e Galahad, l’ammirazione per la saggezza di Mago Merlino e per il coraggio incrollabile dei cavalieri. Ogni capitolo è un viaggio emotivo: dalle esultanze per vittorie nelle battaglie feroci fino alla commozione per i sacrifici compiuti in nome dell’onore e dell’amicizia. Le pagine scorrono con un ritmo avvincente, facendo riecheggiare nel cuore del lettore il clangore delle spade, il battere degli zoccoli e i sussurri di segreti custoditi nei boschi di Avalon.
La bellezza di questo libro risiede nella sua potenza evocativa. Gulisano infonde nuova vita alla leggenda di Artù, presentandola con una freschezza che fa risplendere personaggi e luoghi come se si rivelassero per la prima volta. Le descrizioni sono vivide e poetiche: si può avvertire il profumo dell’erba bagnata nei giardini di Camelot all’alba e si può vivere la trepidazione dei cavalieri in partenza per un’impresa rischiosa. Il racconto, pur rispettando il sapore epico della tradizione, tocca corde intime dell’animo umano, affrontando sentimenti universali: il tradimento che lacera il cuore, l’amore che redime e consola, l’amicizia che perdura oltre il tempo e le avversità.
Tuttavia, Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda non è solo un’opera narrativa, ma anche un vero e proprio saggio. Attraverso un’analisi dettagliata, l’autore inserisce la leggenda arturiana nel suo contesto storico e geografico, offrendo una panoramica affascinante sulla Britannia pre e post romana. Gulisano ci guida attraverso le antiche radici della leggenda, partendo dalla resistenza dei Britanni contro gli invasori sassoni e arrivando alla mitica corte di Camelot.
L’opera ripercorre la storia di Re Artù con attenzione, soffermandosi sugli autori che hanno contribuito alla sua immortalità nel tempo, come Goffredo di Monmouth, autore dell’Historia Regum Britanniae, e Sir Thomas Malory, che con La Morte di Artù ha consolidato il mito nella letteratura occidentale. Ogni episodio chiave viene trattato con precisione e passione: dall’ascesa di Artù alla sua ultima battaglia contro Mordred, dalla ricerca del Santo Graal ai tormenti d’amore tra Lancillotto e Ginevra, senza dimenticare la storia di Tristano e Isotta.
Alla fine del viaggio, il lettore chiude il libro con la sensazione di aver vissuto un’avventura straordinaria. Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda è molto più di un semplice resoconto storico o di una narrazione epica: è un’opera che cattura l’anima della leggenda, rendendola accessibile a tutti e davvero coinvolgente. Gulisano riesce a far rivivere il mito con una scrittura avvincente, capace di trasportare chi legge in un’epoca di eroi e di valori senza tempo. Il risultato è un tributo splendido a una delle saghe più amate della storia, capace di ispirare generazioni e di mantenere viva la fiamma della cavalleria e dell’onore.
Paolo Gulisano è saggista, scrittore, profondo conoscitore della cultura celtica, autore di numerosi saggi biografici e storici dedicati a personaggi e temi della cultura britannica, è considerato uno dei maggiori esperti italiani di letteratura fantasy. Ha scritto oltre 40 libri su figure come Tolkien, Lewis, Chesterton, Wilde, Melville, Newman, Thomas More, Stevenson e Conan Doyle, oltre che testi storici sulla Scozia e l’Irlanda. Molti dei suoi libri sono stati tradotti e pubblicati all’estero. Vice presidente della Società Chestertoniana italiana, collabora con diverse riviste e siti web. La Newton Compton ha pubblicato Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda.
Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampa Newton Compton Editori.
Pubblicato sotto il marchio Love della Compagnia Editoriale Aliberti, SeGreta Garbo. La prima diva queer di Stefano Mastrosimone offre un ritratto inedito e affascinante di una delle più grandi stelle del cinema mondiale, un’icona senza tempo. Il libro non si limita a raccontare l’ascesa artistica di Greta Garbo, ma ne svela il lato più autentico e rivoluzionario, restituendole il ruolo di pioniera queer in un’epoca che ancora non aveva parole per definirla.
Pagina dopo pagina si va oltre la storia conosciuta dell’attrice, oltre la sua immagine: si scopre e si abbraccia un simbolo di libertà, eleganza, modernità e ribellione. Greta Garbo fumava, guidava, indossava pantaloni e giacche maschili con disinvoltura e parlava di sé stessa al maschile, scardinando le convenzioni di genere già alla fine degli anni Venti. Mastrosimone ricostruisce con precisione e passione il percorso di questa donna straordinaria, nata in una famiglia operaia di Stoccolma nel 1905 e diventata, nel giro di pochi anni, una diva inarrivabile. Il libro segue la sua carriera fulminante: dagli esordi in Svezia alla scoperta da parte del regista Mauritz Stiller, fino alla consacrazione a Hollywood grazie alla casa di produzione cinematografica Metro Goldwyn Mayer, di cui divenne rapidamente l’attrice di punta fra gli anni Venti e gli anni Quaranta.
Oltre alla carriera, il libro illumina la sua complessa vita sentimentale, raccontandola senza morbose curiosità, mostrando la sua inclinazione affettiva al di là delle etichette. Ne emerge un ritratto di donna libera, poco incline ai compromessi e determinata a rimanere padrona della propria esistenza. È proprio nell’indagine della sua identità e della sua immagine pubblica che questa biografia trova il suo punto di forza. L’autore sottolinea come il fascino androgino della Garbo fosse al tempo stesso il segreto del suo successo e la causa di una certa diffidenza da parte dell’industria cinematografica maschilista. Con straordinario anticipo sui tempi, la Garbo incarnò un’idea di genere fluida e un’identità che oggi definiremmo non binaria, anticipando molte battaglie contemporanee.
Un passaggio molto interessante dell’opera è l’analisi delle ragioni del ritiro dalle scene della Divina,avvenuto nel 1941 quando aveva solo 36 anni. Mastrosimone analizza le ragioni di questa scelta: la disillusione nei confronti di Hollywood, il desiderio di sottrarsi alle pressioni dello star-system e il bisogno di autenticità. Dopo due decenni di successi, l’attrice scelse il silenzio, rifiutando offerte milionarie e lasciando dietro di sé un’aura di mistero che alimentò il suo mito.
SeGreta Garbo. La prima diva queer è una biografia avvincente e rigorosa, capace di restituire la Garbo non solo come leggenda del cinema, ma come donna moderna, anticonformista e coraggiosa. Un libro imperdibile per chi vuole riscoprire un’icona che ha sfidato il suo tempo e continua a ispirare ed emozionare ancora oggi.
Stefano Mastrosimone è autore/ideatore di programmi televisivi, ha lavorato con alcuni dei volti più amati della televisione: Fabrizio Frizzi, Lorella Cuccarini, Amadeus, Antonella Clerici, Gerry Scotti, Enrica Bonaccorti, Alberto Castagna e Al Bano. Ha pubblicato i libri: “Una specie di follia” (Aliberti editore, 2010) e “Donne dell’altro mondo”. È ideatore e sceneggiatore dei due film documentario “Conversazioni con Alda Merini” e “Valentina Cortese. L’ultima Diva”.
Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampa Love – Compagnia Editoriale Aliberti.
Entrando in questo libro, il lettore varcherà la soglia di una casa – e più d’una- ne sentirà l’energia, le memorie intrise nelle stanze, sedimentate nelle cose di uso comune che nelle poesie di Pier Francesco Latte, declinate in una lingua chiara e assai comunicativa, divengono testimoni silenziose, ma non mute, di ogni avvenimento felice o doloroso, sempre accrescitivo. Nei suoi versi il poeta trasfigura il vissuto in una metafora continua, lui e le cose, lui e i sentimenti provati vanno e vengono, travasano tra animato e inanimato, come vi fosse un flusso ininterrotto tra materiale e immateriale, tra organico e materico, una vera testimonianza di quello che la fisica quantistica definisce con l’espressione entanglement […] Dalla prefazione di Rossella
Tempesta
I tessuti cominciano a consumarsi,
la pelle del viso invecchia,
i solchi diventano più visibili.
Le ferite prendono forma:
il tempo le cancella.
Corpo: unica sede possibile.
Pier Francesco Latte (Napoli, 1993). Diplomato al liceo classico a Napoli, ha studiato percussioni presso il Conservatorio di Avellino. Si è laureato in Psicologia presso l’Università di Parma. Attualmente vive a Parigi dove lavora come psicoanalista e psicoterapeuta Gestalt.
Mai come in questo momento par diventare d’attualità questo intrigante romanzo di Sandrone Dazieri: “Uccidi i ricchi” il mondo in cui deve confrontarsi , l’ex vicequestore Colomba Caselli rassegnate le dimissioni di servizio e riciclatasi come detective privato. Una Caselli coinvolta in un’apparentemente cervellotica indagine da Donatella Sermonti, vicedirettrice del Dis – il Dipartimento informazioni per la sicurezza, che coordina l’attività delle agenzie dei Servizi segreti per conto del governo – in cui sarà costretta a confrontarsi con “I Ricchi” quelli che ormai sembrano avere tutto il potere e peggio, perché possono davvero tutto in questo mondo. Proprio contro i Super Ricchi (qui si parla di una specie di cerchio magico dei 400) i componenti di quell’oligarchia che governano l’economia e gli equilibri mondiali. I primi venti poi dispongono di assoluto potere. E naturalmente comandano su tutto. E ciascuno di noi contribuisce ad accrescere la loro disumana ricchezza . Chi di noi non si serve di un qualche loro servizio? Web, farmaci, armamenti. Proprio così : ci siamo, eh direte, e lo viviamo ogni giorno sulla nostra pelle in questa epoca che fa da scenario ai Trump, ai Musk, al business condotto dai colossi del web nell’arroventato scacchiere geopolitico dove le superpotenze decidono la vita e la morte di popoli e giocano pericolosissime sulle teste di noi tutti ? Un’altra guerra è cominciata, quante ce ne saranno ancora per appagare la loro fame di volenza e predominio? Un titolo geniale poi : UCCIDI I RICCHI. Un invito alla rivolta? Beh senza dubbio visto le mostruose disuguaglianze tra l’1 per cento dei super ricchi e il resto della popolazione mondiale, costantemente sbattute in faccia al resto della popolazione schiacciata dalle immani prepotenze , di cui ormai godono pochissimi. I nuovi duchi, re , imperatori del ventunesimo secolo smaniosi solo di monarchia assoluta, che giocano con il potere e la vita di tanti sudditi inermi. Lei Colomba Caselli, per questioni non facili da superare ovverosia: “sopravvissuta a due attentati e a un coltello nella pancia” pareva scomparsa dalle scene. Io però, sono sicura che ve la ricorderete, Si vero? Una bella donna, capelli corti neri, colore degli occhi verde cangiante, spalle larghe da nuotatrice, zigomi alti, armoniosi. Nella sua nuova veste di detective privato, dovrà indagare su uno strano incidente che acquisterà presto le nette caratteristiche di un omicidio. A Milano, il multimiliardario ex calciatore Jesús Martínez è atterrato appena il giorno prima con il suo Dassault Falcon 2000lxs a Milano, dove possiede un favoloso appartamento al venticinquesimo piano della Jungla Urbana . In uno di quei grattacieli di cristallo che schiaffeggiando i normali cittadini con le loro facciate coperte di rigogliose piante, rimandano alle città abbandonate del Pianeta delle scimmie. Jesús Martínez, quarantanove anni, da giovane giocava nel Paris Saint-Germain, ora invece (cioè, poco prima di esser ritrovato morto sotto i nostri occhi nelle prime pagine di Uccidi i ricchi) è un colosso nel settore delle macchine per il fitness e degli integratori. Tanto, ma tanto denaro guadagnato a palate.. E infatti è atteso a cena dagli amici al ristorante del Bulgari. Una cena in suo onore visto che “Forbes” l’ha appena inserito tra i 500 uomini più ricchi del mondo. Nella Jungla Urbana non troverete mai una foglia fuori posto, un filo di polvere e tutto è sempre sotto il costante controllo di telecamere. Ma la mattina Martinez, dopo aver fatto colazione, un’ora di esercizi con i pesi e mezz’ora di meditazione, entrerà nella sua spettacolare criosauna, di ultima generazione, fabbricata dalle sue aziende: un cubo di cristallo di tre metri per lato e avvierà a voce il trattamento, ma quel comando sarà il suo ultimo segno di vita. Il suo cadavere infatti verrà rinvenuto congelato nella criosauna dalle guardie del corpo alle nove del mattino. Un incidente? Un guasto? Effettivamente parrebbe, ma poiché Martinez è uno dei cinquecento uomini più ricchi al mondo, bisogna far piena luce su quella morte, anche se la ferrea privacy garantita ai proprietari fin dai suoi primi passi nell’ambiente non trasparente e vischioso dei multimilionari finisce con rendere l’indagine molto più impegnativa, intricata e pericolosa del previsto. Ma Colomba che, dopo il sopralluogo a casa della vittima dove troppi particolari non tornano, ha accettato lo stesso l’incarico, deve darsi da fare e cominciare a superare uno a uno gli ostacoli davanti a sé , pur appoggiata e spronata dal fratello ed erede dell’impero del morto,Glenn Martinez . E per riuscirci davvero avrà bisogno anche dell’indispensabile aiuto del suo amico e socio, Dante Torre, uomo dalle intuizioni geniali e mago delle tecnologie digitali , ma affetto da claustrofobia traumatica e semiparalizzante che ha vissuto e subito con lei i tempi di un difficile passato. Un passato che ha regalato loro una particolare complicità affettiva che li tiene praticamente in collegamento mentale, anche quando sono lontani l’uno dall’altra. I due, dopo avere appurato che l’incidente della sauna nasconde un omicidio, si renderanno conto che la morte di Martínez non è l’unica sospetta tra quelle verificatesi tra i membri del ristretto gruppo di multimilionari. E peggio perché una serie di comunicati online, a firma A. Train, gridano lo slogan: “Uccidi i ricchi”. Nascondendosi infatti dietro l’ipotetico intervento della mano di un diabolico vendicatore sociale, oppure del machiavellico intento di un gruppo di anarchici e complottisti, il killer sembra inafferrabile. Altre atroci e imprevedibili azioni di sangue ci saranno e verranno rivendicate, e Colomba e Dante, mentre la suspence vola in vertiginosa ascesa, dovranno battersi contro un fantomatico assassino seriale, districandosi in una girandola di false piste, colpi di scena e inattese scoperte. Ma qualcosa si muove, qualche plausibile indizio salta fuori. Ci siamo, è il momento di stringere i tempi e mettere finalmente in trappola l’assassino. Grazie alla penna di Sandrone Dazieri, un thriller implacabile, che senza concedere scuse, ci spiega cosa potrebbe accadere attorno a noi e con noi in un prossimo futuro, molto prossimo? Brrr…. Creatore della serie del Gorilla, Dazieri ci regala oggi questo super thriller interpreto dai due personaggi altrettanto super che i suoi lettori hanno già potuto apprezzare: Colomba Caselli e Dante Torre.
Sandrone Dazieri è uno dei maggiori interpreti italiani del noir e del thriller. Inventore della serie di culto del Gorilla, ha pubblicato la Trilogia del Padre tradotta in più di venticinque Paesi. Per Nero Rizzoli ha pubblicato La danza del Gorilla (2019). Il suo ultimo romanzo è Il male che gli uomini fanno (HarperCollins, 2022).
Il 28 febbraio 1815 la vedetta di Notre-Dame-de-la-Garde segnalò il tre alberi Pharaon, proveniente da Smirne, Trieste e Napoli.
Come al solito, subito un pilota si mosse dal porto, costeggiò il castello d’If, e andò ad abbordarlo tra capo Morgiou e l’isola di Riou.
E come al solito, subito lo spiazzo del forte Saint-Jean si riempí di curiosi. Perché a Marsiglia l’arrivo di una nave è sempre un grande avvenimento, soprattutto quando quella nave è stata costruita, armata e stivata, come il Pharaon, nei cantieri dell’antica Focea, e appartiene a un armatore della città.