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:: Recensione di Il testamento del papa di Giulio Leoni (Editrice Nord, 2013)

14 dicembre 2013

medium«Nel campo dei Fori, dove tronchi di colonna emergono dal suolo come denti spezzati di antichi giganti, i nostri predecessori consentirono a un gruppo di monaci basiliani di erigere un monastero e una chiesa. Là dove è memoria che un tempo sorgesse il tempio di Marte. Sotto le nuove mura esiste ancora l’antico sanctum: prima di raggiungere l’imperatore, ci dirigeremo lì e consegneremo la cassa al priore, che è avvertito da tempo.»
«Il fardello ci rallenterà non poco…» osservò Harald con aria critica.
«Ma quello che contiene renderà più veloce il cammino dell’uomo sulla strada del sapere. Per questo è importante che si salvi.»
«Ma, se la… machina venisse catturata dai nostri nemici, essa potrebbe rivelare con la sua voce i segreti della vostra scienza», obiettò ancora il giovane. «Non sarebbe meglio distruggerla, come l’arte della guerra insegna si debba fare con ogni arma che il nemico potrebbe rivolgere contro di noi?»
Gerberto sorrise, poi estrasse da una piega dell’abito un cilindro di metallo splendente, mostrandolo al giovane. «Qui è inscritto il segreto che voglio sia dettato alle future generazioni. È questo cilindro il cuore della mia machina, e senza di lui essa non è che un inutile artifizio, come un corpo privato della testa. Non temere, esso resterà presso di noi, e neppure la morte potrà separarlo dalla nostra persona.»

Avventura, spy story, travestimenti, inseguimenti, attentati, segreti che hanno attraversato i secoli, macchine miracolose, cacce al tesoro si intrecciano nell’ ultimo romanzo di Giulio Leoni, Il testamento del papa, edito da Nord Edizioni. Un thriller storico di stampo classico, scritto in modo scorrevole e fluido, adatto sia ad un pubblico di lettori adulti, ma anche indicato ai ragazzi appassionati di romanzi d’avventura.
Due epoche storiche si alternano in capitoli per lo più brevi e introdotti dai luoghi dove si svolge l’azione: la Roma del 999 dopo Cristo, in cui fu papa Silvestro II, al secolo Gerberto d’Aurillac, e la Roma mussoliniana del 1928, con due brevi tappe a Berlino.
Protagonista l’architetto, antiquario Cesare Marni, personaggio già noto ai lettori di Leoni, apparso in E trentuno con la morte…, e in Il Cabaret del Diavolo, che questa volta si trova ad indagare sul trafugamento di un antica statua dalle forme femminili, appartenuta a Papa Silvestro II, che la ricevette in dono dall’imperatore d’Oriente. Statua che nasconde un segreto al suo interno, fatto di congegni e canne di vetro, che le consentono… di parlare.
Accompagnato da Marcella, giovane figlia di uno studioso che sostiene addirittura che la statua possa indicare il nascondiglio di un tesoro appartenuto ad Augusto, Marni si troverà coinvolto in una serie di morti misteriose, e dovrà vedersela con un misterioso conte Desmondi, capo di una setta che vuole restaurare culti pagani, e intenzionato a perseguire un piano che a suo dire dovrebbe cambiare la storia di Italia e con una pericolosissima spia tedesca in missione in Italia per trovare un misterioso oggetto che dovrebbe rendere invincibile la Germania in una prossima inevitabile guerra che si dovrebbe addensare sull’Europa.
Romanzo da leggere con attenzione, perché oltre alla trama complessa si inserisce un gioco di ruoli che Leoni sottopone sotto gli occhi del lettore, con un certo divertito sorriso di sfida. Nulla è come sembra insomma, le apparenze come sempre ingannano e sarà compito del lettore più scaltro, non cadere nell’inganno. E come nella tradizione dei racconti di avventura, l’azione costituisce l’ossatura della trama, in un susseguirsi di rocambolesche  corse contro il tempo, condite da rischiosi stratagemmi e colpi di scena. I nostri eroi si troveranno a infiltrarsi in riunioni segrete di adepti di strani culti, e pure Evola, farà una breve comparsa come esperto a cui Marni si rivolge, a inseguire con aerei treni in corsa,  a chiedere passaggi improvvisati in aperta campagna, ad affrontare spie spietate per quanto affascinanti, rischiando l’arresto in qualsiasi momento.
Il tono scanzonato della commedia riporta l’azione su un puro piano dell’intrattenimento, ma la ricostruzione d’epoca è fedele, i termini usati, precisi e accuratamente inseriti in un contesto proprio. Insomma una lettura interessante e divertente, e anche istruttiva. Il personaggio di Papa Silvestro ne esce mondato dai pregiudizi del suo tempo che lo volevano un mago asservito alle potenze occulte, ridandogli la sua statura di studioso e ingegnoso scienziato precorritore dei tempi. Altri personaggi realmente esistiti appaiono in vari capitoli, come Evola appunto, o Mussolini. Forse il personaggio di Marcella l’ho trovato piuttosto tradizionalista, ma in compenso bilanciato dal fascino di Zirka, l’enchanteresse merveilleuse. Divertente una battuta che si scambiano le due donne, quasi rivali: «Mia cara, a confronto con una bimbetta qualunque donna apparirebbe più matura», rispose acida lei. Memoria di Caccia al Ladro in cui Grace Kelly/ Frances Stevens si rivolge pressappoco così a Brigitte Auber/ Danielle Foussard.

Giulio Leoni, romano, è uno degli scrittori italiani di gialli storici e di narrativa del mistero più conosciuti all’estero, grazie anche alla fortunata serie di romanzi dedicati alle avventure investigative di Dante Alighieri, che è stata tradotta in tutti i maggiori Paesi del mondo. Ma oltre a riguardare il remoto passato, i suoi interessi vanno anche verso la storia del secolo appena trascorso, soprattutto nei suoi aspetti meno conosciuti e controversi. Studioso delle avanguardie artistiche, è un appassionato di storia dell’illusionismo e della pop-culture degli anni ‘50 e ‘60, di cui ricerca e colleziona testimonianze e memorabilia. Elementi che trasporta spesso nei suoi romanzi, dove anche le trame più imprevedibili e sorprendenti si sviluppano su uno sfondo storico ricostruito con grande precisione, e in cui personaggi reali e finzione narrativa s’intrecciano, dando vita a un teatro delle ombre enigmatico e affascinante.   

:: Recensione di Il giorno del sacrificio di Mark Roberts (Nord, 2012)

19 ottobre 2012

Il giorno del sacrificio (The Sixth Soul, 2013), traduzione di Paolo Scopacasa, portato in Italia da Editrice Nord in anteprima mondiale, libro di esordio di Mark Roberts, professore di scuola superiore per quasi trent’anni di Liverpool prima di dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, è decisamente un buon thriller tutto ritmo, suspense e inquietudine.
Roberts ha uno stile di scrittura molto diretto, va subito al punto, non si perde in fumose descrizioni ma catapulta nell’azione, cosa che rende il suo thriller poliziesco decisamente efficace e privo di tempi morti.
Si legge in un fiato, ci ho messo davvero poco, meno di un giorno, e sebbene il tema del serial killer, per giunta non in ambiente americano, non mi entusiasmi particolarmente devo dire che l’autore è stato bravo a creare una storia originale e ricca di fascino, con una buona caratterizzazione dei personaggi, cosa che quasi sempre si trascura quando l’azione prende il sopravvento.
Dicevo c’è un serial killer, denominato Erode, che nel pieno centro di Londra rapisce donne incinte e fa sparire i feti. Fino ad oggi ha rapito 5 donne. L’ultima l’ha rapita in casa passando dalla casa accanto che era disabitata. A seguire le indagini l’ispettore capo David Rosen, un poliziotto non giovanissimo ma dannatamente ostinato, che si dibatte dietro indizi che non sembrano portare a nulla. Sulle scene del crimine giusto la parziale impronta di un orecchio, nulla più.
Finché non entra in scena padre Sebastian Flint, un prete esorcista con un oscuro passato in Kenya, che occupandosi di occultismo è sicuro che il killer imiti gli omicidi di un negromante italiano vissuto a Firenze alla fine del XIII secolo, tale Alessio Capaneo che evocava i morti per apprendere i segreti del paradiso e dell’inferno e uccideva per celebrare un rituale che comprendeva il sacrificio di sei donne a cui rimuoveva i bambini dal loro grembo. Da questo momento in poi i colpi di scena si susseguono, nulla è come sembra, fino ad una soluzione davvero impensata dove Rosen, dopo momenti di autentico panico, che un po’ attraversa la pagina per arrivare al lettore devo ammetterlo, risolve il caso.
Interessante e inquietante il tema trattato, ovvero la stretta correlazione tra possessione diabolica e follia.

:: Recensione di Il traditore di Versailles di Arnaud Delalande, a cura di Giulietta Iannone

21 ottobre 2010

tresArnaud Delalande, raffinato autore de La Trappola di Dante, torna in libreria per la Nord Edizioni con un nuovo interessante romanzo storico-avventuroso con venature noir che ha per titolo Il traditore di Versailles, tradotto dal francese, in maniera fluente e sontuosa, da Claudia Lionetti.
Secondo episodio della saga che ha per protagonista l’avventuriero italiano Pietro Viravolta, narra gli intrighi, gli inganni, i delitti, le congiure alla corte di Francia, di un morente Luigi XV, con rara abilità e approfondita conoscenza non solo storica ma anche filosofica, letteraria, artistica.
La storia si dipana nello scenario sfolgorante della reggia di Versailles e dei suoi misteriosi giardini, pieni di giochi d’acqua, passeggiate e labirinti verdi, dove dietro lo sfarzo della ricchezza più ostentata si cela la miseria più estrema, l’assoluta mancanza delle più elementari regole igieniche, la corruzione, il pericolo.
Pietro Viravolta non più giovanissimo, fuggito dalla Serenissima con affianco la sua bellissima moglie Anna, vive ormai da anni in Francia dove fa parte del Segreto del Re, una rete di agenti segreti al servizio di Luigi XV.
Un giorno il duca d’Aiguillon, ministro della corona, lo convoca a corte perché un’ oscura minaccia sovrasta la monarchia. Un serial killer settecentesco, che si firma il Favolista, uccide mettendo in scena ogni volta una favola di Jean de La Fontaine.
La prima vittima è una commessa di un famoso profumiere che ha sentito cose che non dovevano essere sentite. Poi il suo amante anche lui dipendente dello stesso profumiere viene ucciso dalle esalazioni di un profumo velenoso. Anche il “naso” della maison fa la stessa fine e sempre le morti vengono sceneggiate sul tema di una favola.
L’Orchidea, questo il nome con cui è conosciuto Pietro Viravolta, intuisce che non sono solo i delitti di un folle ma c’è qualcosa di più, un sordido complotto politico ordito da potenze straniere che mina alle basi la stessa monarchia e che, non sventato, può cambiare inesorabilmente i destini della Francia.
Con ritmo incalzante e altre morti si sviluppa la storia, fino al colpo di scena finale che non lascerà delusi. Il romanzo storico- avventuroso specialmente francese rimanda a padri illustri come Alexandre Dumas padre e da sempre ha attirato schiere di lettori che ad un testo di evasione richiedevano un’ accurata ricostruzione storica, magari un pizzico di esotico, e inseguimenti, duelli, rocambolesche evasioni, eroine in pericolo e coraggiosi e intrepidi avventurieri un po’ guasconi e un po’ gentiluomini.
Delalande sembra attingere a piene mani dalla tradizione dei romanzi di cappa e spada in più aggiunge contaminazioni sue proprie che vanno dalla spy story all’ horror, con spruzzate di intrigo politico, e riflessioni sociologiche.
La ricostruzione storica è senz’altro la parte che più colpisce, per accuratezza e verosimiglianza, ogni aspetto è dettagliato e frutto di approfondite ricerche, documentate al termine del libro da una interessante bibliografia.
È un libro colto, elegante, imprezoisito da una scrittura ricca che travalica le distinzioni tra i generi, pieno di dotte digressioni che rifanno vivere l’epoca dei Lumi con le sue luci e le sue tante ombre.