Proveniente dal Maine, Jack Reacher decide di svernare a San Diego e così tra bus a lunga percorrenza dalle cromature luccicanti e brevi tratti in autostop inizia il suo viaggio. Lungo la strada fa una deviazione nel New Hampshire e quando un cartello gli indica una cittadina di nome Laconia si ricorda che era il luogo natale di suo padre Stan Reacher, e mosso da curiosità decide di andare a dare un’occhiata al posto e magari trovare la sua casa natale da cui suo padre appena maggiorenne fuggì, forse precipitosamente, per arruolarsi nei Marines.
Così inizia Il passato non muore (Past Tense, 2018) ventitreesimo libro della serie di Jack Reacher, ex poliziotto militare dedito a vagabondare per le polverose strade di un’America per certi versi ancora rurale e desolata.
Tradotto da Adria Tissoni e pubblicato in Italia sempre da Longanesi Il passato non muore segue il precedente Inarrestabile, che mi ha tenuto compagnia l’estate scorsa, e per coincidenza anche la scorsa recensione era uscita il 9 luglio.
Che devo dire mi piacciono le storie di Jack Reacher, alcune forse più di altre, ma si tratta sempre di intrattenimento di qualità, alta suspence, colpi di scena ben piazzati, coerenza narrativa di buon livello, e forse sprazzi di violenza improvvisi sempre inseriti in una certa etica del protagonista che anche se non sempre segue alla lettera la legge ha comunque un’idea precisa e personalissima di cosa sia il bene e il male. Certo Jack Reacher non è un tipo con cui ci piacerebbe davvero mangiarci una pizza assieme o averci a che fare, ma sulla pagina scritta è un personaggio davvero riuscito e capace di creare empatia con il lettore.
Questa storia mi è piaciuta per i dialoghi, asciutti, puliti, pieni per certi versi anche di umorismo (alla Jack Reacher naturalmente) e per il senso di suspense che cresce man mano che si prosegue la lettura.
Insomma ci sono due storie parallele che si alternano: quella di due ragazzi canadesi in viaggio con una grande valigia (non vi dico cosa c’è dentro, lo scoprirete sul finale e no non è un MacGuffin) e quella di Jack Reacher alla ricerca delle sue radici, in visita alla città natale di suo padre.
Già da subito sappiamo che le due storie si incontreranno, ma non sappiamo come, dove o perché. Ma sappiamo che voleranno botte da orbi, che alcuni moriranno, si spera i cattivi della storia, perché Jack Reacher non le manda a dire, e non va tanto per il sottile quando si tratta di difendere giovani donne che tornano a casa tardi la sera dopo un turno da cameriera in un cocktail bar, o ragazzi sprovveduti che voglio rifarsi una vita e invece finiscono in un motel da incubo. Perché la provincia americana è sinistra e pericolosa, nasconde insidie ad ogni angolo, anche dove meno te l’aspetti.
Jack Reacher non si smentisce, è sempre lui, rude, grossolano forse, grande e grosso e senza grandi aspettative di vita, insomma non pensa proprio di vivere abbastanza per finire la sua vita in una casa di riposo.
Lee Child scrive onesto thriller action on the road, e in questo è il migliore, quando si inizia una sua storia non si vede l’ora di vedere dove porterà. Ma non è pura azione senza contenuti, è uno specchio distorto di cosa è l’America oggi, con i suoi pregi e i suoi difetti, la tanta brava gente che dà passaggi agli sconosciuti (e gli va bene quando è Reacher a salire a bordo) e tanti altri delinquenti e gentaglia assortita interessata a fare affari nei modi più sordidi possibile.
Un po’ mi ha ricordato Prova a fermarmi, per alcune scelte narrative ma è stato un breve deja vu, questa è una storia autonoma che si regge sulle sue gambe e che aiuterà anche a fare luce su un segreto di famiglia del padre di Reacher, segreto che era sicuro non sarebbe mai venuto a galla, ma non aveva previsto di avere un figlio come Jack.
Lee Child è nato a Coventry, in Inghilterra, nel 1954. Dopo aver lavorato per vent’anni come autore di programmi televisivi, nel 1997 ha deciso di dedicarsi alla narrativa: il suo primo libro, Zona pericolosa, è stato accolto con un notevole successo di pubblico e critica, e lo stesso è accaduto per gli altri romanzi d’azione incentrati sulla figura di Jack Reacher, personaggio definito dall’autore «un vero duro, un ex militare addestrato a pensare e ad agire con assoluta rapidità e determinazione, ma anche dotato di un profondo senso dell’onore e della giustizia». Nel 2019 è stato proclamato Autore dell’anno dal British Book Awards. Lee Child vive negli Stati Uniti dal 1998.
Source: epub inviato al recensore dall’editore, ringraziamo l’ufficio stampa Longanesi.
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Per chi non conoscesse ancora Jack Reacher, personaggio nato dalla penna inarrestabile di Lee Child, una raccolta di racconti brevi forse è il modo migliore, a mio parere, per fare la sua conoscenza. Il mio nome è Jack Reacher (No Middle Name, 2017) ne contiene ben otto, tutti inediti in italiano (tranne Identità sconosciuta), tutti accomunati da quello spirito on the road che caratterizza la serie tanto amata dai lettori. Ma chi è Jack Reacher? Bella domanda, forse neppure l’autore ha ancora capito il suo segreto, come mai dal 1997 raccoglie così tanti lettori intenti a seguire le sue gesta. Ex militare, senza fissa dimora, in viaggio da un angolo all’altro dell’America, paladino dei deboli e degli indifesi, con un’allergia congenita verso criminali e tagliagole, Jack Reacher è un eroe anomalo in un mondo che ha davvero bisogno di eroi, di modelli a cui ispirarsi, di persone che antepongano un ideale (di giustizia, lealtà, rettitudine) ai loro meri interessi personali. E Jack Reacher è tutto questo, lo vediamo bene in questi otto racconti, che comprendono Troppo tempo, il già citato Identità sconosciuta, Tutti parlano, Non è un’esercitazione, Magari hanno una tradizione, Un tizio entra in un bar, Nessuna stanza libera al motel, e Il dipinto del diner malinconico. Due dei quali sono molto natalizi, se li leggerete capirete il perchè, soprattutto Nessuna stanza libera al motel, ma non dico di più. Un’altra osservazione che ci tengo a fare riguarda il titolo originale, che suona come ‘Nessun secondo nome’, se ci fate il caso tutti i grandi assassini americani da 
Nuova avventura per Jack Reacher eroe, senza (troppe) macchie e senza paura, nato dalla penna inarrestabile di Lee Child. Per chi conosce la serie, ormai giunta al diciassettesimo romanzo per Longanesi, una garanzia. Passano gli anni, e nessun cedimento, nelle sue storie c’è sempre quel mix di avventura, suspense, disincanto che ci porta al centro dell’azione nei quattro angoli del mondo.
Prova a fermarmi, (Make Me, 2015) del maestro indiscusso del thriller d’azione Lee Child, uscito in Italia per Longanesi nella collana La Gaja Scienza (volume 1273) scritto in terza persona e tradotto da Adria Tissoni, è il ventesimo romanzo della serie che vede protagonista assoluto l’iconico Jack Reacher, eroe americano sui generis, qui più cattivo del solito (quando accelera la morte di un cattivo agonizzante ho detto ohibò!) e quando spara in faccia a un criminale ucraino senza un attimo di tentennamento ho detto (ohibò un’ altra volta). Anzi Prova a fermarmi, è un romanzo più cattivo del solito non solo per un incattivimento del protagonista. Innanzitutto quando scoprirete il mistero che tiene solidamente in mano la struttura narrativa del romanzo (per metà vagherete spiazzati senza immaginare letteralmente niente), capirete di cosa parlo.

Ritrovare Jack Reacher è un po’ come ritrovare un vecchio amico, che invecchia, come invecchiamo noi, ma in fondo resta sempre lo stesso, e soprattutto è sempre rassicurante e sicuramente il tipo che si vorrebbe incontrare quando si è davvero nei guai. Perché Jack Reacher, ex poliziotto militare ora in giro per le strade d’America come un hobo votato al viaggio e all’avventura, non è di quelli che si voltano dall’altra parte quando c’è qualcuno bisognoso d’aiuto.
La vita di Jack Reacher, personaggio iconico nato dalla penna del britannico Lee Child, si divide in un prima e un dopo. Nella vita prima del punto di svolta era un poliziotto militare, nella vita dopo un cane sciolto per le vie polverose d’America. Cosa successe tra questo prima e questo dopo ci viene raccontato in La verità non basta, (The Affair, 2011), sedicesimo episodio della saga, edito come sempre da Longanesi e tradotto dalla brava Adria Tissoni.
Maestro indiscusso dell’action thriller Lee Child, pseudonimo di James R. Grant, è un autore capace di imbastire trame, giocate quasi interamente sui dialoghi, che grazie al personaggio di Jack Reacher rimangono nell’immaginario comune. Così è anche questa volta con Un passo di troppo, (The Hard Way, 2006), decimo episodio della serie. Un buon thriller, scritto in terza persona, duro, veloce, pubblicato ormai qualche anno fa, (per la precisione nel 2006, in America per la
Chi ha detto che al giorno d’oggi non si abbia più bisogno di eroi? Che valori come il coraggio, l’altruismo, la generosità siano fuori moda o nostalgicamente reazionari e retrivi. Lo sa bene Lee Child autore britannico, ma ormai a tutti gli effetti cittadino americano, creatore del personaggio letterario di Jack Reacher. Un eroe moderno, solitario e incorrotto, un gigante fatto di muscoli e per giunta dotato anche di cervello, un outsider solitario capace di dar vita e linfa ad una delle saghe più longeve e felici di thriller d’azione degli ultimi anni. E’ infatti dalla fine degli anni Novanta che il personaggio di Jack Reacher, arrivato in Italia alla sua quindicesima avventura, percorre le vie d’America, vagabondando di città in città e trovandosi sempre al posto giusto al momento giusto.
























