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:: Le lacrime di Dio di Fabio Mundadori (Sette chiavi 2024) di Patrizia Debicke

30 settembre 2024

Un titolo decisamente intrigante e un incipit che non lo smentisce.
È la mattina di Natale. Ma quando Andrea Veronesi, un imprenditore, presidente della filiale italiana di Could News, canale satellitare con il miglior trend di crescita negli ultimi cinque anni, si sveglia nel suo letto Anna sua moglie non è sdraiata accanto a lui. Anche sua figlia Martina deve essersi già alzata perché in camera sua il piumino è abbandonato a terra.
E anche al piano di sotto, a pianterreno, non c’è nessuno. Ma dove sono andate le sue donne?
Si direbbe che in casa siano rimasti soltanto lui e il gatto Nemo con i suoi languidi miagolii imploranti cibo. Nel bel salone della sua villa di Marsala, di fronte allo Stagnone e alle sue isole, caldo e accogliente con le sue allegre decorazioni natalizie, dove ha cenato la sera prima, quella della Vigilia con moglie, figlia e il fidanzato della ragazza, tutto sembra come è stato lasciato per andare a dormire… Solo sotto il grande abete scintillante, i pacchi rimasti intonsi e appoggiati là intorno, sono misteriosamente svaniti. Ne resta solo uno nuovo, diverso ? Una scatola color oro con un fiocco verde e un biglietto e sul biglietto il suo nome. Dietro il biglietto una parola che ordina: “aprimi” Ma da quando Veronesi lo farà, la sua vita verrà completamente stravolta e non sarà più la stessa.
E da un momento all’altro l’imprenditore si troverà implicato in una quasi crudele e fantascientifica rincorsa alla James Bond per tentare di salvare la pelle di moglie e figlia. Ma davanti e contro di lui non ci sono dei rapitori qualunque. Non deve confrontarsi con dei dilettanti ma con dei lucidi professionisti che sanno bene dove e come arrivare. E lui deve solo ubbidire passo, passo a ogni loro istruzione, perché la posta in gioco è la vita o la morte delle sue donne. E senza dubbi o indugi perché il tempo a sua disposizione è risicato e non gli lascia alcuna scelta. Ma qualcosa di imprevisto invece rischia di inceppare le sue mosse. Simone, il fidanzato di sua figlia suona alla porta… Le sue incerte e affannose giustificazioni sull’assenza di madre e figlia lo costringeranno ad andarsene ma poi anche a chiedere l’intervento della polizia. Infatti quelle risicate spiegazioni lo spingeranno a recarsi in questura a parlare con la vicequestore Valeria Primavera, ormai vicinissima alla pensione e al suo ispettore Cangemi, di turno e in pista nonostante le festività per la morte per droga di Rosa Schirà, una donna di 39 anni ritrovata priva di vita a casa sua.
Dalla messa in circolazione sul mercato internazionale di una nuova e sconosciuta sostanza sintetica chiamata Le lacrime di Dio anche a Marsala si contano ormai diversi morti solo in nome di quel maledetto business che avvelena le vite e distrugge le esistenze. Una droga spacciata nelle discoteche e che miete soprattutto vittime tra i ragazzi. Ma stavolta hanno per le mani una vittima di diversa età, insomma stranamente fuori target…
Proprio a loro il giovane denuncerà l’accaduto di casa Veronesi per lui molto strano, della scomparsa della sua fidanzata e della madre. Con in più il particolare che Martina, la sua ragazza ha persino lasciato il cellulare a casa….
Un Natale ben presto impressionante per tutti loro perché una tragica scoperta lo trasformerà in un caso da incubo … E il diretto coinvolgimento della polizia, ponendo Veronesi con le spalle al muro, lo costringerà a fuggire.
Ormai è solo un uomo braccato sia dal fidanzato della figlia che dalle forze dell’ordine… Mentre contemporaneamente la sua affannosa corsa contro le lancette dell’orologio verrà da quel momento scandita senza pietà da una sensazionale serie di colpi di scena con la suspence in progressivo crescendo a ogni pagina.
Una storia opaca, no peggio, nera più di una notte senza stelle, con pensieri, atti e reazioni dei diversi personaggi, maschili e femminili imponderabili e in continuo mutamento. Una trama oscura legata a una famiglia che avrebbe dovuto essere felice o addirittura perfetta e invece… Con il male che pare sempre volersi insinuare dappertutto mietendo ohimè anche vittime innocenti. E magari pronto a impedire alla vicequestore Valeria Primavera di concludere davvero a Marsala la sua carriera di poliziotta?
Ma il male non guarda in faccia a nessuno e si dice a ragione: nero come il male.
Mentre invece solare e luminosissima, risulta la splendida ambientazione siciliana arricchita dalla presenza di quel posto magico, rappresentato dalla laguna che si estende davanti alla costa, quella che tutti a Marsala conoscono come “lo Stagnone.
Un thriller intrigante, redatto con una scrittura chiara e lineare dotata di uno stile privo di sbavature ma sempre completo e preciso nei particolari.

Fabio Mundadori è nato nel 1966 e vive a Latina, dove si occupa di sicurezza informatica. Scrittore di gialli, thriller, noir e testi fantascientifici, nel 2008 ha vinto “Giallolatino” e nel 2011 “Garfagnana in giallo”. Condirettore del premio letterario, è anche direttore artistico di “NeRoma Noir Festival” e collabora alla Staffetta di Scrittura di BiMed. Per Puntozip conduce la video rivista “ENTERPRISE”, dedicata al mondo della fantascienza. Da gennaio 2024 cura la rubrica La parola al male all’interno del programma Tra il dire e il male in onda sul canale nazionale Cusano Italia TV. Dal 2010 a oggi ha all’attivo la sua antologia personale d’esordio, quattro romanzi e numerosi racconti pubblicati in varie antologie. Le lacrime di Dio è la prima avventura della vicequestore Valeria Primavera.

:: Marsiglia 1937 di Shanmei, recensione di Patrizia Debicke

26 settembre 2024

Con un linguaggio scarno ed essenziale, Shanmei ci narra una coinvolgente storia di malavita, perdizione, tradimenti ma che lascia intravedere anche la luce di una possibile redenzione ambientata a Marsiglia fine anni 37’ quando già i peggiori istinti del nazismo avevano cominciato a bussare alle porte delle coscienze Europee.

Una storia infatti collocata in Francia a due anni dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, un periodo particolare in cui si guardava con invidia e ammirazione al di là dell’Oceano e si osannavano il jazz, la musica americana, le loro abitudini, ignorando volutamente i loro difetti.

Marsiglia, ove “Il milieu”, nome attribuito alla criminalità locale, era molto attivo, specie nella vecchia città con i suoi vicoli malfamati, era chiamata anche “la Chicago francese”. Punto di raccolta privilegiato della criminalità, con le sue case, i suoi locali equivoci e il suo porto: punto di attracco per ogni genere di traffici irregolari, ma anche punto di partenza per tanti poveretti costretti a cercare un possibile futuro in America.

Protagonisti della trama André e Marie, lui ex detenuto che ha scontato cinque anni a Tolone, oggi padrone di un ristorante a Marsiglia e lei assunta come guardarobiera. Sarà vero amore il loro?

Ma come potranno viverlo alla luce del sole con in ballo la preparazione del grosso colpo destinato a cambiare il destino di Andrè ma sotto la spada di Damocle brandita della sua vendicativa vecchia fiamma, la cantante Jojo che si esibisce nel locale attiguo, e dall’ispettore Marchal con un vecchio conto tra loro rimasto in sospeso?

Un raccontare che rimanda con dovizia di particolari alle polverose immagini delle vecchie pellicole francesi anni 30, interpretate da grandi attori, giganti della cinematografia mondiale quali Jean Gabin, Michel Simon Jean Renoir e Michèle Morgan.

:: La torre delle tenebre di Paul Harding, (Mondadori 2024) a cura di Patrizia Debicke

11 settembre 2024

Febbraio, 1381. Londra è stretta nella gelida morsa di uno degli inverni più rigidi mai registrati e le tasse sempre crescenti pretese dal Reggente, Giovanni di Gand, per conto del re quattordicenne Riccardo II stanno facendo montare il risentimento tra gli strati più poveri della città guidati dal segreto esercito degli Uomini Retti.
A The Candle Flame, la grande e lussuosa taverna cittadina di Southwark che sorgeva sulla sponda del fiume famosa per i grotteschi frontoni con figure scolpite di satiri e scimmie ghignanti, maestoso edificio ingrandito grazie ai guadagni dell’oste, Simon Thorne, nella recente guerra in Francia, grandi fuochi generosamente riforniti di legna dai servitori riuscivano a fatica a stiepidire l’aria degli stanzoni.
Comunque la Candle Frame doveva la sua fama oltre al suo magnifico aspetto, agli alloggi e alla fastosa cucina offerta agli avventori, anche al Barbican la torre a due piani in pietra grigia che si ergeva solitaria e minacciosa sulla Palisade, ampia distesa di terra incolta a est dell’ edificio. La Palisade usata anche come luogo di esecuzioni per Southwark e la forca e il ceppo erano piazzate proprio vicino al Barbican.
Il 13 febbraio lo spietato esattore della tasse Edward Marsen si era presentato alla taverna e dopo aver chiesto il meglio per sé e i suoi, aveva preso alloggio nel Barbican con Mauclerc il suo scriba e Hugh di Hornsey, un capitano degli arcieri, e cinque uomini al suo servizio. Poi aveva sollecitato il meglio all’oste, il cibo più esclusivo, insomma solo piatti sopraffini accompagnati dalla birra di produzione propria della Candle Frame, famosa per l’eccellente gusto e la gradazione.
Marsen era il responsabile della riscossione del testatico ( forma di imposizione fiscale a testa, cioè a persona, dei padroni sui servi poi, e nelle signorie territoriali, anche cittadini per la protezione del signore), lungo l’argine sud del Tamigi per conto dell’autoproclamatosi reggente, Giovanni di Gand.
Odiato pertanto da tutta la gente della zona per le sue ripetute e continue vessazioni , non era che un crudele e spietato pirata di terra al quale nessuno osava mai opporsi. Horne aveva affidato allo stalliere Monncalf il compito di svegliare Marsen e lo scriba dopo le loro notti dedicate a ripetute gozzoviglie condite da sbornie e libidine con le prostitute del postribolo cittadino.
Ma presto, ma non troppo per timore di essere male accolto dai crapuloni, la mattina del 17 Mooncalf scoprirà all’esterno della torre i cadaveri di due arcieri di guardia abbandonati vicino alle poche braci di un fuoco morente uccisi da due dardi piumati. Busserà freneticamente, ma nessun segno di vita in risposta proviene dall’interno e tutti gli accessi a Barbican sono sprangati. Dopo aver chiamato in soccorso il padrone, il taverniere, che stava ancora dormendo, insieme servendosi di una lunga scala riusciranno ad accedere all’interno tramite una finestra del piano superiore e scopriranno un tremendo e sanguinoso spettacolo. Marsen e Mauclerc lo scriba sono stati brutalmente assassinati, come pure le due prostitute con cui si stavano intrattenendo. La prima con una stoccata al cuore mentre la seconda presenta un orrido squarcio alla gola. E scendendo attraverso una botola troveranno al piano inferiore morti e in un lago di sangue anche gli altri tre uomini della scorta alloggiati al piano di sotto . Solo il capitano degli arcieri, tutti assassinati, risulta scomparso e il contenuto nel forziere di ferro dell’esattore, un cospicuo bottino in oro e argento, frutto delle imposte, è stato rubato. Un riquadro di pergamena lasciato appeso a una finestra mostra lo stesso minaccioso messaggio lasciato da tale Beowulf, l’abile assassino che si serve del nome famoso eroe sassone e con il quale ha già colpito più volte giurando vendetta contro la reggenza.
Convocato immediatamente sul posto dal coroner e suo protettore sir John Cranston, Fratello Athelstan, parroco della chiesa di St Erconwald e che già in passato ha aiutato in altri difficili casi di omicidio, durante l’ispezione sul luogo dei delitti, troverà un guanto d’arme e una maglia metallica che sembra essere stata lubrificata… A chi appartiene? E perché mai si trova là ? E visto che accessi e finestre sono sbarrati come ha fatto l’assassino a penetrare nella stanza chiusa ?… E soprattutto dove si nasconde Hugh di Hornsey, il capitano degli arcieri ?
Ma su immediato ordine del furioso e sconvolto Giovanni di Gand, che ha avuto resoconto della scena degna dei peggiori gironi dell’inferno e del suo braccio religioso il magister secretorum Mastro Thibault, Fratello Athlestan, riceverà mandato di indagare fino in fondo e scoprire chi sia stato e come sia stato possibile perpetrare una tale macabra carneficina. Per di più il reggente e i suoi più fedeli collaboratori sono già stati messi in guardia delle voci sulla presenza di una spia francese che da tempo starebbe operando lungo le rive del Tamigi, registrando per i suoi lontani padroni in Francia, al Louvre, lo stato e le debolezze delle difese inglesi.
Ancora una volta il nostro parroco investigatore Athelstan e il coroner sir John Cranston si preparano “a immergersi nella orrenda e viscida palude del delitto.” In un momento storico particolare in cui la rivolta guidati dagli Uomini Retti e dai Vermi della Terra nutre e rafforza giorno dopo giorno l’odio crescente nei confronti di Giovanni di Gand. Non solo perché anche la carneficina attorno alla Candle Frame pare non volersi fermare … E i cittadini hanno cominciato a fuggire lontano da Londra per scampare alla morte.
Davanti a tanti inquietanti segni della presenza del male legato al torbido mondo dell’omicidio, dove l’oscurità cambia costantemente e poi nessuno è chi o cosa sembra davvero, ci sarà solo l’acume di una persona su cui fare affidamento: quello del Frate domenicano Athelstan.
Perfetta la ricostruzione storico ambientale che consente al lettore di proiettarsi mani e piedi nella Londra del XIV secolo.

Paul Harding, pseudonimo dello scrittore Paul Doherty, è nato a Middlesborough nel 1946. Ha studiato alla Woodcote Hall e si è specializzato in storia nelle università di Liverpool e Oxford. Vive in Inghilterra ed è un maestro del giallo d’ambientazione storica. Tra i secoli XIV e il XV si svolgono le vicende del frate domenicano Athelstan, del coroner Sir John Cranston e del medico ed erborista di Canterbury Kathryn Swinbrooke.

:: E cosy sia Antologia del Giallo Mondadori a cura di Patrizia Debicke

20 agosto 2024

Il cosy crime prende ufficialmente cittadinanza tra le pagine del Giallo Mondadori con “E cosy sia”, una raccolta di storie a tinte mystery dense di ironia. Una raccolta di dodici racconti scritti per divertimento da alcune tra le migliore penne italiane del settore.
E quindi largo in rigoroso ordine alfabetico ad Aicardi, Aloisi, Basso, Corciolani, Ingrosso, Morlupi, Paolacci, Pastori, Perna, Regina, Rinaldi, Ronco, Venditto, Venturini.
Con una copertina decisamente sfiziosa, un titolo stuzzicante, un’azzeccata prefazione di Alice Basso (ma se ne poteva dubitare?), dodici racconti destinati ai lettori, due dei quali affidati a coppie di autori , amorevolmente accuditi da Barbara Perna (la mamma, creatrice di Annabella Abbondante) che in più ci regala le sue interviste fatte agli scrittori e le loro brevi biografie. Mica male no?
Ciascuno meriterebbe magari un commento a sé, ma forse meglio lasciare un po’ di suspence in più e stringere, regalando solo qualche assaggino qua le là. Tanto per gradire.
Insomma comincio subito col dire onore al merito per averci risparmiato sangue a fiumi, angoscianti scene da incubo e orripilanti e minuziose descrizioni di delitti. La formula del cosy crime, infatti, fa volentieri a meno dei dettagli cruenti, della tensione o delle location in zone degradate caratteristiche del poliziesco noir. Beh certo direte ma un po’ di morti ci vogliono e anche degli assassini, meglio se da mettere in manette, quando necessario. Tranquilli ci saranno.
Una dimensione dunque il cosy crime tipica spesso delle piccole comunità e della vita di provincia, che si limita a fornire qualche informazione, senza indugiare nel torbido o in morbosi dettagli. Ma con le ambientazioni/scenografie volendo si può sbizzarrirsi e chiunque in teoria può indossare le vesti del detective . E quindi se il caso non ci si fa mancare il più classico vedi: questore, vicequestore, capitano della finanza, tenente dei carabinieri, ispettori e, se si va in trasferta in Francia, il lieutenant, e naturalmente per parità di genere sia al maschile che al femminile, ma anche e perché no chiunque altro, investigatori amatoriali, talvolta coinvolti loro malgrado dai loro conoscenti nella storia fino ad estreme conseguenze e costretti per forza a darsi da fare.
Vi consiglio caldamente di leggere sullo sciopero catanese delle marchette inserito con un salto indietro nel tempo nella Sicilia degli anni Sessanta liberamente tratta da una storia vera… Per poi scoprire come sia bello cambiare orizzonte di continuo, saltellando: da Catania, a Genova, a Roma, a Napoli, a Posillipo, a Bisceglie ecc…fino a Parigi pronti ad ammirare le scintillanti luci della Ville Lumière.. Il tutto, in compagnia di personaggi conosciuti e non, spostandovi con ogni mezzo, magari in crociera, una crociera dai risvolti imprevedibili in cui imparerete persino come può diventare facile liberarsi del peggior cascamorto e convinto seduttore presuntuoso. Sissignori vi muoverete tra discutibili situazioni familiari, personaggi particolari, discorsi spesso irreali ma, garantisco, non dimenticando mai il buon cibo legato alla tradizione, dal Nord alla Sicilia, e dunque tanta buona cucina trasformata spesso in ingrediente indispensabile della trama. Comunque sì, in “E cosy sia” si mangia bene. Anzi benissimo e volendo s’impara persino. Ma oibò detta cucina potrebbe servire, perché no? anche come mezzo per eliminare chi se lo merita. Ci sarebbero addirittura alcuni ingredienti che usati in un certo modo potrebbero diventare pericolosi. Eh già! Ma anche le cose più buone se si esagera.. Insomma ricorderete il detto : il troppo stroppia… Certo e può fare talmente male da uccidere?
E come non parlare dei gatti dai nomi parlanti legati a mostri sacri vedi: Nerouolf e (Mycroft Holmes fratello di Sherlock) della letteratura gialla. E che dire di rimandi ad altri classici del genere …Quali per esempio Assassinio sull’Orient Express. Liti e intrighi, amori, tradimenti, favole (il Mostro del Pantano)… Insomma troveremo un po’ di tutto in dodici storie costellate da indizi e tanta ironia da chi ci sa fare.
Ma non rilassatevi troppo: nonostante il tono leggero e l’ironia, il cosy crime non si risparmia quando si tratta di intrighi e colpi di scena!
Ecco comunque doverosamente a voi l’elenco dei racconti che compaiono nell’antologia:
• “Ultima cena a Parigi” di François Morlupi;
• “Peri Peri” di Maria Elisa Aloisi;
• “Vertigine” di Antonio Paolacci e Paola Ronco;
• “All inclusive” di Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori;
• “Morte a km zero” di Nora Venturini;
• “Il Gatto, l’Astice e il Cammello” di Valeria Corciolani;
• “Il caso è risotto – Il giallo del risotto giallo” di Lucia Tilde Ingrosso;
• “La dieta è un delitto” di Serena Venditto;
• “Il Pescatore, il Professore e la Carne Jatta” di Patrizia Rinaldi;
• “Il mostro nel pantano” di Paolo Regina;
• “Cuore di mamma” di Alice Basso;
• “Cozze amare” di Barbara Perna.
Quindi ricapitoliamo : Antologia a cura di Barbara Perna, alla quale si deve anche l’introduzione “L’irresistibile leggerezza del cosy crime”, preceduta dalla prefazione di Alice Basso : “Piccolo manuale di sopravvivenza per amanti del cosy crime”.

:: Addio, Bocca di Rosa di Daniela Piazza (Laurana 2024) a cura di Patrizia Debicke

17 agosto 2024

Il clamore per la tragica vicenda di “La morte non ha rispetto” che aveva sconvolto nell’inverno Celle Ligure tranquilla e ridente cittadina balneare della Riviera di ponente balneare ,della provincia di Savona non si è ancora placato del tutto quando un nuovo caso, estivo stavolta, costringerà il maresciallo Talarico e la sua caparbia “collaboratrice” Annarita Rebagliati a lasciare da parte la lettura degli amati romanzi per andare a ficcare il naso tra i tanti segreti dei cellesi. Un ritorno quindi e un nuovo e imprevedibile caso da risolvere.
Ma partiamo dall’antefatto. Dicevamo Celle, piena estate e uno straordinario evento musicale, una serata organizzata nella piazzetta Raffaele Arecco, vicino al molo. Imperdibile occasione con come principale protagonista la Perfaber, una band che canta e bene cover di Fabrizio De André, amatissimo autore della signora Rebagliati e francamente amato e famoso in tutta Italia e altrove.
Ragion per cui, finita rapidamente la cena, non le resterà che spronare vivacemente la sua bella e intelligente giovane dama di compagnia ucraina per farsi aiutare a vestire con eleganza e uscire di casa prima possibile. Portando uno scialle, saranno anche più di trentacinque gradi, ma non si sa mai.
E a un tale evento non poteva certo mancare come spettatore il maresciallo Antonio Talarico, giovane, piacente e simpatico, arrivato in piazza sia per il piacere di ascoltare buona musica che per garantire ordine, controllo e sicurezza alla serata. Una serata speciale che a giudicare dalla folla in strada, nonostante la calura, stava richiamando oltre ai tanti foresti anche l’intera cittadina. E infatti lasciato al volante della gazzella il vicebrigadiere Carlo Marella, per controllare a distanza la situazione, si era avvicinato al palco.
Il gruppo musicale era di qualità, le canzoni di De Andrè, assolutamente incantatrici tanto che tutti i presenti apparivano rapiti dalla magia della musica e delle poetiche parole del celebre cantautore. Un incanto rotto solo brevemente dalla rumorosa entrata in scena della carrozzella della signora Rebagliati a mo’ di carro da guerra. Ma quando la band aveva intonato il popolarissimo brano Bocca di rosa, accompagnato da tutto il pubblico, sulle parole: “C’era un cartello giallo, con una scritta nera, diceva “addio bocca di rosa con te se ne parte la primavera”… era successo il patatrac. Una ragazza infatti, tale Alice Sanfilippo, arrivata con un folto gruppo di coetanei che si agitavano chiassosi si era accasciata al suolo mentre gli amici gridavano il suo nome. Immaginando un malore provocato dal caldo, la serata era afosa in modo quasi insopportabile, il maresciallo si era avvicinato, mentre la band smetteva di suonare e i militi della Croce Rossa si facevano largo per raccogliere la giovane donna e portarla al Pronto Soccorso . Tutti pensavano che potesse riprendersi ma invece la ragazza morirà addirittura prima di arrivare in ospedale.
A colpire la fantasia della stampa locale, naturalmente già la mattina dopo il fatto balzerà in prima pagina, saranno subito le analogie della vita e delle allegre abitudini della giovane morta, una ragazza molto libera senza legami fissi come la della protagonista di Bocca di rosa, la canzone che veniva eseguita proprio nello stesso momento del suo malore. Si tratta solo di una triste e fatale coincidenza o potrebbe trasformarsi in una accusa? Quale è stata la vera causa della morte di Alice? L’immediato referto medico dell’Ospedale di Savona darà come causa del malore fatale: sovraddosaggio da methil methylene dioxy amfetamina. Ovverosia Ectasy…Ragion per cui sarà indispensabile far intervenire l’antidroga.
La successiva autopsia evidenzierà poi che l’ectasy assunto dalla ragazza era associato a del metafentanyl detto anche Persiano Bianco. Insomma un porcheria all’ennesima potenza. Un mixer fatale. Nuove sostanze oltre la cocaina, fino ad allora lo spauracchio peggiore nella zona, si starebbero facendo largo sulla costa?
In una pletora di potenziali piste, di colpevoli forse improbabili e altri invece possibili, il maresciallo Talarico dovrà portare avanti la sua indagine e risolvere il caso barcamenandosi con le levate di testa della stravagante ma ingegnosa coppia formata da Annarita, padrona che rifiuta ostinatamente di restare fuori dall’inchiesta, e dalla sua riottosa badante…
Ma e soprattutto chinando la testa e destreggiandosi in qualche modo tra l’ira e le continue critiche, pressioni e levate di cappello del magistrato inquirente, il maresciallo dovrà riuscire a trovare il bandolo di un’intricata matassa sullo sfondo di una cittadina apparentemente paradisiaca ma ancora teatro di insospettabili misteri poi, senza farsi sopraffare, anzi coprendo in qualche modo persino le magagne del figlio del dottor Benzi, regalargli addirittura la soluzione del caso su un piatto d’argento assicurando l’omicida alla giustizia.
E ci riuscirà avvalendosi di appoggi inconfessabili, di strampalati intrighi, di apparentemente sconclusionate indagini e di sorprendenti scoperte, come quella sull’ identità di chi ha commesso il delitto, ardita tesi che funziona bene e rimanda i lettori a un indispensabile seguito. Insomma abbiamo un maresciallo del carabinieri da manuale, coadiuvato da un brigadiere locale che ci sa fare, una lucidissima signora Annarita che ama la cucina, la letteratura e si sente finalmente impegnata in qualcosa che la stuzzica abbastanza da farle usare gli apparecchi per l’udito , sostenuta dalla sua badante Elena, coltissima laureata ucraina, costretta dalla guerra nel suo paese ad accettare tutt’altro lavoro. Personaggi da commedia dell’arte molto ben inquadrati e gradevolmente sorretti da un canovaccio dai risvolti comico-mangerecci.
Un romanzo dunque “dove si legge molto e bene” e soprattutto, cosa che non guasta mai, si mangia benissimo.

Daniela Piazza (Savona, 1962) è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia dell’Arte. Diplomata in pianoforte, è insegnante di Storia dell’Arte. Ha pubblicato articoli a soggetto storico-artistico prima di esordire con il fortunato romanzo storico Il tempio della luce, edito nel 2012 da Rizzoli e accolto con notevole interesse da stampa e lettori, a cui hanno fatto seguito L’enigma Michelangelo (Rizzoli, 2014), La musica del male (Rizzoli, 2019), Il tempo del giudizio (Rizzoli, 2022), Il bastardo (Altrevoci, 2022), La brigante (Altrevoci, 2023) e il poliziesco La morte non ha rispetto (Laurana, 2022), vincitore nella sezione inediti del Premio NebbiaGialla 2021.

:: La sentenza è morte di Antony Horowitz (Rizzoli 2024) a cura di Patrizia Debicke

27 luglio 2024

Secondo romanzo tradotto in italiano da Francesca Campisi della nuova serie che una volta di più conferma Horowitz, famoso scrittore britannico, come brillante rinnovatore della tradizione poliziesca anglosassone. Ben noto per la sua serie best seller di Alex Rider, con un colpo di scena/trucco di magia in un facsimile in chiave moderna dell’accoppiata dottor Watson, Sherlock Holmes si è trasformato nel coprotagonista della sua stessa storia…
Nel primo e precedente episodio infatti : ‘Detective in cerca di autore’ Daniel Hawthorne, ex detective e consulente degli studi televisivi per le serie poliziesche, con il quale Horowitz aveva già lavorato in passato , gli aveva chiesto di scrivere un romanzo per lui e con lui su un difficile caso da risolvere lavorando insieme. Un’ intrigante novità che aveva funzionato molto bene e dopo essere stata premiata dal pubblico con il successo, aveva regalato ai due eterogenei partner investigativi un succoso contratto letterario per altri due romanzi da scrivere insieme. Ma ci voleva una storia, insomma un nuovo delitto e doveva essere quello giusto. Per potersene servire.
E secondo Hawthorne il nuovo caso che ha per le mani dovrebbe esserlo, tanto che pur di proporlo subito a Horowitz riesce, arrivando in taxi, a fare irruzione sul set, addirittura sabotando le riprese di una scena televisiva ambientata nel 1946.
Stavolta la vittima dell’omicidio finora insoluto è l’avvocato divorzista Richard Pryce. Pryce è stato ucciso nella sua villa di Fitzroy Park e ritrovato la mattina dopo dalla domestica. L’assassino come prima cosa gli ha sfasciato in testa una bottiglia di vino da duemila sterline , poi gli ha piantato in gola il collo rotto di detta bottiglia, perforando con violenza la vena succlavia. Il vino, un esemplare costosissimo quasi introvabile di Chateau Lafite Rothchild di Pouillac del 1982 gli era stato regalata dal suo ultimo cliente, un imprenditore immobiliare, Adrian Lockwood, in occasione della conclusione del suo divorzio dalla scrittrice Akira Anno. La Anno , la settimana prima del delitto , aveva minacciato Pyrce in un ristorante e furibonda gli aveva versato un bicchiere di vino in testa. Insomma parrebbe la perfetta indiziata! Anche perché , sul muro della stanza dove è stato ritrovato il corpo dell’avvocato campeggia il numero 182, dipinto con vernice verde. Numero che richiama l’haiku 182, che fa parte della raccolta pubblicata da Akira.
E un altro particolare indicativo, le ultime parole dell’avvocato. “Tu che ci fai qui?” sentite pronunciare dal marito, Stephen Spencer al telefono con lui prima che cadesse la linea, durante la loro ultima telefonata interurbana alle otto di sera… . Quindi l’avvocato Pryce, soprannominato “rasoio” per la affilata capacità di risolvere i casi più complicati, generoso sostegno per Davina Richardson, vedova del suo caro amico perito anni prima per un tragico incidente speleologico nel nord dell’Inghilterra, uomo a prima vista senza nemici, è stato colpito a morte da qualcuno che conosceva bene e al quale aveva aperto la porta…
Nonostante le loro incompatibilità caratteriali, uomo scontroso e iracondo Hawthorne, decisamente più mite il famoso giallista, Horowitz sa bene che l’ex detective, al di là della sua tendenza a imprecare, riesce sempre a destreggiarsi. E pian piano, conoscendolo meglio, ha imparato ad apprezzarne i lati migliori, il suo eccezionale intuito e soprattutto lo straordinario istinto che gli permette di affrontare i casi più delicati. Quindi, benché non abbia tanta voglia di lavorare di nuovo con lui e, pur dubbioso accetta di affiancarlo in una seconda inchiesta per omicidio ritrovandosi in un battibaleno al centro di un’indagine che abbonda di sospettati con validi moventi ma con alibi addirittura inossidabili e per di più traboccante di segreti e ben presto si complicherà con un misterioso e coinvolgente ramificarsi delle indagini. In “La sentenza è morte” infatti oltre a diversi presunti colpevoli, salta fuori anche una sottotrama con un’altra strana morte che potrebbe essere sia un omicidio che un suicidio. E il morto era qualcuno che l’avvocato Pyrce conosceva.
Senza contare che bisogna barcamenarsi con il pessimo rapporto tra Hawthorne e la poliziotta ufficialmente incaricata delle indagini, la mascolina e sgradevole Cara Grunshaw che non sopporta la loro presenza, mette tutto il tempo e in ogni modo i bastoni tra le ruote e fa l’impossibile per tenerli lontano dalle indagini.
Un caso dunque decisamente arduo e difficile da dipanare.
Poi come se non bastasse in questo intreccio appassionante, dalle mille imprevedibili svolte inattese, ciascun personaggio sembra quasi che stia mentendo…
Una storia intrigante con due protagonisti, Hawthorne e Horowitz , tratteggiati tutto tondo e che si compensano egregiamente. Un storia diversa , insomma, speciale, che andando oltre il mixer di fatti e finzione, colloca ancora una volta Horowitz non solo nel ruolo di autore, ma anche di irrinunciabile personaggio della trama.
Un omicidio, pochi sospettati, una valanga di indizi ingannatori in un libro ispirato ai classici del passato, senza contare che nei suoi romanzi Horowitz, oltre a farci percepire la tangibile presenza dei padri del giallo britannico , ci regala anche una minuziosa e ben calibrata descrizione della Londra attuale, costringendoci a seguirlo nei quartieri alti, di Mayfair, Marylebone dove potrete realmente trovare la celebre libreria Daunt Books, Marylebone, 83-84 Marylebone High Street, London W1U 4QW.

Anthony Horowitz, tra gli scrittori più prolifici del Regno Unito, si destreggia egregiamente tra libri, serie tv, film, opere teatrali e giornalismo. È autore della serie bestseller Alex Rider, di cui ha seguito l’adattamento teatrale, e per la televisione ha prodotto la prima stagione dell’Ispettore Barnaby. Nel 2014 ha ricevuto il titolo di Ufficiale dell’ordine dell’Impero britannico per i suoi meriti in campo letterario. Con Rizzoli ha pubblicato I delitti della gazza ladra, I delitti della bella di notte e Detective in cerca d’autore.

:: Delitto al Palatino di Andrea Frediani Newton Compton a cura di Patrizia Debicke

18 luglio 2024

Nell’aprile del 357 d.C. l’Urbe, da tempo trascurata dagli imperatori che hanno stabilito la loro principale residenza a Costantinopoli a torna improvvisamente al centro della scena.
Costanzo II, Flavio Giulio Costanzo, secondogenito di Costantino il Grande, (e ormai tra i pochissimi superstiti tra i successori con il cugino Giuliano, dopo l’ eliminazione di tutti i membri della famiglia) è arrivato a Roma per celebrare i suoi vent’anni di regno.
Un corteo trionfale sta sfilando attraverso l’Urbe, con alla testa l’imperatore, seguito dal suo esercito in formazione da battaglia. Uno spettacolo esaltante per gli sguardi della gente accalcata lungo le strade, intenta ad ammirare sbalordita il fastoso spettacolo di quei soldati, quasi un tutt’uno con i cavalli paragonabili a statue equestri come quella di Marc’Aurelio sul Campidoglio ma vivi e imponenti con le scaglie lamellari delle loro armature esaltate dalla luce del sole, che passavano davanti a loro.
Alla trionfale parata sono presenti anche Quinto Aurelio Simmaco, figlio dell’ex prefetto dell’Annona e Livia, sua amica da sempre e da tempo sua promessa sposa, solo di recente convertitasi al cristianesimo, cosa che l’ha resa determinata e spavalda, accompagnati e protetti dal goto Wolfram, cliente del padre di Simmaco.
Ma in mezzo alla folla si fa largo faticosamente Plotina. Matrona cristiana, ma aristocratica di alto rango decisa ad avvicinarsi e a parlare, pur in mezzo a quella marea umana con il prefetto dell’Urbe: Memmio Vitrasio Orfito. Plotina vuole denunciare: una violenza, un sopruso, una vergogna” ai suoi danni . Vettio Sossiano, stimato senatore pagano, avrebbe abusato di lei. Il prefetto nicchia, fatica a crederle e ritiene che si tratti invece di una relazione finita male. Anche per una patrizia non è facile far valere le proprie ragioni in quanto donna. E sappiamo bene che ci vorranno secoli per arrivarci in qualche modo. Ma Plotina in quanto cristiana e votata alla castità denuncia Vettio di averla aggredita, stuprandola per punirla di essersi convertita.
Dato il momento e la situazione, il prefetto dell’Urbe, da tempo alle prese con le continue contese religiose tra pagani e cristiani divisi fanaticamente in fazioni, chiede alla donna di soprassedere. Almeno in quell’occasione bisognerebbe che tutto filasse liscio.
Ma non è cosa facile perché proprio un momento dopo Rusticiana, figlia di Memmio Vitrasio Orfito , trascinata via dalla folla si troverà spaventata e sballottata in mezzo a un tumulto di energumeni e ad accorgersi del pericolo e correre per darle aiuto e protezione sarà il giovane Quinto Aurelio Simmaco, seguito da Livia e dal goto. Ma prima che possano riaccompagnare Rusticiana vicino alla sua famiglia, Simmaco pare molto disponibile nei suoi confronti e Livia un po’ gelosa, all’improvviso sentiranno un grido di terrore seguito da un secondo e da un altro, ancora. Le grida provengono dai margini di una domus che parrebbe abbandonata, un uomo è a terra circondato da persone spaventate. E , fatti pochi passi in quella direzione, vedranno meglio che l’uomo sdraiato è supino e ricoperto di sangue. E proprio sul suo petto si distingue chiaramente inciso con una lama, un pugnale probabilmente, un simbolo Il Chi Rho.
Il segno del Cristo.
Ma il monogramma è sbagliato: la P (rho) è incisa al contrario, con il semicerchio a sinistra invece che a destra. Perché? Uno spregio?
Comunque, sia Rusticiana che altri tra i presenti sono stati diretti testimoni poco prima di una lite furibonda tra il morto, che si chiamava Prisco, un abbiente mercante, con appalti in Egitto, ed era anche il maggior sovvenzionatore della Chiesa Ariana a Roma e il patrizio pagano Vettio Sossiano, il nemico di Plotina, da lei accusato di stupro. E le prime indagini consentiranno di appurare che i due già in passato si erano scontrati , sempre per motivi religiosi.
Ragion per cui Vettio, subito accusato dell’omicidio, verrà arrestato e messo sotto custodia nella domus del prefetto.
L’imperatore, personaggio emblematico e convinto sostenitore della dottrina ariana, dichiara furibondo che Roma non merita più la tolleranza religiosa di cui sta godendo da più di vent’anni . Se Vettio risulterà colpevole, farà chiudere tutti i templi e vietare ogni sacrificio agli dei.
Concede tuttavia due giorni al prefetto Memmio Vitrasio Orfito per sbrogliare il caso, poi , se non sarà emerso qualcosa di preciso a discarico dell’imputato, questi verrà direttamente sottoposto a processo nel foro, e niente potrà più salvarlo.
Un ultimatum che getta la città nel caos. Insomma le conseguenze di un brutale delitto possono definitivamente stravolgere il precario equilibrio religioso di una Roma da tempo divisa tra pagani e cristiani poi addirittura appartenenti a due diverse confessioni in contrasto tra loro: ariani e cattolici.
Ma l’indagine non decollerà fino a quando coraggiosamente il giovane Quinto Aurelio Simmaco, figlio ed erede di una delle famiglie aristocratiche pagane più in vista della città pur in disaccordo con il padre che sogna per lui un futuro nel senato o da principe del foro sulla scia di Cicerone, se ne farà carico. Il giovane che cerca di districarsi tra tradizione e cambiamento è convinto che sia il fato a imporgli quella missione.
E da solo, ma con l’aiuto di Wolfram l’enorme goto, un povero emigrato in cerca di guadagno e cibo in cambio della sua prestanza fisica e della nobile Livia, sua promessa sposa, resa più sicura e disinvolta dalla nuova coscienza di cristiana , un ben strano trio, affronterà ostacoli rischiosi pericoli e una corsa contro il tempo, per tentare di salvare l’onore dei pagani di Roma e, con esso, la tradizione che l’ aveva resa, capitale di un impero grande e invincibile.
Dal Palatino i tre varcheranno insieme il muro voluto da Augusto per dividere il resto dell’Urbe dalla Suburra, la valle compresa tra i colli Viminale, Quirinale ed Esquilino. Seguendo una labile traccia per entrare in quella parte di Roma dove si trovano le fulloniche, le vasche per il lavaggio e la spremitura dei panni, dove gli operai pestavano i panni da lavare a piedi nudi, immersi in una soluzione di acqua, soda e urina raccolta nelle latrine.
E insieme, nell’arco di appena quarantotto ore, riusciranno a scoprire la complessa e crudele macchinazione ordita dietro a quel caso. E sarà proprio il tribunale o meglio il foro che darà a Simmaco la possibilità di cimentarsi davanti a un giudice, in questo caso all’imperatore in persona, offrendogli con la sua prima arringa il risultato dell’ indagine .
Un bel romanzo storico in cui Andrea Frediani riesce a ricreare con la tumultuosa atmosfera di una Roma in preda al caos, offrendo contemporaneamente un minuzioso affresco di una città, in balia di complesse realtà sociali e religiose, vessata dalle lotte tra due avverse fazioni: cristiani e seguaci degli antichi dei, senza distinzione di classi sociali.
Un romanzo in cui Andrea Frediani, con il pretesto di un’articolata indagine su un omicidio apparentemente causato da conflitti religiosi, muove motivate e giuste critiche ai cristiani del 357 d.C. già eccessivamente integralisti , all’ alba del loro legittimazione religiosa , come poi lo sono rimasti per troppo tempo fino ben pochi decenni fa.

Andrea Frediani, è nato a Roma nel 1963. Divulgatore storico tra i più noti d’Italia, ha collaborato con numerose riviste specializzate. Con la Newton Compton ha pubblicato diversi saggi e romanzi storici, tra i quali: Jerusalem; Un eroe per l’impero romano; la trilogia Dictator (L’ombra di Cesare, Il nemico di Cesare e Il trionfo di Cesare, quest’ultimo vincitore del Premio Selezione Bancarella 2011); Marathon; La dinastia; 300 guerrieri; 300. Nascita di un impero; I 300 di Roma; Missione impossibile; L’enigma del gesuita. Ha firmato le serie Gli invincibili e Roma Caput Mundi; i thriller storici Il custode dei 99 manoscritti e La spia dei Borgia; Lo chiamavano Gladiatore, con Massimo Lugli; Il cospiratore; La guerra infinita; Il bibliotecario di Auschwitz; la Invasion Saga (I tre cavalieri di Roma, Attacco all’impero e I traditori dell’impero); I Lupi di Roma; L’ultimo soldato di Mussolini; Le Williams, con Matteo Renzoni, L’eroe di Atene, Il nazista che visse due volte, Il dio della guerra e Napoleone. Le sue opere sono state tradotte in tutto il mondo. Il suo sito è http://www.andreafrediani.it

:: Un affare balcanico di Diego Zandel (Voland 2024) di Patrizia Debicke

9 luglio 2024

Fine aprile 1997. Dopo una sfibrante trattativa Telecom Italia (con la greca OTE) acquisisce il 49 per cento delle azioni di Telekom Serbia. L’importante transazione economica , in cui verranno coinvolti i servizi segreti dei due paesi, verrà appoggiato da strani personaggi, detti i “facilitatori”, collegati al presidente serbo Slobodan Milošević.
L’azienda italiana dovrà sborsare una somma quasi astronomica : 1.500 milioni di marchi tedeschi che per le difficoltà legate all’insolvenza della Serbia verso numerose banche europee Milošević reclamerà in contanti e, parzialmente, gli saranno fatti pervenire in diciotto sacchi di juta delle Poste serbe a bordo di un jet privato.
Erano tempi speciali quelli di più di trent’anni fa quando, in occasione dei campionati mondiali di calcio del 90, vinti dalla Germania, svoltisi in Italia e con la squadra di giovani azzurri qualificatisi al terzo posto, Telecom Italia aveva regalato ai giornalisti italiani presenti ben mille telefonini. Erano regalie acquisite come “normalità”, fatte per accattivarsi la stampa e all’ordine del giorno per i giornalisti economici e i loro parenti o amici, tifosi delle due diverse squadre della capitale che ogni settimana ricevevano in dono biglietti gratuiti in tribuna per assistere alle partite.
Tempi elastici di mazzette a gogò che parevano ancora da prima repubblica.
Diego Zandell si ispira con il suo romanzo Un affare balcanico, un bel mixer di giallo/spionaggio avventura, a quell’inquietante accordo e visto che all’epoca (fine anni 90) era effettivamente responsabile della Stampa Aziendale di Telecom Italia, mischiando sapientemente realtà e finzione, passa il testimone della storia a un suo ideale alter ego di fantasia, il dottor Guido Lednaz come lui di origine fiumane. Anticipiamo la ghiotta informazione utile che il dottor Lebnaz, esule fiumane durante le estati passate a Fiume (ormai jugoslava ) in casa dei nonni materni aveva là imparato a parlare serbo croato.
E un bel giorno detto dottor Lednaz, redattore lui e come l’amico e collega Stefano assegnati alle Relazioni esterne della Stampa Aziendale per la Telecom, (organo destinato alla mensile beatificazione dei successi dell’azienda) , dopo aver ascoltato per caso attraverso la sottile parete che divideva la toilette della società dalla sala di attesa, sarà testimone di una scottante conversazione proprio in serbo croato. Nella stanza vicina infatti due tizi, convinti di non essere compresi, discutono nella loro lingua di onerose condizioni per addivenire alla positiva conclusione dell’affare. E i due sono attesi dall’AD in persona, il dottor Capurso. La curiosità che costringe Lebnatz a indagare, individuando facilmente l’identità dei due serbi, molto ben ammanicati in Italia e addirittura scoprire che uno di loro è il console onorario della Serbia mentre l’altro è addirittura il patron di una squadra calcistica di Compobasso, lo porterà solo in virtù della conoscenza della lingua a una rapida carriera aziendale ovverosia, a ritrovarsi meno di una settimana dopo a far parte dello staff dell’Aministratore delegato alle dirette dipendenze del Responsabile Relazioni Internazionali Ingegner Gobetti e caricato su un aereo per la Serbia.
A questo punto non si può spoilerare tanto ma si può dire che il dottor Lednaz, da buon padre di famiglia (mogli e tre figli) che lavorava in un ufficetto fuori dalle stanze che contavano nella sede storica di Telecom Italia di Roma, volente o nolente, con la promessa di soldi facili e una promozione verrà imbarcato nella delicata e intricata vicenda di Telekom Serbia. Una vicenda che contempla il controllo della società , ceduta all’Italia da Milosevic, allora premier serbo, poco prima della guerra in Kosovo e già con l’acqua alla gola e talmente indebitato da non riuscire a pagare le pensioni, gli stipendi e le bollette per le forniture nel paese del gas russo.
E Lednatz senza essere preparato, vuoi per fortuna vuoi per caso ,dovrà riuscire a cavarsela in un avventuroso intrigo internazionale, districandosi persino tra ingombranti personaggi: quali il crudele comandante Željko Ražnatović molto più noto nelle cronache di guerra come il comandante Arkan, tra pericolose donne patriote doppiogiochiste , autisti innamorati, sorveglianti drogati, orsi ballerini e le sterili raffiche di kalashnikov.
Con un romanzo intrigante, Diego Zandel ci riporta a una pagina scura della cronaca italiana, ricordando la situazione e i risvolti politici dell’ormai dimenticato affare Telecom Serbia.
Una storia che si allarga ironicamente con ampie descrizioni a ricevimenti enogastronomici e festeggiamenti balcanici con orsi ballerini e splendide cantanti serbe in stile Kusturica, il famoso regista bosniaco, e con una ipotesi fantastica, che si può sommare alle tante altre sull’affare Telecon Serbia venute a galla durante i lavori della solita apposita commissione parlamentare di inchiesta che regolarmente si svolse e naturalmente si concluse nel nulla.
Con la boccata d’aria dei soldi offerti dalla vendita a Telecom Italia del loro gestore telefonico pubblico, la Serbia continuò invece la sua folle corsa verso le pulizie etniche e allo scontro con la NATO, in cui anche gli aerei italiani bombardarono le installazioni telefoniche pagate molto salate dallo Stato italiano, allora ancora il proprietario di Telecom Italia.

Diego Zandel, figlio di esuli fiumani, è nato nel campo profughi di Servigliano nel 1948. Ha all’attivo una ventina di romanzi, tra i quali Massacro per un presidente (Mondadori 1981), Una storia istriana (Rusconi 1987), I confini dell’odio (Aragno 2002, Gammarò 2022), Il fratello greco (Hacca 2010), I testimoni muti (Mursia 2011). Esperto di Balcani, è anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, prodotto da Clipper Media e Rai Cinema (2022).

:: Alba tragica di Paola Varalli (Todaro, 2024) a cura di Patrizia Debicke

4 luglio 2024

Tornano i quarantenni e poco più protagonisti di “Tira mòlla e messèda”: il terzetto formato dal bravo e onesto idraulico Pino dell’acume sopraffino, il prestante e virile gommista Mario detto Marietto , da Viliam (rigorosamente con la V) il barista al bancone del bar figlio di Socrate bravo e irresistibile cuoco e la loro erculea amica Eddy, diminuitivo di leggasi: Edmonda de Amicis, di professione buttafuori in un locale notturno .
La nuova squadra di personaggi della Varalli , ritornano in pista più pimpanti, irresistibili e disincantati che mai e il romanzo è ambientato nella stessa cornice : Milano anni Ottanta e più in particolare nel Bar William, zona Paolo Sarpi, ormai colonizzata dai cinesi che allarga fino a via Canonica, e a via Piero della Francesca, luogo delle loro quotidiane riunioni.
Favolosi anni quelli in cui si credeva ancora, soprattutto nella Milano da bere, che il meglio dovesse venire. Anni in cui ancora si chiacchierava consumando un paio di “biciclette” al bar. Traduco : aperitivi di quei bei tempi, a base di bianchino o spruzzato accompagnati da due olive e quattro patatine. Una città molto meno conosciuta e che bisogna saper spiegare bene , per chi non è nato e cresciuto milanese..
Ma torniamo a noi, ad Alba tragica e dunque per chiarezza ripartiamo da capo. Da un prologo antefatto avvenuto a un alba di metà giugno del 1980 al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Autonomo. Quando un’ambulanza porta a sirene spiegate una quarantaduenne vittima di un incidente stradale. Per salvarla serve un’immediata trasfusione. In sala d’attesa affidata a un vigile urbano, è seduta figlia la undicenne … Ma accadrà qualcosa di tragico.
Qualche anno dopo, Alba Tremonti, appena assunta come lavorante apprendista dello Studio GraficheINdue, aspetta il turno in tipografia, mentre le sue “cape”, Giovanna e Agnese, – grafiche pubblicitarie, ma anche art director, copywriter e donne delle pulizie che possiedono una gatta bianco e nero detta Helvetica Light (come il carattere tipografico più utilizzato) – , si sono appena accorte che ha portato a stampare il lavoro sbagliato sperando di fare ancora in tempo a fermarla. Lei , bassetta grassoccia sempre distratta che non ne fa mai una giusta, si è ormai guadagnata il soprannome di Alba Tragica. E stanno scherzando, su di lei, su quanto sia imbranata, persino Marietto e Pino al Bar William. Oddio Pino l’idraulico, scherza un po’ meno. Si è invaghito infatti della dolce infermiera Ornella: peccato che lei, dopo aver chiesto a Viliam sue notizie si sia allontanata per poi svanire nel nulla, anche se a conti fatti parrebbe non per sua volontà… Infatti passato a chiedere notizie in ospedale saprà dalle colleghe che è stata costretta ad allontanarsi per andare in soccorso di una zia malata.
Ma questo allontanamento di Ornella, condito di assoluto silenzio che si prolunga un po’ troppo e par voler assumere contorni più foschi, finirà con mettere in apprensione Pino. Poco convinto si morde le mani e fa mille congetture. Ragion per cui, dopo avere allargato il raggio delle indagini, anche a Eddy che, messa al corrente, ha trovato informazioni sul luogo di residenza dell’inferma zia dell’Ornella, a Pino e Marietto, Eddy è impegnata e Viliam consegnato dal padre al bar, non resta che andare a cercarla a Bologna, non la goduriosa capitale emiliana ma una frazione di Perledo, in provincia di Lecco, sopra il lago di Como, in una baita sperduta ma con una posizione al bacio e una spettacolare vista sul lago e sulle montagne che lo circondano. Ma la zia di Ornella non l’ha mai vista e anzi impensierita consegna a Pino quanto sua nipote le aveva chiesto in caso di sua sparizione e cioè un’inserzione da mettere a Milano sul giornale del quartiere con scritta una frase apparentemente senza senso. Sarà un codice? Parrebbe e bisogna assolutamente trovare il modo di decifrarlo.
Ma i nostri del Borgh di Ortolan sono o non sono i detectives del Bar William? Ci riusciranno e non basta perché sapetelo che in questa loro seconda avventura, densa di colpi di scena, dovranno confrontarsi con non una ma addirittura con due sparizioni. La faccenda è grave perché più di qualcuno minacciosamente tornato dal passato è ricomparso all’orizzonte.
Un altro divertente romanzo corale di Paola Varalli con interpreti e comparse che rimandano alla Commedia all’italiana. Nelle pagine di Alba tragica troviamo infatti : il portinaio Renato Curaluscio (nomen omen), l’infermiera Edera Avvinta e il ricolo ma salvifico architetto Giovanni Saibene della Rocca. Irrinunciabile poi Viliam, sfegatato fan di Ursula Andress. Tanto che in giro si narra addirittura che abbia avuto un storia con lei quando non era famosa. E questa volta la Varalli introduce addirittura una comparsata di una cinquantenne Andress, sempre bella come tutti ricordano in 007, di passaggio al volo in zona Sarpi. E impossibile non citare il padre di Viliam Socrate, inventore del Niente, perfido liquore da lui creato per punire quegli avventori che alla richiesta del barista di ordinare dicono : ‘Niente’.
Ma la maggiore protagonista del libro ancora una volta sarà Milano non quella patinata ma quella genuina e piena di umanità di via Paolo Sarpi e via Lomazzo, la Milano dei bar senza pretese con la Cimbali, i flipper , i jukebox con le canzoni di Massimo Ranieri e di Celentano, i tavoli alla buona, le seggiole impagliate spaiati e il bancone di formica color verde bile.
Un universo variegato fatto di clienti del bar, vicini , pensionati, strani personaggi, per una storia arricchita da una lieve ma godibile trama gialla, resa complicata da tutta una serie di false tracce ma con degli abilissimi investigatori di quartiere che riescono sempre a sbrigarsela facendo a meno dei carabinieri.

Paola Varalli nasce in provincia di Varese, vive tra Milano e il lago di Como, di professione è architetto. Ha pubblicato tre gialli con Fratelli Frilli Editori e ha partecipato a numerose antologie a tema (con Todaro Editore Quattro volte Natale nel 2020 e Odio l’estate nel 2021). Nel 2023 sempre per Todaro ha pubblicato Tira mòlla e messèda – Le indagini del Bar William.

:: L’uccisore di seta di Lorenzo Beccati, Altre Voci Edizioni di Patrizia Debicke

2 luglio 2024

Genova, Anno del Signore 1590. Per la città è un momento duro e penoso, la peste ha nuovamente invaso strade e case, lo spaventoso e acre lezzo dei cadaveri fa da padrone ovunque mentre il terrore del morbo è palpabile.
La morte nera con il suo orrendo corteo di piaghe e bubboni è tornata a funestare città e dintorni . Anche il nostro Pimain guaritore di maiali, contagiato come gli altri, e stato rinchiuso nel lazzaretto, dove si aggirano i monatti raccogliendo i cadaveri e, circondato da corpi di moribondi, pareva condannato. Ma all’improvviso un qualcosa, forse un delirio, un’ allucinazione o altro si è frapposto tra lui e la morte, concedendogli miracolosamente scampo.
Finalmente dopo tanti giorni di indicibili sofferenze, guarito e tornato in sé, lacero e dimagrito lascerà il lazzaretto, accolto all’uscita dal cane Mat che pur dopo essere stato buttato fuori, fiducioso senza farsi scoraggiare, ha continuato ad attendere il suo padrone davanti alla porta .
E a piedi con lui, placata la fame di troppi giorni divorando una forma di pane, potrà far ritorno alla sua casetta sulle colline, dove vive con i suoi maiali.
Ma a Genova un mostro sta decimando senza pietà i tessitori della pregiata seta, famosa nell’Europa intera , riuniti a vivere e lavorare nell’ex convento del Belvedere.
Nel grande monastero infatti, dove il Doge ha ordinato di rinchiudere tutti i setaioli della città ammassandoli con i loro telai nelle celle dove hanno trovato rifugio con la speranza di preservarli dal contagio della peste che infuria, si è verificato un sanguinoso e mortale attacco notturno. Una giovane è stata aggredita improvvisamente, nel buio, da una mostruosa creatura che, dopo averla orribilmente dilaniata e uccisa, l’ha abbandonata cadavere a terra. Ma non basta, perché il crudele assassino, prima di allontanarsi, ha infierito anche su tutta la sua produzione, distruggendo rotoli su rotoli di pregiato materiale. Se accadesse ancora e ancora la città, già messa a terra dall’epidemia di peste che ha riempito il gigantesco lazzaretto, rischierebbe la rovina economica.
Nonostante le pattuglie di sorveglianza e gli immediati tentativi messi in atto per proteggere i setaioli, pare difficile riuscire a bloccare questo mostro, si teme che possa colpire ancora.
Il vecchio protettore e amico di Pimain, il medico Salvemini, gli chiede di indagare su chi e cosa attacca e uccide i setaioli. Insomma pare che la città di Genova abbia di nuovo bisogno di lui, della sua capacità di risolvere casi apparentemente impossibili.
Sarà il senso del dovere o anche l’amore per la bellissima figlia del dottore, Maddalena, ormai pronto a trasformarsi per sempre in una passione pienamente ricambiata, a spingere Pimain ad accettare l’incarico di fermare la violenza della Creatura Oscura? Certo Salvemini sa essere molto convincente ma ha anche dalla sua il fatto che Maddalena da alcuni anni gestisce da sola il negozio per il commercio delle pezze del velluto di Genova di proprietà della sua famiglia. Il dottore che grazie alla seta ha potuto studiare e diventare medico e chirurgo non ha mai voluto sbarazzarsene e quindi ora Maddalena, come tutti gli altri, è rinchiusa nel Monastero.
Ora perciò persino lei potrebbe essere in pericolo.
Nel frattempo tuttavia l’aiuto di Pimain è stato richiesto anche altrove. Dalla vedova di un suo vecchio commilitone e amico, Antonio Sale. La donna vuole che il guaritore di maiali scopra il colpevole di un misterioso furto con omicidio su una nave ancorata in porto che ha coinvolto e del quale, pur essendo stato la vittima, Antonio Dale è stato accusato. Il furto riguarda una cassa piena d’oro di proprietà del Doge trasportata a Genova sotto la sorveglianza dell’amico che la doveva consegnare solo a fedeli messi dogali. La cassa è scomparsa ma oltre a quella è scomparso anche qualcosa per il Doge di privato ma importante e molto più prezioso. Un cruciale bene segreto, da ricuperare assolutamente. E l’ormai anziano governante, sa bene che solo una persona può riuscire a ritrovare il suo tesoro, scoprendo e smontando gli artefici di un crudele piano che in qualche modo collega i due misteriosi casi. Ragion per cui ordinerà al guaritore di maiali di farlo, promettendo in cambio, se riuscirà a sventarlo, di cancellare per sempre l’onta della vecchia accusa per diserzione che pende ancora minacciosamente sulla sua testa e lo porta spesso a richiamare nella mente tanti episodi buoni e cattivi del passato.
Ma nel frattempo la mostruosa creatura uccide altri setaioli. E il Doge, riceve alcune onerose e minacciose richieste legate al suo segreto. Bisogna intervenire, valutare scrupolosamente ogni indizio scavando a fondo, fare qualcosa. Ciò nondimeno per intuire la verità e tutti i risvolti di sordide trame oscure ma e , soprattutto, per riuscire ad affrontarle e risolverle dovrà combattere la sua battaglia a prezzo della vita, praticamente da solo contro tutto e tutti.
In questo terzo e ultimo episodio della serie inaugurata dal “Guaritore di maiali” e proseguita con “II Mistero degli incurabili”, l’ingegno del protagonista Pimain torna a impegnarsi in due difficili e quasi diabolici enigmi sullo sfondo di una Genova, con un’atmosfera molto particolare. Una città in cui risaltano piccinerie e grandezze, caratteristiche della gente di allora, spesso indifferente o peggio crudele, se non sguaiata o addirittura disumana, sottolineando certi terribili aspetti dell’epoca : quali le spaventose condizioni dei lazzaretti, la fame minacciosa costante in agguato per la popolazione. Una Genova antica , minuziosamente descritta con stile raffinato, anche stavolta Lorenzo Beccati, ci pone di fronte a un’eccezionale ambientazione, inserendoci in un mondo medievale denso di ricchi e gustosi particolari in una città quale fu Genova, all’interno di una cornice appassionante e stimolante con tutti gli elementi del passato descritti alla perfezione e ben documentati.
Un altro medieval thriller, arricchito dalla presenza di Pimain, il guaritore di maiali, una figura speciale e molto intrigante che va a inserirsi a pieno diritto tra i più famosi “detective di carta”.

Lorenzo Beccati è autore e scrittore. Ha collaborato a programmi che hanno fatto la storia della tv italiana, tra cui Drive In, Paperissima, Lupo Solitario e tuttora Striscia la Notizia. Ha scritto numerosi libri, soprattutto romanzi grotteschi e thrilller storici. Per quanto sembri strano è anche un doppiatore. Sua infatti è la voce del Gabibbo. Con AltreVoci ridà alle stampe la trilogia con protagonista Pimain, il guaritore di maiali.

:: Atlante Goloso di Marilù Oliva (Rizzoli 2014) a cura di Patrizia Debicke

19 giugno 2024

Questo splendido libro arricchito da stuzzicanti contenuti ed eccezionali illustrazione, piuttosto che un dotto saggio gastronomico sulla cucina dell’Antichità, con l’accento posto su quella degli Antichi Greci e Romani, mira a diventare un piacevole itinerario nella mitologia legato al cibo e al cibo.
Immaginario viaggio dunque partendo dai loro usi e costumi a tavola e soprattutto dai tanti favolosi miti legati al cibo e ai singoli ingredienti. Concetto molto diverso presso gli antichi rispetto ai nostri giorni. Freneticamente impegnati in nuove e diverse mode a ogni costo.
Nella Roma repubblicana per esempio la frugalità originata dal sostantivo frugalitas regnava sovrana in tutti i ceti sociali, in Grecia poi l’aggettivo spartano ovverosia rigoroso veniva costantemente riferito sia ai costumi che al cibo. Semplicità a tavola dunque, favorita dalle classi superiori e obbligatoria necessità per i più poveri.
Civiltà solitamente parche nel cibo pur lasciandosi andare di tanto in tanto a eccessi e grandi abbuffate (ricorderete tutti, immagino, la famosa cena di Trimalcione, il ricco protagonista del Satyricon di Petronio).
Floride civiltà mediterranee nate, cresciute e sviluppatesi con ciò che terra, mare e allevamenti offrivano loro per vivere. Tempi di guerra, povertà e carestie avevano spesso insegnato cosa fare e come. Insomma tutta una serie di accorgimenti per poter mangiare e soprattutto per conservare il cibo in tempi in cui non esistevano i congelatori o i frigoriferi. Quindi si seccava carne e pesce al sole , si usava il sale, l’olio, si trasformava il latte delle capre in formaggi anche da invecchiare, si mischiavano i cereali e si cuocevano focacce, pane, pasta, biscotti…
Il pasto per tutti era un momento conviviale, esempio della civiltà e dei costumi che differenziavano Greci e Romani dalle popolazioni barbariche. Ma per loro il cibo era anche rigorosamente connesso con il mito e le storie degli dèi.
Un culto della gastronomia diverso dal nostro quindi. Stando infatti ai poemi omerici e alle copiose offerte votive di cibo, quali animali vivi ma anche pane e focacce dolci rinvenute nei templi, abbiamo la prova provata di quanto per gli antichi il cibo fosse strettamente correlato con il divino.
E proprio per questo il testo di Marilù Oliva va a esplorare i fondamentali luoghi di mitiche storie romane e greche in cui gli alimenti vennero sfiorati dalle divinità e implicati in fatti eccezionali. Quindi non sarà solo un saggio culinario legato all’Antichità, ma una specie di viaggio attraverso i posti in cui e da cui si originarono le varie storie e le relative leggende.
L’autrice, amante della cucina e brava cuoca, ha scelto di suddividere i capitoli secondo la precisa caratteristica di ogni alimento e ogni capitolo si conclude con il suggerimento di un menù completo, di sua creazione.
Un viaggio culinario che secondo l’attuale tradizione comincia con l’antipasto per concludersi con il dessert. E un viaggio gastronomico, quello dei romani di allora, non molto dissimile da ciò che Cicerone poteva mangiare seduto a tavola con gli amici: aperitivi vari, primae Mensae o i primi di oggi allora: che poi erano minestre, piatti a base di carne, pesce, legumi e selvaggina. Quindi le secundae Mensae che offrivano non solo frutta ma anche bietole, porri, cipolle con alla fine brindisi, levando calici ricolmi di grandi vini, accompagnati da canti e giochi vari.
La normale vita dei Greci era scandita da tre pasti giornalieri. Al mattino una focaccia intinta nel vino e olive verso le 13/14 (una /due) qualcosa di più mentre il pasto più sostanzioso e spesso condiviso era riservato alla sera. Quella dei Romani era simile: colazione leggera, una prandium veloce, spesso consumato in piedi con pane, carne fredda, o pesce o legumi o uova, seguito alla sera da una cena più copiosa, annaffiata con vino. Momenti solo maschili, le donne fino all’era imperiale, salvo le schiave o le amanti, solitamente venivano escluse.
Archestrato di Gela, Catone, Ateneo di Naucrati, Columelle ecc. appassionati o chef stellati di allora ci descrivono menù e ricette. Esaltate ancora più da Apicio che, dalla vetta della tradizione culinaria dell’epoca, ci ha trasmesso De coquinaria, il suo ricco ricettario.
Da allora se non tutto, molto è cambiato. Spesso le donne sono regine in cucina, abbiamo perso e dimenticato cosa fossero certi cibi, mentre abbiamo aggiunto ai nostri quotidiani menu una ricca varietà di prodotti prima sconosciuti provenienti dalle Americhe. Siamo diventati fans del caffè…
Mangiamo più polli, come facevano gli antichi tuttavia apprezziamo le uova cucinate in vari modi. Le uova, grande simbolo della vita . La leggendaria Elena destinata a provocare la famosa guerra di Troia nata da un uovo di cigno fecondato da Zeus…
Notiamo come i gradini più bassi della società siano sempre stati forzosamente parchi nel cibo, mentre per i ricchi la tavola fu presto un lusso oltre che un piacere. Anche se le regole di una corretta nutrizione ampiamente trattate da Galeno avrebbero sempre suggerito a tutti una vera e propria equilibrata dieta mediterranea.
Però, soprattutto per assaporare davvero il piacere di un pasto, la prima vera regola dovrebbe essere sempre, a detta di Plutarco: “… a tavola per mangiare, ma per mangiare insieme”.
Ringraziando sempre e ancora come facevano gli antichi la romana dea Cere, o Demetra figlia di Crono e sorella di Zeus per i Greci. Cere, che ha regalato il suo nome ai cereali e quindi grazie a lei se ancora oggi ci godiamo focacce, pasta e pane.
Ma che dire allora dei legumi come le fave amate dai mitologici eroi come Ercole e poi i ceci, le vecce, i piselli, i lupini e le lenticchie, consumate spesso e volentieri in zuppa con i cereali e quindi care a Demetra madre di Persefone, la mitica latina Proserpina rapita dal Dio degli Inferi in Sicilia, vicino a Enna, che avrebbe dato luogo al ricorrente ritmo delle stagioni. I legumi, lo straordinario riferimento nutrizionale e insostituibili allora come oggi nelle riserve alimentari di ogni famiglia.
La carne di animali, oltre che dedicata al sacrificio agli Dei, cotta alla griglia o arrostita rappresentò il pezzo forte nella tavola dei due contendenti Greci e Troiani dell’Iliade e dei fuggitivi Greci nell’Odissea. A Itaca i Proci asserragliati nella reggia consumavano smodatamente le carni scannando i buoi e dilapidando senza freni le risorse delll’isola sempre accantonate con parsimonia.
Ma alla mensa di Ulisse troveremo spesso anche il pesce consumato per esempio dell’ omerico eroe nell’isola di Scheria ospite del re Feaci padre di Nausicaa. E il pesce domina con la sua varie e colorita tipicità la grande arte pittorica e musiva romana. Mosaici straordinaria che si possono ammirare nei Musei a Roma, Ostia e Napoli.
Anche i formaggi non potevano mai mancare sulle tavola antiche, formaggi fatti di latte di capra come quelli prodotti dai Ciclopi nella loro immane grotta e che Ulisse e i suoi compagni divoreranno per placare la fame ma il cui smodato consumo costerà la vita a tanti tra loro.
Le verdure poi, con le loro infinite varietà, assursero a piatto privilegiato con la cipolla onnipresente nella tavola degli antichi, amata da Afrodite Efeso, Ares … Da ricordare poi il cavolo e il suo famoso detto: nato sotto un cavolo. L’ortaggio con le parti centrarli del cappuccio che ricordano una vulva femminile mentre il gambo un pene. E che, per coglierlo bisogna impugnarne la testa con le mani quasi fosse un bambino che viene estratto dalla cervice uterina .
E non dobbiamo dimenticare : Frutta e dolci. Mele, pere, susine, fichi, con i fichi secchi che restano i principi della tavola antica e divina. Ma con anche tutta la frutta secca posta sempre gloriosamente a dominare il centro tavola.
Poi giungendo in chiusura, Marilù Oliva dopo una rapida carrellata finale , tra fiori edibili, funghi che comparivano spesso e volentieri su tavole povere e ricche, elargisce indispensabili consigli su come ammollare i legumi, preparare la pasta fresca, fare il pane, le salse più di moda tra Romani e Graci e spiega con dovizia di particolari come e quale vino e altre bevande si consumavano con larghezza attorno alle tavole degli antichi. Ma nella Roma repubblicana ohimè proibito alle donne.

Marilù Oliva, nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Prima di approdare all’ambito mitologico, ha scritto romanzi thriller e noir. Ha pubblicato bestseller come L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (2020), Biancaneve nel Novecento (2021) e L’Eneide di Didone (2022). A sfondo mitologico è il romanzo per ragazzi Il viaggio mitico (DeAgostini, 2022), scritto con suo figlio Matteo. Nel 2023, sempre per ragazzi, è uscito Miti straordinari (DeAgostini, 2023). Ha co-curato per Zanichelli un’antologia sui Promessi Sposi e realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa, nell’ambito del suo lavoro sulle questioni di genere. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. Per Rizzoli, nel 2023 è uscito Atlante della Magna Grecia. Italia del Sud e Sicilia tra Mito e Archeologia. Il suo ultimo libro è L’Iliade cantata dalle dee (Solferino, 2024).

:: La fossa dei lupi di Ben Pastor (Mondadori 2024) di Patrizia Debicke

13 giugno 2024

Tornano in primo piano in scena memorabili personaggi de I promessi sposi, alcuni come comprimari vedi: Renzo, Lucia, Don Abbondio mentre l’Innominato pur fulcro della storia da bandito e taglieggiatore pentito infine diventato un pio un agnellino, è stato messo da Ben Pastor al servizio della fiction e trasformato in vittima designata. Ciò nondimeno in pratica tutti i personaggi del romanzo manzoniano risalgono in scena maliziosamente collegati in qualche modo alle attuali vicende di La fossa dei lupi.
I promessi sposi proprio loro già ? Il capolavoro di Alessandro Manzoni , amato o più spesso odiato e noioso spauracchio di tanti studenti italiani per generazioni e invece, per chi scrive di giallo spesso un libro da infilare nella rosa dei primi rappresentanti italiani del genere .
Intanto ci prova Ben Pastor, fedele lettrice del Manzoni, a far cambiare idea e interessare tanti italiani incuriosendoli soprattutto con una disincantata ma raffinata e perfetta ricostruzione storica dell’epoca. I milanesi riconosceranno le loro vecchie strade, dovranno riscoprire chiese ormai, scomparse e i Corpi Santi, le cascine e i borghi agricoli sorti attorno alla città di Milano, appena oltre le mura spagnole.
Dunque, dicevamo riprende in mano alcuni personaggi, tre anni dopo le loro drammatiche avventure, , a novembre del 1628 mentre Milano si sta ancora assestando dopo i tanti lutti della peste che ha fatto tirare le cuoia anche al loro persecutore Don Rodrigo, e fa ritrovare Renzo e Lucia economicamente ben sistemati, con lui che gestisce con successo in comproprietà, nella bergamasca, una fiorente azienda di filatura. Ma per il capriccio di Lucia che è incinta e vuole che suo figlio venga al mondo dove è nata lei, li fa tornare temporaneamente a Olate, in terra di Lecco nella vecchia casa di famiglia e in un certo senso diciamo sotto la pelosa influenza di Don Abbondio.
Vi abbiamo anticipato che l’Innominato, al secolo Bernardino Visconti è la vittima designata da Ben Pastor nella sua trama. E dunque a Milano il bel luogotenente di giustizia Diego Antonio Olivares, grande famiglia spagnola ma con un ricca madre italiana, uomo d’ordine ma anche di cultura, sta indagando proprio sulla morte dell’Innominato, ucciso in un bosco dove si cacciano i lupi, sui monti sopra Lecco, vicino alla casa di un suo figlio illegittimo. Una morte che ha lasciato alla famiglia, pur pagati i tanti conti in sospeso, una considerevole eredità da dividere ma anche un complesso intrico di interessi.
Olivares, ex studente presso i Gesuiti che lo vorrebbero nel loro ordine, ma lui nicchia ancora dopo la parentesi militare in Svizzera (guerra dei trent’anni) per difendere la fede contro gli eretici con per compagno Grauembart un capitano miscredente, dove il saggio consiglio di frate Pizarro gli ha suggerito di provare anche altro ed è felicemente sopravvissuto alla peste. Ora vive a Milano, ha un importante incarico ben remunerato, ampia libertà d’azione e può muoversi in lungo e largo nei territori del Ducato.
Ma chi ha ucciso l’Innominato ? Cui prodest? Qualcuno per vendicarsi? I parenti? I suoi ex bravi, messi a stecchetto dalla sua improvvisa conversione e, in una Milano ancora traumatizzata dalla peste, rimasti senza lavoro? Ma se i parenti ci guadagnano qualcosa, gli ex bravi no, o almeno pare. Cosa che dovrebbe farli scartare… Il recente e, se non c’entrano, malaugurato trasferimento di Renzo e Lucia Tramaglino, invece li infila pari pari nella rosa dei sospetti, l’assassinato era stato complice nel tentativo di rapimento di Lucia organizzato con Gian Paolo Osio, l’amante di Suor Virginia Levya, monaca in Monza. E si potrebbe ipotizzare anche il nome di Don Abbondio, il curato, magari per antiche ruggini e invidie nei confronti del Visconti?
Olivares, interroga e reinterroga gli sposi manzoniani: hanno qualcosa da nascondere? Renzo è ancora impetuoso, e Agnese sua suocera non è certo cambiata ma pur invadente, saccente e spesso importuna, pare abbia colpito al cuore un vecchio commilitone.
Il luogotenente interroga e reinterroga anche Don Abbondio, il pauroso ma avido e ricco curato?
Son tempi grami per quanti cercano di sopravvivere. La peste che ha spopolato la Lombardia può far serpeggiare esasperazione e volontà di rivolta?
Avvalendosi di precisi particolari “La fossa dei lupi” descrive in dettaglio la società e il potere di quegli anni. L’influenza spagnola,i rapporti tra i nobili, le abitudini della popolazione più misera, sempre condannata a subirne l’arroganza. I signori lombardi spendono e spandono senza riguardo dominando la plebe che spesso mangia poco o niente. Povertà e lusso smodato si confrontano con criminalità contrastata solo con mostruose torture e pene di morte, intessute in un mondo denso di proibizioni e segreti. Mentre la Chiesa, nella persona del Cardinale, sollecitando a ogni costo pronte risposte e accuse è sempre disposta a usare le proprie guardie, malviste dalla Giustizia laica di Milano, per dominare fino a prevaricare.
Ciò nondimeno Don Diego Antonio de Olivares, passo passo ma con determinazione, allargherà le sue indagini a macchia d’olio, spaziando tra i troppi nullafacenti, bisognosi di guadagnarsi da vivere a ogni costo e, messo sulle tracce delle malefatte di Paolo Osio e della Monaca di Monza, complici di Don Rodrigo e dell’Innominato nel tentativo di sequestro di Lucia Mondella ai fini di stupro, verrà a conoscenza di quali orrendi e reiterati delitti la curia milanese imputi loro e della terribile condanna che sta pendendo sulle loro teste. E in caccia della corrispondenza del defunto padre di Don Ottaviano Gallarati, amico e foraggiatore di crimini all’Innominato, che potrebbe aiutare a risolvere il caso del suo omicidio, chiederà udienza alla vedova,la dotta , poetessa curiosa e stravagante scienziata Donna Polissena, una bella signora evasiva e attraente. Con la quale scoprirà di condividere la passione per la letteratura, l’arte e forse altro… Talmente affascinante e seducente, nonostante gli occhiali che porta, un vezzo pare, persino in grado di spingerlo a fare alcune scelte della vita. E a risolvere il suo personale conflitto fra carne e spirito. Conflitto che per lunghi anni, dopo aver pensato a una vita religiosa sulle orme di Ignazio di Loyola, ambendo addirittura a un possibile martirio in terra lontana gli fa invece desiderare oggi l’amore carnale e il piacere condiviso. E sognare un futuro?
Ma prima di bearsi in un finale a potenziali tinte rosa, come un prestigiatore andando anche a scavare nei quartieri malfamati milanesi, Olivares dovrà sbrogliare e risolvere la sua spinosa indagine thriller ,districarsi tra i miracoli veri o inventati, pericolosi attentati e trasversali prezzolate vendette.

Ben Pastor, scrittrice italoamericana, all’anagrafe Maria Verbena Volpi, nata a Roma ma trasferita ben presto negli Stati Uniti, ha insegnato Scienze sociali presso le università dell’Ohio, dell’Illinois e del Vermont. Oltre a Lumen, Luna bugiarda, Kaputt Mundi, La canzone del cavaliere, Il morto in piazza, La Venere di Salò, Il cielo di stagno, – ovvero il ciclo del soldato-detective Martin Bora (pubblicati da Hobby&Work a partire dal 2001 e poi da Sellerio) – è autrice di I misteri di Praga (2002), La camera dello scirocco, omaggi in giallo alla cultura mitteleuropea di Kafka e Roth (Hobby &Work), nonché de Il ladro d’acqua (Frassinelli 2007), La voce del fuoco (Frassinelli 2008), Le vergini di pietra e La traccia del vento (Hobby & Work 2012), una serie di quattro thriller ambientata nel IV secolo dopo Cristo. Nel 2006 ha vinto il Premio Internazionale Saturno d’oro come migliore scrittrice di romanzi storici. Le sue opere sono pubblicate negli Stati Uniti e in numerosi Paesi europei. Nel 2014 esce La strada per Itaca (Sellerio) e nel 2020 Il ladro d’acqua (Mondadori). Nel 2023 esce per Sellerio La finestra sui tetti e altri racconti con Martin Bora.