Posts Tagged ‘letteratura ebraica’

Cani, topi e scarafaggi. Metamorfosi ebraiche nella zoologia letteraria, Luca De Angelis, Marietti 1820, (2021) A cura di Viviana Filippini

25 marzo 2021

Quello narrato in “Cani, topi e scarafaggi. Metamorfosi ebraiche nella zoologia letteraria” di Luca De Angelis è un viaggio nella letteratura attraverso alcune opere che avrebbero influito sullo sviluppo dell’antisemitismo. Il libro, edito da Marietti 1820, analizza romanzi e testi evidenziando come le forme di odio verso gli ebrei presenti nella Seconda guerra mondiale, affondano in realtà le loro radici in letteratura (e non solo), già ben tempo prima del manifestarsi della tremenda macchina di sterminio messa in atto dal Nazismo. L’autore ripesca quei libri nei quali gli ebrei sono presenti e vengono spesso denigrati. De Angelis si sofferma sulla figura di Shylock, l‘usuraio ebreo de “Il mercante di Venezia” creato da Shakespeare, per passare alle “Melodie ebraiche” di Heinrich Heine dove gli ebrei subiscono una “metamorfosi canina” o ancora in Kafka, in “La metamorfosi”. Qui il protagonista si risveglia con le sembianze di un enorme insetto (scarafaggio). Ciò che colpische è che la parola usata da Kafka per definire il suo personaggio -“Ungeziefer” (parassita)-, venne recuperata poi dai nazisti per riferirsi agli ebrei nei campi di sterminio. Il fatto che gli ebrei venissero paragonati a parassiti non fu rimarcato solo dall’utilizzo della termine omonimo con il quale venivano chiamati, ma anche dal fatto che per sterminarli i nazisti usarono lo Zyklon B, un potente pesticida impiegato di solito per eliminare i pidocchi e le cimici. Il libro di De Angelis è molto interessante, perché evidenzia come l’astio nei confronti degli ebrei fosse ben radicato non solo nelle opere letterarie, ma anche nella società attraverso parole e frasi che hanno rimarcato la netta e chiara volontà di denigrare in modo spregiativo gli ebrei. Il salto dalle parole ai tremendi fatti della realtà riguardanti lo sterminio degli ebrei fu breve. Tra le pagine del volume dello studioso della condizione ebraica emergono una serie di stereotipi, di immagini cementate nella mente e nella cultura alle quali gli ebrei erano associati: animali, insetti, parassiti come cani, pulci, zecche, cimici, topi e pure il camaleonte. Esseri che portavano infezioni e malattie, che cambiavano idea e atteggiamento in modo repentino e per tale ragione erano pericolosi e poco affidabili. Nel corso del tempo questi cliché hanno portato a vedere negli ebrei entità vive, ma non umane, piuttosto disumane, portatrici del male, di una infezione che doveva essere eliminata. Il processo di disumanizzazione completo venne attuato nei campi di sterminio dove agli ebrei fu negato il nome proprio in funzione di un numero, perché essi rappresentavano l’elemento dannoso e pericoloso che secondo i nazisti doveva in qualche modo essere fermato. “Cani, topi e scarafaggi. Metamorfosi ebraiche nella zoologia letteraria” è un libro che far pensare e dove il lettore compie un viaggio in una parte di letteratura e in quelle tappe che nel tempo e nella storia portarono allo sviluppo sempre maggiore dell’antisemitismo, il quale si radicò sempre più nella società fino alla messa in atto di un’ insensata strage di persone innocenti spogliate della loro umanità.

Luca De Angelis, studioso della condizione ebraica e delle sue modalità di espressione letteraria negli scrittori italiani ed europei, ha insegnato in diverse università (Trento, Trieste e Münster) e attualmente collabora con Pagine Ebraiche.

Source: richiesto dal recensore all’editore. Grazie all’ufficio stampa 1A Comunicazione.

:: Il giorno, Elie Wiesel, (Guanda, 2011) a cura di Daniela Distefano

16 novembre 2016

unnamed

Clicca sulla cover per l’acquisto

Elie Wiesel non c’è più, i media ne hanno comunicato il decesso lo scorso luglio. Aveva 87 anni e la Morte vissuta per gran parte del suo cammino.
L’umanità perde un testimone della sopravvivenza umana, l’amore di Dio un suo soldato involontario.
Dopo la liberazione dal Nazismo, gli intellettuali che avevano sperimentato i campi di concentramento risalirono dagli abissi dell’incancellabile per dare prova dei fatti realmente accaduti, un percorso doloroso rivivere per l’umanità
ciò che neanche la mente più diabolica aveva mai concepito.
Questo romanzo, questo piccolo opuscolo è un racconto di come sia difficile stare al passo col Tempo quando si capovolge totalmente: il nero diventa bianco, il Male si tramuta in Bene e tu non sai se adeguarti o rimembrare per tutta la vita quella tortura perpetua che il mondo ti ha inflitto:

Ci sentiamo colpevoli di essere in vita, di mangiare pane a volontà, di portare d’inverno delle calze calde. Chi è stato là, ha portato con sé un po’ della follia dell’umanità. Un giorno o l’altro essa riaffiorerà.

Protagonista di queste parole è un uomo che viene investito in mezzo alla folla di una New York estiva e accaldata: Mentre chiunque – nelle sue condizioni – lotterebbe con tutte le forze per vivere, lui rimane inerte, pronto a raggiungere in Cielo i familiari morti nei lager.

Mi sentii solo, abbandonato. In fondo a me stesso scoprii un rimpianto: quello di non essere morto.

Mutilato dell’anima, neanche l’amore di Kathleen, affascinante e fragile donna che lo ama con la sua imperfetta volontà, riesce a fargli assaporare i frutti dell’albero esistenziale.

Così va il mondo : la vergogna non tormenta il boia ma le sue vittime.
La grande vergogna di essere stati scelti dal destino.

<< A quale scopo Dio ha creato l’uomo?>>. Capisco che l’uomo abbia bisogno di Dio. Ma a Dio cosa può dare l’uomo?

Non abbiamo risposte a questi tormenti sacrosanti, l’uomo di questo romanzo è un essere azzoppato nello spirito, può solo fingere di amare, con le dita tocca un cuore per sempre più congelato.
Elie Wiesel è riuscito a commuovere senza scadere nel patetico, a pettinare i nostri sentimenti lucidandoli con la Verità e la Speranza che germoglia nonostante le brutture di un paesaggio troppo arido, troppo vasto, troppo contaminato con l’odio e la crudeltà.

Elie Wiesel (premio Nobel per la Pace nel 1986) è nato nel 1928, da famiglia ebraica, nella regione dei Carpazi. Ha vissuto l’esperienza disumana di Auschwitz e di Buchenwald.
Emigrato in Francia nel 1945, vi ha esercitato la professione di giornalista,
poi negli anni Cinquanta si è trasferito negli Stati Uniti.
Fra le sue opere, tutte scritte in francese, ricordiamo: La notte (1958), dove ha raccontato l’orrore dell’Olocausto.

Source: libro inviato dall’Editore. Ringraziamo Brian dell’Ufficio Stampa “Guanda”.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Talmud Babilonese – Trattato Rosh haShanà, a cura del Rav Riccardo Di Segni

8 aprile 2016

wIl Talmud è, in un certo senso, il libro del grande mistero del popolo ebraico. È un libro misterioso non perché è scritto in una lingua diversa e con uno stile tutto suo, ma perché è un libro unico nella letteratura mondiale. Inizia come un’opera circoscritta nei suoi scopi, un commentario alla Torà Orale, ma presto arriva a affrontare ogni possibile argomento che sia rilevante per l’umanità, ovunque si trovi. Scritto in un linguaggio semplice, con tutta la sua semplicità contiene profondità di saggezza, di conoscenza e di analisi di ogni possibile domanda. Il Talmud è un libro del mistero che è totalmente aperto perché il segreto che contiene non ha bisogno di essere nascosto, essendo così profondo e criptico che ci si può solo connettere ad esso, ma non si può mai arrivare a comprenderlo appieno. Per gli ebrei il Talmud è un libro vitale perché in una certa misura da lui dipende la loro stessa esistenza, ma, contemporaneamente, il Talmud trasmette al mondo intero un messaggio, che forse il mondo, solo adesso, può cominciare a comprendere.

Rav Adin Even Israel (Steinsaltz)

Torà e Talmud sono i due testi più sacri per ogni ebreo osservante. Il cuore se vogliamo di una religione comunitaria. I profeti, i sacerdoti, gli studiosi, tutti hanno trasmesso nei secoli la parola e l’insegnamento di Dio all’uomo. Un Dio fortemente monoteista (diffusosi tra culture fortemente politeiste), capace di ispirare pensieri spirituali, ma anche norme della vita comune, ordinaria. Un Dio vicino all’uomo anche nelle sue occupazioni più quotidiane, insomma. E il Talmud se vogliamo, è uno specchio proprio di questo, di questa vicinanza.
Il Talmud contiene per la maggior parte discussioni sulla legge ebraica. Discussioni che trattano i temi più disparati: filosofici, morali, teologici, legali, filologici, folcloristici. Non solo possiamo trovare discussioni di medicina, economia, zoologia, ma tutto lo scibile umano trova un posto, una classificazione, un senso. Sempre alla luce di Dio. Le menti migliori ci hanno lavorato, intelligenze che si sono confrontate con il mistero e l’inconoscibile. Sicuramente non c’è un testo paragonabile a questo in tutta al letteratura occidentale antica e moderna.
E grande ostacolo alla sua comprensione e diffusione è sempre stata la lingua. Non tutti in Italia conoscono l’ebraico, tanto meno l’aramaico. Per ovviare a questo hanno pensato di tradurre il Talmud in italiano. Può essere sembrata dapprima una impresa impossibile, forse anche folle, e invece il Talmud – trattato Rosh haShanà (Capodanno), a cura di Rav Riccardo Di Segni, edito da Giuntina, ora è in libreria. Ci hanno lavorato più di una cinquantina di esperti, studiosi, traduttori, redattori e con il patrocinio dello stato Italiano, del Miur, del Consiglio Nazionale delle ricerche e dell’ Unione Comunità Ebraiche Italiane, ce l’ hanno fatta.
Costa 40 E, una cifra importante, ma sicuramente limitata e non corrispondente al lavoro svolto. La complessità del testo talmudico ne rende praticamente impossibile lo studio senza l’aiuto di guide e di opere di commento, dice Rav Riccardo Di Segni, non stentiamo a crederlo. Neanche gli studiosi più preparati possono comprenderlo appieno, nella sua interezza. E’ più che altro un percorso, un percorso di studio al quale applicarsi nell’intero corso della propria vita.
Può interessare solo agli italiani di religione ebraica? Non credo. Credo sia una opportunità aperta a tutti, uomini e donne. Credenti e non credenti. Perché se si parla di Dio, si parla anche delle capacità umane, dell’ammirevole intelligenza degli uomini spesa al servizio della conoscenza e della difesa della propria identità.

Rav Riccardo Di Segni Nato a Roma nel 1949. Proseguendo un’antica tradizione associa l’esercizio della professione di medico (come radiologo, direttore di un reparto di un grande ospedale pubblico romano) all’attività rabbinica. Ha conseguito il titolo rabbinico presso il Collegio Rabbino Italiano nel 1973, dove ha continuato a insegnare e che dirige dal 1999. Oltre all’insegnamento è stato attivo nell’ambito delle ricerche, pubblicando numerosi studi filologici e tre libri (l’ultimo in ebraico, Noten ta’am leshevach sul significato delle regole alimentari) e nelle attività di divulgazione della cultura ebraica tradizionale (tra l’altro con tre edizioni di una Guida alle regole alimentari ebraiche). Nominato Rabbino Capo di Roma nel novembre 2001. E’ presidente del Progetto Traduzione Talmud Babilonese.