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Intervista a Aldo Setaioli curatore de“Canti e leggende dei Ch’uan Miao” (Graphe.it). A cura di Viviana Filippini

17 luglio 2024

“Canti e leggende dei Ch’uan Miao” raccoglie gli affascinanti racconti e le particolari leggende di un popolo senza letteratura scritta. La popolazione è una delle minoranze riconosciute dal governo cinese (i Ch’uan Miao), diventate note al grande pubblico come gli Hmong del film “Gran Torino” di Clint Eastwood. In questa raccolta, curata da Aldo Setaioli per Graphe.it, ci sono alcune leggende del folclore popolare dove, a tratti, è possibile trovare qualcosa di familiare, anche se lontano da noi nello spazio e nel tempo. Ne abbiamo parlato con il curatore Aldo Setaioli.

In base a cosa o come ha scelto le storie inserite in “Canti e leggende dei Ch’uan Miao”? Innanzi tutto vorrei spiegare come sono venuto a conoscenza della popolazione dei Ch’uan Miao. Nel 2000 compii una crociera sul fiume Yang zi, il maggiore della Cina, e all’altezza della piu’ grande delle tre celebri gole del fiume, risalii lo Shennong, un piccolo affluente di sinistra del grande fiume in un sampan tirato a mano dalla riva. Giunsi cosi’ a un villaggio di un’altra minoranza, i Tujia, affine ai Ch’uan Miao, che abitano in prevalenza sulla riva opposta del grande fiume. Li’ per la prima volta sentii parlare di quest’altra minoranza affine. Solo più tardi, nel 2008, mi resi conto che si trattava della stessa popolazione di emigrati negli Stati Uniti del film di Clint Eastwood, Gran Torino: gli Hmong, che è il nome che quella popolazione si da’ nella propria lingua (Ch’uan Miao è il nome dato loro dai Cinesi). Venni in contatto diretto col folklore dei Ch’uan Miao ancora piu’ tardi, in rapporto alla mia attività di filologo classico, che pero’ ha sempre nutrito grande interesse per le culture e letterature orientali. Durante la stesura di un lavoro, presentato nel 2019 a Seoul, la capitale della Corea del Sud, che confrontava le versioni occidentali e orientali della leggenda di Androclo e il leone, dovetti prendere in considerazione, insieme con vari paralleli nella letteratura cinese, alcuni canti dei Ch’uan Miao di argomento simile (anche se, come sempre in Cina, il posto del leone viene preso da una tigre). Consultai perciò l’intera raccolta dei “Canti e Leggende dei Ch’uan Miao” messa insieme negli anni ’30 del secolo scorso dal missionario David Crockett Graham, pubblicata in uno dei volumi della Smithsonian. Incontrai così molti altri canti che mi sembrò utile e interessante far conoscere ai lettori italiani. La raccolta è molto vasta, ma siccome è fondata esclusivamente sulla tradizione orale, esistono numerose versioni della stessa leggenda, e in molti casi si incontrano incongruenze e contraddizioni, che hanno forzatamente ridotto la scelta dei canti da raccogliere nel volume. Ho scelto molti dei canti che presentano affinità col folklore nostro e di tanti altri paesi, sul piano cosmologico e religioso (creazione, diluvio, peccato originale) e favolistico, oltre che con leggende simili ad alcune delle nostre (per esempio quella di San Cristoforo) e anche con l’idea che fa derivare gli uomini da esseri scimmieschi. 

Che idea si è fatto di questa comunità? E’ una comunità rimasta isolata. Fino a verso la metà del secolo scorso non ha avuto alcuna tradizione scritta, ma ha conservato la sua lingua e le sue caratteristiche originali, pur in mezzo alla preponderanza territoriale e politica dei Cinesi, che li ha costretti a ritirarsi in zone sempre più ristrette e periferiche e, nel corso dei secoli, anche a emigrare in altri paesi, come il Laos, il Myanmar e il Viet Nam (da lì provengono gli Hmong del film Gran Torino). Ha inoltre sempre conservato il suo rapporto intimo con la terra (l’agricoltura e’ quasi l’unico mezzo per la sua sopravvivenza) e con la propria religione, che oltre a dei e demoni attribuisce vita e potenza o ogni oggetto, materiale e immateriale (come il tuono, l’eco, l’arcobaleno). Tramanda con musica e canti il suo ricco patrimonio culturale. Un ultimo frammento di umanita’ rimasto in uno stato di autentica originalità.

Quale è il filo conduttore delle leggende e canti presenti nel volume? In parte ho già risposto a questa domanda. Ho voluto che il lettore scoprisse da sè i tanti elementi comuni tra noi e questa popolazione così diversa e lontana. Ma un altro filone importante èil rapporto tra cielo e terra (un tempo uniti da una scala, interrotta per colpa degli uomini), come pure tra le generazioni presenti e quelle passate. E ho anche voluto mettere in evidenza certe idee morali, prima fra tutte l’avversione per il furto, tipica delle societa’ povere piu’ che di quelle ricche.

Ha trovato qualche somiglianza tra la cultura Miao e il nostro folclore? Moltissime: i fratelli ciascuno dotato di capacità straordinarie, il bel giovane nascosto sotto la pelle di un brutto animale, il demone racchiuso in una brocca, l’avidita’ punita, il ragazzo abbandonato nel bosco, i piccoli uomini che vivono sotto terra, il mantello che rende invisibili, sono motivi di tante storie che da bambino mi venivano raccontate da mia nonna, che certamente non aveva mai sentito parlare dei Ch’uan Miao.

Nelle storie tornano spesso elementi naturali, animali, ma anche demoni e figure buone in aiuto dei personaggi principali. Che ruolo avevano nella vita dei Ch’uan Miao questi racconti? Il mondo dei Ch’uan Miao è profondamente unitario. Dei e demoni interagiscono con gli uomini, cielo e terra sono tutt’uno, ed entrambi hanno bisogno di essere tenuti insieme da solidi legami – altrimenti si disgregherebbero. Le forze malefiche sono tenute a fremo dello sciamano, il tuan kung, e gli antenati proteggono se vengono onorati, possono punire se trascurati. Tutti questi elementi fanno parte di un mondo coerente e unitario, dove gli opposti non solo si equilibrano, ma hanno tutti la loro ragione e importanza. Questi canti sono il patrimonio culturale che da’ senso al bene e al male che l’uomo incontra nel mondo.

In alcune storie i Ch’uan Miao si confrontano con i Cinesi, ci racconta qualcosa su loro rapporto? I Ch’uan Miao si consideravano fratelli dei Cinesi. La loro origine, secondo le loro leggende, è comune. Ma i Cinesi hanno approfittato del loro numero e del loro potere per emarginare sempre piu’ i Ch’uan Miao, e a volte per cacciarli in altri paesi. Tracce evidenti di questo risentimento si incontrano nelle loro leggende.

Come è stato svolgere il lavoro di traduzione, che emozioni le ha lasciato il contatto con questa popolazione che sta in Cina, ma è diversa dai Cinesi? Prima della traduzione è stato necessario un vasto e difficile lavoro di scelta, anche a causa della condizione in cui la trasmissione orale ci ha trasmesso questi racconti. Ma una volta operata la scelta, tradurre questi racconti è stato come penetrare in un mondo meraviglioso, in cui l’insolito e il familiare s’incontrano ad ogni passo e mostrano la sostanziale unità del genere umano.

Se dovesse individuare 4 parole rappresentative dei “Canti e leggende dei Ch’una Miao” quali userebbe e perché? La prima: Unità del cosmo. La seconda: Unità fra le generazioni. La terza: Sapienza dei popoli tramandata dal folklore. La quarta: Lavoro e onestà fondamento della vita.

Intorno al fuoco. Fiabe e storie della terra dei Sami, (Iperborea 2022) A cura di Viviana Filippini

14 gennaio 2023

Tornano in libreria le Fiabe Nordiche edite da Iperborea, a cura e traduzione di Bruno Berni, che nel volume “Intorno al fuoco. Fiabe e storie della terra dei Sami”, si occupa anche della postfazione. Il libro è un vero e proprio viaggio nella cultura della popolazione dei Sami, alla scoperta di quelle che sono le caratteristiche delle loro abitudini, usi e costumi. Le fiabe presenti nel volume, sono giunte a noi grazie al lavoro di Emilie Demant. Chi era questa donna? La Demant, nata in Danimarca nel 1873, è stata un’artista, ma anche scrittrice, etnografa e esperta del folclore che aveva un particolare interesse e attenzione per la cultura del popolo Sami. Fu grazie a questo suo profondo coinvolgimento per i Sami che, all’inizio del XXI secolo, in diversi soggiorni in Finlandia, la donna fece un lavoro di raccolta delle storie narrate a voce dai Sami stessi, finite poi nel volume “Intorno al fuoco”. Un lavoro di ascolto e trascrizione che la impegnò dal 1907 al 1916.  Le fiabe e i racconti qui raccolti- una settantina in tutto- sono caratterizzati da un’atmosfera immediata, a tratti cruda e realistica, dove ci sono alcuni elementi – fuoco e renne per esempio- che tornano in modo costante, e questo non solo ci aiuta ad identificarli come elementi leitmotiv del libro, ma come parti fondamentali dell’esistenza del popolo dei Sami stessi. Per loro le renne, soprattutto le domestiche, sono importanti, perché incarnano compagne preziose di vita e risorse importanti per il lavoro e la vita della comunità, per ricavare vestiti, cibo, strumenti utensili dalla corna e dalle ossa. In realtà, leggendo le diverse storie presenti in questo volume si ritrovano altri animali e insetti che nei racconti atavici, trasmessi da sempre in forma orale, assumono un valore simbolico o metaforico. Curioso anche il fatto che elementi come malattie ad un certo punto si animano, prendono forma concreta e diventano persone con le quali i protagonisti si incontrano o scontrano. Il fuoco, altro componente spesso presente, è casa, e mi spiego meglio. Il focolare per i Sami è fonte di calore, è l’alleato ideale per allontanare le tenebre e gli animali pericolosi, ma è anche il punto cardine attorno al quale la famiglia e tutti si riuniscono per parlare della giornata e per raccontarsi storie, fiabe. Presenti pure alcuni personaggi come il “noiade” (a volte è uomo, altre volte è donna) da identificare come lo sciamano o sciamana, che si pongono come il punto di riferimento saggio e saldo per la popolazione. In sua opposizione ci sono diversi antagonisti, da una parte i Ciudi russi, che si riuniscono in bande di briganti pronti a discendere dal nord al sud per attaccare, terrorizzare i Sami e, dall’altra, le popolazioni di contadini stanziali che non vedono di buon occhio i nomadi Sami (migranti fino agli anni 50 del XX secolo) intenti a spostarsi in pianura in inverno e in montagna in estate. Interessanti le note e la postfazione che aiutano a comprendere ancora meglio dove affondano le radici della cultura Sami. “Intorno al fuoco. Fiabe e storie della terra dei Sami” è sì una scoperta delle fiabe e dei racconti in voga tra i Sami ma, allo stesso tempo, è un curioso e interessante un viaggio dentro alla dimensione più pura dei valori e delle tradizione sami, che ci permette di scoprire un mondo lontano da noi, dove i legami tra uomo e natura sono forti e fondamentali.

Source: richiesto dal recensore.

La ragazza bambù,  Edward van de Vendel (Sinnos 2022)  A cura di Viviana Filippini

5 gennaio 2023

La storia de “La ragazza bambù” di  Edward van de Vendel edita da Sinnos, recupera “Taketori monogatari” un antico racconto popolare giapponese, risalente, sembra, al X secolo, considerato il più antico esempio di narrativa nipponica, scritto in lingua giapponese tardoantica. L’autore prende la vicenda del passato e la riattualizza grazie anche alle colorate e delicate illustrazioni di Mattias De Leeuw, narrando al lettore di oggi la storia di Jie, una ragazzina trovata per caso dentro ad un canna di bambù, recisa da un tagliatore di bambù. La piccola, grande come un pollice, diventa la figlia adottiva per il tagliatore e la moglie che figli non ne hanno. Jie è bella, misteriosa, affascinante, molto legata e riconoscente a quelli che per lei sono diventati i suoi genitori. La ragazzina cresce, ma resta sempre minuta e piccola, questo non le impedisce però di fare innamorare molti giovanotti che la vorrebbero sposare. Jie, che per i suoi modi di dire, fare, pensare, sembra venire da un altro pianeta, mette in difficoltà i suoi tanti pretendenti sottoponendoli dure prove, molto difficili da portare a compimento, proprio perché come dice lei: “non può sposarsi”. Gli aspiranti fidanzati rimangono destabilizzati da ciò e dalle imprese che devono compiere, perchè a volte sono davvero ardue e irrealizzabili e poinon possono fare nulla contro la decisione di Jie, che resta ferma sulle sue posizioni, fino a quando, un giorno arriverà un giovanotto senza nome che metterà in crisi le volontà della ragazza. Lui, misterioso quanto lei (è il giovane imperatore in incognito), non demorde e con tutta la sua forza di volontà cercherà di superare le prove messe in atto dalla ragazza e le scriverà lettere su lettere per farle capire quanto grande e forte è il suo sentimento d’amore. I lettori assistono a questa emozionante vicenda al fianco di un’altra ragazzina che, quasi da un’altra dimensione, segue la vicenda amorosa di Jie, e questa ragazzina che osserva la storia di Jie, non è semplice spettatrice, ma è parte fondamentale della narrazione e della vita di Jie. “La ragazza bambù” di Edward van de Vendel è una narrazione delicata sull’amore, ma anche sull’importanza della libertà per vivere in armonia con se stessi e con il mondo circostante. Nella narrazione ci sono tanti sentimenti che vengono messi in gioco: l’amore, la tenacia, la costanza e la dedizione, ma anche l’impegno per trovare il proprio posto nel mondo, superando le avversità che la vita riserva  e mantenendo i legami con coloro che sono parte e parti fondamentali della propria esistenza. Traduzione Laura Pignatti.

Edward Van De Vendel è nato a Beesd nelle Fiandre. Da piccolo sognava di diventare un calciatore o un cantante, ma poi, proprio come suo padre e sua madre, ha cominciato a lavorare come maestro, insegnando in diverse scuole. Dopo ancora ha cominciato a scrivere per ragazzi, pubblicando decine di titoli, tra albi illustrati e romanzi per adolescenti.

Source: ricevuto dalla casa editrice Sinnos. Grazie all’ufficio stampa Sinnos.