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:: Aurora di Marina Visentin (Laurana Editore 2024) a cura di Federica Belleri

26 novembre 2024

Chi è Gemma, chi è Vittorio? Chi è Aurora? Chi sono realmente i protagonisti di questa storia? Sono davvero quelli che impariamo a conoscere attraverso le parole dell’autrice o indossano una maschera? 

Queste sono solo alcune delle domande alle quali siamo chiamati a rispondere dopo aver letto questo libro. Domande complesse perché aprono scenari inquietanti, bui. La vita di Gemma, gallerista di successo, ad un certo punto si ribalta, si spezza.

 Qualcosa la sbatte al muro agendo  nell’ombra  e spaventandola.  Tutto si ribalta, si confonde e la confonde. Tutti sembrano puntarle il dito contro. Che fare, fuggire o affrontare? 

La trama è decisamente gialla con una tensione da thriller. I personaggi ruotano su se stessi cercando una spiegazione alla paura, che rasenta l’irragionevolezza. Perché non si può fuggire davanti alle proprie responsabilità, non si può incolpare gli altri per qualcosa che non li riguarda. Non ci si deve convincere di essere innocenti, perché ciascuno di noi ha un lato oscuro. Ognuno possiede un segreto. Ognuno è terrorizzato da ciò che vede o crede di vedere …

Aurora, di Marina Visentin, ci porta a Milano nel periodo natalizio. Dove i colori e gli addobbi lasciano il posto al mistero e alla crudeltà. Dove la ricerca della verità è impresa ardua, quasi impossibile. Oppure no? Magari, semplicemente, non è opportuno parlarne per evitare complicazioni. 

Ho apprezzato questo libro per la ricchezza di contenuti e l’ambientazione. L’intreccio misterioso è ben strutturato. Lo consiglio, buona lettura.

Fonte: omaggio dell’ autore.

:: Un’intervista con Marina Visentin, autrice di Aurora a cura di Giulietta Iannone

24 ottobre 2024

Benvenuta Marina su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Giornalista, traduttrice, scrittrice, parlaci di te, dei tuoi studi, del tuo lavoro.

Non è semplice da sintetizzare la mia vita lavorativa. Ho studiato da filosofa e quello volevo fare da grande, invece mi sono ritrovata a fare la copy-writer in un’agenzia di pubblicità, non mi piaceva e mi sono messa a fare la giornalista. La cronaca mi stava stretta, ho pensato bene di lanciarmi nel mare tempestoso della critica cinematografica. Le parole mi sono sempre piaciute e quindi ogni tanto mi sono anche divertita a tradurle da una lingua all’altra. I romanzi sono venuti alla fine, dopo una lunga strada lastricata di saggistica, tra cinema e filosofia, ma mi hanno dato tra l’altro la possibilità di far rivivere il vecchio e mai dimenticato amore per le sfumature nere della cronaca e della storia.

Hai da poco pubblicato Aurora, un ottimo noir nella collana Calibro 9 di Laurana Editore. Ce ne vuoi parlare? Come è nata l’idea di scriverlo?

La prima idea è nata da uno spunto autobiografico: uno spavento che davvero ho provato alcuni anni fa. D’improvviso, senza alcuna ragione, avevo scoperto che qualcuno mi stava seguendo, prendeva informazioni su di me, mi sorvegliava. Per alcune settimane mi ero sentita vulnerabile, inspiegabilmente sottoposta a un controllo misterioso e inquietante. Come era iniziata, in modo altrettanto repentino, questa esperienza è finita. Non ho mai saputo a cosa fosse dovuta, probabilmente a uno scambio di persona. Da questa sensazione di minaccia, tanto inafferrabile quanto allarmante, è nato il primo nucleo di Aurora, che si è poi arricchito della mia passione per l’arte contemporanea e del mio desiderio di scrivere. Per raccontare delle storie, certo, ma anche e soprattutto per dare voce alle donne, alle loro paure, ai loro desideri, alle loro fragilità, alla loro forza, nonostante tutto.

Partiamo dall’ambientazione, una Milano invernale, grigia, fredda, con puntate al lago e a Venezia. Uno scenario malinconico, triste, come hai definito i contorni nelle cose, degli ambienti?

La vera protagonista di Aurora è l’acqua: acqua che ti avvolge, acqua che ti sommerge, acqua di cui avere paura. Acqua trasparente e al tempo stesso torbida. L’acqua di cui Gemma, la protagonista del romanzo, ha paura. Per un motivo ben preciso, che si ricollega al suo passato, a un evento traumatico che ha tentato di seppellire nel profondo della sua coscienza, ma che ogni notte ritorna sotto forma di incubo. Il lago Maggiore e Venezia sono i due scenari che ho scelto proprio per raccontare l’acqua nella sua dimensione calma – il lago, la laguna – e al tempo stesso minacciosa. E poi c’è Milano, ancora e sempre, la mia città, amata e detestata. E ho scelto di raccontarla in inverno, nelle giornate più corte dell’anno, perché proprio il buio è la dimensione che più di altre può descrivere la paura, il disagio, la vulnerabilità.

Gemma è la protagonista, una donna apparentemente forte, realizzata, anche benestante ma con un segreto che teme che tutti possano scoprire. Come hai costruito questo grumo nero di male, nel cuore di un personaggio per certi versi solare?

In qualche modo ho fatto appello all’ambivalenza che abita tante donne: forti, fortissime, capaci di affrontare a testa alta prove di ogni genere e però intimamente fragili, bisognose di sostegno, incapaci di emanciparsi davvero da una profonda sensazione di inadeguatezza. L’idea del segreto da nascondere nasce proprio da questa esperienza condivisa da tante donne: un senso di colpa che nasce prima di tutto dalla sensazione di essere deboli, dalla paura di non essere veramente all’altezza.

La protagonista è una donna forte, razionale, ma nei sogni torna al passato, alla fobia per l’acqua, a un senso di colpa che non l’abbandona. Molto freudiano non trovi? Quanto incide la psicanalisi nel tuo narrato?

Grazie di avermi fatto questa domanda! La dimensione psicologica per me è fondamentale. Più dell’intreccio mi interessano i personaggi, la verità delle relazioni che intrattengono con gli altri, con il mondo circostante. Gemma, la protagonista del mio romanzo, rivive ogni notte – negli incubi che turbano il suo sonno – un evento traumatico che ha segnato la sua vita, che ha costruito la sua personalità all’insegna della paura. Paura che si è cristallizzata in una sorta di corazza che serve a tenere a distanza il mondo, oltre che nel tentativo di rimuovere dalla coscienza tutto ciò che può infastidire e mettere in crisi. Quindi, sì, per rispondere alla tua domanda, direi che la psicoanalisi e in generale gli studi di psicologia hanno – hanno sempre avuto – un notevole influsso sulle mie riflessioni e quindi sulla mia scrittura.

Per un malinteso, non sto a spiegare cosa succede, incontra Vittorio. Ci vuoi parlare di questo personaggio?

Non vorrei parlarne troppo, perché non vorrei svelare troppo della trama a chi ci legge. Però mi sembra importante dire che Vittorio è un personaggio tridimensionale. Può sembrare semplicemente un “cattivo”, perché inizialmente è questa la sua funzione – diciamo così – all’interno dell’intreccio, ma in realtà è un personaggio pieno di sfaccettature. Il suo ruolo può rivelarsi negativo, ma forse più che altro è destabilizzante, rispetto all’iniziale equilibrio della protagonista. Forse incarna solo e semplicemente un’immagine di amore tossico, ma a me sembra importante parlarne, non smettere mai di interrogarci sui motivi che possono rendere un uomo come Vittorio tanto seducente.

Quali autori e opere d’arte ti hanno influenzato nella stesura del tuo libro?

Sicuramente una delle immagini iniziali da cui prende le mosse l’intero romanzo è Ophelia di John Everett Millais, un quadro celeberrimo, simbolo del movimento preraffaelita e perfetta rappresentazione di come bellezza e disfacimento, giovinezza e morte possono sovrapporsi in tanti modi, sotto il segno del fascino e dell’inquietudine. Se devo citare un libro, mi viene in mente Acqua nera di Joyce Carol Oates, che guarda caso, nella vecchia edizione che possiedo da tanti anni, ha in copertina proprio questo quadro che per tanti anni mi ha ossessionato.

Ci sono derivazioni cinematografiche? Film o telefilm che ti hanno dato ispirazione?

Tantissimi, naturalmente. Il mio immaginario si nutre di immagini in movimento da una vita intera. Però, per citare un solo titolo, ti direi Il segno del comando, uno sceneggiato degli anni Settanta che ho rivisto per caso proprio mentre stavo cominciando a scrivere questo romanzo, e a cui voluto in qualche modo rendere omaggio. Non tanto alla storia, quanto alla sua atmosfera – sospesa, inquieta, misteriosa.

Immaginati che una casa di produzione cinematografica ne compri i diritti. Hai carta bianca. Chi immagini potrebbe essere il regista e quali attori vedresti nelle parti principali?

Davvero difficile come domanda, soprattutto a voler tenere i piedi per terra. Allora forse meglio sognare: Roman Polanski come regista, Cate Blanchett come attrice protagonista.

Grazie della disponibilità, nel salutarti mi piacerebbe sapere quali sono i tuoi progetti futuri.

Sto lavorando al terzo romanzo della serie di Giulia Ferro, la mia poliziotta milanese, alle prese con un nuovo caso e con la voragine rappresentata dai complicatissimi rapporti con la sua famiglia. Spero di riuscire a vederlo pubblicato il prossimo anno.

E grazie a te!

:: Aurora di Marina Visentin (Laurana Editore 2024) a cura di Giulietta Iannone

12 ottobre 2024

Ma le ombre poi tornano. Tornano sempre. E diventa sempre più difficile far finta di non vederle.
Roberto continuava a dirle che l’amava, Gemma continuava a pensare che erano una coppia, nonostante tutto. Cercavano di passare del tempo insieme, ogni tanto a Milano, qualche volta in Val Cannobina, a turno, perché entrambi non volevano essere giudicati ingiusti.
Da un po’ avevano cominciato a essere infelici. Ma non avevano voglia di dirselo. Non ancora.

Sogni, incubi, ossessioni, fobie, di questo magma caotico e composito è fatto il noir Aurora di Marina Visentin edito da Laurana Editore nella collana Calibro 9, dedicata al giallo e al noir. Gemma ha un legame con Ofelia, il tragico personaggio shakespeariano morto annegato, a cui è dedicata una mostra nell’elegante galleria d’arte dove la protagonista lavora. Gemma ha un segreto, su cui ha costruito una vita perfetta, casa elegante nel cuore di Milano, lavoro prestigioso, fidanzato artista, ma di notte quando le difese si abbassano e il mondo onirico fa emergere il passato, ritornano ricordi, traumi insoluti.

Che cosa succede? Che diavolo sta succedendo? Qualcuno mi segue? Chi? Perché?
Qualcuno sa? Ha visto? Mi ha scoperto?
Davvero qualcuno può aver scoperto tutto?
No.
Non ha senso. Non ha alcun senso.

Tutto è in bilico, tutto scorre apparentemente in modo placido finchè un uomo entra nella vita di Gemma, prima chiede informazioni su di lei ai vicini e conoscenti, la pedina, la spia, la terrorizza, un uomo che si rivela essere un ex poliziotto, vittima anch’egli delle sue ossessioni. Gemma e Vittorio così si incontrano, per uno scambio di persona, si conoscono forse non così casualmente, e iniziano una relazione in un crescendo di angoscia e segreti taciuti che vogliono emergere.

La notte è una culla abitata dal vento, un incubo fatto di acqua scura. È la vita che si spegne, coscienza che sprofonda nell’incoscienza. Oblio e paura. Una bambina che affonda nell’oscurità. Piangendo.
Apro gli occhi. Vedo buio. Chiudo gli occhi. Non cambia nulla, vedo solo nero. Riapro gli occhi. C’è luce ora, un chiarore indistinto che avvolge ogni cosa come un bianco sudario.
È il bianco il colore della morte.

Riuscirà a salvarsi Gemma dalla spirale che sembra avvolgerla e trascinarla dove non vuole andare? Cosa nasconde il passato e soprattutto il minaccioso presente? Chi è Aurora, la piccola dolce Aurora che si chiamava come la principessa della Bella Addormentata? Queste sono le domande che scorrono nella mente del lettore mentre legge questo libro oscuro e inquietante, sorretto da una scrittura evocativa e onirica. Sarebbe piaciuto a Hitchcock per l’importanza dell’inconscio nella vita di una donna apparentemente forte e realizzata che nasconde le sue mille fragilità sotto una spessa scorza di razionalità e durezza e gravata da una minaccia esterna e interna. Una donna in pericolo che ci ricorda le tante donne in pericolo nella vita reale, dominate da meccanismi psicologici sempre uguali, la paura, il senso di colpa, l’incapacità di conquistarsi una reale autonomia, l’incapacità di costruirsi relazioni sentimentali sane, meccanismi che l’autrice indaga con sensibilità e acutezza.

Marina Visentin è nata a Novara, da oltre trent’anni vive e lavora a Milano. Giornalista e traduttrice, una laurea in filosofia e un passato da copy-writer, ha collaborato con varie testate scrivendo di cinema. Ha pubblicato saggi sulla storia del cinema, libri di filosofia (Filosofia – Finalmente ho capito!, Vallardi, 2007), romanzi gialli e noir (Biancaneve, Todaro Editore, 2010; La donna nella pioggia, Piemme, 2017; Cuore di rabbia, Sem, 2021, Gli occhi della notte, Sem, 2023), il divertissement filosofico Raffasofia (Libreria Pienogiorno, 2021).