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:: Recensione di Vendette di Philippe Djian (Voland 2011) a cura di Giulietta Iannone

4 novembre 2011

Marc è un artista, uno scultore di successo, quasi cinquantenne, fondamentalmente egoista, incapace di tenersi una donna, incapace di comunicare con suo figlio, non un fallito questo no, ma un uomo che lascia che la vita lo attraversi senza fare troppa resistenza. Alcool, droghe, donne, anche degli amici, l’importante è stare bene, giocarsi le sue carte. Alexandre, il figlio, è un diciottenne trascurato, cresciuto senza madre, un ragazzo per certi versi fragile che decide di lasciare questo mondo platealmente, sparandosi al centro di una mondanissima festa e crollando sul buffet. Poi c’è Gloria la ragazza di Alexandre che Marc raccoglie ubriaca in una pozza di vomito sul metrò e la porta a casa con il nobile intento di prendersi cura di lei, lui che non ha mosso mai un dito per gli altri, nemmeno per suo figlio. Gloria lo sa, lo conosce e vuole vendetta, come Alexandre che col suo gesto a suo modo voleva la stessa cosa. Marc si interroga, si analizza, cerca di comprendere il gesto del figlio, cerca di assolversi. Marc, Alexandre, Gloria questo è il triangolo al centro di Vendette di Philippe Djian edito in Italia da Voland a pochi mesi dall’edizione francese Gallimard. Djian è un autore di culto in Francia, adorato dalla critica che lo ricopre di premi, uno scrittore di noir che per molti versi ripropone sempre uno schema fisso rivisitato in mille sfumature e celebre soprattutto per 37°2 al mattino portato al cinema come Betty Blue con Beatrice Dalle. Vendette è il primo Djian che leggo e mi sono accostata al libro con notevoli aspettative, sperando di porre l’autore accanto al mio personale pantheon formato da autori come Andrè Helena e Derek Raymond. La prima impressione è piuttosto conflittuale, da un lato mi piace come accosta le parole, il suo stile, la musica che quasi emerge dalle righe e si vede che è frutto di un lavoro ostinato sulla lingua e non di improvvisazione ma la sua scelta di frammentare il tessuto narrativo, passando dalla prima alla terza persona in continuazione con sincopata naturalezza, un po’ mi ha spiazzato, costringendomi a spezzare spesso il pensiero e a ricrearmi la trama quasi prendendo appunti. A parte questo è un libro notevole, interessante, che si legge per il piacere di sentire le parole concatenarsi l’una all’altra con la consapevolezza che l’autore non si è limitato a sporcare la pagina bianca di inchiostro come succede a volte. Leggerò sicuramente Imperdonabili premio Jean Freustie 2009 , Incidenze e terrò per ultimo 37°2 al mattino. Traduzione di Daniele Petruccioli.

Philippe Djian nato a Parigi nel 1949, si impone negli anni ’80 come scrittore non conformista, considerato l’erede francese della beat generation. Autore di culto della scena letteraria francese, è cresciuto a Parigi facendo ogni tipo di lavoro: portuale, magazziniere da Gallimard e anche giornalista.
37°2 le matin è il romanzo che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Da questo libro il regista di J.J. Beineix ha tratto il film Betty Blue, candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 1987.
Molto apprezzato dalla critica, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui il Premio Jean Freustié 2009, e per “Oh…” ‒ di cui nel 2016 è uscita la trasposizione cinematografica Elle, diretta da Paul Verhoeven e interpretata da Isabelle Huppert ‒ il Prix Interallié 2012.