
Quanto possono fare male il pregiudizio, il pettegolezzo della gente verso una persona? Possono fare tanto da metterne a rischio la vita? Ebbene sì, e qualcosa di simile accadde in Calabria nella seconda metà del 1700, quando Cecilia Faragò venne accusata di essere una strega. A raccontarci la sua storia in “L’ultima strega. Una storia vera dalla Calabria del XVIII secolo” ci pensa Emanuela Bianchi, con prefazione di Roberto Alessandrini, nel libro pubblicato da Oligo Editore. Cecilia Faragò, vedova e analfabeta, venne ingiustamente accusata di essere una strega e di aver provocato la morte del parroco e non solo. A darle il tormento due preti interessati ad appropiarsi dei suoi beni che la accusano di essere una maga, fattucchiera e di usare le erbe per fare cose strane. I due religiosi sono davvero pronti a tutto, pure a mentire, pur di ottenere ciò che vogliono. Così, come altri cittadini che lanciano -come leggerete- accuse ingiuste alla Faragò, nate dal pettegolezzo e che gravano poi in modo concreto sulla donna. La protagonista , anche se non sa leggere e scrivere, è tenace, coraggiosa e soprattutto ben consapevole del suo essere innocente, tanto è vero che farà di tutto pur di ottenere giustizia. Ad aiutarla in questo un giovane avvocato – tal Giuseppe Raffaelli- che finirà pure alla corte di Napoli e riuscirà ad ottenere giustizia per la Faragò, incastrando i veri colpevoli e inducendo Re Ferdinando ad abolire per sempre il reato di stregoneria. Emanuela Bianchi ha conosciuto la figura della Faragò grazie ad un libro che sua madre le regalò mentre stava pensando ad uno spettacolo su Cassandra. Da lì prese il via una volontà profonda di conoscere e ricercare dettagli sulla storia della Faragò. “L’ultima strega. Una storia vera dalla Calabria del XVIII secolo” edito da Oligo editore, non solo racconta una vicenda umana avvenuta nel Sud d’Italia che si è innestata nella Storia, ma mette in evidenza come il pregiudizio, l’ignoranza, la non conoscenza, la maldicenza portarono spesso, nel corso del tempo, ad accusare degli innocenti trasformandoli in vittime condannate ed escluse da qualsiasi rapporto sociale e umano, come accadde alla Faragò, che però ottenne una riabilitazione e venne completamente scagionata. Riportando alla luce la vicenda di Cecilia Faragò, ritenuta l’ultima Magara della Calabria, Emanuela Bianchi fa sentire e rivivere la sua voce, la storia di una donna innocente– anche se probabilmente furono molte altre quelle ingiustamente condannate-, ma consapevole delle proprie conoscenze e proprietà. Un figura femminile forte, troppo autonoma, indipendente per quei tempi che voleva giustizia, perché conscia della propria innocenza. Il lavoro teatrale di Emanuela Bianchi ha avuto un forte impatto su Soveria Simeri, in provincia di Catanzaro, perché ha riportato l’attenzione della popolazione e dei giovani sulla figura della Faragò e l’interesse è così tanto che nella località calabrese, ogni anno, si svolge una rievocazione storica ispirata all’opera teatrale “LaMagara” della Bianchi (Premio della critica Gaiaitalia 2014) , finita poi nel libro edito da Oligo editore.
Emanuela Bianchi, antropologa e attrice catanzarese, ha studiato all’Università di Roma La Sapienza e,nel 2004, ha formato una compagnia teatrale che si concentra sul teatro antropologico e interattivo.
Source: grazie all’ufficio stampa 1A Comunicazione.

























