
A volte succede di incontrare persone che indossano una maschera recitando una parte e nascondendo quella che è la loro vera natura, apparendo quello che non sono in realtà. Questo è quello che succede a Vivian, la protagonista del romanzo breve “Il figlio”, dell’americana Gina Berriault, edito da Mattioli 1885. La giovane protagonista è bella, affascinante, insomma ha le carte in regola per fare l’attrice nell’America degli anni ‘40. Vivian che fa? Si sposa in fretta e furia con Paul, un aspirante attore diretto a Hollywood. Il matrimonio improvviso lascia la famiglia della ragazza senza parole ma, anche se con tanti dubbi, loro accettano il fatto. La relazione ha vita breve, perché Vivian resta incinta e il marito decide di tentare la fortuna altrove. La giovane torna della famiglia, diventa madre, ma si sente inadatta, è come se le mancasse qualcosa (amore vero, vestiti di qualità e non sciatti come ci racconta l’autrice) per rendere la sua vita completa. Pagina dopo pagina la vita di Vivian è un continuo alternarsi di alti e bassi. Nella sua esistenza si avvicendano una lunga serie di figure maschili che prendono tanto da lei ma che, allo stesso tempo, sembrano incapaci di ricambiare in modo completo quello di cui la protagonista ha bisogno. L’instabilità emotiva della donna è susseguirsi di relazioni brevi, con uomini diversissimi tra loro, tanto che dopo il marito aspirante attore, ci sono un dj radiofonico, un secondo marito medico che partirà per il fronte e altri uomini che passeranno veloci come un battito di ciglia. Di loro non resta nulla a Vivian, se non un senso di vuoto e di mancanza. Anche il lavoro non dà grandi soddisfazioni alla donna, perché la sua bellezza è sì quello che principalmente le permette di lavorare, ma tutto dura poco e dopo aver fatto la cantante in diversi locali serali, Vivian finisce a lavorare in un albergo. L’americana Gina Berriault ci porta nella vita di una donna –Vivian- dove la carenza di stabilità emotiva e lavorativa sono la dominante e sono gli elementi che scatenano in lei una profonda delusione e una sofferenza che la consuma. In realtà c’è una cosa, o meglio, un qualcuno, sempre presente nella vita di Vivian, ed è il figlio David. Verso di lui Vivian ha un amore un po’ fuori della norma, perché se per buona parte del libro lo si interpreta come amore di una mamma per un figlio, andando avanti nella narrazione si arriva a un sentimento un po’ diverso, nel quale il rapporto mamma-figlio, viene vissuto tra realtà e immaginazione e dove, ad un certo punto, i sentimenti della Vivian donna prendono il sopravvento sulla Vivian madre e David più che figlio è visto come uomo. Gina Berriault, scomparsa nel 1999, è un’autrice americana tutta da scoprire, perché con la sua scrittura- e lo dimostra ne “Il figlio”- riesce a indagare l’animo umano narrandolo nelle sue più profonde fragilità emotive e comportamentali, portando il lettore a diventare un testimone silenzioso e attento di una intimità e di una umanità dove qualcosa si è incrinato in modo irreparabile. Traduzione Nicola Manuppelli.
Gina Berriault (1926-1999) è autrice di quattro romanzi, tre raccolte di racconti e diverse sceneggiature. Il suo lavoro è stato ampiamente pubblicato da riviste quali Esquire, The Paris Review e Harper’s Bazaar. Nel 1996 un’antologia che riuniva anche i racconti qui presentati ha vinto il premio PEN / Faulkner, il National Book Critics Circle Award e il Bay Area Book Reviewers Award. Nel 1997 è stata scelta come vincitrice del Premio Rea per la Short Story. Questa è la prima traduzione in italiano.
Source: del recensore.