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:: Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni (Einaudi 2023) a cura di Valerio Calzolaio

5 gennaio 2024

Sempre Napoli e, ogni tanto, ancora Buenos Aires, significativamente. Dicembre 1939. L’abitudinario commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte occhi verdi, basette grigie, rughe incipienti, sa che ormai il nuovo edificio della questura è quasi completato, presto dovranno trasferire gli uffici. Ripensa ai luoghi cari e agli effetti intensi come la figlia Marta (quasi cinque anni, nata mentre la mamma moriva nel parto), alla carissima affiatatissima moglie morta e ai pochi veri amici, a una canzone commovente e pure alla 40enne Livia (che sempre lo ha amato, affiatata ma non ricambiata). Dall’altra parte del mondo, lei ora si chiama Laura Lobianco, le stesse iniziali rispetto a quelle dell’esistenza di cui ha nostalgia; fa soddisfacente sesso con il ricco magnifico innamorato 32enne Facundo Rubia; canta ammaliando nei caffè; studia un pezzo struggente e continua a pensare di tornare in patria, nonostante tutti i pericoli. Il 60enne brigadiere Maione, un metro e novanta per centotrenta chili, avvisa Ricciardi che è stato ritrovato un cadavere in via del Grande Archivio. All’interno dell’abitazione vivevano insieme la 61enne madre invalida Angelina Prudenzi e la bella figlia 32enne Erminia Cascetta, appena uccisa con un oggetto contundente, incinta. Sulla scena del crimine Ricciardi si concentra per abbandonarsi alla dannazione del Fatto (un’eredità genetica, chissà se trasmessa a Marta), che gli fa sentire l’ultima frase pronunciata dai morti sul luogo della dipartita, l’ultimo barlume di una vita spenta: questa volta “Egoista, egoista, lasciami vivere”. La porta era socchiusa e, nella reticenza e con molti dubbi, emergono via via alcuni possibili colpevoli: portinaie e apparenti amiche, un anziano ricco avvocato amante e il nuovo aitante fascista amato. Intorno c’è una grande confusione prebellica e tutti hanno pure altri pesanti pensieri per la testa. Non basterà risolvere il caso per trovare un Natale di pace.

Il grande scrittore italiano Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) aveva chiuso oltre quattro anni fa la sua prima e più amata serie con il dodicesimo romanzo. Dopo gli esordi con le quattro stagioni del 1931, il seguito delle feste del 1932, le svolte matrimoniale del maggio 1933 e genitoriale dell’estate 1934, aveva dovuto abbandonare alla sua sorte l’amatissimo “diverso” commissario. Lo abbiamo poi ritrovato ad aprile 1939 (tredicesima avventura) e ora alla fine dello stesso anno (quattordicesima), romanzi di grande qualità. La trama rimane quella di un ingegnoso delitto che Ricciardi deve risolvere. Tutto intorno prendono spazio e tempo (come nelle serie tv) le vicende parallele noir e sentimentali dei tanti coprotagonisti, questa volta imperniate sulla solitudine, privata e sociale: chi uccide, che probabilmente decide di agire per non restare solo; la splendida e raffinata Livia-Laura, che sopravvive troppo sola in Argentina e sente il richiamo dei legami precedenti in Italia; il buon Maione, che deve gestire da solo il recupero di un figlio sulla cattiva strada; l’attempato amico medico delle autopsie Bruno Modo, che milita nell’antifascismo e sente il fiato sul collo della delazione e delle repressione (l’isola carcere o confino di Ventotene sullo sfondo); la contessa Bianca Borgati di Zisa che contribuisce alla crescita di Marta (amando il padre) finalmente incerta fra il consolidarsi sola o accettare la corte di un nuovo gentile intenso spasimante; la mitica brutta governante Nelide che capisce di dover accompagnare comunque il barone pur se il bell’ambulante fruttivendolo Tanino ‘o Sarracino potrebbe aver sfiorato la sua dura solitaria scorza; addirittura l’isolato questore Angelo Ganzo, che ha la moglie ebrea ormai in pericolo (dopo le leggi razziali del 1938) e cambia atteggiamento verso la famiglia ebrea dell’Enrica di Ricciardi (solitario per definizione). La narrazione è, come sempre, in terza varia (con incursioni in prima su chi uccide e sul potente sincero avvocato). Lo stesso titolo si riferisce alla canzone Soledad (1934, testo di Le Pera, musica di Gardel), l’eterna solitudine che resta in chi vede lasciarsi per sempre. Altro che letteratura minore di genere! Altre belle musiche, d’orchestra e jazz. Champagne al bordello.

Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d’inverno, Il purgatorio dell’angelo, Il pianto dell’alba, Caminito e Soledad (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero). Dopo Il metodo del Coccodrillo (Mondadori 2012; Einaudi Stile Libero 2016; Premio Scerbanenco), con I Bastardi di Pizzofalcone (2013) ha dato inizio a un nuovo ciclo contemporaneo (sempre pubblicato da Einaudi Stile Libero e diventato una serie Tv per Rai 1), continuato con Buio, Gelo, Cuccioli, Pane, Souvenir, Vuoto, Nozze, Fiori, e Angeli, che segue le vicende di una squadra investigativa partenopea. Ha partecipato, con Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli, all’antologia Giochi criminali (2014). Per Rizzoli sono usciti Il resto della settimana (2015), I Guardiani (2017), Sara al tramonto (2018), Le parole di Sara (2019) e Una lettera per Sara (2020); per Sellerio, Dodici rose a Settembre (2019); per Solferino, Il concerto dei destini fragili (2020). Con Cristina Cassar Scalia e Giancarlo De Cataldo ha scritto il romanzo a sei mani Tre passi per un delitto (Einaudi Stile Libero 2020). Sempre per Einaudi Stile Libero, ha pubblicato della serie di Mina Settembre Troppo freddo per Settembre (2020) e Una Sirena a Settembe (2021). I libri di Maurizio de Giovanni sono tradotti in tutto il mondo. Molto legato alla squadra di calcio della sua città, di cui è visceralmente tifoso, de Giovanni è anche autore di opere teatrali.

:: Il ritorno del mostro di Modena di Luigi Guicciardi (Damster 2022) a cura di Patrizia Debicke

26 novembre 2022

È fatta. Il giovane commissario Giovanni Torrisi, uno tra più giovani d’Italia, è tornato al lavoro. Insomma è di nuovo seduto dietro la scrivania del suo ufficio. Finalmente sano. Guarito, dopo che il Covid l’ha prima costretto al ricovero in ospedale, poi all’angoscia dell’intubazione e la lunga degenza, seguita dal ritorno a casa, annegato in una convalescenza che pareva interminabile e lasciava tanto, troppo tempo per pensare. Soprattutto pensare alla fine della sua storia con Debora, durata poco e appena due mesi prima al definitivo addio seguito dalla sua partenza per gli States ad accettare il lavoro e fare la biologa. Insomma cosa chiusa e forse…. Ma no non era destino e neppure questa volta ha funzionato. Forse l’amore, un rapporto vero fisso non fanno per lui.
Ma quel suo rientro in servizio il 10 febbraio in una mattinata che si prometteva tranquilla, di routine, lo catapulterà invece immediatamente in una brutta indagine. Una prostituta, tutto di lei lo fa pensare, è stata uccisa… Uccisa a coltellate in periferia. L’ha ritrovata un pensionato che passeggiava tranquillo con il cane. Morta da almeno tre settimane.
Prende la rincorsa così “Il ritorno del Mostro di Modena”, nuovo romanzo poliziesco d’indagine di Luigi Guicciardi che stavolta introduce nella storia un altro personaggio molto diverso dal suo consueto protagonista. Ragion per cui et voila il nuovo interprete (sempre un poliziotto però) ma contrariamente al catanese Cataldo, Torrisi è un modenese quasi doc, insomma della provincia, nato a Samone, un paese vicino a Guiglia. Un “nuovo” commissario di 30 anni più giovane di Cataldo, sicuramente meno logico e competente in materia di lui ma forse più adatto ad affrontare un altro tipo di storia, più dura, più dolorosa, violenta, feroce e a impegnarsi senza tregua nelle indagini.
Nessuno conosce la donna assassinata, o almeno pare, e Torrisi gira a vuoto per due settimane, poi, quando fa mettere un suo schizzo sui giornali, finalmente a fine mese qualcuno viene in commissariato e la identifica come Manuela Volpi… E dalle sue mezze parole si conferma anche l’ipotesi che battesse … In seguito però, a parte il dolore della madre vedova, niente. Ma tre mesi dopo, il 4 maggio, a quel primo delitto dai macabri risvolti, farà seguito un secondo con come vittima sempre una prostituta, accoltellata come l’altra e fatta ritrovare dall’ assassino presso la cava di San Damaso… Passano altri tre mesi. L’inchiesta che fin dal primo momento si presentava oscura, con praticamente zero indizi o poco utili e soprattutto priva di appigli, zoppica tristemente, non va avanti di un passo anzi pare destinata ad arenarsi, finché a luglio un’altra vittima, la terza, che va ad accrescere il macabro carniere dell’assassino, fa cominciare a valutare agli inquirenti un’altra possibilità.
Tutte le donne ammazzate che si prostituivano e spesso erano anche tossicodipendenti, sono state uccise in modo efferato ma secondo uno schema bene preciso e quegli omicidi hanno, nel loro articolato modus operandi, nette similitudini con altri commessi tanti anni prima dal famigerato mostro di Modena. Un omicida che aveva terrorizzato e insanguinato la città e la zona tra il 1983 e il 1995. Un assassino che aveva lungamente operato impunemente commettendo per più di un decennio,tutta una inspiegabile serie di delitti, con addirittura dieci vittime. Delitti per i quali non era mai stato trovato il colpevole.
Torrisi, essendo troppo giovane, non può ricordare il clamore di quella storia. Ma sollecitando l’aiuto di un anziano poliziotto vicino alla pensione e andando a caccia di maggiori riscontri negli articoli dei giornali dell’epoca, si renderà conto che ci sono delle mostruose analogie tra i vecchi e i nuovi omicidi. Lo stesso assassino? Noo, pare molto più logico pensare a un emulatore? Uno psicopatico, un impotente, un maniaco sessuale o altro, magari un vendicatore deciso a punire con la morte il male commesso dalle puttane, vendendosi. E comunque un nuovo efferato mostro che ha deciso di agire, di sfidare le forze dell’ordine.
Non resta al commissario Torrisi che imboccare questa pista seguendo un’ipotesi investigativa, suffragata da più di un indizio, e continuare a seguirla fino a quando nella macabra sequenza di uccisioni ci sarà come una rottura o forse meglio dire una smagliatura. Perché la vittima prescelta dal mostro sarà una donna della Modena che conta, ricca e influente una signora, una nota giornalista, co-direttrice di una importante emittente televisiva locale. Forse di mente e costumi aperti, ma non certo una prostituta Una persona che oltre tutto Torrisi conosce personalmente, addirittura è una sua vicina di casa.
Non sarà un compito facile venire a capo di una spinosa faccenda, talmente ingarbugliata da far girare la testa anche a un poliziotto tanto preciso, razionale e accurato come Torrisi.
Ma sarà poi possibile arrivare a scoprire che non basta individuare una e plausibile verità perché a conti fatti le possibili verità potrebbero essere diverse e più d’una.
Un nuovo personaggio per Guicciardi che dobbiamo ancora imparare a conoscere meglio ma, sono certa, non ci mancherà l’occasione. Lo ritroveremo, mi sa che ha voglia di farsi strada, anche in futuro.
Luigi Guicciardi fa parte, a buon diritto, del gruppo degli autori rappresentanti del più classico giallo italiano legato al campanile e che spesso narra della tante magagne di ogni città ai nostri giorni. Gialli tradizionali, ancora cari a tanto pubblico, sempre realizzati su inchieste e indagini e sulla ben calibrata costruzione dei suoi personaggi, specchi parlante di ogni umanità.

Modenese, insegnante di liceo e critico letterario, Luigi Guicciardi è il creatore del commissario Cataldo, poliziotto al centro di una serie di mystery: “La calda estate del commissario Cataldo”; “Filastrocca di sangue per il commissario Cataldo” – entrambi finalisti al Premio Scerbanenco – “Relazioni pericolose per il commissario Cataldo” (2001), “Un nido di vipere per il commissario Cataldo” (2003), “Cadaveri diversi” (2004, Piemme); “Occhi nel buio” (2006), “Dipinto nel sangue” (2007), “Errore di prospettiva” (2008), “Senza rimorso” (2008), “La belva” (2009), “La morte ha mille mani” (2010) per Hobby&Work; “Una tranquilla città di paura” (2013, LCF Edizioni); “Le stanze segrete” (2014), “Paesaggio con figure morte” (2015) e “Giorni di dubbio” (2016) per Cordero Editore. Ha contribuito all’antologia “Scosse. Scrittori per il terremoto”, (Felici Editore, 2012).