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:: La diffusione dei social network sta omologando il nostro modo di scrivere?

19 ottobre 2018

bny

Omologazione: Processo culturale per il quale una cosa o una persona va perdendo le proprie caratteristiche e i comportamenti peculiari, uniformandosi alle tendenze dominanti.

Scriviamo, scriviamo tanto, ma scriviamo male, sempre più male. Errori grammaticali, refusi, mancanza di concordanza tra verbo e soggetto, tempi dei verbi ballerini. Non perché non si conosca le regole del gioco, ma per la fretta, la disattenzione, la pigrizia.
Non solo la gente comune, ma anche gli scrittori, i giornalisti, gli addetti ai lavori. Tutti. Ne discutevamo con una psicologa che si occupa di tematiche legate al lavoro, e si evidenziava questa decadenza culturale, inarrestabile.
Tutta colpa dei Social Network? I grandi imputati.
Bella domanda, che meriterebbe una seria riflessione.
Innanzi tutto c’è la fretta.
Sui social si scrive in modo sempre più veloce. Si deve rispondere in tempo reale nelle discussioni e questo pregiudica poi successivamente il nostro modo di scrivere anche quando siamo soli, a tu per tu con il foglio bianco.
Alcuni agenti infatti addirittura vietano ai loro scrittori di stare sui social, un po’ perché c’è il rischio di incamminarsi in polemiche sterili, di perdere tempo, ma anche perché la scrittura ne risente. E significativamente.
Ci stiamo tutti omologando, conformando a schemi fissi di pensiero? Utilizziamo tutti le stesse parole? Pensiamo tutti le stesse cose? Parliamo delle stesse cose a flussi regolari, fissi?
Anche questo è vero e non si discosta troppo da quello che denuncia Paolo Sordi ne La macchina dello storytelling Facebook e il potere di narrazione nell’era dei social media, agile volumetto edito da Bordeaux Edizioni, che se non avete letto vi consiglio di recuperare.
L’allarme non è ancora generalizzato, ma percepito soprattutto nella scuola, dagli insegnanti che si trovano classi sempre più ingestibili. Un professore di lettere in una scuola superiore mi diceva che si è arreso. Scrivano come vogliono, tanto sui social nessuno se ne accorge degli errori.
Ma come diceva James Lee Burke, si scrive male, perché si pensa male. La scrittura non è che un accidente, un tratto successivo.
Quindi che fare? Ci sono dei rimedi? Sicuramente limitare i social, e darsi più tempo quando si scrive su di essi, non farsi coinvolgere in dibattiti vorticosi che necessitano di un botta e risposta quasi ossessivo. Meditare su quello che si scrive, rileggerlo, correggerlo. Anche io non sono immune da tutto questo, perché non lo faccio. Finisco di scrivere una cosa e penso subito ad altro. E non bisognerebbe, bisognerebbe respirare e concedersi il lusso di non farsi sopraffare dalla fretta, anche se il tempo è quello che è, e le esigenze sono spesso altre. Insomma la vita vera chiama e non si può ignorarla. Ma anche la scrittura è una priorità.
Ecco riflettiamo su questo, questo penultimo weekend di ottobre.