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:: “Nel nome di Maria. ‘Il caso Castorina’ e ‘la Vergine Piangente’”(Edizioni Segno) di Tino La Spada, a cura di Daniela Distefano

5 novembre 2025

Mi è stato donato il pdf di questo libro introvabile, reperirne la copertina è stato faticoso, leggerlo al computer è stato fuori tempo, ma alla fine eccomi a raccontare la crema di un dolce squisitamente mistico.

Protagonista – come capita il più delle volte nelle cose che balzano dal Divino – è una donna umile, una mamma che parlava con Dio, con la Madonna, ignara di quello che sarebbe successo una volta scoperto questo filo che la legava al Cielo sospendendola sulla Terra.

Ma seguiamo il tracciato disegnato dall’autore, Tino La Spada, colui che l’ha conosciuta e dopo l’iniziale scetticismo è stato contagiato  dal suo male d’amore verso Maria Santissima e Gesù  Crocifisso.

Maria Sardella Castorina ha dedicato 15 anni della sua vita al prossimo. Nel febbraio del 1991, colpita da ictus cerebrale, dopo 12 giorni di coma, muore a Catania, all’età di 55 anni.

Grazie ai colloqui con la Madonna, ai messaggi celesti, alle  lacrimazioni di immagini sacre (immagini che dopo aver trasudato un misterioso liquido bianco avrebbero finito col piangere sangue davanti a testimoni di sicuro affidamento quali primari di ospedale, cardiologi, agenti di polizia, giornalisti, gente comune), grazie a tutto questo ella portò alla fede un numero indicibile di persone, col suo sorriso spontaneo che spesso nascondeva un inesprimibile dolore.

Senza mai sentirsi protagonista, la veggente visse con una vana, quanto sofferta speranza: quella di vedere riconosciuta la miracolosa guarigione che nel ’75 aveva strappato alla morte l’allora piccola figlia Tiziana.

Più volte, accanto al Pontefice (la veggente si recò in Vaticano in quattro diverse occasioni), sentì vicino il coronamento dei suoi sogni. Ma sebbene per lei parlassero i fatti, quelle speranze finirono per dissolversi nel nulla, lasciandole  una sensazione  di colpa che, di certo, non meritava. Pur vivendo tra migliaia di persone, Maria si sentiva spesso sola, incompresa. Quando la conobbe il giornalista La Spada, il suo interesse per lei era destinato a durare poco, ben presto riuscì ad essere conquistato dalla sua bontà e generosità, diventando per lei un fratello. Molti accettarono  con riluttanza la sua  raffinata sensitività, ma per quanto qualcuno potesse contestarla, il tempo che passava prima che una “previsione” trovasse attuazione pratica, non superava la settimana! La più grande profezia di Maria Castorina fu l’anticipazione dell’attentato che Giovanni Paolo II avrebbe subìto in piazza San Pietro il 13 maggio del 1981, un giorno da decenni dedicato alla Madonna di Fatima. Col passare del tempo, Maria ricevette altri doni divini quali la trance, la chiaroveggenza  o la misteriosa apparizione di croci sulla fronte e sul petto. In vita, poi fece di tutto per nascondere quelle che definiva “modeste qualità di guaritrice”. Ma è ormai sicuro che molti ammalati usufruirono di una qualità che la Sardella esercitò in gran segreto senza ricevere compensi.

Il quadro che fece gridare inizialmente al miracolo è un’icona lavorata a sbalzo dal professore bolognese Furgieri, che i coniugi Castorina decisero di acquistare a Venezia per adornare il capezzale della loro stanza da letto. La sua presenza, fu inizialmente notata per la raffinatezza dei lineamenti che componevano la figura della madre di Gesù. Ma quando il fenomeno ebbe inizio, la cosa che più delle altre sembrò interessare ai fedeli, furono le tracce di sangue che scendendo dagli occhi della Vergine segnavano di rosso gran parte della scultura lasciando come una crosta.  Dopo il clamore suscitato dalle prime lacrime, per un po’ di tempo, il quadro fu esposto alla venerazione.

“Il caso Castorina” non vuole creare una nuova martire. Ma che Maria fosse ormai cosciente del suo cammino, non c’era il minimo dubbio. “Quando misi piede nella cappella di via Salesiani 33 –confidò in seguito la mistica – capii subito cosa la Vergine mi stesse chiedendo, avevo pensato ad una grande costruzione, ma quello che la Madonna aveva permesso di edificare, era il tempio dello Spirito; il tempio di quello “Spirito Santo” che qualche volta m’aveva parlato quando ero in trance, inviandomi messaggi di eccezionale Luce Divina”. Questa <<casa>> è una casa dove ognuno potrà sempre trovare se stesso.

Appena trovava un po’ di respiro, il suo pensiero volava agli ammalati. “Molti di loro vorrebbero vedere la Madonnina -ripeteva – ma viste le sofferenze che quotidianamente sono costretti a subire, sono convinta che molti di loro la Vergine ce l’hanno nel cuore”.

“Credo ci sia ben poco da capire, quando si dice che dovremmo essere come loro per meritare l’aiuto di Dio. Chi soffre è sempre vicino alla Verità. Chi, invece, crede di essersi evoluto, non di rado, scopre di non aver capito niente”.

Concludo questa breve sintesi della storia di una donna straordinaria che ha aiutato Catania negli anni di svolta del suo cammino. Oggi Catania è un coacervo di colori lugubri, e a pagare il prezzo più alto di questa decadenza, sono, manco a dirlo, i ragazzi, i giovani. Si muore di droga e sesso, come e più di allora. Che fare? Forse sarebbe bello far conoscere loro la storia semplice e lineare di Maria Castorina.

<<Un giorno (si era nel periodo invernale del 1986), la veggente mi chiamò a casa dicendo che doveva parlarmi urgentemente… Tenuta fuori per diverso tempo, la droga era entrata e si era diffusa in pochi anni in tutta Catania. In prossimità della cappella si era verificato un evento straordinario… Quel posto era ritenuto un “covo” sicuro. Pertanto, una ragazza appartenente alla Catania-bene e il suo amico, avevano deciso di bucarsi proprio lì. Senonché una donna vestita proprio come la Vergine di via Nuovalucello, avvicinandosi alla ragazza esclamò: “Devi smettere. Così facendo andrai incontro alla morte”. La giovane, colpita da quella visione, rimase per qualche attimo in silienzio, ma quando riuscì a parlare, quella donna era andata via, sparendo vicino l’ingresso della piccola “abitazione” della Vergine>>.

La Santa Vergine Maria continua a piangere per noi, ma è segno che ci vuole salvi, che vuole salvare il mondo trasformato in ghiaccio sporco.

“Diario spirituale segreto” di Don Giuseppe Tomaselli con prefazione e postfazione di Giuseppe Portale (Edizioni Segno) a cura di Daniela Distefano

2 ottobre 2025

Non so perché si guarda la tv oggi in Italia. Cosa si può bere nell’anima di quegli intrugli propinati per divertimenti, lazzi, svaghi. Non la guardo da 20 anni anche se mi tengo aggiornata con i quotidiani online, e qualche volta passo davanti al televisore acceso mentre c’è il telegiornale. E’ una pozzanghera che imbratta l’anima, lo spirito. Guerre, corruzione, malasanità, omicidi, terrorismo, femminicidi, violenze sessuali.. potrei andare avanti…. all’infinito… e poi arriva la parte finale del notiziario, la peggiore. Si vorrebbe concludere la carrellata di notizie con note piacevoli e invece arriva ogni giorno “la pugnalata al cristiano”, come la chiamo io: concerti oceanici con raduni al limite dell’idolatria; nozze gay di vip; sfilata di moda con modelle e modelli anoressici o bulimici, o bulimici-anoressici…… Star del cinema con figli fecondati in vitro e senza l’altro genitore. Coppie di omosessuali che vorrebbero adottare un bambino o che fosse fatto per loro su misura. Anche qui si va all’infinito dello sprofondare… per un cristiano. Infine c’è la pubblicità, e senza accorgene siamo risucchiati nel vortice dei peccati olfattivi, gustativi, visivi e degeneriamo desiderando quello che oggi nel nostro Paese possono permetterselo in pochi.

Faccio questo lungo preambolo alla mia recensione su Don padre Tomaselli perché ora più che mai sarebbe opportuno far conoscere alle nuove generazioni sacerdoti che sono davvero santi e non lontano toppo dai nostri tempi. Il Bene esiste, cari ragazzi. Leggete i libretti di Don Tomaselli, amate Gesù e la Santa Vergine Maria con lo stesso ardore suo, come lo ha amato questo siciliano anomalo, che parlava con la testa bassa, non guardava fisso negli occhi, aveva un concetto della purezza che è obbligatorio recuperare perché ormai siamo diventati come Sodoma e Gomorra e il dramma è che non ce ne curiamo più.

Don Giuseppe Tomaselli era nato a Biancavilla, in provincia di Catania, il 26 gennaio 1902, da una famiglia umile di robusta morale e dal profondo spirito cristiano. Scrive, infatti, nel suo Diario, che San Padre Pio, suo “Protettore particolare”, gli aveva assicurato che egli era: “Stato senza l’amicizia di Dio solo tre giorni, prima di ricevere il Battesimo”. Finite le scuole elementari, maturò in lui il desiderio di farsi sacedote. Frequentò per questo, sino alla quarta ginnasiale, le scuole nel Piccolo Seminario Arcivescovile del suo stesso paese natìo. Seguendo la luce di Don Bosco, l’8 luglio 1928, a 26 anni, fu consacrato sacerdote. Per tanti anni egli venne a contatto con la povera gente e con ragazzi borderline. Dal 1960 fino al giorno della sua morte, avvenuta nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1989, egli operò a Messina. Don Tomaselli non si concedeva riposo, svago o vacanze. La stessa domenica era per lui la giornata più faticosa, dedicata a conferenze religiose e alla diffusione della buona stampa. Partiva al mattino presto, dopo aver celebrato la messa, e tornava spesso a notte inoltrata: e questo anche quando era già ultra ottantenne. Ogni giorno poi, prima di andare a letto, andava in cappella, passava da Gesù Sacramentato e si fermava intere ore lì davanti, deponendo nel Cuore di Gesù tutte le pene che aveva ascoltato durante la giornata stando a contatto con le varie mierie umane. L’Eucaristia, infatti, fu sempre il fulcro della sua esistenza,  l’alimento della sua vita e l’anima del suo apostolato. Don Tomaselli viveva continuamente immerso in intima unione con Dio: “Non lascio passare un solo quarto d’ora senza che io elevi espressamente la mia mente a Lui”.

Il venerdì, poi, era un giorno speciale. La sua Messa, come quella di San Padre Pio a cui egli era particolarmente legato, era una vera e propria celebrazione del Signore morto e risorto per la salvezza dell’intera umanità. Le sue prediche coniugavano precisione di dottrina e semplicità evangelica, unita a zelo apostolico instancabile, e all’Amore di Dio che scendeva nei cuori e li orientava al Signore di ogni illuminazione e di ogni consolazione. Basti pensare che per poterlo ascoltare, tante persone venivano anche da molto lontano. Nel pomeriggio, vi era sempre la conferenza e l’incontro personale con le anime, anche religiose e sacerdotali, che si protraeva sino a tarda sera. Padre Tomaselli ha consacrato ogni palpito del suo cuore alla dilatazione del Regno di Dio.  Il segreto di tanta inesauribile e molteplice dedizione risiedeva in una profonda vita interiore, in un cammino di fervore e santità, fatto tenendo sempre ben in mente e nel cuore i tre amori bianchi di Don Bosco: l’amore a Gesù Eucaristico, alla Vergine Immacolata ed al Papa.

Raccontava spesso con piacere che, giovane chierico nella Casa Salesiana di Caltagirone, una volta cadde da una considerevole altezza e che la Vergine Santa, da lui prontamente invocata, lo liberò dalla morte.

Ebbe il ministero della Parola e quello della buona stampa. E sull’esempio di Don Bosco, egli consacrò tutta la propria vita a scrivere e a diffondere i suoi libretti religiosi, tutti studiati intelligentemente e scritti con stile semplice e comunicativo. Sono agili, avvincenti, appetitosi. Scrisse il primo libretto su santa Teresa di Lisieux , poi scrisse il secondo e così via.. per giungere a più di cento pubblicazioni. In lui vi era un’anima mistica, perciò la sua penna era spesso “rovente” e, talvolta, “tagliente”, con un linguaggio evangelico. Era innamorato di Dio, dell’Eucaristia, della Vergine Maria e della anime. Furono tratti peculiari della sua ascesi spirituale: la purezza e la poverà. “La purezza è il campo di battaglia di tutti” – soleva dire.  “Gesù e Padre Pio, mio Protettore particolare datomi da Dio, assicurano che mai ho commesso un peccato mortale”. La virtù della purezza, per la cui conquista per lungo tempo aveva portato il cilicio, si manifestava nel tratto delicato, in quel suo parlare e camminare con gli occhi bassi. Al suo santo patrono egli dedicò un libretto dal titolo: “La Verginità di san Giuseppe”. La sua povertà fu poi esemplare, eroica. Il suo più grande desiderio: farsi “tutto a tutti – come San Paolo – per guadagnare tutti a Cristo”. Per questo accettava, anzi cercava con l’uso del cilicio, sofferenze di ogni tipo, fisiche e morali, che lo accompagnassero per tutta la vita, anche se nulla traspariva dal suo volto sempre sereno e sorridente. Ecco pertanto cosa si legge nel suo Diario: “Per grazia di Dio, provo grande gioia e soddisfazione allorché prego per coloro che mi fanno soffrire. Penso che la preghiera per coloro che mi fanno soffire  è di gradimento a Gesù e come Gesù ha perdonato e perdona le mie miserie, così anch’io devo perdonare generosamente e pregare. Mi ricordo una battuta che può sembrare strana. Un amico diceva:

-Lei prega per me?

-A dire il vero, non prego mai espressamente per lei!

– E perché?

– Perché lei non mi dà mai un dispiacere. Prego molto, moltissimo per quelli che mi fanno soffrire, più mancano verso di me e più prego per loro”.

Fu bersaglio del demonio. La gente gli portava ammalati vittime del demonio, e lui con pazienza, forza, pietà e coraggio esercitava la sua esemplare missione di esorcista e sacerdote santo. La morte arrivò per lui a 87 anni.

Il giorno del suo 60esimo anno di sacerdozio, il Signore disse:“Ti faccio oggi gli auguri e così ti do le trentamila anime che in questi mesi mi hai chiesto e per le quali hai lavorato con l’apostolato, con sacrifici, con le preghiere e le Sante Messe applicate, ed il tutto per i meriti dei miei trentatrè anni che passai sulla terra”.

:: “Straordinarie verità soprannaturali dalla mistica delle meraviglie” di Maria Lataste (Edizioni Segno) a cura di Daniela Distefano

18 Maggio 2025

Si frequentano giorni di cammino piano, dove il sole illumina il tracciato senza offuscare i contorni. Mi è capitato di bere chiarezza e lucidità con questo libro come un maratoneta assetato di Verità. 

Ma andiamo con ordine, chi era Maria o Marie Lataste? Promuovo intanto il mio metodo apodittico di riportare brani interi del suo scrivere per farmi un po’ da segnale stradale e indicare ciò che è caduto sotto i miei occhi, mente, visione mentre lo leggevo con delizia.

Marie Lataste nacque il 21 febbraio 1822 a Mimbaste, vicino a Dax, in Francia. Ultima figlia di contadini pii ed umili, visse un’infanzia molto povera. Quel poco che lei e le sue sorelle conoscevano – leggere, scrivere, cucire e filare – lo appresero dalla madre, che ebbe cura di insegnare loro anche la fede e le virtù cristiane. Il carattere irrequieto e orgoglioso di Marie diede fin dall’inizio non poche preoccupazioni alla madre che per questo non smetteva di raccomandarla al Signore nelle sue preghiere. Il momento di svolta nella sua vita arrivò quando aveva 12 anni. Era il giorno della prima Comunione, quando sperimentò un’intensa impressione della Divina Presenza. Circa un anno più tardi, durante la Messa al momento dell’Elevazione, le parve di vedere una luce brillante che sembrava accenderla di amore per il Signore Eucaristico. Nel 1839, quando aveva appena 17 anni, vide Cristo sull’altare. Da quel momento Gesù la istruirà quasi quotidianamente impartendole una vera e propria formazione spirituale e dottrinale. Gesù le spiegava con un linguaggio semplice le principali verità di Fede, servendosi talvolta anche di visioni simboliche e di parabole. Il 9 maggio 1847 si ammalò improvvisamente. In punto di morte, prima che le fosse impartita l’estrema unzione, ricevette l’autorizzazione a pronunciare i voti. Morì il giorno successivo, 10 maggio 1847, a Rennes all’età di appena 25 anni,  esattamente come le era stato preannunciato qualche tempo prima da Gesù.

Sin qui la vita e la morte di Santa.  Ma cosa ci ha lasciato questa santa fresca come un bocciolo non ancora aperto alle meraviglie del Creato?

La risposta è nella mole di scritti che ne fanno una serva prona al servizio del suo principale che l’ha resa degna della sua dettatura. Gli argomenti, sono quelli di oggi. Un oggi eterno.  

“Conoscere Dio, adorarlo, obbedirgli, tale era la religione dell’uomo sulla terra, nel suo paradiso, e questa religione, dal primo uomo fino a te, è sempre stata la stessa: cosa fai infatti oggi nella religione cattolica, se non conoscere Dio, adorarlo e obbedirlo? Tu lo conosci come lo conosceva Adamo, tu lo adori come faceva Adamo; solo l’obbedienza che dai a Dio è cambiata, come è cambiata per i patriarchi, come per il popolo che mi ero scelto, come quando sono giunto per rimuovere la legge del timore per sostituirla con la legge dell’amore. Ma non è l’obbedienza in sé stessa che è cambiata, è l’obbedienza in relazione alle azioni che Dio ti chiede. Dio stesso ha voluto modificare le prescrizioni che aveva dato ad Adamo, cambiare poi quelle che aveva dato ai patriarchi, cambiare infine quelle che aveva dato a Mosè. Ma è stato lui che le ha cambiate. L’uomo ha dovuto obbedire, e la religione è sempre la stessa, nonostante quei cambiamenti sull’obbedienza dovuta a Dio. Le persecuzioni  si sono abbattute contro di essa; ma da Adamo, il padre del genere umano, da Abele, fedele servitore di Dio, ai più recenti martiri, la persecuzione non ha mai distrutto la religione, lei gli ha solo dato sempre più forza e vigore. Sai perché, figlia mia? Perché è Dio stesso che ha stabilito la religione, che la conserva e la diffonde con i mezzi che ha scelto, e contro i quali le potenze del mondo e dell’inferno non possono nulla”.  

Nelle sue pagine, vibra l’atmosfera apocalittica della gloria e della salvezza eterne

 “Hai coraggio?” Mi chiese il Signore. Allora sfidando me stessa, gridai: “Signore, venite in mio aiuto, datemi la vostra forza e la vostra virtù!” E subito dopo risposi, con forza sovrumana: Sì, ho coraggio; non ho paura di niente.  La porta si aprì, e salii una lunga scalinata che mi portò in un appartamento al termine del quale c’era un’altra scala. Quando entrai in questo appartamento, un uomo, nascosto dietro la porta, mi colpì con un vigoroso colpo di bastone che mi levò quasi tutte le forze. Ho avuto grandi difficoltà nel salire la seconda scala. Ci sono comunque riuscita. Lì trovai un uomo che ebbe compassione per la mia debolezza, e mi offrì un bicchiere d’acqua. Quest’acqua mi rinfrescò e mi ridiede un po’ di vigore.Salii una nuova scala e vidi venire verso di me un uomo possente che mi diede due schiaffi che mi stordirono. Caddi a terra senza essere in grado di rialzarmi. Nella mia angoscia gridai: Signore, vieni in mio aiuto!  Allora la persona che era con me e un altro che era accorso, mi presero tra le loro braccia e mi portarono in cima ad un’altra scala dove trovai un grande crocifisso. Mi gettai in ginocchio, abbracciai i piedi del Salvatore; salii un’altra scala, e raggiunsi un appartamento il cui pavimento e il soffitto sembravano essere un solo specchio. Le pareti erano disseminate di specchi più piccoli, di varie dimensioni, che ricevevano il loro brillìo dagli specchi di sopra e di sotto; dissi a me stessa: questo pavimento e questo soffitto  raffigurano Gesù Cristo in cielo e in terra che riversa la sua luce sui santi, che la riflettono e se la rimandano reciprocamente e, passando da uno all’altro, essa torna al Salvatore Gesù.    Anch’io devo guardare la luce che egli mi manda dal suo trono celeste e dal trono del suo tabernacolo, e riflettere questa luce per illuminare le tenebre del mio prossimo e riportarlo a Gesù, per quanto Dio me lo concederà. Subito lo specchio superiore si aprì in forma di torre, si trasformò poi in forma di scala i cui gradini, lucidi e levigati, portavano ad un piccolo padiglione senza pareti, ma tutto in colonnine di una luminosità abbagliante, e Gesù era al suo centro. Mi chiamò; mi avvicinai a lui e, man mano che mi avvicinavo, sentivo il mio cuore più ardente d’amore per il mio Salvatore. Quando fui vicino a lui, egli tese la mano; io mi gettali ai suoi piedi e mi persi nella dolcezza della sua presenza, sperimentando una felicità al di sopra di tutte le felicità nel mondo, e potei solo esclamare: “Salvatore Gesù, quanto è amabile servirvi! Quanto si è felici nel vivere vicino a voi, con voi, in voi!”.

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La chiamata del Signore è per i giusti e per i peccatori

Tutta la bontà e la misericordia di Dio si trovano nell’ostia dove ci sono tutte le perfezioni di Dio, tutte le virtù, tutte le grazie, poiché colui che vi abita è l’autore della grazia e il Dio delle virtù. E’ qui che a Dio piace fare misericordia, esistendovi per bontà e misericordia. Sarebbe degno di lode un amico che, per il suo amico, si spoglierebbe di tutti i suoi beni, si esilierebbe con lui. E io… sono morto per gli uomini, ho voluto abitare in mezzo ad essi nel loro esilio, per consolarli, fortificarli, consolarli e provvedere ai loro bisogni dando loro quello che loro necessita. Infatti, chi mai, venendo a chiedere a me con fede, speranza, sottomissione, costanza e perseveranza, non sarebbe esaudito? Ah! Figlia mia, in verità di dico, se gli uomini sono così deboli, così sprovvisti di virtù, è perché non ne chiedono mai abbastanza: la maggior parte di loro si riunisce nella mia casa, dice qualche preghiera, con un po’ di fervore, se vuoi, altri le dicono a fior di labbra, tra lo smarrimento e la superficialità del loro spirito. E  come volete che un Dio geloso possa accogliere ed esaudire queste preghiere? Chi è colui che, essendo afflitto, e venuto con sante disposizioni non è stato consolato? E’ proprio per quelli che sono schiacciati dal peso della legge che io sono presente nell’Eucarestia, poiché ho detto: venite a me, voi che siete oppressi, ed io vi solleverò. Non invito solo i giusti, ma anche i peccatori, purché vogliano rinunciare sinceramente ai loro peccati; infatti io sono su un trono di grazie e di misericordia per accogliere quelli che si presenteranno.

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Voglio concludere questo resoconto con un riferimento alla Santa Vergine Maria.. E’ Gesù che parla della Sua Mamma a Marie Lataste. Un  tripudio di dolcezza, fermezza, umiltà. W Maria Santissima

La mia incarnazione era il capolavoro delle manifestazioni esteriori di Dio in cielo e sulla terra. Da tutta l’eternità Dio aveva preparato quest’opera. Quando giunse l’ora, nel mezzo dei tempi, mandò il suo angelo chiamato Gabriele nella stanzetta di Maria. Maria pregava, chiedendo la liberazione del mondo, sospirava ardentemente la venuta del Messia, e Dio viene a lei per mezzo del suo angelo; Dio viene a dirle che il tempo è compiuto, che il Messia nascerà da lei; l’angelo la saluta e si prostra davanti a lei. Dio voleva innalzare Maria e Maria pensava solo ad umiliare se stessa davanti a Dio; la sua umiltà le toglieva la parola, e lei era confusa nel suo nulla proprio quando Dio la esaltava con la sua divinità, che doveva unirsi così strettamente a lei. La sua umiltà divenne la sua forza.

:: “L’immacolata nella vita di don Dolindo Ruotolo, Padre Pio e don Giuseppe Tomaselli, figlio spirituale di don Bosco” (Edizioni Segno) di Elena Golia. A cura di Daniela Distefano

24 aprile 2025

Un libro a tre voci sull’Amore verso la Nostra Mamma del Cielo, e sul dolore che le suscita il genere umano corrotto, svilito, avulso dalla Fede come testimoniano i Messaggi di Maria Vergine a don Giuseppe Tomaselli.

Figli miei, ascoltatemi! Per voi esistono soltanto divertimenti, piaceri ed altri gravi errori che trafiggono il cuore del mio Gesù. Tante anime, appena hanno un po’ di sofferenze, cercano subito di potersela levare di dosso, perché è troppo pesante. Gesù per molti esiste solo quando si è ammalati e si invoca allora il suo nome. Quando si sta bene, non si prega, non si vede luce, non si ama e solo si disprezza. Le grazie saranno concesse dopo una grande croce portata con pazienza, come Gesù sopporta la croce degli oltraggi, che tutti i giorni si scagliano verso il suo santissimo Cuore”. Don Giuseppe Tomaselli ha affermato che nel Vangelo si legge: – “Di ogni parola oziosa che gli uomini avranno detto, daranno conto nel giorno del Giudizio”. Ma nel mondo attuale troviamo molto più che parole oziose!

Irreligiosità è la somma della lotta aperta alla religione. Si osa insultare pubblicamente Gesù, messo a ludibrio in certi film con umiliazioni inimmaginabili. Egli che è il Figlio Eterno di Dio, Creatore, Redentore e Giudice Supremo di questa misera umanità viene messo a fianco di Budda, di Confucio e di Maometto. Si profana il giorno festivo, diventato il giorno di Satana, perché riempito solo da divertimenti, gite e caccia ai piaceri di ogni genere.

Si commettono, inoltre, delitti inauditi e senza numero, tra cui suicidi, omicidi, uxoricidi, patricidi, matricidi e specialmente infanticidi. E l’elenco continua con l’immoralità secondo cui ogni cosa è lecita: meretricio, concubinato, divorzio ed ogni altra impudicizia. E che dire delle piaghe che hanno vulnerato la Chiesa di Dio a motivo di quei sacerdoti  che, dimentichi della loro sublime dignità, sono caduti in basso e si sono infangati? Questo è il quadro nero dell’Umanità di oggi! Occorre e urge convertirsi, rimettersi sul retto cammino della legge di Dio; la necessità dello spirito di penitenza, che consiste nell’accettare con rassegnazione le sofferenze della vita a penitenza dei propri peccati e nell’evitare la caccia ostinata ai piaceri, poiché la vita terrena non è una “partita di piaceri”, ma è un combattimento, è una prova per meritarsi il Paradiso.

Don Dolindo Ruotolo esortò: ”O’ povera umanità, risvegliati poiché senza Gesù Sacramentato tu sei morta, marcita, tralcio inutile destinato al fuoco… Dio solo è tutto! Che cos’è la tua vita se non si dona a Dio e se non riceve la Vita di Dio? Perché, dunque, sei così stolta, che vai cercando il gaudio nel fango? Non vedi quanta grandezza ti viene dall’Eucarestia? “.

La Madonna fu sempre la ragione della speranza di padre Pio, che durante una discussione avuta con padre Pellegrino, giunse ad affermare: “La Madonna, quando vuole nascondere le nostre magagne agli occhi di Dio, deve ricorrere in un certo senso alle bugie. Ti assicuro che diventa la madre più bugiarda dell’Universo e le sue bugie davanti a Dio diventano le verità più sacrosante”. Rivolse, poi, al suo interlocutore una domanda: “Tu che ne dici, io sono un santo?”. Padre Pellegrino rispose: ”E che ne so io!…”. “Bene, ammettiamo che io sia un grande santo e che stia innanzi al tribunale di Dio per essere giudicato. Il minimo che può fare la giustizia di Dio è quello di farmi un pesante gesto di rimprovero. Ma interviene l’Avvocata e grida: ’io vorrei sapere, signori della corte, chi osa mettere in dubbio la santità di quest’uomo, di questo povero Cappuccino!…’. La corte tutta resta interdetta dalla commovente ‘spudoratezza’ della Mamma Celeste e non sa cosa rispondere. E così, il più grande farabutto del mondo entra in Paradiso vestito da santo!”.

Nel suo ministero padre Pio restò sempre con la Madonna a fianco. Padre Pellegrino scrive: ”Una delle ultime notti della sua vita, mi disse: ‘Come sono stanco!’   ‘E smetta di pregare, lei oggi ha confessato tanto!’  ‘Debbo fare anche questo?’.

E quasi urlando replicò : ’No, debbo fare l’una e l’altra cosa e per l’una e l’altra cosa ci rende capaci la Madonna’”. Fu così che padre Pio non volle andare in pensione. Morì confessando, morì facendo del bene, morì celebrando!

E, come ormai la storia da più di 50 anni ci racconta, posso aggiungere che egli esalò l’ultimo respiro, avendo nella mente, nel cuore e sulle labbra le parole che ha amato di più: “Gesù, Maria! Gesù, Maria! Gesù, Maria!”.

Padre Pio teneva a rispettosa distanza gli avversari delle proprie convinzioni di fede e li piantava senza temere alcuna reazione, carico di sicurezza dogmatica. Però, premurosamente, raccomandò a padre Pellegrino: “Figlio mio, non cambiare il giorno con la notte. Uno degli aspetti più tristi dell’uomo è la solitudine. Se dovessi inventare un inferno, lo porrei semplicemente nella solitudine. Per rompere questo isolamento, è necessario entrare nell’intimo dell’uomo. Dio prende l’intimo della nostra natura, anima e corpo, e le divinizza, per stabilire un collegamento tra se stesso e noi: “Ecco la Madonna!”.

Basta essere devoti precisi e decisi, innamorati di Lei, inclini alla bontà e attenti a non prendere le pieghe cattive di coloro che disprezzano le cose umili.

Padre Pellegrino riferisce che Padre Pio era rispettabile ed esercitava una grande attrattiva anche nella sua severità, perché sapeva adoperarla con decisione e disinvoltura contro gli avversari della nostra anima. Dopo aver fatto toccare con mano le cose belle dello spirito, metteva l’interlocutore nell’impossibilità di nascondergli qualcosa: gli leggeva in fronte. E a padre Pellegrino disse: “Figlio mio, capisco che per fare il tuo benefattore devo essere una specie di tiranno. E’ vero, io ai miei penitenti faccio gettare il sangue. Ci metto, però, pure il sangue mio. Non solo, ma sul volto del penitente vedo le piaghe di tutti gli uomini, vedo tutto rosso!”. Padre Pio intendeva introdurre padre Pellegrino nella logica dell’appartenenza nostra al mondo dello spirito che ci circonda, al mondo del Corpo mistico di Cristo.

Un testo – questo curato da Elena Golia  – di parole semplici, pensieri mirati, moniti, ammonimenti e consigli da prendere se si vuole intraprendere il cammino verso la Gioia vera e la Vita che non muore mai. Maria Santissima, oggi, come ieri, è il ponte della salvezza che abbiamo tralasciato per camminare tra i vicoli dell’oscuro vivere.

Concludiamo con le parole devote di Papa Francesco su Maria Santissima:

All’inizio di un nuovo anno che il Signore concede alla nostra vita, è bello poter elevare lo sguardo del nostro cuore a Maria. Ella infatti, essendo Madre, ci rimanda alla relazione con il Figlio: ci riporta a Gesù, ci parla di Gesù, ci conduce a Gesù. Così, la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio ci immerge nuovamente nel Mistero del Natale: Dio si è fatto uno di noi nel grembo di Maria e a noi, che abbiamo aperto la Porta Santa per dare inizio al Giubileo, oggi viene ricordato che “Maria è dunque la porta per cui Cristo entrò in questo mondo”. (S. Ambrogio, Epistola 42, 4: PL, VII).

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Basilica di San Pietro- Mercoledì, 1° gennaio 2025.

Grazie Papa Francesco, il tuo sorriso in Cielo si riflette sulla Terra.

“Mistici e Purgatorio. Storie, visioni, rivelazioni” (Edizioni  Segno) di Giulio Giacometti e Piero Sessa, a cura di Daniela Distefano

14 marzo 2025

Questo volume occupa un posto  notevole nella classifica dei libri dell’anno da leggere, meditare,  riprendere a distanza di tempo; consultandolo a caso si trovano miniere di scoperte conoscitive: su noi stessi, sulle nostre anime, sulla vita che faremo quando non ci saremo più.

E’ composto di varie voci sante. Brani tratti dalle opere di Santi e Sante che hanno vissuto in Terra le pene del Purgatorio, in espiazione dei peccati loro e altrui. Riportiamo pagine ricche di nozioni per chi é digiuno in materia.

Suor Maria Della Croce (1840-1917) nel suo Manoscritto del Purgatorio (1874-1890) parla di vari gradi del Purgatorio: nel secondo si trovano le anime di coloro che muoiono colpevoli di peccati veniali non espiati prima della morte, ovvero di peccati mortali rimessi, ma di cui non hanno pienamente soddisfatto la giustizia divina. Vi sono anche in detto Purgatorio diversi gradi secondo i meriti delle persone. Così il Purgatorio delle persone consacrate o che hanno ricevuto più grazie è più lungo e penoso di quello della più comune delle anime. Infine il Purgatorio di desiderio, che viene chiamato Vestibolo. Ben poche persone lo evitano; per evitarlo bisogna aver desiderato ardentemente il Cielo e la visione del buon Dio, e questo è raro, più raro che non si creda, poiché molte persone, anche se pie, hanno paura del buon Dio e non desiderano con abbastanza ardore il Cielo. Detto Purgatorio ha il suo martirio ben doloroso al par degli altri; essere privi della visione del buon Gesù, quale sofferenza!

Dove si trova il Purgatorio? Si trova nel  centro della Terra vicino all’inferno. Le anime vi stanno come in un luogo ristretto, la maggior parte vi rimane da 30 a 40 anni, altre molto più a lungo, ed altre meno.

Anticipo del Purgatorio

Quando il buon Dio vuole un’anima tutta sua , comincia con lo stritolarla, press’a poco come i pomi sotto le macine d’uno strettoio per spremerne il succo, nelle sue passioni, nella ricerca di se stessa, in una parola, in tutti i suoi difetti; di poi, quando tale anima è stata così stritolata, Egli le dà la forma che vuole.

E’ difficile trovare in S. Veronica uno sviluppo dei suoi insegnamenti vissuti sul Purgatorio, ma piuttosto un crescendo continuo, come di motivo musicale, delle sue sofferenze offerte per amore di Gesù crocifisso e delle anime dei purganti. Nelle sue opere (specialmente nel diario) troviamo una miniera di pensieri e di esperienze vissute relative al Purgatorio.

I difetti alla luce del Purgatorio, dice santa Veronica Giuliani:

“So bene che, se mente umana potesse comprendere cosa è il Purgatorio, si starebbe molto attenti a non commettere difetti”.

Maria Valtorta (1897-1961)

Visione della mamma nel Purgatorio

4 ottobre 1949, ore 15:30

“Dopo tanto vedo mia mamma. E’ fra le fiamme del purgatorio. Non l’ho mai vista nelle fiamme. Grido. Non riesco a reprimere il grido che poi giustifico a Marta con una scusa, per non impressionarla. La mia mamma non è più così fumosa, grigiastra, dall’espressione dura, ostile al Tutto e a tutti, come la vedevo nei primi tre anni dopo la morte quando, benché la supplicassi, non voleva volgersi a Dio… né è annebbiata e mesta, quasi spaventata, come la vidi per gli anni successivi. E’ bella, ringiovanita, serena. Sembra una sposa nella sua veste non grigia ma bianca, candidissima. Emerge dalle fiamme dall’inguine in su.

Le parlo. Le dico:”Sei ancora lì mamma? Eppure ho tanto pregato per abbreviarti la pena e ho fatto pregare. Stamane per il sesto anniversario ti ho fatto la S. Comunione. E sei ancora lì!”. Ilare, festosa, mi risponde:”Sono qui, ma per poco ancora. So che hai pregato e fatto pregare. Questa mattina ho fatto un gran passo verso la pace. Ringrazio te e la suora che ha pregato per me. Ricompenserò poi.. Presto. Fra poco ho finito di purgarmi. Ho già purgato le colpe della mente…la mia testa orgogliosa… poi quelle del cuore… i miei egoismi… Erano le più gravi. Ora espio quelle della parte inferiore. Ma sono un’inezia rispetto alle prime”. “Ma quando ti vedevo così fumosa e ostile…non volevi volgerti al Cielo…”. “Eh! Ero ancora superba …Umiliarmi? Non volevo. Poi è caduto l’orgoglio”. “E quando eri così triste?”.

“Ero attaccata agli affetti terreni”.  “Non ci pensare più, mamma. Ora è passato”. “Sì, è passato. E se sono così ti ringrazio. E’ per te che sono così. Il tuo sacrificio… Mi ha ottenuto il Purgatorio e fra poco la pace”.

“E papà? Dov’è papà?”.

“In Purgatorio”.

“Ancora? Eppure era buono: Morì da cristiano con rassegnazione”. Più di me. Ma è qui. Dio giudica diverso da noi. Un modo tutto suo”.

Ho voluto segnare questo. Contiene insegnamenti. Dio punisce prima le colpe della mente, poi del cuore, ultime le debolezze della carne. Bisogna pregare, come fossero nostri parenti, per i purganti abbandonati; il giudizio di Dio è ben diverso dal nostro; i purganti capiscono ciò che non capivano in vita perché pieni di se stessi. A parte il dispiacere per papà…sono contenta di averla vista così serena, lieta anzi, povera mamma!”.

Santa Margherita Maria Alacocque (1647-1690)

“Intendo parlare della nostra povera suora J.F.. (…) Questa buona sorella mi fece vedere il pietoso stato in cui si trovava dicendomi: “Oh! Mia povera sorella, quanto atroci tormenti soffro! E, benché io soffra per diverse ragioni, ce ne sono tre che mi fanno soffrire più di tutto il resto. La prima è il voto di ubbidienza che ho osservato molto male, poiché ubbidivo solo quando mi piaceva; e tali ubbidienze sono una condanna davanti a Dio. La seconda è il voto di povertà, volendo che nulla mi  mancasse, dando al mio corpo molti conforti superflui. La terza cosa, è la mancanza di carità, e per aver causato disunione e non essere andata d’accordo con le altre. Per ciò, le preghiere che qui si fanno non mi sono applicate, e il sacro Cuore di Gesù Cristo mi vede soffrire senza compassione, perché io non ne avevo per chi vedevo soffrire”.

Concludo questo mio articolo con Santa Teresa  che diceva: “meglio soffrire e non morire”. Meglio purificarci da vivi che desiderare Dio e non poterlo vedere da morti.

:: “Fratel Cosimo e la forza della preghiera” (Edizioni Segno) di Patrizia Cattaneo, a cura di Daniela Distefano

16 febbraio 2025

Il fulcro umano che incatena le pagine di questo delizioso  libretto è un terziario francescano che vive e opera a Santa Domenica di Placanica, in Calabria. Dotato di carismi straordinari, fratel Cosimo si ispira direttamente al grande San Francesco ed è conosciuto non solo per suoi doni di veggenza e guarigione, ma anche per le apparizioni della Beata Vergine Maria che nel 1968 si manifestò presso lo Scoglio roccioso attiguo alla sua abitazione, alle falde dell’Aspromonte, per chiedergli di trasformare quella terra segnata dal dolore in un angolo di paradiso.

Fratel Cosimo non è un sapiente di questo mondo, ma è un sapiente secondo Dio. Quando si ricorre a lui per grazie materiali, per quanto nobili e necessarie, invita a concentrarsi prima sui beni spirituali e a rimettersi completamente al volere di Dio, perché, da vero sapiente, sa che il nostro vero bene consiste solo nel compiere la volontà divina, anche quando ci sembra follia, perché passa dalla croce. Ma questa è la sapienza dei santi. Essa può dimorare in fratel Cosimo, perché in lui sono presenti le sette colonne descritte da san Bonaventura: umiltà e castità, innocenza della mente, moderazione nel parlare, bontà di cuore, maturità di giudizio, semplicità di intenzione. E giunti a questo punto della riflessione, occorre fare una digressione sul concetto di scienza.

Il dono di scienza consente di analizzare la realtà alla luce della Verità.

La luce dell’anima è conoscenza(scienza), mentre l’oscurità dell’anima è ignoranza. La luce della scienza filosofica, secondo l’opinione degli uomini mondani, è grande, dice san Bonaventura. Ma tuttavia essa è piccola in confronto alla luce della conoscenza cristiana. La scienza teologica è considerata minima dai mondani, in realtà è grande secondo verità. La luce della scienza gratuita è ancora maggiore, ma lo splendore della scienza gloriosa è massimo. E’ questo splendore che ha sperimentato San Paolo. Ci soffermeremo sulla scienza gratuita che è una santa conoscenza della verità, come credibile e amabile, ed è la scienza dei santi. Essa insegna che non è importante conoscere molto, ma è importante il modo di conoscere. Ci sono infatti persone che vogliono conoscere solo per farsi conoscere, e questa è curiosità. Ci sono quelli che vogliono conoscere per vendere il loro sapere per denaro o per onori, e questo è commercio. Ci sono altri che vogliono conoscere per edificare gli altri, e questa è carità. E ci sono quelli che vogliono conoscere per essere edificati, e questa è prudenza. La scienza gonfia, la carità edifica: per questo motivo l’uomo deve possederle entrambe, scienza e carità, per comprendere con tutti i santi, come dice san Paolo, “quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”.  Questo è il “dono” di scienza che viene dallo Spirito Santo. La scienza gloriosa è la conoscenza sempiterna della verità come desiderabile, in essa è la radice  dell’immortalità: inizia in terra nella contemplazione e si perpetua nell’eternità con Dio. Se il dono della Sapienza porta a conoscere le creature a partire da Dio, il dono di scienza conduce a fare esperienza di Dio partendo dalle creature. E’ un dono particolarmente spiccato nel carisma francescano. Pensiamo al “Cantico di frate Sole”, composto da san Francesco all’apice della sua sofferenza fisica. Anche Fratel Cosimo possiede questo dono in grado elevato. Non è infatto importante “quanto” egli conosce, ma “come” egli conosce, perché tutto rapporta a Dio nella Verità e contempla incessantemente la divina presenza in tutto e in tutti.

Chi è Fratel Cosimo per chi gli vive accanto, per chi lo incontra?

Imma appartiene alla sua Comunità ed ha l’incarico di raccogliere le testimonianze  delle guarigioni che avvengono allo Scoglio. Ma Imma un tempo era atea. Chi è per lei Fratel Cosimo?

Ecco la sua risposta.

 “E’ l’uomo del Vangelo. E’ umile e obbediente alla Chiesa, anche nei momenti più difficili. Vive di preghiera e passa parte della notte in adorazione, come mi hanno confidato dei sacerdoti e un fratello della Comunità che trascorre molte ore della giornata aiutandolo. Quando ci raduniamo per fare le pulizie settimanali allo Scoglio, è sempre il primo a lavorare, malgrado cerchiamo di convincerlo a risparmiarsi. Soffre molto durante la Quaresima e prima di incontrare le persone, soprattutto prima dei grandi raduni di folla. E’ un uomo di Dio, è semplice, piange per le sofferenze altrui, in particolare per quelle dei bambini. Stare vicino a lui è una continua scoperta e un cammino sempre nuovo”.

Ed ora una testimonianza sui carismi di Fratel Cosimo.

Un pellegrino del nord Italia, che vuole mantenere l’anonimato, racconta di aver recitato la coroncina della divina Misericordia al capezzale del padre morente, confidando nella promessa di Dio a Santa Faustina Kowalska:”Nell’ora della morte difenderò come mia gloria ogni anima che reciterà questa coroncina, oppure altri la reciteranno vicino a un agonizzante, e otterranno per l’agonizzante lo stesso perdono. Quando  vicino ad un agonizzante viene esercitata questa coroncina, si placa l’ira di Dio e l’imperscrutabile Misericordia avvolge l’anima e si commuovono le viscere della Mia Misericordia, per la dolorosa Passione di mio figlio.”

Dopo la morte del padre, il giovane prende appuntamento con Fratel Cosimo, che appena lo vede – senza neppure dargli tempo di formulare la domanda – lo informa che il genitore si è salvato grazie alla coroncina della divina Misericordia recitata mentre era in fin di vita. Poi gli dice che si trova in purgatorio e che ha bisogno di preghiere. L’episodio straordinario conferma, oltre ai carismi di Fratel Cosimo, anche le promesse di Dio, annesse alla recita della coroncina.

Concludiamo con una preghiera alla Madonna

Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell’Altissimo Sommo Re il Padre Celeste, Madre del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo sposa dello Spirito Santo; prega per noi con San Michele Arcangelo e con tutte le potenze dei Cieli e con tutti i Santi, presso il tuo Santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro.

“Vieni Spirito Santo, vieni per Maria!”. Il Bene non fa notizia, che siano viventi santi non ancora saliti in Cielo dovrebbe stimolarci a imitarne i passi affrettandoci come le vergini sagge che con l’olio delle lampade in mano attesero fiduciose l’arrivo dello Sposo, Nostro Signore. Tutto il resto è solo un soffio che non smuove le lapidi.

:: Natuzza Evolo e gli Angeli di Marcello Stanzione (Edizione Segno) a cura di Daniela Distefano

11 novembre 2024

Dio ama confondere i grandi di questo mondo con i cosiddetti “piccoli”, agli occhi del mondo, e noi vediamo lungo i secoli persone di vita ritirata, come santa Caterina Benincasa da Siena o Lucia dos Santos di Fatima, Bernadette Soubirous di Lourdes e tante altre, indicare addirittura ai papi la strada da seguire ed essere, poi, dei fari della cristianità. Da sottolineare il fatto che esse si annullano sempre di fronte alla loro missione: noi sappiamo ben poco della vita privata e religiosa stessa di santa Bernadette, per esempio. Qual è l’obiettivo di questo libro del ben collaudato scrittore Marcello Stanzione?

Presentare non già la figura di Natuzza Evolo quanto i suoi rapporti con gli Spiriti, siano essi celesti od infernali. Don Marcello tratta con sobrietà la figura della mistica calabrese e scrive queste pagine con l’intento di accrescere la devozione ai santi Angeli, in particolare agli Angeli Custodi.

Natuzza è stata una donna di fede, di speranza e grande carità. Abbandonata dal padre, emigrato in Argentina, la sua infanzia non fu felice neanche per volere della madre, la cui condotta di vita era chiacchierata in paese. Eppure, come quei piccoli, teneri, fiori gialli che nascono ai bordi delle strade, affiancati dai rumori di macchine, motori e uomini, la piccola Natuzza crebbe dolce, paziente, con una delicata bontà interiore. A dieci anni, irrompe il soprannaturale alla sua porta non solo spirituale. E’ l’inizio di un misticismo che la porta ben presto a colloquiare con i defunti, mentre si disegnano immagini sacre formatesi col suo sangue sui fazzoletti sovrapposti al corpo. Dopo un calvario di esami medici, già nel 1941 Natuzza pensò a farsi suora, ma i suoi fenomeni mistici apparvero troppo inquietanti per la vita in un convento. La madre decise allora di farla sposare con il compaesano Pasquale Nicolace, falegname. Il matrimonio fu celebrato nel 1943, fu un’unione felice e la coppia ebbe cinque figli.

Non cessarono gli eventi soprannaturali: comparvero le bilocazioni, le stimmate, le effusioni ematiche accompagnate da stati di sofferenza durante il periodo pasquale, i momenti di estasi.

Riguardo agli Angeli, Natuzza li vede come se fossero bellissimi bambini, provvisti di ali e capelli biondi. Quando Dio glielo permetteva, vedeva l’Angelo custode a fianco del suo protetto. In alcuni casi, numerose persone hanno testimoniato che dal corpo di Natuzza si sprigionasse un forte profumo di fiori senza una spiegazione naturale. Il testo offre anche una carrellata di piccole biografie di altre Sante e Beate che hanno condiviso con gli Angeli il Cielo in Terra. Come Santa Faustina Kowalska che ebbe grazie e visioni del suo Divino Sposo ma anche un rapporto intimo con i Santi Angeli. Un esempio valevole per tutti i santi e le sante che ci hanno mostrato un filo che non si spezza con i nostri eterei protettori.

Una piccola nota critica c’è: Natuzza Evolo forse ha predetto anche la sua morte, non è chiaro. Però non posso pensare diversamente leggendo le biografie della sua scomparsa nel 2009. Si legge ovunque: per blocco renale.

Era una donna anziana e una santa, è morta per Vivere, e lo ha fatto in un letto amico con amori cari e vicini. Il blocco renale è stato come l’ultima esalazione prima di spirare con il Cuore già nell’Eternità. Riportare questa curiosità forse distrae dal considerare che la mistica sapeva già il giorno in cui avrebbe lasciato il mondo. Come quando il Beato Carlo Acutis diceva: “Io morirò”. Ci scandalizza il modo, non la morte.

:: “Il soprannaturale in san Giovanni Paolo II” di Giuseppe Portale (Edizioni Segno), a cura di Daniela Distefano

11 settembre 2024

Karol Wojtyla – questo il nome secolare del compianto Pontefice, oggi Santo, prima che venisse innalzato al Soglio di Pietro il 16 ottobre 1978 – è stato il primo Papa venuto dall’Europa Orientale. Con lui la Chiesa è divenuta davvero “universale”. Oggi, purtroppo, con la guerra in Ucraina si parla ancora una volta di “blocchi contrapposti”. Il Papa polacco non fu mai un Papa “straniero”. Con Giovanni Paolo II il Cristianesimo è tornato vivo come ai suoi albori e, nello stesso tempo, vicino agli uomini nostri contemporanei. Sin dalle prime mosse del suo pontificato, il Santo Wojtyla ha pensato soprattutto alla rievangelizzazione delle società fortemente secolarizzate. Le sue prime parole da Papa, possono essere veramente considerate come il grande manifesto di tutto il suo magistero: ”Non abbiate paura;aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”, ripeteva di continuo, in particolare ai giovani. Un Papa ecumenico ( il “Papa del dialogo”), con precedenti sportivi, operaio, prete colto, anticonformista, che non gradendo il rigido protocollo vaticano, destò subito l’affetto del mondo dei fedeli e anche di quello laico. Colpisce, poi, il fatto che egli sia venuto da un Paese dell’Est: quella tanto martoriata Polonia nella quale professarsi cristiano, dinanzi al sistema sovietico, richiedeva grande fede e altrettanto coraggio.

Giovanni Paolo II è stato il Papa viaggiatore, i suoi pellegrinaggi lo hanno portato in terre lontane. Ha compiuto per ben trenta volte il giro del mondo. Anche anziano e malato, verso gli ultimi anni della sua vita, il Papa polacco divenuto internazionale, non rinunciò a compiere i suoi viaggi apostolici, seppur faticosi e impegnativi.

Il suo Pensiero era nutrito di Fede e Sapienza. Come affermato da Wojtyla nell’enciclica “Veritatis Splendor”, la libertà non è pensabile se non in vista della verità, anzi la libertà è se stessa nella misura in cui realizza la verità sul bene. Insomma, la verità è oggettiva ed assoluta, in quanto rappresentata da una persona: Gesù Cristo, che ha redento l’intera umanità con la Sua Morte e Resurrezione, dando a tutti la possibilità di emanciparsi dal peccato commesso dai nostri “progenitori Adamo ed Eva”. Dunque, il compito dell’umanità, dei credenti e dei non credenti, è quello di tornare a Cristo.

Uno dei fatti più eclatanti e misteriosi, dove si rivela già un qualcosa di soprannaturale nella vita del Santo Papa Giovanni Paolo II è, certamente, quello dell’attentato alla sua vita avvenuto in Piazza San Pietro nel pomeriggio di mercoledì 13 maggio 1981. Quando il killer Alì Agca sparò al Sommo Pontefice a distanza ravvicinata, la mano della Vergine Maria deviò la pallottola.

Resta nella memoria il toccante incontro in carcere tra Wojtyla e l’uomo che aveva cercato di ucciderlo, il quale non gli chiese nemmeno perdono, ma mosso da curiosità cercò di sapere come mai il Santo Padre non fosse stato colpito in parti vitali: eppure lui aveva mirato giusto! Se fosse vero, cioè, che egli, Papa Wjotyla, godesse della protezione della Madonna. Nonostante la mancata richiesta di perdono, il Papa fu generoso e lo abbracciò lo stesso.

Giovanni Paolo II era informatissimo sul “Problema” in Sicilia, una terra che pagò, in quegli anni, un prezzo altissimo in vite umane cercando di opporsi ad una mafia violenta che non risparmiava nessuno. La risposta della mafia al discorso del Papa nella Valle dei Templi di Agrigento non si fece attendere. La sera di mercoledì 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, infatti, il parroco di San Gaetano, nel popoloso quartiere di Brancaccio, a Palermo, don Pino Puglisi, fu ucciso con un colpo alla nuca da un gruppo di killer davanti il portone di casa.

Il Sommo Pontefice intervenne la mattina del giorno dei funerali, e chiese a San Francesco: ”Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica la tua gioia di saper perdonare, a tutti i crocifissi dalla sofferenza, dalla fame e dalla guerra riapri le porte della speranza.

La Devozione Mariana – La Santa Vergine Maria è stata costante figura di riferimento della sua spiritualità e del suo magistero. Cominciò ad amare la Madonna sin da quando era bambino. Nel 1929, ad appena nove anni, rimase orfano della madre. Imparò a recitare il Rosario dal padre. Gli albori del futuro Totus Tuus, quale divenne per Amore di Maria Santissima.

San Giovanni Paolo II per me, e per molti ragazzi e ragazze cresciuti alla scuola dei suoi occhi dolci e della sua voce musicale, è stato semplicemente un nonno, il Nonno di tutti i bambini, dei ragazzini, delle fanciulle che vedevano nei suoi insegnamenti un modo per avvicinarsi a Gesù e a Maria Santissima. Per questo oggi lo rimpiangiamo mentre con singulti dell’anima preghiamo che interceda per noi dal Cielo. Che ci doni una Chiesa non più così secolare, ma come quella delle origini.

Papa Wojtyla è morto la sera del 2 aprile 2005, guardando la finestra, raccolto in preghiera. Innumerevoli furono i casi segnalati di miracoli per intercessione del Santo Padre. Santo subito, il grido unanime.

Da quella finestra ci affacciamo noi adesso e guardiamo in sù per leggervi una scritta formata da catene di nuvole: “Non abbiate paura!”.

:: “La Santissima Vergine Maria. Figlia, sorella e regina degli angeli”(Edizioni Segno) di Marcello Stanzione, a cura di Daniela Distefano

13 luglio 2024

E’ stato il Beato Bartolo Longo a rivelare come Iddio, dopo aver creato gli Angeli, manifestò ad essi il Mistero della Incarnazione del Verbo nel seno di una Donna singolare, l’Immacolata. Per questo, fu ordinato loro di onorare e venerare la Madre di Gesù Uomo-Dio, quale Regina e Signora.

San Michele, umile e fedele a Dio, guidò l’esercito degli Angeli buoni. E apparve nel Cielo un vessillo, il “signum magnum” descritto da San Giovanni, cioè Donna ammantata di sole, con il capo inghirlandato di dodici stelle, e la luna tenuta sotto i suoi piedi.

Quale meraviglia contemplare un istante l’anima umana di Maria dove non vi fu mai né disordine, né imperfezione, né colpa, né preoccupazioni mondane o frivole, ma solamente l’adorazione, l’amore e l’unione a Dio in una preghiera di tutti i momenti, poiché, pregare, è pensare a Dio amandolo come diceva Tommaso d’Aquino. E questa purezza dell’anima traspariva sul suo corpo. Quanto doveva essere bella Maria! Quanto è bella la nostra Mamma del Cielo!

E quanto è Buona Maria Santissima, ragione della nostra esistenza.

Maria d’Agreda afferma che la Beata Vergine nutriva un grande amore per gli uomini e che questo amore era una delle principali grazie ch’ella riceveva in preparazione dell’Incarnazione, affinché Nostro Signore, come uomo potesse ricevere questa qualità da sua Madre per eredità, per trasmissione.

La Madonna, poi, è stata messa a parte e al di sopra di tutte le creature anche a causa delle sue sofferenze. E questo è il mistero della “Compassione di Maria”.

Le anime che sono più unite a Gesù Cristo, che le sono più care, Egli le inizia più perfettamente alle sue sofferenze con la conoscenza ch’esse ne hanno e con la comunicazione che Gesù fa loro. Si comprende allora il ruolo delle anime tutte date a Dio, come “Vittime d’Amore” per il riscatto del mondo, si comprendono le sofferenze straordinarie da parte dei grandi mistici, le stimmate… E’ dunque nel dolore che Maria diede alla luce i suoi altri figli, sul Calvario, adottando come Figli i membri del Corpo Mistico di Gesù Cristo.

Ma come possono gli uomini afflitti per i loro peccati andare in Cielo? Per mezzo di Santa Maria degli Angeli. Ad imitazione di San Francesco, possiamo anche noi chiedere alla Regina degli Angeli di renderci più attenti e sensibili alle ispirazioni di questi spiriti angelici, a cominciare da quelle del nostro personale angelo custode. Potremmo ugualmente pregare più sovente gli angeli, poiché possono aiutarci ad amare meglio e servire il loro Re e la loro Regina, che sono anche i nostri. Potessimo noi salutare la Vergine con le nostre Ave Maria quotidiane come l’Arcangelo Gabriele lo fece la prima volta a Nazareth oltre duemila anni fa.

Il Beato – e a breve Santo – Carlo Acutis fu un ragazzo devoto di Maria e degli Angeli. Ogni giorno recitava il rosario in onore della Vergine. I suoi compagni sono concordi nell’affermare che Carlo è stato un vero annunciatore di Gesù e testimone del Vangelo spesso parlava del rischio di potersi perdere con il peccato mortale nella dannazione eterna. Prima di affrontare il supplizio della malattia dichiarò: “Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa…e per andare diritto in cielo”. Stroncato da un’emorragia cerebrale, morì il 12 ottobre 2006 a 15 anni.

Concludo dicendo che il testo di Marcello Stanzione, godibilissimo, è impreziosito da citazioni e preghiere a Maria, Regina degli Angeli.

Ecco una citazione di San Bonaventura: “Vi è una nuova beatitudine da aggiungere a quelle che sono state proclamate da Nostro Signore, è questa: ‘Beati quelli che si sono confidati alla Santa Vergine, il loro nome è iscritto nel Libro della vita’”.

La Nona Beatitudine – Con la tua santa Verginità e la tua Immacolata Concezione, o Vergine purissima e Regina degli Angeli, ottieni che il mio corpo e la mia anima siano purificati. Amen. Gli Angeli hanno ammirato questo sublime mistero dell’Immacolata Concezione, tutto l’inferno ha fremuto, e la Vergine Madre, come un’aurora brillante, è venuta ad illuminare quelli che erano nelle tenebre della morte. Io ti benedico e ti venero, o Maria, voi che siete la Gioia degli Angeli, la Consolazione degli afflitti ed il Giardino delle delizie dello Spirito Santo. Amen.

Per San Luigi Grignion di Monfort, “L’Ave Maria è una rosa vermiglia che si presenta a Maria, è una perla preziosa che le si offre, è una coppa di nettare che le si dona”.

:: “Il Volto Santo di Gesù. Beata madre Maria Pierina de Micheli” (Edizioni Segno) di Vincenzo Speziale, a cura di Daniela Distefano

8 giugno 2024

Mi si presentò Gesù col volto insanguinato e, dopo avermi comunicato le sue pene, mi disse:’Mia diletta, ti rinnovo l’offerta del mio Santo Volto perché l’offri incessantemente all’Eterno Padre; con questa offerta otterrai la salvezza e la santificazione delle anime. Quando poi la offrirai per i miei sacerdoti, si opereranno meraviglie’”.

Il Signore scelse suor Pierina de Micheli come strumento per diffondere i Suoi Messaggi di Amore e Salvezza.

Giuseppina, questo il suo nome prima della consacrazione, non cercava e non voleva la vocazione da ragazza. La lotta fu tremenda ma alla fine capì che in Gesù c’è la vera libertà, libertà di essere e di sentirsi amati, per cui alla fine decise di dirgli sì. Un giorno, passeggiando con sua madre e dopo aver pregato per avere lumi e scegliere in quale Congregazione entrare così gli disse:

Io entrerò nel convento dove sono le suore vestite di color del cielo!” Tramite il fratello sacerdote, don Riccardo conosce due suore venute dall’Argentina, da Buenos Aires, dove c’erano le Suore Figlie dell’Immacolata Concezione e che vestono veramente l’abito del color del cielo. Giuseppina comprende che è quello l’ordine religioso dove il Signore la chiama. Undici anni dopo, all’età di 23 anni, prende la decisione di farsi suora, era il 15 ottobre 1913. Cominciano le prove, ma lei non vede l’ora di poter “dare a Gesù, dare sempre, dare tutto”.

Il 27 maggio 1938, Gesù le si presenta in uno stato da far pietà anche ai cuori più induriti e le dice: ”Contempla il mio Volto e penetrerai gli abissi di dolore del mio cuore. Consolami, e cerca anime che s’immolino con Me, per la salvezza del mondo”.

Il 21 novembre dello stesso anno, Gesù le appare grondante sangue e oppresso da grande tristezza e gli dice: ”Vedi come soffro? Eppure da pochissimi sono compreso. Quante ingratitudini da parte di quelli che dicono di amarmi! Ho dato il mio Cuore come oggetto sensibilissimo del mio grande amore per gli uomini, e do il mio Volto come oggetto sensibile del mio dolore per i peccati degli uomini: voglio sia onorato con una festa particolare nel martedì di quinquagesima, festa preceduta da una Novena in cui tutti i fedeli riparino con me, unendosi alla partecipazione del mio dolore”.

Nel 1939, Gesù nuovamente le appare e ripete: “Voglio che il mio Volto sia onorato in modo particolare il martedì”.

Prima di concludere, la beata suor Pierina ci parla di tre potenti armi contro Satana: prima il Santo Nome di Gesù. E’ un nome che Satana non sopporta perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sottoterra. La seconda arma è il sangue di Cristo. L’invocazione del sangue di Cristo. E’ il sangue di Cristo che rimette i peccati, senza questo non c’è remissione dei peccati.

Terza arma la devozione alla Santa Vergine Maria. Dall’inizio del libro della Genesi si dice che il frutto di una donna avrebbe schiacciato il frutto di Satana.

L’Amore di Gesù per l’umanità è inconcepibile ancora alle nostre menti e ai nostri cuori. Siamo circondati da un filo spinato che ci impedisce di pascolare tra i verdi prati della gioia eterna. Per superarlo, basterebbe amare la Santa Croce e sopportare ogni giorno quella piccola nostra.

Il Signore un giorno le disse: “Non posso essere tolto dalla croce finché ogni uomo, donna e bambino non si saranno uniti a te per tirarmi giù”. Suor Pierina le rispose:”Cosa posso fare? Non posso sopportare il tuo grido!”. Gesù le rispose:

Va’ nel mondo e annuncia a ogni uomo che incontrerai che c’è un uomo sulla croce per lui”.

:: Santa Veronica Giuliani. Visioni e rivelazioni di Vincenzo Speziale (Edizioni Segno) a cura di Daniela Distefano

4 Maggio 2024

Mio Dio, eccomi pronta a qualsiasi pena, purché si convertano a Voi tutti quelli che vi offendono. Mio Dio, Vi chiedo anime: queste vostre piaghe siano voci per me e dite con me medesima: o anime redente col sangue di Gesù, venite a queste fonti di amore. Io vi chiamo, e queste sante piaghe fan voce per me; però venite tutte”.

Orsola Giuliani nacque in un piccolo borgo della provincia di Pesaro-Urbino, Mercatello sul Metauro, 1361 anime, luogo di quiete, pascetudine, ma anche aguzzi ficcamenti di tenebre, il paradiso sulla Terra è un abbaglio luciferino. La futura Santa, ultima di sette figlie, già all’età di tre anni comincia ad avere visioni di Gesù e Maria che dai quadri si animavano e gli sorridevano e lei ricambiava con queste espressioni: “Gesù bello! Gesù caro! Io ti voglio tanto bene!”.

Dopo molti anni, una volta mentre faceva orazione, le parve di vedere il Signore con un paio di scarpette in mano tutte d’oro, e le disse: Queste son le scarpe che tu mi desti da piccola. Il povero ero io. – E subito disparve.

Durante il processo di canonizzazione, venne dichiarato che questo povero era in abiti da pellegrino e che la seconda scarpetta che Orsola gli gettò dalla finestra, rimase sopra l’architrave della porta di casa, al ché il pellegrino si sollevò in aria e andò a prendersi la scarpetta.

Ben presto, inizia la battaglia, “Io ti ho eletto per grandi cose, ma ti converrà patire molto per mio amore”. Quest’ultima parola restò così impressa nella sua mente che le servì d’aiuto. Così ogni volta che le sopraggiunge qualche patimento, pensa: per chi si deve patire?

I tormenti di suor Veronica trovano sollievo solo quando va in chiesa, ma il diavolo doveva metterci sempre lo zampino, assieme ai suoi servitorelli.

La santa scrive nei Suoi diari: “Mentre facevo penitenze, parve che si scatenasse l’inferno tutto, sentii rumori, urli e stridi, fischi come di serpenti. Alla fine parvemi di sentire una confusione di voci, né potevo capire cosa dicessero. Solo ricordo che alla fine dissero: “Maledetta che sei! Te la faremo così scontare”. Già il tentatore non voleva che si pregasse per la conversione dei peccatori, ed io presi animo… e andavo ai piedi di Gesù Crocifisso e di cuore mi mettevo per mezzana fra Esso e i peccatori, e una volta con voce sensibile mi disse: ”Mia sposa, mi sono grate codeste tue carità che fai a quelli che stanno in disgrazia mia, perciò ti confermo per mezzana come tu brami”.

Questa missione di mezzana la prende così tanto che i demoni la temono, specie quando si mortifica per la conversione dei peccatori. Oltre alle imprecazioni e alle grida orrende, gli urlavano di smettere di pregare, ma lei chiaramente continuava e sempre con maggiore fervore, tanto che i demoni presi dalla rabbia, le massacrarono un piede.

Esprimeva il suo amore in mille modi e spesso, anche nelle notti gelide dell’inverno correva nell’orto a fare a penitenza, abbracciava il cipresso e poi si metteva a urlare:”O peccatori ostinati venite a Dio e di cuore pentitevi, perché Esso vi ama, ed invece di castigo vi darà il suo amore. Venite, venite, lasciate il peccato, tornate a Dio. Via! Non più vi offese di Dio, ma pentimento e amore. A Dio, a Dio!”.

Suor Veronica vuole somigliare al suo Sposo e Gesù gli dona la corona di spine:

Mi si presentò il Signore tutto piagato e coronato di spine. Stavo tra questi sentimenti: il suo Amore infinito e la mia ingratitudine. Signore mio, dicevo, datemi questa corona perché le punture delle spine siano voci per me per dirvi quanto io desideri amarVi”.

Il Signore le disse: “Queste pene le sentirai finché avrai vita, quando più quando meno secondo che vorrò io”.

Morì il nove luglio 1727, fu beatificata nel 1804 da papa Pio VII e canonizzata nel 1839 da papa Gregorio XVI.

La storia di questa Santa è intessuta di miracoli, visioni del Paradiso, lotte contro il demonio, battaglie, naufragi, pericoli di finire nel precipizio della perdizione, ma anche fiducia nella Bontà Divina superiore ad ogni sforzo umano. “Parvemi di sentire di molti suoni e canti di paradiso; e sentivo che cantavano quel verso: Veni sponsa Christi; accipe coronam quam tibi Dominus praeparavit in aeternum.Tutti i santi e sante risposero:Amen. Il Signore si cavò l’anello dal suo costato: “Ti voglio fare questa grazia per mia sposa”. Così dicendo mi pose l’anello in dito, e di nuovo, cantavano tutti quell’antifona: Veni sponsa Christi.

“Io faccio voto e prometto a voi, o dolcissimo sposo, alla Beata Vergine, al Padre S. Francesco, alla Madre Santa Chiara, a tutti i santi e sante, di voler osservare, tutto il tempo della mia vita, la regola e vita delle povere suore di Santa Chiara, ed anco le regole datemi da voi, o mio Sposo, vivendo in obbedienza, senza proprio, ed in castità, osservando la clausura ordinata dalla costituzione dell’ordine”. Il Signore le rispose:Ed io ti dico:se tu ciò farai, ti prometto la vita eterna”. Non ricchezze, non potere, non carriera, ma qualcosa che trascende queste cose terrene. Santa Veronica aveva anche predetto che la sua agonia sarebbe durata 33 giorni, perché doveva sostenere tre purgatori per espiare l’umanità peccatrice ed impenitente. Nessuno riesce a procurarle un poco di sollievo nelle sofferenze e nei dolori, ed è questo il primo purgatorio, il secondo deve sostenerlo a causa delle continue vessazioni che il demonio le procura contro la fede, la speranza e le altre virtù cristiane. Il terzo purgatorio lo deve all’obbedienza cieca e senza riserve alla volontà di Dio. Santa Veronica ha una spiritualità marcatamente cristologica-sponsale: è l’esperienza di essere amata da Cristo, Sposo fedele e sincero, e di voler corrispondere con un amore sempre più coinvolto e appassionato. In lei, tutto è interpretato in chiave di amore, e questo le infonde una profonda serenità. Ogni cosa è vissuta in unione con Cristo, per amore suo, e con la gioia di poter dimostrare a Lui tutto l’amore di cui è capace una creatura. Il Cristo a cui la Santa è profondamente unita è quello sofferente della passione, morte e resurrezione; è Gesù nell’atto di offrirsi al Padre per salvarci. Da questa esperienza deriva anche l’amore intenso e sofferente per la Chiesa, nella duplice forma della preghiera e dell’offerta. La Santa vive in quest’ottica: prega, soffre, cerca la “povertà santa”, come “esproprio”, perdita di sé, proprio per essere come Cristo, che ha donato tutto se stesso. Il suo cuore si dilata, vivendo con ansia il desiderio della salvezza di “tutto l’universo mondo”. Veronica grida: “O peccatori, o peccatrici… tutti e tutte venite al cuore di Gesù; venite alla lavanda del suo preziosissimo sangue… Egli vi aspetta con le braccia aperte per abbracciarvi”. Animata da un’ardente carità, dona alle sorelle del monastero attenzione, comprensione, perdono; offre le sue preghiere e i suoi sacrifici per il Papa, il suo vescovo, i sacerdoti e per tutte le persone bisognose, comprese le anime del purgatorio. Riassume la sua missione contemplativa in queste parole:”Noi non possiamo andare predicando per il mondo a convertire anime, ma siamo obbligate a pregare di continuo per tutte quelle anime che stanno in offesa di Dio… particolarmente con le nostre sofferenze, cioè con un principio di vita crocifissa. Per lei, il soffrire con gioia è la chiave dell’amore. Le ultime parole della Santa possono considerarsi la sintesi della sua appassionata esperienza mistica: “Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere!”. Oggi più che mai, questa umile Santa ci insegna come trovare la felicità anche su questa terra e ci suggerisce: “Abbandonandosi in tutto e per tutto, al solo divino volere, si partecipa un Paradiso in terra; perché stando l’anima nostra, in tutto, unita alla divina volontà, ella diventa una cosa sola con Dio che si comunica alla medesima anima, e le dà tutti i contenti, perché tutti i contenti si restringono tutti tutti, in questo solo volere di Dio. Ed ha tale efficacia questa divina volontà, che qualsiasi pena e tormento che ci avvenga, tutto ce lo fa apparire felicità e godimento. Trasforma il medesimo patire in gioia e contenti, perché un solo contento ci contenta in tutto: e questo altro non è che fare la volontà di Dio. Oh! Se mi fosse concesso di andare per tutto il mondo e poter far capire alle creature tutto questo gran bene affinché tutte si unissero a questa sola divina volontà! Credetemi che la stessa terra diverrebbe un Paradiso di viventi”. La Provvidenza divina ci sta additando questa Santa perché ci insegni la dottrina della Croce, che è dottrina di “espiazione”, di “penitenza”, di “sofferenza” per la salvezza delle anime.

Tutte queste cose da molti anni a questa parte non si sentono più nelle omelie, non si sente più parlare di peccato, di inferno e neppure di giustizia divina, ma solo di misericordia a basso costo, ma la cosa più grave è che non si hanno più quelle risposte che spiegano la morte e il dolore e dalla Chiesa vi è un esodo non indifferente. Stiamo perdendo, noi cattolici, noi battezzati, la fede, ma Santa Veronica viene in aiuto e ci dona tutte le risposte e le verità di fede che troviamo nei suoi scritti, solo la rugiada che ci serve per trovare nuova linfa al nostro modo di essere cristiani autentici.

:: “Le risposte di Padre Pio” (Edizioni Segno; prefazione di Mons. Pasquale Maria Mainolfi) di Alberto Politi, a cura di Daniela Distefano

25 dicembre 2022

E’ giunto anche il 25 dicembre 2022, un Natale diviso per l’Italia. Al Nord il gelo, al Sud temperature temperate. Un Natale di povertà da un lato, e di spreco dall’altro, in tutto il Paese. Sotto l’albero quest’anno tanta incertezza, e un serbatoio di fiducia, la Fede. Leggendo questo libro, qualche settimana fa, mi sono imbattuta nelle conversazioni dei Santi, nei consigli dei saggi, nella lungimiranza dei vecchi. Chi lo ha scritto così si è presentato nell’introduzione: “Sono un cittadino di Benevento e ho deciso di scrivere questo libro perché, come devoto di Padre Pio, nato in un paesino, Pietrelcina, a pochi chilomentri dalla mia città, ho raccolto e conservato da oltre 30 anni molte riviste sul venerato Padre e letto molti libri a lui dedicati”.

Il titolo allude al tesoretto di consigli, rimproveri, considerazioni religiose, di battute sagge o divertenti, di profezie del Santo di tutti dei nostri tempi così assetati di Bene, così rinsecchiti di spiritualità.

Cos’era la Santa Messa per San Padre Pio? Era “Tutto il Calvario. Tutto quello che Gesù ha sofferto nella sua Passione inadeguatamente lo soffro anch’io per quanto ad umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio merito e per sola sua bontà”.

Come mai il Signore permette dolori fino a tale intensità? Padre Pio risponde: “Il Signore lo fa per non dire che ci regala tutto. Egli, per umiliare la sua creatura, vuole da essa quel tantino – sebbene quel tantino glielo dia Lui stesso – affinché la creatura stessa glielo possa offrire”.

Per il Santo di Pietrelcina, poi, “la severità fraterna è di più grande valore che tutto il sentimento nel mondo messo insieme”. E più avanti: “Se tu sapessi come soffro nel dover negare l’assoluzione. Ma sappi che è meglio essere rimproverati da un uomo su questa terra che da Dio nell’altra vita…”.

San Padre Pio, nel rispondere ad una figlia spirituale, che gli domandava come fosse possibile per lui vivere con tanti dolori fisici e mistici disse: “Su una spalla ho la Chiesa di Dio combattuta e calunniata, sull’altra l’umanità alleata con l’antico nemico. Prega perché non resti schiacciato! Quello che mi fa piangere è che sulla terra non ci sarà più cuore!”.

Guardiamo le nostre mani, i nostri occhi, la nostra voce, non allo specchio dove abbelliamo la nostra anima, ma guardiamo dentro di noi, all’interno del nostro cuore, cosa vediamo al suo posto? Siamo ancora capaci di amare chi ci maltratta? Chi ci sottostima? Chi si volta dall’altra parte? Chi ci dice addio senza lacrime? Siamo ancora capaci di farci amare da chi ci chiede perdono? Da chi ha bisogno ma te lo dice camuffandosi? Da chi è troppo a terra per ringraziarti della tua coperta alla stazione centrale? Un pezzetto di croce a Natale, Signore, concedila anche a noi, come spiega San Padre Pio è un dolore che ti offriamo perché Tu tutto ci doni gratis, ma fà che questa croce possa essere di Amore, un incendio che prevalga sul nostro sfruttato ego.

Tanti auguri di Buon Natale a tutti i lettori di Liberi di scrivere.

Daniela

Source: libro del recensore.