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:: In che direzione stiamo andando

10 luglio 2016

Blogging-WordCloud

Ricevo a cadenza fissa una quantità interessante di cv di laureate in Lettere (alcune specializzate in Editoria) che vogliono collaborare con il blog. La cosa è sicuramente positiva, mi fa piacere, significa che il blog è conosciuto ed è stimato il nostro lavoro. Specifico che sono un blog, non ci sarà nessuna retribuzione, perché nessuno di noi è retribuito. Gli editori non ci pagano, si limitano a mandarci i libri (alcune volte, non sempre). Non penso sia giusto, ma è un’altra questione. Solo se riuscissi a rendere produttivo il blog, potrei direttamente io retribuire i collaboratori. Ma nonostante i miei sforzi (e le ho provate davvero tutte) questo non si è ancora verificato.
Dicevo tante ragazze (sono per lo più ragazze) preparate, brillanti, amanti dei libri si rivolgono a me e per alcuni versi non so se la strada intrapresa sia quella giusta o meno. L’idea che il mio blog sia collettivo, mi piace, mi piace la pluralità di voci, ognuna ha il suo stile, la sua particolare propensione per un genere o un altro, insomma credo che anche per i lettori sia arricchente, o per lo meno interessante.
Dirigere la baracca non è semplicissimo, e non sono poche le volte in cui la fatica mi fa dire: ma ne vale davvero la pena? Negli anni mi è stato detto che il blogging (specialmente letterario) è un hobby, si fa per passione. Ma non credo sia vero del tutto, si impara anche molto, si allacciano relazioni, si impara a gestire lo stress, per un futuro in cui si potrà mettere tutte queste skill a servizio di un lavoro vero nell’ambito editoriale, remunerato. Per cui sono sempre felice, anzi incoraggio i collaboratori a cercare una dimensione lavorativa, e non sono triste quando ci lasciano.
Insomma il blogging è come una palestra, una forma di volontariato letterario, per me addirittura una vocazione, se ha senso definirla tale. A ondate crescono fenomeni di sensibilizzazione riguardo al fatto che il lavoro editoriale vada retribuito, che lavorare gratis non sia giusto (se vuoi fare volontariato fallo per gli anziani, per i bambini, per le fasce disagiate, per i malati mi è stato detto) ma il lavoro del blogger non viene quasi mai considerato lavoro gratuito. E’ un hobby appunto, non che non esistano blogger professionali che tengono in piedi siti aziendali, scrivano articoli retribuiti, pubblichino saggi etc… con partita IVA, insomma veri professionisti.
Ma cosa permette di fare questo salto? e poi è un salto davvero voluto da tutti? Molti blogger preferiscono essere amatoriali, non avere impegni, ne rapporti regolati da contratti, pagamenti, tasse da pagare. Scelta legittima di solito praticata da chi un lavoro ufficiale già ce l’ha. E il blogging è appunto un hobby, da fare nei ritagli di tempo, la sera tardi, o la mattina presto. Insomma senza scadenze, impegni, aspettative. E sono tante le blogger animate da questo spirito, di solito lavorando per un blog personale, con pubblicazioni aperiodiche e un po’ anarchiche.
Il mio blog non è più amatoriale (da molto) e non ancora professionale. Viviamo come in un limbo e l’unica cosa positiva è il flusso ininterrotto di lettori. Non tantissimi, ma fedeli, costanti, sia che aggiorniamo che no. Per lo più lettori italiani, al secondo posto americani. Poi molti dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna, dalla Russia, in misura minore dai restanti stati del mondo libero. Insomma senza di loro il blog morirebbe. Dicevo è una nicchia piccolissima di gente a cui interessa conoscere la nostra opinione.
Quanti di questi lettori si trasformino in compratori di libri, non lo so, e avendo una collaborazione con un negozio online come Libreria universitaria, candidamente posso dire che mi piacerebbe se comprassero dai nostri link. Ancora lo fanno in pochi. I rapporti con gli editori sono buoni, civili in alcuni casi anche cordiali. Ci inviano le loro segnalazioni, ci invitano a fiere, eventi, presentazioni in Casa editrice, se vogliamo intervistare un autore si fanno in quattro mettendo a nostra disposizione anche i loro traduttori (è successo, continua a succedere). Fiere come il Salone del Libro di Torino hanno elevato anche i blogger al rango di operatori professionali.
Insomma non tutto va male dal nostro versante, ci sono spiragli di schiarita. Solo che bisogna avere tanta pazienza, e umiltà.
Perché ho scritto questo post? Per fare chiarezza, soprattutto con me stessa. Per fare il punto. Per capire in che direzione stiamo andando. E se vale ancora la pena lottare. Ecco forse ho più domande che risposte, ma so che è quello che amo fare, è quello che mi arricchisce come persona e mi da l’opportunità di conoscere gente interessante, che se fossi stata chiusa nel mio guscio non avrei mai incontrato. Ecco in conclusione penso che questi 8 anni e 11 mesi non siano stati perduti.

Vuoi saperne di più della mia esperienza di book blogger? Leggi Come diventare una book blogger (felice) un agile e divertente manuale di facile consultazione in cui racconto la mia esperienza di blogger in rete dal 2007.