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:: Recensione di Amnesia di Jean-Christophe Grangè a cura di Giulietta Iannone

16 marzo 2012

A poco a poco la situazione le diventava chiara: l’assassino non poteva essere un barbone o uno spacciatore e tanto meno l’uomo che aveva perso la memoria. Era un killer folle, freddo, razionale. Un essere dai nervi d’acciaio che si era preparato accuratamente in vista del sacrificio. Non era un macellaio né un allevatore e neppure un veterinario, lei ne era sicura. Aveva acquisito quell’abilità soltanto per allestire la sua messinscena.
Anais fremeva all’idea di affrontare un avversario simile, non sapeva se di paura o di eccitazione; probabilmente di entrambe. Era consapevole che nella maggior parte dei casi gli omicidi psicopatici venivano arrestati perché commettevano un errore o perché la polizia aveva un colpo di fortuna. Nel caso del killer, non poteva contare sul fatto che facesse errori; quanto alla fortuna…

Mathias Freire, psichiatra al centro ospedaliero specializzato Pierre-Janet di Bordeaux, e protagonista del nuovo romanzo edito in Italia da Garzanti di Jean-Christophe Grangè Amnesia, titolo originale Le passager tradotto dal francese da Doriana Comerlati, riceve una telefonata in piena notte sul suo cellulare del dottor Fillon, medico di guardia nel quartier Saint-Jean Belcier, che lo informa di un caso singolare avvenuto alla stazione Saint-Jean: verso mezzanotte i guardiani notturni si sono imbattuti in un uomo, un vagabondo nascosto in una cabina all’altezza del punto di ingrassaggio, sui binari. Uno sconosciuto, un uomo completamente privo di memoria, un colosso, alto almeno due metri, di centotrenta kili di peso con indosso un vero Stetson da texano e stivali da cowboy di lucertola. Quella stessa notte il capitano di polizia Anais Chatelet viene chiamata sul luogo di ritrovamento di un cadavere. Un giovane nudo, con diverse ferite. Una messinscena aberrante. Qualcosa che puzzava di follia e crudeltà lontano un miglio. Non una banale rissa finita male né un volgare furto di denaro. Roba seria. Il morto, rinvenuto in una fossa accanto ai binari della stazione di Saint-Jean, “ucciso” da un overdose di eroina, presenta un particolare aberrante: la sua testa non è quella di un uomo ma è inglobata nella testa di un toro. Subito le indagini portano ad un collegamento tra lo sconosciuto senza memoria e il delitto. I casi sono due: o lui è il principale sospettato, o ha assistito al delitto e per lo shock ha perso la memoria. Amnesia inizia così  presentando due personaggi Mathias Freire e Anais Chatelet, che si incontrano casualmente e ci accompagnano per le ben 750 pagine del romanzo facendoci affrontare un viaggio avventuroso e interessante nella psiche umana e nei segreti racchiusi nella memoria ancor più quando è ferita, frammentata, lacerata. Innanzitutto non fatevi spaventare dalla mole del libro, sarà per le frasi brevi, per lo stile incisivo e pulito di Grangè, ma si legge molto velocemente. Se amate i thriller, pieni di colpi di scena, dove nulla è come sembra, dove l’autore sa escogitare trame vertiginose praticamente impossibili da svelare prima che sia lui stesso a farlo, troverete pane per i vostri denti. Se avete amato L’impero dei lupi vi troverete a casa. Senza svelare troppo della trama labirintica e davvero complessa, comunque per sommi capi presente nel risvolto di copertina, sicuramente è un libro in cui un uomo si interroga su chi sia realmente, su quali siano davvero i suoi ricordi, angosciato dalla paura di poter essere un assassino freddo e spietato e minacciato da un reale pericolo del quale non riesce in nessun modo ad individuarne l’origine. Il personaggio di Anais Chatelet, tipica eroina alla Grangè, è sicuramente una coprotagonista riuscita e agguerrita che compete ad armi pari con Mathias Freire. Sin dai tempi di Fiumi di porpora, l’autore ama presentare donne forti, volitive, capaci di reggere il confronto con i personaggi maschili, quasi sempre più problematici pensiamo a Pierre Niemans di Fiumi di porpora appunto o Jean-Louis Schiffer de L’impero dei lupi. Grangè unisce il thriller psicologico al romanzo di azione puro e lo fa conservando il suo stile particolare e tipicamente francese alla Besson per intenderci e dato che ogni romanzo di Grangè ha il destino quasi segnato di diventare un film non ci vedrei male proprio Besson alla regia.