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:: L’alba di Cesare di Franco Forte (Mondadori, 2024) a cura di Giulietta Iannone

12 settembre 2024

Conosciamo il De bello gallico, unica fonte su cui si è basato Franco Forte per la stesura del romanzo L’alba di Cesare, edito da Mondadori, dai banchi di scuola, forse gioivamo nei compiti in classe quando c’era una sua traduzione perchè era semplice, non come l’aborrito Seneca, pieno di metafore filosofiche involute e oscure e soprattutto di non limpida interpretazione. Gaio Giulio Cesare, o chi per lui trascriveva le sue cronache dalla Gallia, usava una lingua schietta, semplice, facilmente comprensibile, immediata, fatta per essere tramandata ai posteri. E non raccontava solo di battaglie, assedi, massacri, ma anche di popoli, usi e costumi, anticipando quella ricerca e attenzione antropologica comune a noi moderni. Perchè Cesare, uso a comandare, perse, si fa per dire, tempo a scrivere nelle pause dei combattimenti, che furono sanguinosi e spietati? perchè aveva capito, con la sua grande intelligenza da fine stratega, che il potere si ammanta di leggenda, di gesti eclatanti e simbolici, che buoni biografi tramanderanno nei secoli le gesta, forse anche in realtà anche poco nobili, di chi dietro intrallazzi e cospirazioni, e la sua leggendaria rete di spie, si costruiva la fama di eroe. Fece un uso strumentale del De bello gallico? Forse sì serviva ai suoi scopi, ammantare di leggenda imprese guerresche che causarono la morte di tanti innocenti, che portarono alla schiavitù genti indomite e coraggiose, che in realtà premevano da nord e se non domate avrebbero potuto giungere fino a Roma. Cesare voleva il potere, nel triunvirato composto anche da Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo Magno era il solo con una visione futura, sebbene fosse il Senato l’apparente detentore del potere in una Roma repubblicana, checchè ne dicesse Cicerone dal suo esilio. O Roma tramite le sue legioni si difendeva dai popoli barbari in fermento che la circondavo o sarebbe perita, con il suo sogno di grandezza e di civiltà. Cesare combattè i Galli appellandosi alle richieste di aiuto provenienti dagli alleati di Roma, per conquistare terre e popoli da assoggettare all’Urbe, per accrescere venalmente le sue ricchezze, la sua potenza militare, il suo prestigio, essendo il punto debole del triunvirato: non aveva il denaro di Crasso, né i successi militari di Pompeo. Sebbene non si fidasse né dell’uno nè dell’altro era troppo scaltro per non intessere con loro legami di interessi e parentele ma erano di fatto i suoi nemici più prossimi. Perchè mentre lui combatteva nelle Gallie il vero scontro era all’Urbe. Cesare incarnò coi suoi pregi e i suoi difetti, coi suoi sogni, questo ideale di grandezza e fu molto amato sia dai suoi uomini, si circondò sempre da fedelissimi pronti a morire per lui, che dal popolo minuto e forse anche per allontanarlo da Roma, e da questa venerazione, fu mandato a combattere nelle Gallie, lontano dal centro del potere che speravano di spartirsi Crasso e Pompeo. Ma Cesare fece di questa guerra, otto anni di polvere, sudore, ferro e sangue, pianificata in ogni minimo dettaglio, il suo trampolino di lancio, il suo asso nella manica, e gli andò bene. Il suo azzardo gli consentì di conquistarsi la gloria di cui aveva bisogno per tornare a Roma in trionfo, portando Vercingetorige in catene. Dopo tanti anni trascorsi nelle tende pretorie e sui campi di battaglia, temprato dalla dura vita militare. Trionfò infatti e si sa la storia ama i vincitori, e per vincere fu anche necessaria una dose di coraggio e di spregiudicatezza che lo contraddistinse. Franco Forte, da fine storico e profondo conoscitore della storia romana, dei suoi usi, dei suoi costumi, dei suoi vizi, delle sue virtù, dipinge un affresco realistico e appassionante di un mondo scomparso ma ancora attuale con il suo lusso, i suoi privilegi, la sua saggezza, la sua crudeltà. La metafora del potere perseguito con ogni mezzo è un qualcosa che ci coinvolge ancora oggi, sebbene oggi forse non esiste più un condottiero della tempra di Cesare, e forse non è mai esistito. Franco Forte lo studia, in ogni piega del suoi essere, scrutandone anche i pensieri, i sentimenti, e fa vivere un personaggio di carne, di ossa e di sangue, non immune da qualche fragilità (gli attacchi del male oscuro, o crisi epilettiche lo rendono vulnerabile) che teneva ben celata ma che forse era la sua vera forza, la potenza dei sogni e delle aspirazioni più segrete e intime. Franco forte è uno scrittore di ampio respiro, ama gli affreschi grandiosi, le gesta eroiche, i chiaroscuri che ammantarno le grandi personalità della storia e cerca di carpire a Cesare il suo segreto. Ci sarà riuscito? A voi lettori la risposta.

Franco Forte è direttore delle collane Giallo Mondadori, Segretissimo e Urania. Per Mondadori ha pubblicato, tra gli altri, Karolus, L’uranio di Mussolini, La bambina e il nazista, Carthago, Roma in fiamme, Cesare l’immortale e Cesare il conquistatore e la serie dedicata ai sette re di Roma.