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:: Un’intervista con Paolo Cortesi, autore de Marcel Proust e l’assassinio delle Tuileries a cura di Giulietta Iannone

7 luglio 2014

cortesi_250X_Benvenuto, Paolo, su Liberi di scrivere e grazie di averci concesso questa intervista. Raccontaci qualcosa di te, parlaci dei tuoi studi, del tuo background, del tuo esordio come scrittore.

– Liceo classico, laurea in filosofia, alcuni anni come insegnante: tutto molto normale. Nelle mie note biografiche non posso scrivere nulla di intrigante, come quelli che dopo aver fatto tutt’altro (cercatori di diamanti, cantanti, calciatori, fachiri, eremiti, pittori ecc. ecc.) regalano al mondo i loro capolavori letterari. Resto ammirato da chi può scrivere “vive tra New York e Londra” (e mi chiedo: ma questo vive in mezzo all’Oceano?). La sola cosa un po’ fuori dal consueto che posso dire è che ho scritto il mio primo “romanzo” (!?) a otto anni. Lo feci leggere al mio maestro. Me lo restituì corretto, tutto coperto di segni rossi: ci restai di pietra.
Il primo romanzo (questo vero, senza virgolette) è stato “Il fuoco, la carne”, Premio Todaro Faranda 2003. Poi è arrivato “Il patto” (Nexus), e poi ancora “La velocità dei corpi” (Piemme).
Ho pubblicato molti saggi di storia. La mia biografia “Cagliostro” (Newton Compton) ha vinto il Premio Castiglioncello nel 2005.
Per i pochi benemeriti che volessero sapere qualcosa di me e dei miei libri, non mi resta che segnalare il mio sito http://www.paolo-cortesi.com

E’ appena uscito per Piemme, in una collana esclusivamente di ebook chiamata Originals, il romanzo breve Marcel Proust e l’assassinio delle Tuileries. Un giallo storico ambientato nella Parigi del 1912, con protagonista l’autore della Recherche improvvisatosi detective, più che altro per necessità. Come è nata l’idea di scrivere questo racconto? Quale è stato il punto di partenza nel processo narrativo?

– Era una domenica pomeriggio di molti mesi fa. Ero in auto con Michela, la mia compagna, e stavo pensando con lei, ad alta voce, su quale poteva essere la trama di un giallo originale. Pensai che l’ingrediente più indispensabile per un giallo davvero insolito doveva essere il protagonista, del tutto imprevedibile. Volevo scrivere un giallo in cui realtà e fantasia fossero strettamente mescolati. Volevo un personaggio storico, reale, al centro della vicenda. Chi poteva essere l’antidetective per eccellenza? Insomma: quale figura era la meno probabile, e dunque la più suggestiva, come investigatore? Marcel Proust mi balzò in mente come se mi fosse stato suggerito da qualcuno. L’idea del romanzo mi venne in mente proprio mentre ci trovavamo davanti al cimitero di Cesenatico, dove riposano Marino Moretti, uno dei più grandi poeti del Novecento, e Dante Arfelli, uno dei più grandi romanzieri italiani del secondo dopoguerra: per scherzo, ed anche per civetteria, dico che la trama me l’hanno trasmessa loro telepaticamente…

Come ti sei documentato per ricostruire la Parigi del 1912, quali libri hai letto, quali film, fotografie, documentari hai visionato?

– Conosco veramente bene Parigi, è la città che conosco meglio dopo quella in cui vivo. Ho letto molti libri sulla storia di quella straordinaria città, ed in particolare sono state utilissime le guide turistiche dell’epoca. Le fotografie di inizio secolo (il secolo scorso) di Atget sono state fondamentali per poter possedere l’atmosfera, il sapore di Parigi nel 1912.
E davvero utili sono stati i film muti girati da Louis Feuillade fra il 1913 ed il 1914, che hanno per protagonista Fantomas.
Sono stato quanto più fedele possibile alla realtà storica. Un esempio: in un punto del romanzo, si parla di una ditta di taxi e noleggio auto, la Comoy et Perrin: bene, quella ditta esisteva davvero: ne ho ricavato il nome dal Baedeker di Parigi del 1911.

Perché tra tutti i personaggi storici hai scelto proprio Proust? Che legame ti unisce a questo scrittore?

– Proust lo si ama o lo si subisce: in ogni modo, non può lasciare indifferente uno scrittore. Non è il mio autore preferito (leggendo la tua recensione ho capito che te ne sei accorta), ma è sicuramente una presenza letteraria con cui si devono fare i conti. Certe sue pagine miracolosamente raffinate, istoriate, vertiginosamente impeccabili, fitte di intarsi e di volute come vetrate di chiese gotiche fanno dimenticare pesantezze e puntigli in cui l’uomo zittisce l’artista.
Mi piaceva avere Proust nel mio romanzo e farlo muovere come credevo che fosse nella vita: generosissimo e sospettoso, mite e inflessibile, acuto e smarrito, fragile e tenace: insomma, uno scrigno di contraddizioni ma con una luce interiore, con un dono meraviglioso che si può chiamare solo Arte (e nota che la A maiuscola qui non è senza significato).

La storia inizia con un invito che riceve Proust da parte di un gruppo di amici altolocati, nobili, militari d’alto grado, borghesi facoltosi, attribuitosi il titolo goliardico di gaudenti – che hanno organizzato, tutto nella massima segretezza, un festino particolare, eccentrico direbbe uno dei personaggi. Proust arriva tardi all’appuntamento e il giorno dopo scopre…

-Scopre che i suoi quattro amici gaudenti sono stati trovati cadaveri all’alba, da un netturbino; ciascuno con la gola tagliata da orecchio a orecchio, i polsi legati, allineati su un prato del giardino delle Tuileries. E Proust comprende, presto, che la quinta vittima sarebbe dovuta essere lui.

Per sottolineare il clima omofobo che vige anche dell’alta società della Belle Époque, utilizzi termini dispregiativi come “invertiti” e “pederasti”. Come ti sei documentato per ricostruire la situazione degli omosessuali in questo periodo?

-Esiste un bel saggio che si intitola “Proust in love” di William Carter (edito da Castelvecchi); lì ci sono molte notizie sul mondo omosessuale in cui viveva e si muoveva Proust.
Tengo a precisare che io descrivo una situazione sociale, non la giudico. E se comunque dovessi farlo, darei tutto il mio sostegno a persone che furono perseguitate per i deliri moralistici di una società classista che ammetteva ogni “perversione” nei ricchi e puniva nei poveri, come colpa atroce, le stesse scelte sessuali.

Hai scelto di cambiare i nomi dei domestici di Proust, che nella tua storia si chiamano Octave e Jeanne. Octave è un anarchico, un difensore della lotta proletaria. Ti sei ispirato al vero servitore di Proust o è una tua invenzione?

– I veri domestici di Proust, cioè quelli più lungamente al suo servizio, erano Celeste e Odilon. Celeste scrisse, o meglio dettò, un libro di memorie, o meglio di venerazione della memoria del suo amatissimo Monsieur Proust. La mia Jeanne si ispira a lei: votata a Marcel che considera un eterno malato bisognoso di cure amorevoli. Octave, invece, l’ho immaginato anarchico, esasperato dalle ingiustizie sociali, in contrasto con la moglie. In effetti, nella Parigi dei primi del Novecento, gli anarchici non erano pochi, nonostante la repressione capillare e durissima (proprio nel 1912 verrà ucciso dalla polizia Jules Bonnot, il capo della banda di rapinatori anarchici; ma loro si definivano “recuperatori”). Octave, arrabbiato e deluso, è un personaggio che -a mio parere- movimenta la storia e che dà alla ricostruzione un dettaglio veritiero in più.

Non anticipo certo il colpo di scena finale, ma rassicuro i lettori che sebbene per buona parte del racconto non si sa bene dove si andrà a parare, poi tutto torna e tutto si spiega. E’ davvero un intrigo che metterà a dura prova i lettori che di solito scoprono sempre chi è l’assassino. Come hai avuto l’ispirazione per questo finale?

-Come ti dicevo prima, la trama si è sviluppata anello dopo anello, a partire dall’idea di base: Proust coinvolto in una storiaccia di morti ammazzati amici suoi che, come lui, si concedevano -con mille precauzioni perché personaggi di spicco- si concedevano piaceri “proibiti”.
Direi quindi che la trama, nel suo intreccio, ha seguito il corso verosimile degli eventi a partire da un episodio tragico e misterioso. Volevo che il lettore non avesse alcuna idea delle vere cause di ciò che accadeva; volevo che il lettore si sentisse come colui che entra in un cinema a film iniziato: vede immagini, ascolta dialoghi ma tutto pare non avere collegamento con il resto. Il coup de theatre finale è quello che più mi ha divertito: l’apparizione in scena di un personaggio storico famosissimo (scommetto che non ci sarà un solo lettore che non ne abbia sentito il nome almeno una volta) che risolve l’intrico, ma non da osservatore esterno, bensì da protagonista, certo in un ruolo che nessuno sospetterebbe. E che ovviamente non svelerò neppure sotto tortura.

Grazie Paolo della disponibilità nel salutarti mi piacerebbe sapere se sono previste altre avventure del tuo Marcel Proust detective?

-Sai che pensavo proprio ad un thriller in cui tornano Marcel, Octave, Jeanne, Reynaldo? I presupposti per continuare ci sono tutti. E se il pubblico mi dà fiducia, sarei felicissimo di raccontare ancora una avventura gialla di Proust…

Gentili lettori, l’autore si presta a rispondere ai vostri commenti o alle vostre eventuali domande. Se avete delle curiosità potete scriverle nei commenti a questo post.

:: Marcel Proust e l’assassinio delle Tuileries, Paolo Cortesi (Piemme, Originals, 2014) a cura di Giulietta Iannone

5 luglio 2014

cortesi_250X_Molti scrittori, tra cui numerosi autori di gialli, hanno eletto a protagonista delle loro narrazioni personaggi storici realmente esistiti, da Aristotele a Platone, da Dante a Machiavelli, improvvisamente diventati detective per accontentare i gusti dei lettori che amano sia i romanzi storici, che appunto i gialli più deduttivi. Paolo Cortesi ha scelto Marcel Proust e per l’occasione ci porta nella Parigi del 1912, ricreata con dovizia di particolari e un raffinato gusto per l’intrigo e il coupe de theatre, che sul finale metterà in gioco un altro personaggio storico, arrivato provvidenzialmente sulla scena.
Che gli scrittori siano ottimi osservatori, e perciò ottimi investigatori, è un’intuizione che ci accompagna per tutta la lettura di questo breve romanzo, (niente più che 150 pagine, a caratteri grandi) e piacevolmente getta una luce, trasfigurata dalla fantasia, su uno scrittore che partendo da una madeleine, un delizioso dolce a forma di conchiglia, ha ricreato un mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, facendo rivivere l’ alta società della Belle Époque.
L’omosessualità di Proust non è un mistero, come non è un mistero il clima omofobo che gravava, almeno apparentemente, su quella società. L’omosessualità era un segreto da custodire, l’amore omosessuale un piacere proibito, che portava con sé solo vergogna e disonore. E da questo clima persecutorio nasce lo spunto per raccontare la storia narrata in Marcel Proust e l’assassinio delle Tuileries.
Un piacevolissimo divertissement, narrato con leggerezza e brio. Marcel Proust ne esce un po’ malconcio, ma indubbiamente l’autore lo descrive come un uomo buono, generoso, certo con le sue fisime, i suoi vezzi, la sua eccessiva gelosia che trasformerà un amore in un’ amicizia, ma capace di dare 500 franchi a una vedova di un taxista sola con due figli piccoli. Oltre a Proust altri due personaggi prendono la scena: i due domestici Jeane e Octave. Lei fedele, gentile, quasi materna; lui anarchico non redento, convertitosi alla lotta sociale contro i ricchi e socialmente dominanti, ma capaci di correre in soccorso del ‘padrone’, quando aveva spergiurato che mai l’avrebbe fatto se l’avesse visto con un coltello alla gola.
Della trama dico poco, il racconto è così breve che vi rovinerei il piacere della lettura, ma posso dirvi che la curiosità che mi ha spinto a leggerlo è stata ampiamente ricompensata.

Scrittore e saggista, Paolo Cortesi è nato a Forlì, dove vive e lavora. Ha pubblicato diversi saggi di storia della cultura occidentale (il più recente è Medioevo sconosciuto, Nexus) ed è autore del programma televisivo Testimoni, trasmesso da Rai Storia. Il suo romanzo d’esordio, Il fuoco, la carne (Perdisa), ha vinto il Premio Todaro-Faranda nel 2003, mentre con la biografia Cagliostro (Newton Compton) si è aggiudicato il Premio Castiglioncello 2005. Ha pubblicato i romanzi Il patto (Nexus) e La velocità dei corpi (Piemme), che hanno ottenuto un buon successo di critica e di pubblico. Il suo sito è http://www.paolo-cortesi.com